ALIMENTAZIONE SANA PER TUTTI
di Stefano Zolea



I problemi recentemente sollevatisi per l’emergenza mucca pazza nell’opinione pubblica (e più criticamente, nei gruppi ambientalisti e consumeristi più attenti), sono perlomeno di duplice natura e concernono sia considerazioni ed azioni sanitarie d’emergenza di tutela della sicurezza collettiva sia aspetti di trasformazioni e di punti di snodo della struttura agroalimentare del nostro paese e dei paesi sviluppati.

Aspetti sanitari: bisogna agire al più presto per comprendere quanto sia ampio il rischio per la popolazione umana ed applicando il principio di precauzione circoscrivere tutte le possibilità di ampliamento del contagio, per quanto pesanti ed anche economicamente dolorosi possano essere gli strumenti adottati.

Aspetto agroalimentare: nel medio lungo periodo bisogna attivare iniziative di lotta e di sensibilizzazione verso una programmazione di uno spostamento di risorse economiche verso la zootecnia biologica, un disincentivo agli allevamenti intensivi, un indirizzamento dei consumatori verso una diminuzione generalizzata del consumo giornaliero medio delle carni.

Aspetti sanitari
E’ l’argomento più rilevante e spinoso della questione. Purtroppo essendo stati ignorati i segnali d’allarme degli anni scorsi a questo punto bisogna ragionare soprattutto in termini d’emergenza. Da questo punto di vista c’è da osservare che politicamente si è verificata una inefficace ed insufficiente attenzione sia da parte della sinistra antagonista che di quella moderata italiana ed europea sulla questione agro-alimentare, con la parziale eccezione della gauche plurielle francese che da anni sta fissando l’attenzione del principio di precauzione in materia di sicurezza alimentare. Al di là di questa urgenza bisogna mettere piuttosto in atto una serie di meccanismi, delineati nelle considerazioni espresse sull’aspetto agroalimentare, radicali e strutturali di cambiamento.

Per puntualizzare quanto accaduto negli ultimi anni nelle responsabilità inglesi è interessante leggere un pezzo apparso su Le Monde un mese fa, che si fornisce in allegato 2: c’è da chiedersi, qualora il CJD (Malattia di Creuzfeldt Jacob) si dovesse diffondere nella popolazione occidentale oltre qualche decina di casi, se non sarebbe il caso di inchiodare Major, i suoi ministri e i dirigenti ministeriali britannici conniventi ad un nuovo processo di Norimberga per crimini contro l’umanità: l’immunità della Corona loro garantita è qualcosa di assimilabile ai teoremi della linea difensiva dei gerarchi nazisti quando questi ultimi dicevano solo d’obbedire ad ordine superiori nell’ambito delle mansioni a loro spettanti.

E’ utile anche leggere l’interpellanza presentata dal gruppo del PRC alla Camera dei Deputati non appena fu evidente la gravità della nuova emergenza mucca pazza, allegato 1.

A) Stato di allerta per il mantenimento dell’eliminazione della carne bovina dalla dieta delle mense scolastiche, laddove sia stato deliberato a livello comunale, fino a quando non emerga una linea di chiarezza europea, in nome del principio di precauzione utilizzato per tutelare fasce di popolazione sensibili; utilizzazione della moratoria a fini di precise linee di educazione alimentare scolastica volte a ridiscutere permanentemente la dittatura della nutrizione a base di carne fino ad oggi vigente.

B) Senza nulla volere concedere all’allarmismo, deve essere sempre presente una vigilanza locale e nazionale su casi di decessi umani sospetti ascrivibili a CJD (quando necessario dovrebbe essere attuata una riconsiderazione di alcuni decessi umani sospetti o passati sotto silenzio). La speranza secondo la quale in Italia non si sarebbero mai verificati casi di CJD, connesso con il consumo di carne bovina, deve essere suffragata da elementi di certezza. Il sospetto che il sistema di rilevamento della cause di morte sia carente non viene solo dal presidente francese Chirac e da Blair, ma anche da autorevoli studiosi italiani. C’è da dire inoltre che più che la cattiva volontà del mondo medico prevale un’ostilità rabbiosa, sovente vincente, dei parenti dei deceduti nei confronti delle pratiche autoptiche. Deve essere fatta valere da oggi e per sempre la norma che impone l’autopsia in tutti casi sospetti di morte, come avviene in qualunque altro paese civile.

