Immagine dello scrittore Mario Fortunato

Amori, romanzi e altre scoperte
Intervista a Mario Fortunato
da Babilonia

Per parlare del suo ultimo libro, Amori, romanzi e altre scoperte, in questi giorni in libreria , incontro Mario Fortunato nella sua bella casa romana in Trastevere dove passo con lui un piacevole pomeriggio a discutere di questo libro, ma anche di altri temi che le pagine del libro suggeriscono.

Domanda
: Come è nata l' idea, che io trovo molto bella, di parlare di te, anche attraverso i libri che hai amato?


Risposta: La genesi di questo libro è piuttosto lunga. Anni fa io e Brett Shapiro abbiamo pensato di fare un'antologia della letteratura di argomento omosessuale del Novecento, un'antologia con tutti i crismi di serietà e di completezza che cercasse di restituire la complessità di quelli che sono stati i linguaggi del Novecento. Ci abbiamo lavorato un po', poi il progetto non si è realizzato: c'erano enormi problemi di diritti d'autore da risolvere. Dopo qualche tempo sono tornato sul progetto ridimensionandolo e rendendolo più personale. Così ho proposto a Einaudi una mia antologia privata, sempre sul tema dell'omosessualità e sempre del Novecento. Ho cominciato a rileggere libri molto amati, libri che mi hanno reso la vita migliore, e rileggendo ho cominciato a pensare che non mi andava di limitarmi ad aggiungere solo una prefazione a quei testi. Allora, grazie anche all'insistenza di qualche amico che mi incitava ad andare fino in fondo, ho capito che avevo voglia di rivisitare gli anni della mia formazione, e intanto tagliavo i testi che avevo preparato e li riducevo a quelli che sono stati veramente importanti per me. E così invece di una prefazione ho scritto il racconto di un ragazzo - il ragazzo che sono stato - , della sua scoperta della letteratura, di come l'ha scoperta e del perché l' ha scoperta. Infine, siccome la vita è romanzo e non saggio e siccome io avevo deciso di fare un po' un romanzetto di me stesso, sono andato fino in fondo. Così i riferimenti ai testi non sempre sono espliciti. L'idea era quella di stabilire un rapporto di rifrazione fra il mio testo e i testi antologizzati.

Domanda: Non avrei pensato ad un' originaria idea di antologia, quanto piuttosto ad una narrazione autobiografica...

Risposta: Mi fa molto piacere che tu dica questo, perché quando la cosa ha preso forma ho avuto anche un sacco di incertezze. Non volevo che si scambiasse il libro per quello che non è, cioè un'antologia, perché non è un'antologia. E non è nemmeno , almeno spero che nessuno lo prenda così, un'esibizione. Semplicemente vuole essere una maniera un po' inedita di fare un'autobiografia.

Domanda: In tutti i tuoi libri c'è qualche personaggio omosessuale e serpeggia sempre un'atmosfera omoerotica. Qui c'è qualcosa di più. Mi pare che ti metti più in gioco. Ti scopri di più. E' vero?

Risposta:Vedi, i libri che ho prodotto finora - belli o brutti che fossero - erano dei romanzi o dei racconti, cioè erano, come si dice "finzione". Tu sai benissimo che dentro al racconto e dentro al romanzo passano sempre elementi di autobiografia che possono essere molto importanti, possono avere una carica interna simbolica estremamente forte, ma non esauriscono il quadro: in un romanzo o in un racconto, comunque tu stai raccontando una storia inventata con dei personaggi fittizi.
Questo invece è un libro che racconta apertamente me stesso. E' un libro autobiografico, con piccole forzature, come è ovvio, con qualche reticenza, però è un libro molto chiaro da questo punto di vista. E poiché io sono omosessuale, ovviamente il tema dell'omosessualità è molto importante, se non centrale, perché coincide in larga misura con la mia vita.

Domanda: Mi viene da pensare- ma forse non è nemmeno sempre vero - che di solito uno comincia a scrivere parlando molto di sé, invece tu ci arrivi dopo quattro libri di fiction......

Risposta: Negli altri miei libri c'erano sempre elementi della mia vita, c'erano comunque piccole o grandi cose che riguardavano la mia esistenza concreta. C'erano, per esempio, personaggi dietro cui io mi nascondevo , o che erano messi lì quasi a rappresentarmi. Qui in effetti io sono uscito dal genere. Questo libro non è un romanzo. Non so come chiamarlo perché è un libro un po' bizzarro e anomalo. Se proprio debbo definirlo, ecco forse direi che è una "autobiografia letteraria".

Domanda: Degli scrittori presenti in questo libro, gli italiani sono pochissimi, solo nelle ultime pagine, quasi a voler colmare una lacuna. Quale è il tuo rapporto con la letteratura italiana?


