Francesco Inzirillo

 
   

  Dottore in medicina e Chirurgia

 
   
   

 

INDICAZIONI SPECIFICHE 

 

 

MALATTIE POLMONARI OSTRUTTIVE

  COPD e deficit di Alpha1 AT

Le malattie polmonari ostruttive, in particolar modo la COPD assieme alla variante meno comune, il deficit di Alpha 1 antitripsina, sono, data la loro elevata prevalenza nella popolazione generale, le indicazioni più comuni per il trapianto di polmoni.

Si calcola, infatti, che circa il 40% dei trapianti di polmoni sia dovuto approssimativamente a COPD e varianti. (9)

Alla base di questi eventi sta nella maggior parte dei casi il fumo di tabacco come provato da innumerevoli evidenze epidemiologiche, cliniche e sperimentali.

Gli effetti lesivi delle numerose componenti presenti nel fumo si esercitano attraverso alcuni meccanismi i cui ruoli s’incrociano, potenziandosi spesso reciprocamente: stimolazione dell’ipersecrezione mucosa, induzione di flogosi, in attivazione delle antiproteasi polmonari, alterazione dell’efficienza della clearance mucociliare, induzione di iperreattività bronchiale.

In alcuni casi esiste una predisposizione genetica alla COPD dovuta principalmente alla carenza significativa dell’enzima alpha 1 antitripsina, condizione questa che si rende responsabile dell’insorgenza dell’enfisema panlobulare (particolarmente grave e precoce in soggetti fumatori). (7)

Nelle fasi iniziali il trapianto di polmone singolo per COPD, oltre che dalle classiche cause di morte (insufficienza respiratoria, polmoniti, rigetto..) era sempre complicato dalla compressione del polmone trapiantato da parte del polmone nativo iperinsufflato, con gravi squilibri del rapporto ventilazione-perfusione (a favore della perfusione) nel polmone trapiantato.

Da ciò si convenne che il trapianto di polmone singolo in paziente enfisematoso non era vantaggioso e nel 1970 Bates sottolineò la necessità del trapianto bilaterale per equilibrare ventilazione e perfusione. (6)

Dopo un decennio circa di quasi vuoto, negli anni 80’ si risvegliò l’interesse per il problema e dopo varie esperienze oggi con l’evoluzione e successo delle tecniche di SLT e BLT, queste possono essere utilizzate come opzioni (da valutare per singolo caso) per il trattamento di pazienti con COPD.

In genere, per giovani pazienti con deficienza di alpha 1 antitripsina, è da preferire il trapianto bilaterale sequenziale soprattutto quando il polmone donato non è sufficientemente grande, mentre al contrario per riceventi molto giovani il SLT rappresenta un’attrazione maggiore. (2)

I criteri necessari per effettuare il trapianto in pazienti con COPD sono riportati nella tabella n° 10:

Tab. 10

Età <55 anni per BLT e <65 anni per SLT

Presenza di malattia clinicamente severa (riduzione del FEV1 del 15% o necessità di ossigenoterapia) (2)

Terapia medica inefficace o ineffettuabile

Aspettativa di vita < 2-3 anni

Stato di nutrizione accettabile ( 80%-120% del peso corporeo ideale)

Profilo psicosociale soddisfacente

 

Le controindicazioni sono riportate nella tabella n°11

Tab. 11

Condizioni cliniche scadenti o instabili

Infezioni polmonari o extrapolmonari incontrollabili o intrattabili

Neoplasie incurabili

Disfunzioni significative di altri organi vitali (fegato, rene, SNC)

Significativa coronaropatia o insufficienza ventricolare sinistra

Fumo di tabacco

Dipendenza da droghe o alcool

Problemi psicosociali non risolvibili o incompatibile con il regime medico

 

Molti candidati sono a rischio di coronaropatie a causa della loro età, del loro passato di fumatori e altri fattori, per tale motivo sarebbe sempre necessario effettuare una coronarografia e tutta una serie di test non invasivi per la valutazione di una eventuale ischemia cardiaca in atto, potenziale o latente. (6)

In particolar modo, i risultati dell’angiografia non dovrebbero mai essere sottostimati, soprattutto nel periodo perioperativo quando le condizioni emodinamiche non sono stabili e dolore toracico aspecifico e anormalità elettrocardiografiche sono normali. (6)  

 

MALATTIE POLMONARI SUPPURATIVE

Fibrosi cistica

La fibrosi cistica, la condizione più frequentemente combattuta in questa categoria (2), è un complesso disordine multisistemico caratterizzato principalmente dalla disfunzione del pancreas, delle ghiandole esocrine e a secrezione mucosa del tratto respiratorio, intestinale, delle vie biliari e dell’apparato riproduttivo.