C) Vigilare sul territorio a che tutte le dispozioni nazionali su etichettatura e trasparenza nei punti vendita al dettaglio, previste dal DM 31.8.2000 del MIPA, di applicazione del Regolamento CE 1760/2000 e CE 1825/2000, e da tutti gli altri decreti governativi e ministeriali d’urgenza siano rispettati in tutti i punti vendita: verificare cioè che nelle macellerie e nei supermercati i foglietti e le etichette che informano i consumatori siano collocati in condizioni di facile accessibilità e visibilità.

I vigili annonari dei comuni, il personale ispettivo delle regioni e delle province, lo stesso personale delle ASL dovrebbero avere impartiti degli ordini di servizio da parte dei sindaci per una sorveglianza strettissima sui punti vendita.

Aspetto agroalimentare
Deve essere rimarcato un elemento fondamentale della discussione:
La ricerca di soluzioni individuali all’emergenza mucca pazza è falsa ed ideologica come avviene sempre in questioni di preminenza sociale. Sarebbe come se quando si verificò l’emergenza di contaminazione radioattiva di Chernobyl ciascuno di noi si fosse dovuto dotare di contatore geiger per verificare la radioattività degli alimenti: lasciamo al rincoglionitoio televisivo imperante i decaloghi di comportamento individuale…piuttosto, come avvenne per le proteste ed i movimenti contro il nucleare, bisogna organizzare e creare localmente e nazionalmente discussioni e atti che sappiano curvare gli assetti dominanti della globalizzazione agroalimentare.

La ricerca spasmodica nell’alimentazione occidentale (ma anche nell’alimentazione delle fasce ricche dei paesi poveri, alla stregua di status symbol) del consumo di carni a svantaggio del consumo di proteine vegetali è una forma quasi paranoide di sconvolgimento dell’agricoltura: enormi aree rurali sono destinate agli allevamenti nei paesi poveri, enormi concentrazioni di bestiame sono confinate al chiuso nei paesi occidentali e trasformate in macchine che deglutiscono per fame qualunque materiale appena commestibile e le cui deiezioni si trasformano in spaventosi carichi inquinanti…

La cosiddetta "rivoluzione verde" (che oggi si sostanzia nelle parole d’ordine della modernità e dell’introduzione degli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) in nome della soluzione dei problemi della fame del mondo) è la vera responsabile dei dissesti della divisione internazionale del lavoro nell’ambito della globalizzazione della filiera agroalimentare. I contadini e i braccianti dei paesi poveri godono di un reddito reale sempre più decrescente, sono costretti ad andarsene in gran numero dai campi: chi accetta di rimanere in agricoltura è costretto a stenti spaventosi, o, come avviene in America Latina, a deforestare con gli incendi per coltivare di che tentare di sopravvivere quando a non coltivare coca…Tutto ciò per avere monoculture, prodotti agricoli a prezzi sempre più bassi… le nostre adorate fettine che compriamo a due soldi presso i supermercati hard-discount,…. le festicciole di compleanno con i nostri bimbetti, sorridenti con il palloncino, che ingurgitano hamburger presso i fast-food!

L’emergenza della mucca pazza rappresenta pertanto un punto di snodo fondamentale. Se la sinistra antagonista, i movimenti europei post-Seattle, gli intellettuali, il mondo ambientalista più acuto e più attivo sapranno comprendere la valenza ma anche l’autonomia della querelle agroalimentare, allora si può immaginare un cambio di paradigma, uno scenario di antagonismo e di pungolo sociale sovrapponibile, mutatis mutandis, a quanto avvenne con Chernobyl. Altrimenti, una semplice critica alla politica del Governo o della Commissione UE sull’ennesima emergenza sanitaria autoreplicantesi non ci porta molto lontano dalla barbarie di distruzione e di destrutturazione che questa fase del neocapitalismo agogna come obiettivo primario.

Aspetti immediati di rivendicazione e di lotta nelle prossime settimane possono essere identificate in alcune azioni e linee guida:

A) Adozione della valutazione del principio di precauzione nel campo sanitario/alimentare in connessione, stressando l’angolatura della tutela della biodiversità. In effetti di una siffatta linea rimane un precedente nella recente giurisprudenza comunitaria, cfr. sentenza 3.12.1988, causa C-67/97 sul rapporto tra libera circolazione di prodotti agroalimentari, libera circolazione delle merci e misure precauzionali inibitorie, laddove si è ritenuto il rischio eventuale della perdita di biodiversità come ragione sufficiente per sottrarsi al diktat della libera circolazione delle merci ex art.28 del Trattato UE (allegato 3).

