COMMERCIO

La maggior parte delle città sarde vive del terziario che da troppi anni sta conoscendo una crisi che pare senza ritorno. Ciò è dovuto non solo alla situazione nazionale che ha colpito tutte le categorie, ad un debito pubblico determinato da una politica degli sprechi che perdura ancora oggi. II tempo delle vacche grasse è finito ma il risanamento della finanza pubblica è ancorato esclusivamente ai tagli nei servizi pubblici ( sanità, cultura, etc. ) e ad una eccessiva fiscalizzazione che sta distruggendo i piccoli imprenditori. E' uno strano modo di risolvere i problemi !

In provincia di Cagliari in particolare, l'apertura selvaggia di grossi centri commerciali ha distrutto il piccolo commercio ma anche i market di quartiere: non dico che alle soglie del duemila non debbano esistere - sarei anacronistica - dico che ci deve essere una razionalizzazione delle licenze in proporzione al numero degli abitanti e l'eliminazione dei prezzi-civetta. Dobbiamo incentivare la bottega artigianale e commerciale, il negozio della porta accanto.

E' importante il controllo e l'informazione degli operatori economici sulle esigenze del territorio e sulle nuove tipologie delle attività economiche, magari realizzati telematicamente.
E' importante la valorizzazione dei marchi D.O.C. dei prodotti sardi.
E' importante una regolamentazione degli orari di apertura per tutti e il ripristino di una politica dei saldi agganciata alla realtà nazionale.
E' indispensabile una attenzione dei mercati pubblici che svolgono un'opera di calmierizzazione.
E' indispensabile offrire incentivi per il ripristino degli immobili e dei servizi commerciali.

In conclusione lancio un appello affinché la Regione riveda la politica scriteriata dei trasporti ( vedi CTM ) che penalizza i grandi centri urbani su cui gravano i costi dei servizi di tutta una provincia.


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