E’ la più comune malattia genetica di lunga durata ad esito letale, conosciuta nella razza caucasica.

In relazione al suo carattere di malattia genetica la presentazione clinica della FC si realizza in età pediatrica.

La sopravvivenza media è, oggi, circa 29,4 anni.

Il deficit del trasporto idroelettrico attraverso la membrane cellulare e la conseguente disfunzione delle ghiandole esocrine costituisce l’aspetto patogenetico predominante.

Il denominatore comune delle diverse alterazioni è costituito, infatti, dall’elevata viscosità e dalla secchezza delle secrezioni mucose; queste sono causa della cronica ostruzione e infezione delle vie aeree e della maldigestione.

Le secrezioni sierose sono caratterizzate da un’elevata concentrazione salina.

Dal punto di vista funzionale, il riscontro di una progressiva ostruzione delle vie aeree è la conseguenza sia delle alterazioni morfologiche (edema infiammatorio, accumulo di secrezioni), sia del broncospasmo.

Le lesioni ostruttive presenti precocemente a livello delle piccole vie aeree progrediscono sempre più sino a favorire lo sviluppo di dilatazioni bronchiectasiche, che già compaiono nei primi mesi di vita.

In definitiva nella FC vi è un ampia variabilità di anomalie funzionali con una combinazione di ostruzione periferica (meccanica e broncospastica) e d’instabilità centrale dovuta al cedimento delle pareti in corrispondenza delle alterazioni bronchiectasiche. (7)

Oggi, il trapianto di polmoni o cuore-polmoni sono applicati con successo per il trattamento della FC in fase terminale, ma certamente non sono poche le valutazioni che, di volta in volta, per singolo caso, bisogna effettuare.

Uno dei problemi che tuttora rimane difficile da risolvere è quello relativo al tempo preciso per indirizzare il paziente al trapianto e ciò a causa della nostra incapacità di prevedere con precisione la storia naturale della malattia. (8)

Dati i rischi intrinseci, il paziente dovrebbe essere indirizzato al trapianto nel momento in cui la morte sembra essere un evento molto probabile entro pochi anni, così che il trapianto possa conferire un reale vantaggio in termini di sopravvivenza.

Uno studio retrospettivo condotto all’Hospital for sick children di Toronto su più di 600 piccoli pazienti, permise di identificare i fattori predittivi di un elevato rischio di morte entro due anni.

Un FEV1 inferiore al 30% del normale, una pO2 inferiore a 55 mmHg e una pCO2 maggiore di 50 mmHg, furono tutti associati ad un altissimo rischio di mortalità entro due anni gravante su almeno il 50% dei pazienti.

Per una data FEV1, le pazienti d’età inferiore a 18 anni dimostrarono di avere un tasso di mortalità entro due anni maggiore rispetto alle controparti. (8) (9)

Altri fattori che dovrebbero essere presi in considerazione sono: una più frequente necessità di ospedalizzazione, di uso di antibiotici per via parenterale, la presenza di ipertensione polmonare e progressivo significativo calo ponderale.

Un’inaccettabile scarsa qualità di vita è sempre più riconosciuta come un importante motivo per considerare il trapianto polmonare sebbene non rappresenti, da solo, una valida giustificazione.

 

 

SELEZIONE DEI CANDIDATI APPROPRIATI

L’uso di criteri selettivi è essenziale per identificare quei pazienti che possono trarre maggiori benefici dal trapianto.

L’accettazione indiscriminata di pazienti semplicemente perché la situazione non è felice ed il paziente è disposto ad accettare ogni tipo di rischio, non è giustificabile a causa della scarsezza di donatori d’organi.