Rilevare le contraddizioni degli estensori del Libro bianco di Prodi sulla sicurezza alimentare, che citano il principio di precauzione in questa materia dimenticandone lo scarso fondamento giuridico, almeno fino ad ora, in quanto nel Trattato dell’Unione Europea c’è solo spazio per il principio di precauzione in campo ambientale.

B) Adozione di misure di sostegno alle razze bovine autoctone come valorizzazione della biodiversità per il tramite di incentivi di questo tipo di zootecnia, qualora non intensiva; ristrutturazione generalizzata della politica zootecnica nell’ambito di Agenda 2000 versus gli allevamenti biologici; riconversione al biologico e all’autoctonia dei cultivar e del bestiame delle università agrarie e delle terre civiche.

C) Educazione alimentare. Una caratterizzazione importante dell’educazione alimentare da cominciare ad impartire con coerenza nelle scuole di ogni ordine e grado, e per il tramite del SSN: la diminuzione del consumo e la rotazione nel consumo delle carni non tanto e non solo per ragioni scientifiche e precauzionali quanto per ragioni connesse all’opposizione a mode irragionevoli impostesi negli ultimi cinquant’anni spezzando una tradizione secolare ben diversa.

Nell’ambito dell’educazione alimentare da reimpostare un’altra rilevante questione è costituita dal progressivo affievolimento della componente alimentazione nella spesa media delle famiglie dei paesi occidentali ed in particolare dell’Italia. Se questo andamento fino a un certo momento era il riflesso di un miglioramento oggettivo delle condizioni di vita (in quanto esso può essere considerato un indice di affrancamento dalle condizioni più materiali della vita verso il consumo di beni e servizi assai più variegati), attualmente la contrazione della spesa alimentare media avviene privilegiando consumi voluttuari e di immagine attraverso il rifornimento con canali distributivi di bassa (quando non pessima, con gli hard-discount) qualità. Insomma con le griffe ci si veste e si dà immagine di sé all’esterno, invece delle schifezze a basso prezzo comprate presso l’hard-discount e consumate nelle mura domestiche non rimane alcuna traccia esterna. Anche in questo caso l’educazione alimentare dovrebbe giocare un ruolo fondamentale di discussione globale dei modelli imperanti.

D) Tutte le volte che siano rivisti gli statuti di Aziende Locali o che si deliberi la trasformazione in spa di aziende comunali o di consorzi che abbiano attinenza con l’ambiente o con l’agroalimentare bisogna far introdurre il principio di precauzione, per lo meno di un respiro e di un’impostazione paragonabile a quanto previsto dall’art.174 del Trattato UE di Amsterdam, come segno giuridico "pesante" di tutela dell’interesse pubblico generale (Allegato 3).

Nell’ambito delle produzioni agricole (citate nel punto B) da università agrarie e terre civiche bisogna incentivare, se si tratta di realtà già esistenti, o creare ex novo, una rete di aziende speciali o di società miste a prevalente capitale pubblico volte alla promozione e/o alla commercializzazione dei prodotti locali, in modo da bypassare le tipiche diseconomie della distribuzione commerciale ordinaria.

Insomma al vecchio ruolo delle aziende comunali che fungevano da calmieratore dei prezzi di genere come il latte (basti ricordare anche il ruolo giocato fino agli anni 60 dagli spacci degli enti comunali di consumo) si può sovrapporre oggi una nuova funzione di nuove e snelle aziende locali che fungano da "calmierazione ecosostenibile" per salvaguardare come valore assoluto la tutela dell’ambiente e della salute collettiva. Tutto ciò al fine di riuscire ad introdurre un’alimentazione di qualità che trovi i suoi spazi di largo mercato con prodotti a prezzi accessibili, invece di esser confinata di massima come oggi a realtà di nicchia.

Perché non deve esistere più il latte, con cui nutrire i nostri figli, delle centrali comunali, magari prodotto in maniera ecocompatibile e da mucche non nutrite a soia transgenica?

E) Adozione da parte dei comuni di aggiustamenti di bilancio o di altre misure tecniche urgenti per finanziare il passaggio al biologico delle mense scolastiche (il sovraccosto per grandi numeri come gli utenti scolastici, adottando anche un più moderato consumo delle proteine carnee, si aggira intorno al 10%).

Stimolazione verso il sindacato unitario e le unità sindacali di base all’introduzione del biologico nelle mense aziendali locali di rilevante entità.

