CUZCO E LA VALLE DEGLI INCAS

Gli Incas chiamavano Cuzco, la loro città più importante, l'ombelico del mondo, poiché ritenevano che quella parte del corpo fosse il centro o la sorgente della vita. Secondo la leggenda Cuzco fu fondata da Manco Capac e dalla sorella-consorte inviatagli da Inti, il dio sole. Muniti di un'asta d'oro, i due dovevano trovare un luogo dove l'asta affondasse agevolmente nel terreno. Lo trovarono a Cuzco, e lì Manco Capac insegnò agli uomini come coltivare i campi, mentre la consorte istruiva le donne sui segreti della tessitura. In questa regione vide la luce la dinastia inca e l'impero cominciò a espandersi sotto il regno dell'Inca Pachacutec Yupanqui, che impose l'uso della lingua quechúa, creò una religione statale e trasformò Cuzco in una capitale sfavillante, grande come le città europee più importanti dell'epoca . La grandezza del regno di Pachacutec non dipendeva però dalla brama di conquiste, ma dalla sua valorosa difesa della capitale. Il padre di Pachacutec, l'Inca Viracocha, ere al potere quando il dominio degli Incas fu minacciato dall'assalto dei feroci indios Chanca. Viracocha e il suo primogenito rinunciarono alla battaglia, sottovalutando la gravità della situazione, ma il figlio più giovane, che in seguito prese il nome di Pachacutec, condusse vittoriosamente le truppe inca contro gli invasori e si autoproclamò nuovo Inca. Il figlio di Pachacutec, Topa Inca, continuò il lavoro intrapreso dal padre espandendo ulteriormente i confini dell'impero. Ma lo sviluppo di Cuzco non coincise necessariamente con la presenza di regnanti saggi e competenti. Un capo inca, Urco, si macchiò di tali atrocità che alla sua morte venne addi- rittura proibito di pronunciarne il nome. Un altro capo si distinse per l'abitudine di impiccare i nemici lungo le strade delle città dell'impero, come macabro monito per chi non gli era fedele. Un altro ancora fece uccidere l'intera popolazione di una città vicina, in seguito allo stupro di una donna consacrata al culto del sole. Ma questi eccessi non offuscano lo splendore di una civiltà che ha lasciato indelebili segni nella cultura peruviana. Alcune delle leggende più note sugli Incas sono state portate sui palcoscenici dei teatri peruviani; fra le tante citiamo Ollantay, che racconta la storia del più valoroso generale dell'esercito di Pacbacutec. Con le truppe al suo comando, l'impero venne esteso fino a comprendere gli attuali Ecuador, Bolivia, Colombia, Cile e parte dell'Argentina. Pachacutec chiese al generale cosa poteva fare per dimostrargli l'immensa gratitudine che provava nei suoi confronti, dichiarandosi pronto a soddisfare ogni suo desiderio. Ollantay ebbe però l'ardire di chiedere la mano di Kusi Kuyur, figlia dell'imperatore. L'Inca era il figlio del sole e non poteva permettere che il sangue della sua stirpe si mischiasse a quello di un comune mortale e dovette rifiutare, sebbene la figlia avesse dichiarato di amare il generale. Ollantay si ribellò contro Pachacutec e venne quindi condannato a trascorrere in prigione il resto della vita. In seguito a ciò, Kusi Kuyur rifiutò di sposarsi e dedicò la propria vita al servizio del dio sole.