I principali criteri per la selezione de candidati con FC sono di seguito riportati nella tabella 12:

Tab. 12

Età inferiore di 65 anni

FEV1 < 30% del normale, secondo Kerem e coll. (10)

Assenza di importanti malattie extrapolmonari

Steroido-terapia non eccedente i 20 mg di prednisone o equivalenti

No malattie maligne nei precedenti cinque anni

Peso corporeo non inferiore del 20% di quello ideale

Capacità di partecipare in programmi di riabilitazione polmonare pre-trapianto

Motivazione da parte del paziente e capacità di intraprendere e portare avanti il regime medico e riabilitativo post-trapianto

No fumo di tabacco o abuso di alcool in atto

Assenza di problemi psichiatrici

Risorse finanziarie adeguate 

 

Le controindicazioni sono riportate nella tabella 13.

Tab 13

Malattie epatiche con significativa disfunzione epatocelluare o ipertensione portale.

Severa malnutrizione (peso corporeo < 80% dell’ideale)

Estese cicatrici pleuriche dovute a precedenti interventi chirurgici

Ventilazione assistita

Colonizzazione delle vie aeree da parte di Pseudomonas cepacia

Aspergilloma con reazione pleurica

Severa osteoporosi con storia di fratture vertebrali(8)

 

La riduzione significativa del FEV1 può essere considerata un buon fattore predittivo di breve sopravvivenza come sottolineato da Kerem e coll. e da Milla e Warwick, i quali ebbero la possibilità di effettuare molti studi a tal proposito.(9) (2)

I loro pazienti con FEV1 < 30% del normale avevano una sopravvivenza media di circa 4 anni anche se alcuni dei loro pazienti sopravvissero per molto più tempo, fino anche a 14 anni. (8) (9)

 

CONSIDERAZIONI PRE-TRAPIANTO

Malattie epatiche

Più del 5% dei pazienti con FC presenta una cirrosi biliare clinicamente significativa,

caratterizzata da epatosplenomegalia, ascite, ipertensione portale e iperbilirubinemia.

La presenza di disfunzioni epatiche significative aumenta il rischio di infezioni ed emorragie perioperative e indebolisce la clearance dei numerosi farmaci, metabolizzati a livello epatico, somministrati nel post-trapianto.

Nonostante ciò, poiché le malattie epatiche FC-associate tendono ad avere frequentemente un decorso pressoché benigno, le disfunzioni epatiche lievi non dovrebbero essere considerate delle controindicazioni assolute per il trapianto di polmoni. (9)

Da uno studio condotto nel 1998 da Klima (8) all’Università di Washington, su quattro pazienti con patologie avanzate epatiche e polmonari, risultò che tutti e quattro i pazienti sopravvissero liberi da ogni significativa complicanza epatica tranne che una sempre presente ipertensione portale comunque mai incidente sulla funzione sintetica del fegato e sui livelli di bilirubina risultati sempre nei limiti della norma.

Per gli occasionali casi in cui si è assistito ad un aggravamento importante delle condizioni epatiche ma con funzione polmonare stabile e adeguata, il trapianto isolato di fegato è stato eseguito con successo.

Sorprendentemente, i polmoni rimasti in sede pur sempre affetti, non si sono quasi mai comportati come nidi favorenti lo sviluppo di infezioni potenzialmente seguenti il trapianto epatico mentre al contrario, la funzione polmonare in questi casi tende ad aumentare o almeno a stabilizzarsi come conseguenza degli effetti mitiganti sull’infiammazione delle vie aeree della terapia immunosoppressiva, della riduzione della compressione toracica per scomparsa dell’ascite e per il notevole miglioramento delle condizioni nutritive. (8)  

Diabete mellito

Il diabete mellito si sviluppa dal 5% al 15% de pazienti con FC ed è diagnosticato all’età media di 20 anni.

Il diabete incontrollato potrebbe contribuire non poco al peggioramento della funzione polmonare nel paziente con FC e viceversa il controllo glicemico potrebbe avere effetti benefici sulla stessa funzione.

