La figura di Nerone


Narra Svetonio che agli amici, i quali si rallegravano con lui che Agrippina sua moglie gli avesse finalmente, dopo nove anni di matrimonio generato un figliolo, Gneo Domizio Ahenobarbo rispondesse negando quicquam ex se et Agrippina nisi detestabile et malo publico nasci potuisse. Il giudizio, se fu vero, non poteva essere meglio profetico: quel bambino, che era nato ad Anzio il 15 dicembre del 37 d.C. era Lucio Domizio Ahenobarbo e sarebbe stato l'imperatore Nerone, di memoria infame ed universalmente esecrata. Rimasto, di lì a tre anni, orfano del padre e poco dopo privo della madre che, coinvolta nella congiura di Emilio Lepido, fu dal fratello Caligola relegata nelle paludi Pontine, il bambino ebbe come suoi primi istitutori un ballerino e un barbiere. L'assassinio di Caligola restituì a Roma Agrippina, che passò a nuove nozze col ricchissimo Sallustio Crispo Passieno ,del quale si disfece ben presto avvelenandolo. Messalina, la trista moglie di Claudio, succeduto nell'impero al nipote Caligola, cadeva nell'ottobre del 48,vittima dei suoi eccessi e delle sue turpitudini, per mano del tribuno inviato dal potentissimo liberto Narcisso ad ucciderlo. Agrippina, avendo, quale nipote dell'imperatore, libero accesso alla Corte, trovò facile prendere il posto di moglie di Claudio, ancor prima di esserlo. Il suo piano era, anzi, più vasto e più complesso L'imperatore aveva in casa due figli: Ottavia, sui dieci anni e Britannico, di otto. Agrippina non solo mirava a diventar la moglie dell'imperatore, ma anche a maritare Ottavia al suo Domizio e ad ottenere che questi fosse adottato da Claudio, così che, divenuto genero e figlio, fosse, morto Britannico, il naturale successore al trono imperiale. Così fu. Ottavia fu fidanzata a Domizio. Avviato felicemente il disegno verso la sua compiuta attuazione, all'inizio del 49 Agrippina sposava l'imperatore Claudio. Primo suo atto fu il richiamo del filosofo Seneca dall'esilio di Corsica. dove l'aveva cacciato l'odio di Messalina. .A lui affidò l'educazione del figlio, a patto che non ne facesse un filosofo. Ma il primo trionfo di Agrippina fu l'adozione di Domizio da parte di Claudio che ne diede l'annuncio al Senato: e il Senato, con molti ringraziamenti al Principe, votò una legge che diede a Domizio il nome di Claudio Nerone e alla madre il titolo di Augusta. Il 53 Ottavia, creatura di bontà, è sacrificata alle nozze di Nerone. Claudio sì ammalo d'improvviso e, nella notte dal 12 al 13 ottobre del 549 morì. Si disse che Agrippina lo facesse avvelenare da Locusta. avvelenatrice di mestiere, e che tardando la morte a venire lo facesse finire dal medico Senofonte. Mentre il Senato inconsapevole del tragico epilogo, faceva voti per la salute del vecchio imperatore, Nerone presentato dal prefetto del pretorio Burro ai pretoriani,, era salutato imperatore. Il Senato ne fece a mezzogiorno la solenne proclamazione. Nerone fu l'uomo dell'impossibile. Volta in bene, una tale disposizione porta alle mete più eccelse,.. Così fu talvolta anche per Nerone, ma non sempre,, Anzi più spesso piegò verso il male, il mostruoso, lo stravagante, il pazzesco. Donò palazzi e patrimoni ad un citaredo, ad un gladiatore, ad un usuraio, a persone anche più indegne:. Non indossò mai due volte la stessa veste. Puntò su un dado quattrocentomila nummi. Soleva pescare con una rete dorata e con funi di porpora e cocco. Viaggiava con un corteo di mille carri e con le suole d'argento per le mule. Nel giorno della morte di Poppea fece bruciare più incen- so di quello che in un anno producesse tutta l'Arabia. Pieno di ammirazione per la statua di Alessandro Magno dovuta a Lisippo, la fece rivestire d'oro. E tutto d'oro fu ricoperto il teatro di Pompeo per le feste in onore di Tiridate, il re partico di Armenia. Non per nulla domus aurea fu il nome dei nuovi palazzi neroniani dopo l'incendio. Per uno spettacolo gladiatorio, mandò in Germania a raccogliere ambra e tanta ne affluì a Roma che con l'ambra furono annodate le reti per tener lontane le belve, di ambra fu sparsa la rena del Circo e il cataletto stesso su cui si ponevano i gladiatori morti. I progetti più grandiosi e più ineseguibili solleticarono la sua volontà.



