Immagine dello scrittore Pier Paolo Pasolini
Pasolini "corsaro" e "luterano"
da Babilonia, gennaio 2000


Pier Paolo Pasolini è l'autore del Novecento più pubblicato e più discusso (su nessun altro scrittore di questo secolo sono stati scritti tanti saggi e tante tesi di laurea), ma forse è anche uno degli scrittori più fraintesi. La sua vita ( di cui egli stesso ha costruito un'immagine tumultuosa e contradittoria), le polemiche da lui sollevate ( sempre scandalose e eretiche), la sua morte ( così terribile e così lucidamente prevista) hanno contribuito a creare intorno al suo nome un alone di mito alimentato da amici e nemici e non sono mancati tentativi, da più parti, di appropriazione indebita della sua eredità. Tutti questi elementi, extratestuali, mentre hanno accresciuto la fama dello scrittore, sono stati spesso di ostacolo ad una lettura serena della sua complessa produzione, che colpisce innanzitutto per la sua eterogeneità. Fin dalle prime opere della seconda metà degli anni Quaranta, la produzione di Pasolini è stata un incessante sperimentare tutti i generi e i linguaggi possibili, tanto che è difficile, ancora oggi, dire se egli sia stato soprattutto poeta o narratore o cineasta o saggista o polemista. Il fatto è che in Pasolini non esiste una gerarchia tra generi alti e generi bassi, tra opere principali e opere secondarie. In tutto ciò che ha prodotto ci sono la passione e l'impegno, ugualmente intensi e l' ossessivo bisogno di esibizione della propria "disperata vitalità". L'edizione di tutta la sua produzione iniziata con i due volumi di Romanzi e racconti, di cui abbiamo parlato, nel numero di gennaio 1999 di "Babilonia", con Walter Siti, curatore di tutta l'opera posoliniana, prosegue ora con la pubblicazione di altri due volumi, uno di Saggi sulla politica e sulla società introdotto da Piergiorgio Bellocchio e l'altro, in due tomi, di Saggi sulla letteratura e sull'arte, con un'introduzione di Cesare Segre. Entrambi i volumi sono completati da una "Cronologia della vita e delle opere" a cura di Nico Naldini e da "Note e notizie sui testi" a cura di Walter Siti e di Silvia De Laude. A proposito di questi due libri va detto subito che non si tratta di opere minori rispetto ai generi "alti" della poesia o della narrativa, perché Pasolini sovrappone e scambia stili diversi e materiale eterogeneo. Così spesso la prosa, il discorso razionale, forza la poesia, ne invade anche la struttura metrica e, al contrario, gli interventi saggistici e giornalistici si colorano di un alto tasso di letterarietà, tanto che qualcuno trova che i suoi libri più belli sono alcuni di quelli ora inseriti in questi due volumi, come gli Scritti corsari, raccolta degli interventi giornalistici sui maggiori quotidiani degli inizi degli anni Settanta o Descrizioni di descrizioni, un libro che raccoglie scritti di carattere letterario usciti sul settimanale "Tempo", tra il 1972 e il 1975.
Molti sono i testi inediti e molti, pubblicati su riviste e giornali di difficile consultazione, in realtà li leggiamo qui per la prima volta. Quello che caratterizza questi scritti è una forte ansia didascalica, una tensione continua a parlare agli altri, ad essere un maestro totale, a dialogare con tutta la società (i giovani, la borghesia, gli intellettuali, la Chiesa, il partito comunista ecc.). Il linguaggio è il più delle volte violento, polemico, aggressivo. Pasolini spazia in varie dicipline, dalla sociologia all'antropologia alla psicoanalisi, ma con la passione del poeta civile che lo porta a creare, con un procedimento mitopoietico, delle metafore profetiche che spesso scandalizzano per la loro "eresia" ma che aprono squarci illuminanti sui nodi irrisolti della realtà italiana degli anni Sessanta e Settanta, sulle nuove forme di dominio e di oppressione, sui nuovi e più raffinati processi di alienazione, sui contradittori processi di trasformazione di quegli anni che, secondo Pasolini, modernizzavano ogni aspetto della vita senza far emergere reale liberazione.
Immagine di Pier Paolo Pasolini alla cinpresa Anche in questi testi il tema dell'omosessualità, a volte esibito in maniera esplicita, a volte alluso, è spesso la chiave di lettura della realtà. C'è un'ansia di legittimazione dell'omosessualità e un' attenzione a quello che se ne scrive come in nessun altro scrittore di quegli anni. Quando i giornali, anche di sinistra, prendendo spunto da fatti di cronaca, esternano tutto il loro razzismo e la loro omofobia, Pasolini interviene con puntiglio a ribadire che "un rapporto omosessuale non è il Male (...) è un rapporto sessuale come un altro. Dov'è, non dico la tolleranza, ma l'intelligenza e la cultura, se non si capisce questo?"
