Cenni storici

Nella Regione Indiana è fiorita una delle più antiche civiltà dei Mondo; gli scavi archeologici hanno permesso di datare al terzo millennio a.C. la civiltà della Valle dell'Indo. Nel 1500 a.C., popoli nomadi (Ariani, di lingua sanscrita) invasero e travolsero la civiltà dell'Indo, e dalla fusione degli invasori con gli antichi abitanti prese origine una società, divisa in caste e guidata dalla religione induista, che è sopravvissuta fino al nostri giorni. In seguito, alla religione dominante si opposero due riformatori, Budda e Mahavira, che fondarono nel VI secolo a.C. rispettivamente il Buddismo e il Giainismo. Il Buddismo ebbe in India il suo apogeo con il regno di Asoka (264-227 a.C.), poi l'Induismo riprese il sopravvento, mentre il Buddismo incontrò maggiori fortune fuori dall'India. Nel V secolo d.C. l'India settentrionale fu invasa dagli Unni e nell'VIII dai musulmani; nel XIV secolo furono i Mongoli ad interessarsi all'India e un discendente di Tamerlano, Babur, fondò una dinastia (Moghol) che mantenne il dominio sull'India settentrionale fino al 1858. Anche le potenze coloniali europee (Portogallo, Gran Bretagna, Olanda, Francia) cercarono di estendere il loro dominio sull'India, ma furono gli Inglesi ad acquistare una posizione di supremazia. La dominazione inglese comportò aspetti negativi, come la rovina dell'industria tessile artigianale e il peggioramento delle condizioni di vita nelle campagne a causa dell'introduzione del concetto di proprietà privata della terra e della diffusione di coltivazioni nuove (ad esempio l'oppio), che sottraevano terreno a prodotti alimentari più utili; tra gli aspetti positivi si possono considerare la costruzione di strade, la realizzazione di una buona rete ferroviaria e di opere di irrigazione, l'opera di alfabetizzazione, l'unificazione del Paese sotto un'amministrazione efficiente, l'abolizione delle usanze più crudeli dell'Induismo come i sacrifici umani, l'infanticidio, il suicidio delle vedove, e la repressione dell'attività di «caste criminali» come quella dei thugs (strangolatori fedeli alla dea Kalì). Gli Inglesi favorirono anche la diffusione del concetto di eguaglianza per tutti i cittadini davanti alla legge (indipendentemente dalle caste) e delle idee di progresso, giustizia sociale, democrazia, nazionalità. Nel 1885 venne fondato il Congresso Nazionale Indiano, un movimento politico che in seguito, sotto la guida di due suoi esponenti, Tilak e Gandhi, si pose come obiettivo l'indipendenza dell'India.



Fino alla prima guerra mondiale l'opposizione del Congresso, espressione delle classi medie indiane, era stata piuttosto moderata: venivano chieste riforme e maggiori autonomie, senza mettere in discussione il dominio inglese. Tuttavia, dopo il conflitto mondiale (cui l'India aveva partecipato con oltre un milione di uomini), aumentarono i sostenitori di una linea più radicale, che rivendicava l'autogoverno del paese. Si formò anche una corrente che propugnava la lotta armata contro gli inglesi. Il governo britannico, di fronte a tali richieste, alternò repressione e concessioni: gli indiani ottennero libertà amministrative a livello locale (scuola, sanità, lavori pubblici), ma il governo del paese rimaneva nelle mani del viceré britannico. Fu istituito un parlamento nazionale elettivo, che non aveva tuttavia poteri effettivi a livello di governo centrale. In sostanza, la Gran Bretagna concedeva spazi crescenti all'amministrazione indiana, prevedendo di inserire, con il tempo, il paese nel Commonwealth, ma badava a conservare il controllo reale del suo più prezioso possedimento coloniale. Negli anni venti il Partito del Congresso trovò in Mohandas Karamchand Gandhi (1868-1948), detto il Mahatma ("grande anima"), un capo di straordinario prestigio e di grande capacità politica. Gandhi era contrario sia alla politica moderata e filo-occidentale fino a qual momento conseguita dal Partito del Congresso, sia alle azioni violente propugnate dai nazionalisti più radicali. Egli attuò con estrema coerenza una forma di lotta politica da lui elaborata, la satyagraha, che significa "forza della verità". Questo metodo consisteva nell'opporsi a qualunque ingiustizia in modo non violento, con lo sciopero, lo sciopero della fame, il boicottaggio dei prodotti inglesi (come i tessuti), il ritiro degli studenti dalle scuole inglesi. Nel 1930 Gandhi e i suoi seguaci organizzarono la famosa marcia del sale: centinaia di chilometri a piedi, sino al mare, per raccogliere il sale, che era monopolio inglese. Gandhi lanciò diverse campagne di opposizione non violenta di massa, ottenendo presso la popolazione un seguito crescente: i tentativi fatti dagli inglesi per arrestare l’azione del Mahatma, che fu incarcerato quattro volte, non fecero altro che aumentarne la popolarità altissima presso i contadini: Gandhi faceva leva non solo sul bisogno di riscatto dall’oppressione e dalla povertà, ma anche sul sentimento religioso induista, vivissimo tra le masse. Il successo del movimento nazionalista costrinse gli inglesi a fare ulteriori concessioni, chiamando il partito del Congresso a collaborare al governo.



Solo nel 1947 l'India ottenne l'indipendenza, ma l'unità del Paese fu presto messa a dura prova dai conflitti fra le comunità religiose, in particolare fra musulmani e induisti. Fu necessario giungere alla divisione, lo stesso anno dell’indipendenza, in due Stati separati: l'India, prevalentemente induista, e il Pakistan, a maggioranza musulmano; lo stesso Gandhi fu ucciso nel 1948 da un fanatico induista, contrario al suo atteggiamento conciliante verso i musulmani. Il successore di Gandhi, Nehru, cercò di rafforzare politicamente e socialmente l'India; nel 1950 venne adottata una Costituzione di modello occidentale e furono introdotti nuovi principi come l'abolizione del concetto di intoccabilità, che colpiva le caste più disprezzate; furono prese iniziative per combattere la povertà e si avviò la riforma agraria, mentre alcuni importanti settori economici vennero nazionalizzati. Dal 1966 al 1984 fu alla guida del governo (salvo un breve periodo) Indira Gandhi, la figlia di Nehru. Essa dovette affrontare gravi problemi, tra cui disoccupazione, carestie, conflitti di caste, movimenti separatisti ecc. I suoi metodi autoritari la resero invisa ad una parte consistente della popolazione e nel 1984 rimase uccisa in un attentato. Il suo posto venne preso dal figlio, Rajiv Gandhi, che ha cercato di attenuare la politica centralista e autoritaria della madre e di dare all'economia un'impronta più liberale, ma è anch'esso caduto vittima di un attentato nel 1991. I successori di R. Gandhi paiono decisi a proseguire nel liberalismo economico e a favorire gli investimenti stranieri in India.