ALLEGATI

Allegato 1
Interpellanza al Presidente del Consiglio e ai Ministri della Sanità e delle Politiche agricole presentata il 15 novembre alla Camera dei Deputati (2-02734) presentata da Bertinotti e gli altri deputati del PRC

…per sapere-

premesso che:

-in un documento della Commissione di Bruxelles del maggio 2000 era stata stilata, una vera e propria "classifica delle nazioni a rischio" per la Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE); in tale documento l’Italia figura allo stesso livello di Spagna e Germania; un po’ più a rischio era ritenuta la Francia e in una posizione ancora più difficile il Portogallo;

-l’opinione pubblica italiana è fortemente allarmata e disorientata dalla nuova emergenza "mucca pazza" e chiede interventi urgenti che sappiano andare al di là delle semplici frasi di circostanza secondo le quali la situazione è sotto controllo;

-la Spagna sta interdicendo l’import di bovino da Spagna e Irlanda;

-la Polonia ha bloccato l’import di carni dalla Francia;

-i paesi baltici dalla scorsa primavera hanno bloccato l’import di carne bovina dalla Danimarca;

-l’opinione pubblica francese e dell’intera Europa ha con preoccupazione appreso dal Segretario di Stato alla Sanità della Francia, con dichiarazioni testuali riportati dai telegiornali e rintracciabili nei lanci d’agenzia francesi del 7 novembre, che "bisogna prepararsi a decine di casi di malattia di Creuzfeldt-Jacob (CJD) in Francia";

-il Direttore del dipartimento alimenti ha dichiarato, come riportato dal Corriere della Sera del 6.11.2000 "sono in atto da tempo delle restrizioni anche nei confronti dei francesi che è uno dei paesi interessati da focolai della malattia. L’importazione di carni è rigorosamente controllata"; tutto ciò a dimostrazione che già da tempo al Ministero della Sanità italiana la situazione zootecnica francese era ritenuta a rischio;

-circa il 50% dell’import di carne bovina italiana è di provenienza francese;

-con provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 novembre il Ministro della sanità ha con decreto sospeso la commercializzazione di "materiale specifico a rischio", cioè delle parti macellate che potrebbero più agevolmente essere infettive (cervello, occhi, tonsille, ileo, midollo spinale) da bovini e ovini;

-non è ben nota l’infettività di altre parti di materiale edibile bovino non classificato come materiale specifico a rischio ed attualmente in libera circolazione;

-si è letto sui quotidiani nazionali ed internazionali che l’eliminazione dal commercio dei materiali specifici a rischio abbatte il rischio del 90-95 per cento;

-nessuno conosce proiezioni attendibili sull’estensione futura della CJD nella popolazione europea e italiana;

-un abbattimento del rischio per esempio del 90 per cento su uno scenario di 100 persone attese senza misure preventive porta a dieci casi e su mille persone si arriva a cento casi, numeri che significano potenzialità di decessi tra sofferenze inenarrabili e che sembrano comunque molto elevati;

-il Commissario Byrne sta auspicando l’adesione su base volontaria dei singoli paesi al test sul controllo dei bovini della BSE prima del 1°gennaio così come previsto dalle norme comunitarie;

-esistono precedenti normativi europei e nazionali di applicazione rigida del principio di precauzione in materia di sicurezza alimentare per quanto concerne l’esclusione assoluta degli OGM per gli alimenti destinati alla primissima infanzia, ritenuta fascia d’età delicata assolutamente da tutelare;

-l’etichettatura e la trasparenza nei punti vendita al dettaglio, prevista dal DM 31.8.2000 del MIPA, di applicazione del Regolamento CE 1760/2000 e CE 1825/2000, stanno dimostrando una notevole inefficacia; sovente nelle macellerie e nei supermercati i foglietti che dovrebbero informare i consumatori sul macellamento e sul sezionamento delle carni bovine sono collocati in ubicazioni di difficile accessibilità e visibilità.