In una lettera del 1961, finora inedita, al direttore di un quotidiano di sinistra, a proposito del caso Feile, uno scultore tedesco residente a Roma accusato di corruzione di minorenni, egli scrive: "ora davanti all'affare Feile, fascisti, democristiani e comunisti usano - pubblicamente - lo stesso linguaggio , gli stessi termini, lo stesso lessico, le stesse interiezioni, le stesse clausole oratorie...Vuol dire che i sentimenti dei fascisti, dei democristiani e dei comunisti davanti a un fatto come questo sono gli stessi, hanno la stessa reazione. E conclude: "perché le scrivo questa lettera aperta, caro direttore? Perché mi sembra che il primo esempio di umanità, di civiltà, di rispetto dovrebbe venire dai giornali di sinistra: se anch'essi usano un linguaggio di razzisti, se anch'essi rivelano paurosi vuoti irrazionali, allora a cosa serve la loro lotta? A cosa serve la loro disperata ricerca di una società dove domini la giustizia, ossia la ragione?".
E quando nel 1969 scoppia il "caso Lavorini" (il ragazzino trovato sepolto nella spiaggia di Marina di Vecchiano poco distante da Viareggio) e si dà la caccia al mostro chiamando in causa tutti gli omosessuali del posto , per scoprire poi che è stata tutta una montatura e che è del tutto inesistente la pista sessuale, Immagine di Pier Paolo PasoliniPasolini si chiede, in un altro testo inedito, perché gli studenti che in quegli anni protestavano contro tutto non intervenissero su questo caso: "l'hanno allontanato da loro, considerato impopolare e indegno?"
Il fatto è che anche gli studenti, nota Pasolini con amarezza, avevano forse sperato in cuor loro "che l'assassino fosse il turpe - o torbido, squallido, triste - individuo". Con un atteggiamento sempre provocatorio e " militante", Pasolini si espone in prima persona sottolineando spesso che la sua è una conoscenza "diretta" e non astratta e approssimativa come quella della stragrande maggioranza dei giornalisti. Si rilegga il tanto discusso intervento sull'aborto in Scritti corsari. Allora Pasolini fu accusato di tutto, di essere reazionario, di rimpiangere l'Italietta fascista, di voler difendere solo un suo particolare modo di essere omosessuale. E invece anche in quell'intervento Pasolini è di grande attualità. Egli sottolineava (e come dargli torto?) che la facilità con cui in quegli anni si iniziava a praticare il sesso era una facilità 'indotta' e imposta, derivante dal fatto che la tolleranza del potere riguardava unicamente l'esigenza sessuale espressa dal conformismo della maggioranza. E passando a proposte "operative" incalzava: "C'è da lottare, prima di tutto contro la 'falsa tolleranza' del nuovo potere totalitario dei consumi, distinguendosene con tutta l'indignazione del caso; e poi c'è da imporre alla retroguardia, ancora clerico-fascista, di tale potere, tutta una serie di liberalizzazioni 'reali' (...): anticoncezionali, pillole, tecniche amatorie diverse, una moderna moralità dell'onore sessuale ecc, ecc. Basterebbe che tutto ciò fosse democraticamente diffuso dalla stampa e soprattutto dalla televisione (...) Tutto ciò è utopistico? E' folle pensare che una 'autorità' compaia al video reclamizzando 'diverse' tecniche amatorie?". La proposta era evidentemente "folle" e utopistica, se ancora oggi, dopo venticinque anni, non abbiamo ancora visto Pasolini mentre gira 'Il Vangelo secondo Matteo'un presidente del Consiglio ( e ne abbiamo avuti anche di sinistra), o un ministro pronunciare senza arrossire la parola 'omosessualità' e se qualsiasi progetto di 'reale' liberalizzazione, che qualcuno in tutti questi anni ha avuto il coraggio di elaborare, non viene nemmeno discusso. Perché? Solo per non urtare la suscettibilità di quella "minoranza clerico-fascista", di cui parlava Pasolini, che, sotto altri simboli, è ancora rappresentata nella società, nel parlamento e nel governo?
Non sarà piuttosto che su questo argomento, come scriveva Pasolini, anche in uno di sinistra, spesso "è il piccolo borghese ignorante, ipocrita e provinciale, in lui sepolto, che parla?"
© 2001-2003 Carmine Urciuoli prod.