In ogni caso il diabete mellito non è considerato una controindicazione al trapianto di polmoni sempre che non si sia reso responsabile di gravi danni d’organo (insufficienza renale, severa neuropatia, vasculopatie periferiche…)

Il controllo glicemico risulta, in genere, più difficile nel periodo post-trapianto a causa della somministrazione di farmaci con effetti iperglicemizzanti (corticosteroidi, ciclosporina o FK506).

Comunque studi condotti nell’Harefield Hospital in Inghilterra(8) hanno evidenziato l’assenza di significative differenze in termini di sopravvivenza entro due anni tra trapiantati con FC diabetici e non.   

Nutrizione

La malnutrizione, conseguenza di infezioni croniche e spesso del malassorbimento, è una conseguenza comune della FC in fase avanzata.

In base ai dati ottenuti da studi effettuati per valutare i rapporti tra stato nutrizionale preoperatorio ed esiti del trapianto, si evince che, pazienti con peso corporeo inferiore dell'80% rispetto al normale presentano una maggiore probabilità di sviluppare complicazioni post-operatorie e un maggiore rischio di mortalità.

Da quanto detto, si comprende come sia assolutamente necessario procedere con tutti i mezzi a disposizione per migliorare, prima del trapianto, lo stato nutrizionale del paziente se tale stato non risulta entro i limiti dell’accettabile.

Per ottenere tale risultato si procede con vari metodi comprendenti la somministrazione di elevate calorie supplementari per via orale, integrazione enterale notturna tramite l’uso di un tubo da gastrostomia o digiunostomia o alimentazione parenterale.

Uno stato nutrizionale persistentemente scarso, nonostante tali interventi, dovrebbero essere considerati una reale controindicazione al trapianto.

In ogni caso, pazienti con FC, dimostrano quasi sempre un guadagno significativo di peso dopo il trapianto a dispetto della ridotta capacità di assorbire le calorie introdotte e ciò potrebbe essere dovuto ad una riduzione evidente del metabolismo basale in seguito alla rimozione dei polmoni cronicamente infetti o anche alla somministrazione di corticosteroidi.(9)

 

Colonizzazione delle vie aeree da parte di microrganismi resistenti

La storia naturale della FC è caratterizzata da un circolo vizioso di infezioni e flogosi delle vie respiratorie.

La colonizzazione delle basse vie respiratorie da parte di Pseudomonas aeruginosa è caratteristica delle FC ma, altri microrganismi gram negativi possono essere anche presenti, Staphilococcus aureus, Aspergillus spp.

Uno dei problemi principali, che ci si deve porre in questi casi è quello relativo alla multifarmaco-resistenza che si sviluppa in conseguenza della necessaria effettuazione di numerosi cicli di antibiotico-terapia.

Ciò ha portato alla selezione di alcuni microrganismi particolarmente resistenti, che si rendono pertanto responsabili di una ridotta sopravvivenza in pazienti con FC i quali vedono peraltro sfumare in tali condizioni la possibilità di essere sottoposti al trapianto perché molti centri vedono nella presenza di infezioni da microrganismi resistenti una seria controindicazione al trapianto.

In effetti, uno studio condotto all’University of Pittsburgh mostrò una sopravvivenza di solo il 40% in pazienti che presentavano infezioni batteriche panresistenti in fase preoperatorio, contro una sopravvivenza di circa l’84% in pazienti presentanti infezioni da batteri antibiotico-sensibili.(8) (9)

Più recentemente, autori della University of North Carolina (?), ebbero la possibilità di compiere uno studio abbastanza completo su 66 pazienti con FC sottoposti a trapianto di polmoni, per un periodo di sei anni circa.

Da questo studio furono evidenziati dati sicuramente più incoraggianti poiché pazienti con infezioni panresistenti (21 pz. con Pseudomonas e sei pz.con Burkholderia cepacia) presentarono una incidenza di infezioni delle basse vie respiratorie molto simile a quella dei soggetti con infezioni non-resistenti con un significativo incremento della mortalità.  

Sinusiti

Similmente alle basse vie respiratorie, nei pazienti con FC i seni paranasali sono invariabilmente sede di infezioni croniche e agiscono come potenziali serbatoi di microrganismi, soprattutto nel periodo postoperatorio capaci di esacerbare i sintomi della flogosi delle basse vie respiratorie.

