Il professor Gunther era morto improvvisamente. Tutti al campus ne erano addolorati. Chi non conosceva la sua figura allampanata che percorreva tutte le mattine sempre alla stessa ora (Natale, Pasqua e Ferragosto compresi) il vialetto dagli alloggi dei docenti al Dipartimento di Fisica Teorica. Premio Einstein per la fisica e docente abilissimo ed appassionato, seppure con una certa tendenza alla logorrea.

Negli ultimi tempi più di uno aveva notato la tensione che ne segnava il volto già scavato e lo sguardo tra il folle ed il distratto. Alle lezioni dimenticava i conti e commetteva degli errori assolutamente impossibili per uno come lui. La sua attività di ricercatore si era poi quasi bloccata. Passava le giornate chiuso nel suo ufficio da solo e ne usciva solo la sera, spesso di notte.

Il coroner diagnosticò un infarto.

Paul Geller era il primo assistente del professor Gunther. Fu lui ad occuparsi sia delle esequie (il professore non era sposato e non aveva parenti prossimi, la sua vita era la ricerca) sia a riordinare i suoi appunti.

Fu scartabellando tra centinaia di appunti sull’HD del professore che scoprì una serie di files nascosti e protetti da password. Conoscendo bene il professore e le sue abitudini non gli fu difficile scoprire la chiave che permetteva di leggerli.

Possedeva ovviamente gli strumenti analitici per capirne i contenuti e le implicazioni. Lavorò parecchie settimane sugli appunti ed i calcoli del professore, nascostamente, ma sempre più assorbito a tempo pieno man mano che ne comprendeva il significato. Dovette anche ricorrere sporadicamente a consulenze di colleghi fisici teorici relativistici e meccanicisti quantistici per dipanare i punti più tecnici ed ostici, ma riuscì sempre ad essere evasivo sulle implicazioni delle domande che poneva, facendole passare per pura speculazione e curiosità fine a sè stessa. Fu molto abile nel non suscitare curiosità insane perchè quel lavoro doveva essere solo suo.

 E così alla fine comprese che cosa aveva assorbito il professore a tal punto negli ultimi tempi, da causarne probabilmente la morte.

Aveva in mano la chiave per il successo. La Grande Unificazione. La Codifica ultima delle leggi fondamentali che regolano il Tutto. La "Teoria di Geller".

Già si vedeva a Stoccolma in abito da cerimonia mentre il Re di Svezia gli consegnava il Nobel. Ed era tutto così elegante, tutto così logico! Una teoria così perfetta, una volta viste e decifrate le pagine e pagine di equazioni. E bastava così poco a completare la teoria!

Lo disturbavano leggermente solo le ultime pagine del professore, quelle nelle quali profetizzava chissà quali sventure e disastri per chi avesse avuto accesso agli appunti. Ma probabilmente, si disse, era solo che il professore negli ultimi momenti della sua vita era già molto malato e l’idea di non poter vivere per poter completare e soprattutto poter godere dei frutti e del successo del proprio lavoro lo avevano turbato al punto di farlo delirare.

Si assicurò per l’ultima volta discretamente che nessuno dei colleghi e nella comunità scientifica fosse a conoscenza delle attività del professore negli ultimi tempi e completò elegantemente (del resto aveva avuto un buon maestro) la codifica del Tutto.

E l’Universo finì.

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