Francesco Inzirillo

 
   

  Dottore in medicina e Chirurgia

 
   
   

 

CENNI STORICI


Fase iniziale                                      

I primi trapianti sperimentali di polmone furono effettuati con successo da Metras in Francia nel 1950 e da Hardin e Kittle negli Stati uniti nel 1954.Il primo trapianto di polmone umano fu eseguito da Hardy ( figura 1) nel 1963. (1)
Il ricevente era affetto da carcinoma del polmone a cellule squamose infiltrante il bronco principale sinistro e da enfisema cronico con riserva polmonare inadeguata per tollerare un intervento di  pneumectomia.
 
Il polmone da trapiantare fu prelevato da un paziente deceduto per arresto cardiaco dopo un infarto del miocardio.
 
Al momento dell’intervento furono notati numerosi microascessi parenchimali secondari alla natura ostruente del tumore e metastasi linfonodali in regione ilare. 
La terapia immunosoppressiva praticata postoperatoriamente si basò sull’associazione di azathioprina, farmaci corticosteroidi e irradiazione timica. 
Il paziente morì 18 giorni dopo l’intervento a seguito dell'insorgere di una severa insufficienza renale.
Nonostante la ridotta sopravvivenza del ricevente questo primo intervento di trapianto polmonare richiamò l’attenzione di diversi ricercatori in tutto il mondo. Durante i seguenti 15 anni furono effettuati circa 40 trapianti in diversi centri del mondo ma, in nessuno caso si raggiunsero sopravvivenze accettabili.
Metà dei pazienti morirono durante la prima settimana dall’intervento chirurgico a causa di infezioni e rigetto acuto. 
Il paziente che sopravvisse più a lungo fu un uomo di 23 anni affetto da silicosi sottoposto a trapianto di polmone in Belgio che fu dimesso dall’ospedale 8 mesi dopo l’intervento per sopravvivere solo altri due mesi a causa di una serie di problemi tra cui rigetto, sepsi e stenosi bronchiale.(2)
Tra coloro che sopravvissero più di una settimana all’intervento chirurgico di trapianto polmonare si notò la comparsa di importanti problemi di cicatrizzazione dell’anastomosi bronchiale la cui natura multifattoriale fu compresa successivamente.  
A differenza di quanto accade con altri trapianti di organi solidi, durante il trapianto di polmone non viene effettuato di routine il ripristino della circolazione arteriosa bronchiale.  
La vascolarizzazione dei bronchi del polmone trapiantato dipende da rami collaterali dell’arteria polmonare e non dal ripristino della circolazione delle arterie bronchiali,  di conseguenza l’anastomosi bronchiale risulta maggiormente esposta al rischio di ischemia e deiscenza con conseguente contaminazione ed infezione mediastinica.  
I rischi infettivi sono altresì accentuati dalla ritenzione di secrezioni nel polmone donato dovuta alla significativa riduzione dell’attività mucociliare.
Il problema della deiscenza dell’anastomosi bronchiale stimolò l’interesse di molti autori, i contributi più significativi alla comprensione e risoluzione di questo problema furono apportati dal gruppo di Toronto diretto da J. Cooper che nel 1981 dimostrò che le alte dose di corticosteroidi utilizzate in quel periodo per ottenere livelli di immunosoppressione adeguati avevano effetti avversi alla guarigione dell’anastomosi. (2)  
Usando modelli sperimentali animali di trapianto polmonare gli stessi autori dimostrarono:

1.     L’utilità di utilizzare un lembo peduncolato di omento per proteggere l’anastomosi bronchiale, al duplice scopo di favorire la neovascolarizzazione dell’anastomosi stessa mediante la creazione di collaterali nel bronco ischemico, e di creare un supporto di contenimento dell’infezione qualora si verifichi la deiscenza, evitando la diffusione dell’infezione all’intero mediastino.(2)

2.     L’assenza di effetti dannosi  sulla guarigione dell’anastomosi da parte della ciclosporina, un potente farmaco immunosoppressore, all’epoca di recente scoperta, che consentiva di ridurre l’utilizzo di alte dosi di steroidi per prevenire fenomeni di rigetto. (2)

Nonostante questi nuovi importanti contributi alla comprensione delle problematiche cliniche che fanno seguito al trapianto polmonare, nei primi anni 80 rimanevano numerose questioni irrisolte, prima fra tutte la definizione di adeguati criteri di selezione per pazienti potenziali candidati al trapianto di polmone. Inizialmente furono selezionati per trapianto polmonare pazienti affetti da fibrosi polmonare, patologia considerata ideale per  trattamento con trapianto di polmone singolo, poiché l’aumentata resistenza sia alla perfusione che alla ventilazione nel polmone nativo fibrotico residuo garantisce una perfusione e una ventilazione preferenzialmente dirette verso il polmone “sano” donato.
Sulla base di queste valutazioni, il 7 novembre 1983 a Toronto fu effettuato con successo un trapianto di polmone singolo in un paziente di 58 anni con fibrosi polmonare primitiva il quale sopravvisse circa sei anni all’intervento prima di morire a seguito di severa insufficienza renale.(1)
 Successivamente,  si effettuò il trapianto di polmone bilaterale in pazienti per i quali, il trapianto di polmone singolo non era appropriato e il trapianto cuore-polmoni non necessario. Anche questa tecnica comunque si dimostrò essere, almeno inizialmente, particolarmente difficoltosa a causa della complessità tecnica, in particolare sanguinamento, rischio di ischemia delle  vie aeree e denervazione cardiaca. (2)  

 


  James D.Hardy

 

Sviluppi Recenti

           Un certo numero di innovazioni introdotte negli ultimi anni ha permesso la diffusione dell’applicazione del trapianto di polmoni.(2)
In passato, si riteneva che i pazienti con patologie polmonari ostruttive, potessero essere trattati solo con trapianto bilaterale ma, nel 1991 fu definitivamente dimostrato da Kaiser (2) che il trapianto singolo rappresenta un opzione attraente per i pazienti con queste patologie.  
Numerosi passi avanti sono stati fatti anche nella prevenzione e trattamento delle infezioni post-operatorie batteriche, virali e fungine.  In particolare l’incidenza di infezioni da Cytomegalovirus (CMV) è stata ridotta grazie ad un’appropriata selezione dei donatori, tramite indagini sierologiche, all’uso di profilassi con farmaci antivirali in pazienti sierologicamente positivi per CMV, e alla pronta diagnosi e trattamento dell’infezione.
Attualmente il trapianto di polmoni è una tecnica sempre più diffusa nei maggiori centri specializzati nel trattamento dell’insufficienza respiratoria terminale Nord Americani ed Europei. 
I risultati in termini di morbidità postoperatoria, miglioramento funzionale, qualità della vita e sopravvivenza sono in costante miglioramento e si stanno avvicinando ai risultati ottenibili con trapianto di altri organi solidi. (1) (2)
 

 

 

        

                                        

"Se due occhi sono necessari al medico, sono molto più necessari al chirurgo"
 Henry de Mondeville