-in più di una occasione sono stati dimostrati dubbi sull’esistenza o meno di sacche di macellazione clandestina nel territorio nazionale; anzi, una volta il Commissario Antimafia Sica arrivò ad affermare l’esistenza di aree enormi nel Sud di macellazione clandestina;

-il Presidente del Consiglio va spesso riaffermando anche in sede istituzionale la validità dell’atteggiamento precauzionale nel campo della sicurezza alimentare;

-non è presente nel Trattato dell’UE il principio di precauzione in materia di sicurezza alimentare così come invece avviene in materia di sicurezza dell’ambiente

-non esiste in Italia, al contrario di altre nazioni, una qualche forma di Agenzia nazionale per la Sicurezza Alimentare indipendente, che affronterebbe i problemi della sicurezza alimentare, con le lenti del principio di precauzione, per suggerire di volta in volta al decisore politico gli elementi scientifici per la presa di posizione favorevole o contraria al principio stesso;

se non intendano procedere ad attività di rigoroso controllo nei confronti delle carni bovine francesi fino ad arrivare, se del caso, al blocco;

se non intendano rendere noto quali sono i numeri attesi di CJD nella popolazione italiana e quale sia il livello di protezione del consumatore qualora non siano consumate i cosiddetti materiali specifico a rischio;

se non intendano anticipare immediatamente l’effettuazione del test sul controllo BSE sui bovini previsto per il gennaio 2001;

se non intendano far azione di pressione sulla Commissione per una cogente, immediata adozione del test in tutto il territorio dell’UE;

se non intendano tutelare con provvedimento contingibile ed urgente valido per tutto il territorio nazionale la popolazione infantile e giovanile eliminando precauzionalmente dalla dieta delle mense scolastiche la carne bovina;

se non intendano anticipare di almeno un anno le scadenze del 1 gennaio 2002 prevista dal DM 31.08.2000, applicativo dei regolamenti CE 1760/2000 e 1825/2000, che danno luogo a una migliore trasparenza in merito all’origine della carne venduta;

se non intendano rivedere in ogni caso il DM 31.08.2000 prevedendo sia l’obbligo di informazione su razza, sesso e tipo di alimentazione del bovino macellato, sia meccanismi sanzionatori adeguati per le inadempienze;

se non intendano far azione di pressione sulla Commissione per una cogente, immediata validità delle misure di informazione previste nel 2002 dai regolamenti CE 1760/2000 e 1825/2000;

se non intendano, coerentemente con gli impegni e le dichiarazioni di principio del Presidente del Consiglio, far sì che nell’agenda europea si discuta dell’introduzione del principio di precauzione in materia di sicurezza alimentare;

se non intenda al più presto istituire un’Agenzia per la Sicurezza Alimentare improntata e informata sul principio di precauzione, un istituzione cioè che non interferisce con gli istituti scientifici già oggi esistenti nel nostro paese, ma che agisca da consulente sugli aspetti prudenziali e precauzionali per il decisore politico.

 

Allegato 2
Le Monde, sabato 28 ottobre 2000
Autore dell’articolo: Patrice Claude.
Traduzione di Stefano Zolea

L’angosciante rapporto britannico sul dramma della "mucca pazza"
L’inchiesta condotta per tre anni da Lord Phillips of Worth Matravers mette in luce dieci anni di errori, di manipolazioni e di tradimento verso l’opinione pubblica. Il governo laburista ha deciso di risarcire le famiglie delle vittime.

L’ampia, dettagliata e costosa inchiesta pubblica - la prima di questa portata in Europa- ordinata tre anni fa da Tony Blair per far luce sulle circostanze del più grande scandalo alimentare della storia britannica moderna è stato reso pubblico a Londra giovedì 26 ottobre. Questa indagine individua l’incompetenza e la condiscendenza dei ministri e dei dirigenti pubblici in carica negli anni 80 e 90 a Londra. Secondo Lord Phillips, il giurista che ha guidato l’inchiesta sulla "tragedia nazionale" della mucca pazza, il grande pubblico è stato quasi sistematicamente poco o nulla informato, vale a dire disinformato sui pericoli insiti nel consumo di bovino contaminato. Svariati ministri del governo conservatore di Margareth Thatcher e poi di John Major, hanno minimizzato, quando non decisamente nascosto, le preoccupazioni espresse da numerosi scienziati, dal momento che venivano privilegiati gli interessi di allevatori, grandi macellai e di altri protagonisti della filiera bovina. (….)