Risposta: Effettivamente, di autori italiani ne ho letti pochi negli anni della mia formazione: forse perché stavo in provincia, in Calabria, in una provincia un po' depressa, lontana, remota. Fatto sta che avevo un gran desiderio di evasione, di apertura. Mi ricordo i primi viaggi che ho fatto da ragazzo: non sono andato a Venezia, che non conoscevo, non a Torino o a Napoli. Sono andato a Copenaghen, a Parigi, a Londra, perché era più esotico, era più lontano. Mi sentivo cittadino del mondo... e poi mi piaceva il Nord. Come tutti i meridionali sono sempre stato attratto dal Nord. La stessa cosa è accaduta per le letture. In più, diciamo la verità, quando ero ragazzo i romanzi che uscivano in Italia non erano un gran che....i soliti nomi, un po' noiosi e barbosi. Per molti anni la letteratura italiana non si è rinnovata, non aveva molta linfa nuova. Negli anni Settanta credo che abbia avuto il suo periodo peggiore. Sì, c'erano Moravia, Morante, Calvino, Pasolini, Arbasino...però era un momento di stagnazione. I libri più importanti, anche di questi autori, erano usciti negli anni Cinquanta e Sessanta. Gli anni Settanta sono stati gli anni del saggismo, dell'ideologia... si leggevano i filosofi della scuola di Francoforte, Marcuse, Adorno, Benjamin, ma di narrativa poca, e la narrativa italiana sembrava, per motivi un po' imperscrutabili, vecchia e parruccona. Io ragazzo avevo voglia di leggere cose diverse anche nella lingua ... mi ricordo, per esempio, che non sopportavo l'uso di "egli" e "ella" nella scrittura. Anche per questo ho frequentato poco la letteratura italiana. Ho cominciato invece a leggerla e a scoprirla quando ero ormai prossimo alla laurea.

Domanda: E quelli sono anche gli anni della tua scoperta di Tondelli......

Risposta: Come racconto nel libro, quando ho conosciuto Tondelli non sapevo nemmeno che fosse scrittore. Altri libertini l'ho letto dopo e, devo dire, non l'ho amato subito. Io ho avuto gusti diversi da quelli di Pier. Siamo diventati amici e delle nostre diverse predilezioni parlavamo, e anche litigavamo. I nostri gusti con il passare del tempo si sono poi molto assimilati: è una delle cose che mi mancano di più... le nostre chiacchiere quotidiane al telefono in cui ci scambiavamo consigli e suggerimenti. Tornando alla tua domanda, gli autori italiani sono alla fine del libro perché, come dicevo, corrispondono alle mie letture di quegli anni, ma anche perché ho voluto suggerire al lettore che è giusto infine approdare alle radici, alla propria lingua e quindi alla propria letteratura. Non puoi far finta che i tuoi antenati siano diversi da quelli che sono.

Domanda: Finisci con gli scrittori italiani e cominci con Proust, non è un caso....

Risposta:No di certo: il fatto che il primo testo sia di Proust non è per niente casuale. L'episodio che racconto della mia scoperta della Recherche è vero, ma Proust è lì anche perché ha rappresentato e rappresenta per me la Letteratura. Lui è la casa, che uno poi lascia, da cui magari si fugge, ma che è sempre un punto di riferimento fondamentale. Proust per me coincide con la letteratura del Novecento. Io credo che sia il più grande scrittore di questo secolo, forse il più grande scrittore in assoluto.

Domanda: Tra le esperienze che narri mi ha colpito il rapporto con la famiglia che è molto positiva, eppure tu scrivi di essere approdato presto alla convinzione che la vera famiglia, la famiglia per scelta e non solo per nascita, è quella degli amici e poi a un certo punto dici , ancora più esplicitamente, che "un omosessuale non appartiene del tutto alla propria famiglia. Non è un problema di comprensione, è un problema di sensibilità". Insomma sono proprio così difficili per un omosessuale i rapporti con la famiglia?

Risposta: Penso di sì, ne sono convinto. Non posso fare alcun rimprovero alla mia famiglia, anzi devo dire di aver goduto di libertà, di stima, di rispetto, però è un dato di fatto che tuo padre e tua madre sono eterosessuali, cioè diversi da te. Possono rispettarti, ma comunque non condividono le tue esperienze. E' come quando ci si confronta con un paese molto lontano culturalmente e linguisticamente. Se siamo persone civili, rispetteremo le diverse usanze, i modi differenti di vivere, però non potremo mai condividerli dall'interno. Credo che il rapporto tra un ragazzo omosessuale e la famiglia sia fondamentalmente di questo tipo. E' questo il punto centrale, e anche il più doloroso, al di là di tutti i conflitti che ci possono essere. I conflitti si superano, anzi spesso sono una maniera di dirsi "ti voglio bene". Il vero nodo doloroso consiste nel fatto che inevitabilmente tra un ragazzo omosessuale e la propria famiglia rimanga sempre una zona grigia di estraneità...

Domanda: E questo in Italia è più forte che altrove....

Risposta: Certo le iperprotettive mamme italiane, come dire, non aiutano....Fuori degli scherzi penso che un ragazzo omosessuale debba fare uno sforzo in più rispetto ad un ragazzo eterosessuale, e questo a volte può dare anche risultati positivi . Spesso i ragazzi gay sono più in gamba dei ragazzi etero, perché lo sforzo di reggere l'urto col mondo esterno ti affina, ti rende più attento, più sensibile.