Ciò ha indotto molti medici ad evocare il drenaggio chirurgico e/o il lavaggio dei seni prima del trapianto ma, la raccomandazione rimane tutt’oggi controversa considerando che anche una procedura minimamente invasiva quale l’endoscopia sinusale potrebbe far precipitare una insufficienza respiratoria in pazienti con FC non grave.  

Insufficienza respiratoria

Un’insufficienza respiratoria di entità tale da richiedere l’intubazione o la ventilazione meccanica è considerata da molti centri una controindicazione assoluta per il trapianto polmonare.

In realtà, un’analisi del registro internazionale ha identificato nella ventilazione meccanica preoperatoria un fattore di rischio di morte entro il primo anno, indipendente.

Nondimeno, esperienze limitate in trapianti effettuati in pazienti con FC meccanicamente ventilati hanno suggerito che in questo gruppo i tassi di mortalità e morbilità entro breve tempo sono comparabili a quelli di pazienti non ventilati, sebbene il tempo di intubazione postoperatorio può essere prolungato.

L’uso della ventilazione meccanica come un vero ponte per il trapianto ha riscosso consensi in Canada e in Europa più che negli Stati Uniti ma, ciò è principalmente dovuto a differenze di protocolli di distribuzione degli organi nei diversi Paesi piuttosto che a differenze di opinioni circa l’uso della ventilazione meccanica.(8)

Come alternativa alla ventilazione meccanica convenzionale, per stabilizzare il decorso della FC con insufficienza respiratoria e ipercapnia, è stata utilizzata la NPPV (noninvasive positive pressure ventilation).

In uno studio Australiano, i ricercatori utilizzarono la NPPV notturna in quattro pazienti conducendone uno, dopo due mesi, al trapianto con successo e mantenendo gli altri per altri 18 mesi con dimostrati miglioramenti della situazione emogasanalitica. (8)

Ricercatori dell’Harefield Hospital in Gran Bretagna riportarono la loro esperienza con NPPV notturna in sei pazienti con FC che avevano sviluppato un’insufficienza respiratoria con ipossiemia o ipercapnia mentre erano in attesa per il trapianto.(8)

Il NPPV fu utilizzato per un periodo variabile da tre a 36 giorni, sostenendo cinque pazienti sino al traguardo del trapianto mentre il sesto morì per complicanze infettive sopravvenute prima che fosse disponibile un organo.

Sebbene molto utile in alcuni casi, l’uso del NPPV è frequentemente limitato da fenomeni di intolleranza o dalla difficoltà nel mantenere un’adeguata pervietà delle vie aeree. (8)  

Osteoporosi

Un’osteoporosi clinicamente rilevante si riscontra in un certo numero di patologie

polmonari avanzate ed è attribuibile a vari fattori di rischi quali la riduzione dell’attività fisica, l’uso di corticosteroidi, la perdita di buona parte di massa corporea.

Successivamente al trapianto, l’uso di Corticosteroidi e di ciclosporina può contribuire all’ulteriore perdita di densità minerale ossea con inevitabili conseguenze.

Tra le varie patologie polmonari, la FC è quella che più si rende responsabile di un’osteoporosi clinicamente rilevante in conseguenza, sia di una diminuzione dell’apposizione di nuovo tessuto osseo sia per un’accelerata perdita dello stesso nella corticale e nella porzione trasecolare.

Generalmente, si ritiene di non dovere effettuare il trapianto in pazienti con una storia di fratture multiple altamente invalidanti e necessitanti di terapia analgesica per pazienti con sintomi lievi, intermittenti o clinicamente silenti il trapianto non è controindicato ma, tali pazienti presentano un rischio maggiore di fratture postoperatorie.

Tali pazienti dovrebbero essere trattati con un’adeguata terapia medica atta a minimizzare l’ulteriore perdita di tessuto osseo nel periodo postoperatorio.

