L' incendio di Roma


Il 18 luglio del 64,mentre il principe sì trovava ad Anzio, un violento incendio scoppiò improvviso nei pressi del Circo Massimo, alle falde del Celio e del Palatino e rapidamente invase i quartieri centrali dell'Urbe. Sei giorni di paurosa distruzione, sei giorni di crolli, di macerie, di urla disperate. Alla fine del sesto giorno, quando l'immensa rovina sembrava finalmente placarsi e la folla non aveva ancora finito di trepidare e di imprecare, il fuoco divampava ancora nei luoghi più aperti della città. Più precisamente, mosse dalle proprietà di Tigellino. E’ un particolare che può dire tante cose .ma fatalmente contraddittorie. Tristissimo bilancio. Dei quattordici rioni, in cui la città si divideva, solamente quattro rimasero intatti, tre irrimediabilmente rasi al suolo, sette con pochi ruderi., quasi a testimoniare, la gravità dell'accaduto. Alcuni dei più antichi e venerati monumenti , il tempio di Servio TuIlio alla Luna, l’ara e il santuario dell'arcade Evandro ad Ercole, il tempio di Gìove Statore, la reggia di Numa, il santuario di Vesta, crollarono nell'immensa devastazione. Crollò anche la Domus transitoria che Nerone aveva fatto costruire, congiungendo il Palatino con gli orti di Mecenate. E il Palatino stesso fu avvolto dalle fiamme. Nerone si mosse tardi da Anzio, offrendo l'occasione dì una maldicenza. Il principe tornava alla capitale solo quando le fiamme minacciavano il suo palazzo. Poi prese più urgenti provvedimenti: fece risorgere la città nuova, la maestosa e lussuosa città di Nerone. Questi i pochi dati positivi. Tutto il resto è tenebra. Come scoppiò il flagello? Mistero. Scrive Tacito: Sequitur clades, forte an dolo principis incertum (nam utrumque auctores prodidere),sed omnibus quae huic urbi per violentiam ignium acciderunt gravior atque atrocior Chi ha appiccato il fuoco? Dolo? Caso? Incerto. Una cosa sola è certa: l’enorme gravità del disastro, superiore a tutti i precedenti.