Domanda: Dalle esperienze che descivi nel libro sembra che rifuggi dai luoghi solo per omosessuali. Non pensi siano invece luoghi di riconoscimento di identità e di appartenenza?

Risposta: Questo è un discorso diverso. Io penso che sia molto importante il riconoscimento di identità e di appartenenza, ma si tratta di una questione privata: ognuno compie le proprie scelte. I locali pubblici, i giardini, le cruising area sono un'altra faccenda. Se vuoi possiamo parlarne. Però in concreto, senza sofismi. A me dispiace, per esempio, che a Roma non ci siano dei caffè dove alle quattro di pomeriggio si possa andare a leggere il giornale bevendo un cappuccino, o che non ci siano ristoranti gay. Quando ho vissuto a Berlino o a New York sono stato un assiduo frequentatore di caffè e di ristoranti gay. I luoghi che non ho mai amato e che quindi non ho mai frequentato sono i luoghi di rimorchio puro, quei luoghi bui, fumosi, nascosti, dove sembra di stare fra clandestini che si vergognano di sé. Mi è sempre sembrato che in posti simili si consumava come un deprezzamento della mia sensibilità.

Domanda: Da Tondelli in poi mi pare che uno scrittore non abbia più problemi a rappresentare temi e situazioni legati all'omosessualità, e penso, oltre ai tuoi libri, a quelli di Busi, di Farinetti, di Walter Siti. E' davvero finita l'era della repressione?

Risposta: In parte sì. Penso che nella rappresentazione letteraria e artistica ci sia stata in questi ultimi anni una grossa rottura col passato. Lo stesso non è accaduto nella ricezione mediatica dove mi pare permangano grosse discriminazioni. Pensa a certo giornalismo dove si parla ancora di "torbido ambiente omosessuale" , o a certo modo di fare recensioni dove il critico si sente in diritto di dare giudizi sul piano umano e morale. Insomma, la rappresentazione mediatica fa fatica a migliorare e fa fatica a migliorare il vissuto delle persone. Io ricevo delle lettere tristissime di persone che hanno grossi problemi perfino ad avere un amico . In Europa le cose vanno meglio. Lo vedo anche dall'accoglienza dei miei libri... che so, in Germania, dove il mio ultimo romanzo ha venduto già il doppio delle copie vendute in Italia, sento un'accoglienza più calda. Non so come dire: un recensore dà un giudizio critico e basta, dice perché il libro gli è parso è bello o brutto. Che poi il tema del libro sia omosessuale o eterosessuale non importa. C'è una scioltezza su questi temi che in Italia, purtroppo, ancora non abbiamo.

Domanda: E poi ci sono problemi legati proprio ai diritti delle persone. Tu hai condotto una battaglia per il riconoscimento dell'assistenza sanitaria anche al tuo compagno. Mi racconti come è andata?

Risposta: Se debbo essere sincero, non pensavo di sollevare un problema. Anni fa vivevo qui a Roma con un ragazzo americano. Sapevo che per la Casagit ( la Cassa autonoma di assistenza integrativa dei giornalisti) era prevista l'assistenza non solo per il coniuge ma anche per il convivente "more uxorio". Così, per una mia forma di ottimismo o di stupidità, pensai che non avesse alcuna importanza che il mio convivente fosse un maschio o una femmina. Mi pareva una cosa del tutto logica e automatica. Questo potrà sembrare strano, ma credo di essere una persona che ha avuto fortuna nella vita: ho una famiglia estremamente liberal, faccio un lavoro in cui la discriminazione sessuale è quasi inesistente, per cui molte volte mi sfugge che per qualcuno l'omosessualità possa essere un problema. Dunque io presentai la mia domanda alla Casagit in maniera del tutto ingenua. Quando la cosa si è complicata e ho visto che c'erano delle resistenze fortissime, ho deciso di non demordere. Mi sono detto "allora sia una battaglia". Ma per onestà va ricordato che tutto è cominciato per caso. La vicenda è stata lunga: da quando ho fatto domanda al momento dell'approvazione sono passati più di due anni e nel frattempo io e il mio compagno ci eravamo separati. Quindi io ero piuttosto in imbarazzo perché temevo che tutta la faccenda diventasse un boomerang. Non per me e il mio ex compagno che non ha ovviamente usufruito dell'assistenza Casagit, ma per tutti gli altri gay che ne avessero fatto richiesta. Molti pensano che gli omosessuali cambino partner ogni giorno e certa stampa mi ha attaccato proprio con argomenti di questo genere. Per parte mia ho tenuto un silenzio assoluto, anche perché non mi andava di farne una cosa personale, privata.

Domanda: Quindi la Casagit ha inserito nel suo statuto il diritto all'assistenza anche per il convivente dello stesso sesso..... Questo per i giornalisti, e per altre categorie?

Risposta: Che io sappia fino ad oggi nessun'altra categoria ha un tale diritto. E questo dà la misura di quanta discriminazione ci sia ancora nel nostro paese.
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