I bifosfonati, una combinazione di calcio, calcitriolo e calcitonina si sono dimostrati efficaci nel prevenire l’osteoporosi steroido-indotta e dovrebbe essere iniziata subito dopo il trapianto in quanto rimane ancora incerto se tali farmaci possano avere un ruolo decisivo nel prevenire o mitigare la perdita ossea, in pazienti con FC, prima del trapianto. (8)  

 

 

MALATTIE POLMONARI RESTRITTIVE

Le malattie polmonari restrittive tra le quali soprattutto la fibrosi polmonare idiopatica,

rappresentano una delle meno comuni indicazioni per il trapianto polmonare singolo.

La storia naturale delle varie malattie polmonari interstiziali è molto variabile ma, in particolare, la fibrosi polmonare idiopatica possiede la prognosi peggiore. 

Gli elementi prognostici importanti da valutare sono: l’appartenenza al sesso maschile, un elevato rapporto FEW1/CV, la riduzione dei volumi polmonari, una riduzione della diffusione dei gas e un peggioramento radiograficamente evidenziato della fibrosi. (3)

I criteri specifici di selezione per i pazienti con tali patologie, non sono significativamente cambiati da quelli originariamente pubblicati dal gruppo di Toronto nel 1986.(2)

In particolare i candidati al trapianto, devono avere una sindrome restrittiva con CV e FEV1 rispettivamente di 1,35 e 1,14 come è stato documentato precisamente da Trulock nel 1991 e come è ancora tutt’oggi valido. (2)

Tutti i pazienti generalmente richiedono ossigeno supplementare, presentano una ridotta tolleranza allo sforzo e dimostrano una desaturazione d’ossigeno con il minimo sforzo.

E’ possibile fare notare in tali pazienti, spesso una moderata e occasionalmente una severa ipertensione polmonare.

A differenza, in ogni modo, di quanto accade con le sindromi ostruttive, i pazienti che sviluppano una fibrosi polmonare di gravità tale da richiedere il trapianto, presentano in genere una prognosi sicuramente peggiore.  

 

Fibrosi polmonare idiopatica (IPF)

L’IPF è una malattia cronica ad eziologia ignota, caratterizzata da alterazioni distruttive delle cellule alveolari e dell’interstizio polmonare, seguite da progressiva fibrosi dello stesso interstizio con distruzione del letto vascolare polmonare e anomalie ingravescenti dell’efficienza degli scambi gassosi.

Le lesioni polmonari, inizialmente a carattere distruttivo e successivamente a carattere riparativo-fibrotico, rappresentano la conseguenza dell’incremento e dell’attivazione funzionale delle cellule infiammatorie nel distretto alveolare.

Lo studio della funzionalità respiratoria, tramite spirometria, dimostra la presenza in pazienti con FPI una sindrome disventilatoria di tipo restrittivo con riduzione dei volumi polmonari statici.

Molto precoce è la riduzione della capacità di diffusione alveolo capillare al CO, espressione del danno a carico del letto vascolare polmonare e delle conseguenti anomalie del rapporto ventilazione/ perfusione.

Nelle fasi più avanzate del processo fibrotico, a causa della concomitanza di fenomeni infiammatori a carico delle vie aeree di piccolo calibro e della presenza di zone sempre più estese di enfisema parafibrotico, il quadro disventilatorio può presentare anche una componente di tipo ostruttivo. (7)

Il trapianto polmonare risulta essere la migliore strategia terapeutica per il trattamento dell’IPF che tende ad essere inesorabilmente progressiva nonostante gli interventi farmacologici.

Rimane ancora oggi, una delle indicazioni più comuni.

Alla luce della prognosi non buona e alla bassa probabilità di risposta alla terapia medica, in molti casi è appropriato il precoce indirizzo verso un centro di trapianti.

I pazienti con IPF sono poco tolleranti alle lunghe attese necessarie per effettuare il trapianto, infatti, secondo uno studio condotto da Hayden (9), pazienti con IPF presentano a sei mesi una sopravvivenza di solo il 38% mentre sono in lista d’attesa. (9)

Per questo motivo, i pazienti con IPF sono spesso posti in una condizione di vantaggio rispetto a pazienti con altre patologie ma questo non è sufficiente a causa dei lunghi periodi d’attesa che variano dai 12 ai 24 mesi.  