Nel suo momento di massimo splendore Cuzco disponeva di un sofisticato sistema di acquedotti; le sue strade erano pavimentate e la povertà non esiste- va. Ma il suo ruolo di grandioso centro urbano durò solo una settantina d'anni, ossia fino all'arrivo degli spagnoli. Pachacutec aveva trasformato Cuzco da una città di argilla e paglia nella ricca metropoli dai grandiosi edifici in pietra del XV secolo, anche se era comun- que molto diversa da come veniva descritta dagli antichi cartografi europei, come ad esempio il tedesco Sebastian Munster, che la rappresentò cinta da mura, disposta secondo una pianta regolare e circondata da alberi frondosi. In realtà la città non aveva mura di cinta e i suoi isolati erano disposti in maniera irregolare, in parte perché la sua pianta era probabilmente modellata sulla forma di un purna (simbolo religioso di potere), la cui testa era la fortezza di Sacsahuamán e la spina dorsale il fiume Tullumayo. Naturalmente, non esistendo testimonianze scritte degli Incas e dovendo basarsi sulle contraddittorie descrizioni lasciate dagli spagnoli, le teorie sull'a- spetto di Cuzco sono numerose. Un esperto di archeologia e astronomia è giunto addirittura a ipotizzare che uno dei confini della città fosse stato model- lato in modo da farlo coincidere con il centro della Via Lattea, facendo riferimento all'attenzione che nelle civiltà indios viene riservata all'astronomia e al movimento dei corpi celesti. Molti indizi sull'aspetto dell'antica capitale inca ci vengono forniti dai diari, spesso inattendibili, dei conquistadores. Pizarro e i suoi uomini quando entrarono per la prima volta nella valle di Cuzco trovarono una verde campagna resa fertile dalla pioggia, dove crescevano orzo, erba, granturco, e distese dorate e purpuree di kiwicha e quinoa, cereali appartenenti alla famiglia delle amarantacee. Impressionati dall'ordine e dallo splendore che regnavano a Cuzco, gli spagnoli la descrissero nelle lettere inviate in patria come la città più bella del Nuovo Mondo. Ma gli esempi dei risultati a cui era arrivata la cultura inca distrassero solo per poco gli invasori dalla loro ricerca affannosa di tesori: i con- quistadores si gettarono avidamente all'assalto degli antichi templi, sottraendo le opere in oro e argento che si trovavano al loro interno per fonderle e tra- sformarle in pratici lingotti. Oltre ai palazzi e ai templi ricolmi di oro, a solidi edifici e ad avanzate tecniche mediche, i soldati spagnoli scoprirono che la civiltà inca possedeva anche degli artigiani abilissimi. A Cuzco, per esempio, c'era un magazzino pieno di delicate piume multicolori di uccelli tropicali che venivano utilizzate esclusivamente per confezio- nare gli splendidi mantelli indossati dall'Inca e dai suoi sacerdoti. Alcuni esemplari rinvenuti di questi mantelli (chiamati mantas), che mostrano quanta pazienza e abilità fossero necessarie per la loro tessitura, si possono ammirare nei musei di Lima. Fortunatamente il loro ritrovamento è stato reso possibile dalla brama di oro e metalli preziosi degli spagnoli, che li spinse a trascurare molti altri tesori dell'impero. Anche se oggi la maggior parte dei visitatori si reca a Cuzco per ammirare le vestigia dell'impero inca, la città rivestì una discreta importanza anche nei decenni che seguirono la conquista spagnola. Cuzco vide per esempio il tentativo della fazione capeggiata da Diego de Almagro di strappare dalle mani di Pizarro il controllo della nazione. In seguito al fallimento della congiura, de Almagro fu giustiziato sulla piazza principale della città. E sempre qui gli spagnoli dovettero battersi contro le truppe dell'Inca Manco quando questi intraprese il disperato tentativo di bloccare la conquista euro- pea. Soltanto nel 1535, quando la capitale della nuova colonia spagnola venne trasferita a Lima e la ricchezza di Cuzco era già stata completamente sfruttata, l'argento della Bolivia distolse definitivamente l'attenzione dalla valle. Oggi, dopo secoli di oblio, la scoperta di Machu Picchu effettuata da Hiram Bingham, e la conseguente costruzione della strada (nel 1948) che porta alla città perduta, hanno trasformato Cuzco nel punto di partenza per le visite di una delle attrazioni turistiche più famose del Sudamerica.



Mercato di Cusco