A Londra grazie "all’immunità della Corona" (istituto britannico di salvaguardia per i pubblici funzionari che commettano errori nell’espletamento delle proprie funzioni, n.d.t. ) che si estende anche all’attività di governo, le undici persone coinvolte, tra dirigenti e politici, chiamati in causa nel rapporto, rischiano soltanto la propria reputazione. Nick Brown, attuale ministro dell’agricoltura, giovedì ha ricordato da parte sua che gli undici "non hanno deliberatamente mentito" all’opinione pubblica; laddove, il suo predecessore negli anni dal 1989 al 1993, John Gummer nel maggio del 1990 aveva offerto un hamburger con tanto di etichetta "british beef" a sua figlia di 5 anni davanti a milioni di telespettatori. Nessuno dubitava allora che anch’egli fosse convinto della sua battuta: "La carne bovina inglese è perfettamente sana per il consumo". (….).

Salvare l’export

Tutto è descritto con dovizia nei sedici volumi redatti da Lord Phillips, che affrontano il periodo 1987-1996, fino all’arrivo di Tony Blair: un catalogo completo di tutto ciò che non bisogna fare in materia di pubblica amministrazione. Così nel 1989 un rapporto scientifico, denominato "The Sothwood Report" raccomanda di eliminare le interiora dalla catena alimentare e soprattutto dalla fabbricazione degli omogeneizzati destinati all’infanzia. Se tutto ciò fosse realizzato, precisavano i ricercatori in questione "il rischio per gli esseri umani dato dalla encefalopatia spongifome bovina (ESB) sarà minimo". Ma Sir Donald, l’allora consigliere medico capo presso il ministero della sanità, non renderà mai pubblico questa informazione sugli omogeneizzati". "Queste cose sconvolgerebbero la gente", spiegherà questi ai suoi interlocutori politici , che, del resto, erano perfettamente dello stesso avviso.

A partire da qui, non si possono neanche contare le volte, fino all’inizio del 1996, in cui la frase slogan "rischio minimo" (in casi analoghi in Italia si usa dire che "la situazione è sotto controllo", n.d.t.) sarà utilizzata dai responsabili quando la ricerca in materia va avanti e diventa preoccupante. "Salvare le nostre quote d’esportazione" è l’unica stella polare che guida i ministri inglesi in carica.

Così nessuno si stupirà nel vedere Colin Maclean, il direttore della commissione pubblica per carni e bestiame, chiedere al dr. Kimberlin, che lavora al comitato consultivo sull’ESB, di sottolineare nel proprio rapporto quanto sia eccellente il "british beef" per la salute. Dopo tutto, il dr. Kimberlin che "avrebbe dovuto avvertire i suoi colleghi ricercatori di questo intervento poco ortodosso", sottolinea il rapporto, non è il "consigliere" stipendiato dalla commissione delle carni? Così per vendere carne bovina, ci si scorderà spesso di informare le strutture sanitarie pubbliche. O meglio troppo tardi, ovvero parzialmente…..

Stephen Dorrell, segretario di Stato alla sanità non diceva all’inizio del 1996 davanti alle telecamere della TV (tre mesi prima di ammettere in Parlamento il legame diretto tra ESB e malattia di Creuzfeldt-Jacob) che il bovino locale era "veramente super"? Lord Phillips e i due membri della commissione d’inchiesta lo dicono con toni diplomatici: "E’ spiacevole che il signor Dorrell abbia dato all’opinione pubblica delle certezze molto più solide di quante ne potesse realmente giustificare". [Pure risulta ] spiacevole che "la comunicazione interna tra i ministeri coinvolti" sia stata così spesso "insufficiente".

L’inevitabile conseguenza è che, quando si saprà, in contrasto con quanto ripetuto da anni, del legame diretto tra mucca pazza e morbo di Creuzfeldt-Jacob, l’opinione pubblica si sentirà tradita.

Allegato 3
Art. 174 del Trattato di Amsterdam, già art.130R del Trattato di Maastricht:

"La politica della comunità in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio chi inquina paga. Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle altre politiche comunitarie".

E’ importante sottolineare che in diritto il principio di precauzione implica la necessità della prudenza normativa e regolamentativa anche in assenza di prove sufficienti a dimostrare l’inferenza stretta di un nesso causale tra una merce e/o una tecnologia ed effetti ambientali negativi.

ForumAmbientalista

 

  1. Aspetti sanitari
  2. Aspetto agroalimentare

Allegato 1: Interpellanza al Presidente del Consiglio e ai Ministri della Sanità e delle Politiche agricole presentata il 15 novembre alla Camera dei Deputati (2-02734) presentata da Bertinotti e gli altri deputati del PRC

Allegato 2: L’angosciante rapporto britannico sul dramma della "mucca pazza"

Allegato 3: Art. 174 del Trattato di Amsterdam, già art.130R del Trattato di Maastricht:

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