 

Sarcoidosi

La sarcoidosi è una malattia granulomatosa cronica multisistemico ad eziologia ignota, caratterizzata da manifestazioni toraciche a livello polmonare e dei linfonodi ilo-mediastinici e manifestazioni extratoraciche in vari organi e apparati.

Le manifestazioni in genere conseguono alle alterazioni morfofunzionali connesse all’accumulo di linfociti T e fagociti mononucleati e alla presenza di granulomi non caseificanti negli organi affetti.

Circa il 10% dei pazienti con sarcoidosi presenta una malattia progressiva e in fase avanzata sulla base del riscontro di una fibrosi polmonare aggressiva o meno comunemente di una severa ostruzione polmonare.

Per questi pazienti, il trapianto polmonare rappresenta l’unico trattamento capace di restituire uno stato funzionale soddisfacente.

In assenza di specifici indici prognostici precisi, le indicazioni per il trapianto sono generiche e comprendono il severo decremento della funzione respiratoria, la presenza di una severa ipertensione polmonare, l’incrementata richiesta di ossigeno e marcata limitazione dell’attività fisica.

Considerata la natura sistemica della malattia, il potenziale candidato deve essere esaminato per evidenziare un eventuale coinvolgimento significativo di organi extrapolmonari che potrebbero compromettere la candidatura del paziente al trapianto. 

E’ stato stimato, infatti, che meno del 5% dei pazienti con sarcoidosi muore per insufficienza respiratoria e studi più recenti riportano che il 78% delle morti per sarcoidosi sono conseguenza di complicazioni respiratorie.

Ma, in contrasto a quanto detto, uno studio durato 15 anni in Upsala (Svezia) da Hillerdal (?) dimostrò che dei 505 pazienti con sarcoidosi, solo 15 morti furono dovute alla malattia e gran parte delle rimanenti morti fu attribuito a cause cardiache. (11)

Anche uno studio Giapponese sottolineò che la maggior parte dei decessi per sarcoidosi sono principalmente da attribuire a complicanze cardiache. (11)

In un altro studio, condotto da Perry e coll. negli USA, dimostrò che tra i pazienti osservati (28 pz.), morti per sarcoidosi, la causa ultima di morte fu il coinvolgimento cardiaco nel 50% (14 pz.) mentre cause polmonari di morte (fibrosi polmonare) si riscontrarono nel 43% (12 pz.).(11)

In questo studio, l’età media di morte fu di 46 anni, la durata della sarcoidosi cardiaca terminale fu di 3,2 anni mentre quella della sarcoidosi polmonare terminale di 8,2 anni. (11)

Cause non cardiache e non polmonari di morte si riscontrarono infrequentemente e il coinvolgimento di altri organi quali il fegato fu poco comune e generalmente innocuo.

Il numero dei trapianti effettuati per interessamento degli organi nel corso di una sarcoidosi è relativamente basso.

La maggiore esperienza la si è fatta con trapianti di polmoni e fegato, mentre raramente si sono effettuati trapianti di cuore o fegato per sarcoidosi.

La possibilità di effettuare il trapianto di polmoni in pazienti affetti da sarcoidosi dipende dal coinvolgimento dell’organo e dalla fisiopatologia della malattia.

Le tecniche chirurgiche scelte sono diverse di volta in volta ma, la procedura di gran lunga più utilizzata, in assenza di insufficienza cardiaca, è il trapianto di polmone singolo, mentre in presenza di un coinvolgimento cardiaco importante (funzione cardiaca inferiore del 20%), è certamente efficace il trapianto combinato cuore-polmoni. (11)

Da particolari osservazioni effettuati nei pazienti sottoposti a trapianto per sarcoidosi, deriva chiaramente che, dopo un anno dal trapianto, la sopravvivenza in questo gruppo di pazienti è inferiore rispetto a quella di altri pazienti sottoposti a trapianto per altre malattie polmonari avanzate. (11)

 

 

 

         

 

 " Fai in modo che il tuo ingresso in una stanza di un ammalato diminuisca, non aumenti la sua irritazione"

                                                                        Martin H. fisher