Il famoso canale navigabile dal lago Averno ad Ostia passava per luoghi squallidi, fra colli aridi e scoscesi. Se l'impresa fosse giunta a compimento, gli effetti sarebbero riusciti sproporzionati alle ingenti difficoltà superate. Intanto fu rovinato il territorio del Cecubo, ed una delle più famose qualità di vino finì per sparire. Nerone voleva prolungare le mura di Roma fino ad Ostia dove aveva fatto costruire un porto grandioso. Le terme sono di una magnificenza mai vista. A Subiaco sono ancor oggi i resti di una villa sontuosa, costruita fra tre laghetti formati dallo sbarramento delle acque dell' Aniene. Così ad Anzio. Così a Baia. Non gli mancarono le velleità scientifiche. Seneca pur adulando non mente del tutto quando le definisce veritatis in primis amator. Commissioni scientifiche furono da lui inviate ad esplorare paesi lontani ed ignoti: le sorgenti del Nilo, l'Etiopia, le regioni caucasiche. E fu raccolto un immenso tesoro di pietre, di animali e di piante rare. E dove non era questione di scienza, lo interessava l’ insolito, lo straordinario, l’unico. Per il suo anfiteatro usò il più alto degli alberi piantato sotto Tiberio, un trave di larice alto centoventi piedi e grosso per tutta la sua altezza due piedi. Giovane, forte di persona possedeva gli elementi dell'appariscenza e del fasto che colpivano l'anima popolare. Accanto al principe l’artista non meno megalomane del primo. La sua adolescenza si era accesa sempre più per tutte le forme di arte ed egli aveva studiato con fervore la poesia, il canto, la pittura, la scultura. La passione finì per accecarlo ed egli vi ravvisò la sua missione: Roma, che trionfava nelle armi non aveva ancora. trionfato nell'arte sulla Grecia capta; l'imperatore sarebbe stato il dio della nuova vittoria. Nerone volle per compagni delle nuove battaglie senatori, cavalieri ,matrone. La febbre dell'applauso lo invase e lo travolse. Per essa si fece piccolo e diventò cattivo. Ed era quel Principe, che tanta coscienza aveva del suo potere, che così parlava nel discorso di Corinto con cui annunciava nel 67,la liberazione dell'Acaia: “So bene che non vi è cosa che dalla mia magnanimità non si possa attendere; tuttavia deve riuscirvi inaspettata la grazia che io vi largisco, così grande che voi stessi non avreste nemmeno osato impetrarla... Altri potè concedere la libertà a qualche città, Nerone soltanto a tutta una provincia". Il matricidio,la morte di Britannico e di Ottavia, i supplizi atrocemente raffinati contro i Cristiani, le condanne in massa per i più tenui sospetti nella congiura pisoniana, non sono che i molteplici anelli di una catena che spiega non solo le violente espressioni di fonte cristiana ma anche la severità di Plinio che lo dice: toto principatu suo, hostem generis humani, e quella stessa di Marziale che ricorda con sdegno gli invidiosa feri ... atria regis. Ferocia irraggiungibile, effetto spesso di paura. Il terrore è uno degli aspetti contraddittori di questa singolarissima figura. Dopo il matricidio, l’ombra implacata della vittima non lo abbandona, il tiranno vede d'ogni lato un accusatore. E' l'uomo che nemmeno di fronte alla terribile pena che l'attende dopo il decreto del Senato, trova nella sua mano la forza per morire, egli che questa forza aveva imposto a migliaia dì condannati.