I problemi del Paese

I problemi dell'Unione Indiana sono legati fondamentalmente ai seguenti aspetti.                                Economia: nonostante gli sforzi finora effettuati, l'agricoltura e l'industria non sono cresciute secondo i tassi di sviluppo programmati dal governo. Malgrado le sue risorse, l'India resta un paese sorprendentemente poco sviluppato. Urbanesimo: questo è il paese dove la popolazione delle città aumenta ai ritmi più rapidi del mondo e dove soprattutto la povertà urbana mostra gli aspetti più tremendi. Un esempio: a Calcutta più di 3 milioni di persone vivono in precarie baracche e oltre 250.000, la sera, non hanno un tetto sotto cui dormire. Rapporti fra gli stati dell'Unione e il potere centrale: Sono difficili per le forti tendenze nazionaliste e autonomiste delle repubbliche federate. Non sempre il governo centrale riesce a fare attuare tutte le sue scelte. Relazioni con i paesi vicini: Sono anch'esse difficili. L'Unione Indiana si considera la maggior potenza nell'Asia meridionale; inoltre ha ritenuto di essere, almeno fino a un recente passato, il paese- guida fra i cosiddetti non allineati, e questo l'ha spinta a ingenti investimenti nel campo militare. Sul piano della diplomazia, i rapporti più complicati sono quelli con il Pakistan, stato musulmano al tempo stesso « fratello e rivale », poiché come l'India si è formato a seguito della fine del dominio britannico nell'Asia centromeridionale. Non più facili sono i rapporti con la Cina, alla quale l'India contende alcuni territori sulla frontiera himalayana.



Il lavoro minorile

Insieme, non a caso, a uno dei più elevati tassi di analfabetismo al mondo. L’India ha il maggior numero assoluto di lavoratori fra i 4 e i 14 anni. Il governo dice 17 milioni, ma per Swami Agnivesh del Fronte per la liberazione dal lavoro schiavistico, alla fine del 1994 erano circa 60. La Costituzione proibisce l’impiego di bambini sotto i 14 anni in aziende, miniere, o per lavori pericolosi e fissa l’istruzione obbligatoria fino ai 14 anni.. Ma la scarsità di mezzi, la polverizzazione delle unità produttive informali e la corruzione ostacolano i controlli. L'Asian Labour Monitor ha calcolato che i bambini, appartenenti in genere a famiglie di rurali senzaterra, producono circa un quinto del prodotto interno lordo indiano in agricoltura, miniere. cave, fornaci, concerie, fabbriche tessili, seterie, tappeti, laboratori di fiammiferi. sigarette e fuochi d'artificio, vetrerie e nel gigantesco settore informale urbano, con la raccolta dei rifiuti, il trasporto di pesi e il piccolo commercio. Miniere, cave, vetrerie e fornaci: ad esempio la cava di Faridabad dove lo spaccapietre di 10 anni, spesso schiavo per debiti, rischia di diventare cieco per la polvere e il riverbero. The: in India queste piantagioni incorporano lavoro minorile in quantità, arrivando talvolta al 70% della manodopera. Orari enormi, paghe minime. Ciò consente i profitti altissimi delle multinazionali del the e delle loro associate locali. Concerie: condizioni di lavoro disastrose, si utilizzano molti prodotti chimici. I bambini continuano a lavorare a mani e piedi nudi. Abiti, seta, scarpe: sono i prodotti di bassa tecnologia e di largo consumo quelli con la cui produzione ed esportazione l’India ha tentato di dare la scalata dello sviluppo industriale. Di mezzo ci sono le multinazionali che, in genere, appaltano il lavoro a ditte locali, le quali a loro volta lo subappaltano a ditte più piccole. In questo giro si annida il lavoro dei bambini. Tappeti: un milione di bambini tessono tappeti su decine di migliaia di telai sparsi fra il Pakistan, l’India e il Nepal. I bambini sono preferiti agli adulti non solo per le piccole dita, molto adatte al lavoro, ma anche perché gli adulti non sono disposti a farsi sfruttare così duramente.



Schiavi per debiti: In India (ma anche in Pakistan, Brasile, Perù) una famiglia povera che si indebita rischia molto: prende un prestito da un usuraio e si ritrova a lavorare finché non ha ripagato il debito. Ma gli interessi sono troppo alti e la condizione di schiavitù si tramanda di padre in figlio nei lavori agricoli, nelle cave, nelle fornaci e nelle miniere, nelle vetrerie. Almeno 5 milioni sarebbero anche schiavi, forzati cioè a non lasciare il posto di lavoro e non pagati, per debiti contratti dalle famiglie oppure perché ai genitori è stato pagato un anticipo sul loro lavoro. La Corte Suprema indiana considera ormai schiavistico tutto il lavoro dei bambini, non solo perché sono impossibilitati a scegliere, ma perché non percepiscono il salario minimo stabilito per legge. L'India è anche accusata, come altri paesi, di praticare nelle sue produzioni per l'esportazione una concorrenza sleale basata sullo sfruttamento. Nel Terzo Mondo i bambini sono una ricchezza anche economica: Da uno studio dell’Unicef si evidenzia, ad esempio, in che modo i bambini di un villaggio indonesiano rappresentino una fonte di reddito per le loro famiglie fin dall’età di 6 anni. A 6 anni curano i bimbi più piccoli, a 8 accudiscono il bestiame, a 9 tolgono le sterpaglie, a 10 coltivano il riso, a 11 lo trapiantano, a 12 lavorano sotto padrone. Un segnale positivo è giunto dalla comunità internazionale: il 17 giugno 1999 l’ILO ha approvato la Convenzione per la proibizione del lavoro minorile, contro le forme più dannose di sfruttamento dei minori. La Convenzione sottolinea che il lavoro priva il bambino dell’accesso all’istruzione e invoca speciali protezioni sociali per i minori. Essa esorta i governi di tutto il mondo a intraprendere azioni immediate per l’eliminazione del lavoro minorile e a promuovere l’applicazione della Convenzione. Ma dalle carte bisognerà passare ai fatti. E non è così semplice.