Il binario dei ricordi

La Bergamo - S.Pellegrino apriva i battenti ottantanove anni fa. Era la più moderna ferrovia d’Italia: locomotori elettrici, stazioni lussuose e autonomia energetica grazie alla centrale di San Giovanni Bianco. L’inaugurazione, nel 1926, dell’ultimo tratto di linea da San Giovanni Bianco a Piazza Brembana. I convogli vennero soppressi nel 1967. Non si è mai smesso di rimpiangerli. Alla fine dell’Ottocento, lo sviluppo socio-economico conseguente alla rivoluzione industriale in Lombardia era già una realtà. Purtroppo la Valle Brembana ne era esclusa a causa delle difficoltà orografiche: basti pensare che la strada principale della valle venne resa percorribile ai carri solo dopo il 1820. Questa strada, larga circa 3,50 m e in alcuni punti non più di 2,60,con lunghi saliscendi prima del ponte di Sedrina, rendeva impossibile l’industrializzazione della nostra valle. La realtà, quindi, della Valle Brembana, alla fine dell’Ottocento, non era molto diversa da quella dei tempi del leggendario Pacì Paciana, agli inizi del secolo, quando il trasporto di persone e merci avveniva per mezzo della trazione animale. A Zogno e a Serina circolavano 35 carrozze, a S. Pellegrino 36, a S. Giovanni Bianco 30. Fu quindi coraggiosa la decisione dell’Amministrazione Provinciale che nel 1885 affidò al proprio Ufficio Tecnico lo studio di una ferrovia Bergamo - S. Pellegrino, che diventò realtà solo all’inizio del Novecento, grazie all’ingegner Gianfranceschi, il quale rielaborò l’antico progetto puntando sulla trazione elettrica. La nuova stesura del progetto fu completata nel settembre 1902 e già il 15 marzo 1903 l’Amministrazione Provinciale riusciva ad ottenere dal governo italiano la concessione per la costruzione. La Provincia ne concedeva l’esercizio alla Società Anonima della Ferrovia Elettrica di Valle Brembana in data 15 ottobre 1903. I lavori iniziarono e procedettero velocemente ed il 1 luglio 1906 la ferrovia Bergamo- S.Pellegrino (di km 25,920) fu aperta all’esercizio. Il successivo 15 ottobre entrò in funzione anche la tratta S. Pellegrino- S. Giovanni Bianco, portando la lunghezza della linea a 30,333 km. La rapidità di esecuzione della ferrovia (anche allora l’Italia era soggetta a ritardi di ogni tipo nella costruzione di opere viarie) e la scelta della trazione elettrica, per quei tempi avveniristica, ci fanno capire che la linea nacque per favorire l’acqua di S. Pellegrino, che aveva già suscitato interessi così enormi da consentire la costruzione dell’edificio delle Terme, dell’elegante Grand Hotel, del ricco Casinò: nell’elenco degli ospiti della località termale, la cui fama continuava a crescere, si leggono i nomi di Giosuè Carducci, del Presidente del Consiglio Agostino Depretis e, nel luglio 1905,di Sua Maestà la regina Margherita. La ferrovia era nata al servizio dei ricchi viaggiatori diretti a S. Pellegrino. Novità rivoluzionaria per l’Italia era la confortevole trazione elettrica, ben più pulita del vapore che dominava nelle ferrovie dell’epoca: addirittura, per evitare scossoni ai viaggiatori più nobili, le vetture-salone non avevano i freni che erano lasciati, invece, alle altre carrozze e al locomotore elettrico. La linea si sviluppò velocemente, acquisendo fin dai primi anni della sua apertura un vivace traffico passeggeri diretto anche alle meno famose terme di Bracca. Il treno era anche l’unico mezzo di trasporto che raggiungeva le industrie che stavano nascendo nella valle: la Società del Gres a Petosino, il Linificio Canapificio a Villa d’Almè, le industrie estrattive e cementifere che caratterizzano la valle da Villa d’Almè fino alla stazione di Brembilla ... All’ indomani della prima guerra mondiale, l’Amministrazione Provinciale chiese al governo la concessione per la costruzione della tratta S. Giovanni- Piazza Brembana, accordata il 30 giugno 1919. Il 31 luglio 1926 veniva inaugurato il nuovo tronco di 10,528 km portando la lunghezza della linea ai definitivi 40,544 km. Negli stessi anni la Società acquistò, da affiancare ai cinque nuovi locomotori di costruzione Westinghouse e di concezione americana, quattro locomotori destinati al traffico merci. All’inizio degli anni Trenta si ebbero così sei coppie giornaliere di treni passeggeri a tratta intera, oltre a tre coppie che si attestavano a Villa d’Almè. Si contavano inoltre tre coppie di treni merci, per un complesso di circa cinquanta carri (più o meno cinquanta autotreni). La F.V.B. (Ferrovia della Valle Brembana) era alimentata in corrente alternata monofase ad alta tensione (5000 volt),il sistema che raccoglierà nel tempo i maggiori consensi dei tecnici, tant’è vero che oggi domina, ad esempio, n Francia e Germania. La Westinghouse Italiana realizzò il sistema ferroviario brembano, avvalendosi di studi e brevetti della casa-madre americana. Anche la centrale elettrica che alimentava l’intera linea fu costruita dalla Westinghouse, poco a nord dell’abitato di S. Giovanni Bianco. Nelle giornate festive venivano aggiunte due coppie di treni passeggeri, che diventavano quotidiane nella stagione estiva. Passò il decennio degli anni Trenta; sulle strade, però, diventavano più frequenti gli autocarri che l’industria nazionale sfornava sempre più numerosi e potenti. I traffici sulla linea ferroviaria della valle diminuirono notevolmente durante la seconda guerra mondiale, ma meno che altrove,in quanto la F.V.B. non era legata al carbone di importazione per i suoi trasporti e la centrale di S. Giovanni non fu danneggiata dalla guerra.



Dopo la guerra, la ferrovia non fu riammodernata. Si ebbe una costante diminuzione del trasporto su rotaia dei passeggeri, sempre più dirottato dalla Società verso le autocorse sostitutive. Nel 1966 un improvviso abbassamento della volta della galleria di Ponteranica indusse alla sospensione dell’esercizio il 17 marzo di quell’anno, resa definitiva dal Ministero dei Trasporti il 7 luglio 1967. Le ragioni della sospensione si possono facilmente attribuire al mancato ammodernamento della linea, che aveva portato negli anni ‘60 a tempi di percorrenza di settanta minuti tra Bergamo e Piazza Brembana, non più concorrenziali, allora, col trasporto su gomma. Ma oggi ? Anche la volontà politica, sia locale che nazionale, era ben diversa da quella dei giorni nostri, impegnata a tutelare l’ambiente. Oggi, infatti, la tutela ambientale domina i pensieri di tutti. Allora, invece, quei pochi che avevano previsto lo sfacelo ambientale causato dal trasporto su gomma, venivano accusati di essere difensori di un’Italia che non aveva più ragione di esistere. Ai giorni nostri, dobbiamo evidenziare ben altri sentimenti : rimpianto, rammarico, delusione che la gente si è portata nell’animo, col desiderio per tanti di tenere vivo il ricordo di un patrimonio che i nostri padri ci avevano lasciato in eredità. Non sorprende, perciò, il fatto che in questi ultimi tempi si voglia rimettere in discussione quelle scelte degli anni Sessanta che portarono alla condanna della ferrovia della Valle Brembana. Man mano passano gli anni, aumentano i problemi dei collegamenti e della viabilità e il vecchio tracciato della ferrovia appare come uno spettro dal quale è impossibile liberarsi: questo capita soprattutto a chi quotidianamente si consuma il fegato negli estenuanti trasferimenti lungo la statale della Valle Brembana. Molti degli studenti di allora, oggi imprigionati nelle colonne di auto ferme ai semafori che punteggiano in gran numero la statale della nostra valle, rimpiangono la velocità e la puntualità di quei vecchi treni. Opportunamente ammodernati nelle loro panche di legno, oggi sarebbero ancora validi mezzi di trasporto, togliendo all’affollata strada della valle il traffico merci e buona parte di viaggiatori, pendolari e occasionali, che utilizzano l’auto. Pur essendo passati diversi anni, in molti ricordano ancora con malinconica simpatia e tanta nostalgia quel treno che trascinava dietro, fischiando, tante carrozze e qualche carro merci. Com’era utile quel treno che adesso non corre più ! ...