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IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAVALE "NINO LAMBOGLIA"

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Il Museo Lambroglia è stato realizzato nei primi anni Ottanta, su progetto dall'architetto sassarese Vico Mossa, per accogliere il materiale recuperato dal relitto di una nave oneraria romana naufragata nei pressi del vicino isolotto di Spargi.

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Fu proprio Larnboglia,grande archeologo subacqueo, che nel 1958, con il neonato Centro Sperimentale di Archeologia Sottomarina di Albenga, condusse con la nave Daino le prime indagini archeologiche sistematiche sul giacimento di Spargi. Quel cantiere fu una pietra miliare. Per la prima volta venne realizzata la copertura planimetrica di un relitto applicando le tecniche di rilievo a quadrettatura e a fotomosaico, metodologie che rivoluzionarono le tecniche della documentazione archeologica subacquea. Dopo la morte di Lamboglia, la ricerca subì una lunga interruzione durante la quale il giacimento fu gravemente danneggiato dai clandestini; fu poi ripresa e proseguita fino all'inizio degli anni '80 da Francisca Pallarés, la quale partecipò anche all'allestimento del Museo.

L'oneraria di Spargi era stata individuata nel 1957 da Gianni Roghi su una secca di circa 18 metri di profondità. Partita da un porto peninsulare, naufragò intorno al 120 a.C. in un difficile punto di passaggio delle Bocche di Bonifacio, il fretum Gallicum citato dalle fonti, assai pericoloso per la navigazione a causa della presenza di isolotti, di scogli affioranti e di secche. La fitta trama di relitti in questo stretto testimonia tuttavia che, nonostante la pericolosità, si preferiva il rischio dell'attraversamento all'utilizzo di una rotta di circumnavigazione che comportava un allungamento dei tempi di navigazione.

I rilievi di Lamboglia accertarono che lo scafo era lungo circa 35 metri e largo 8-10; furono messi in luce parti delle costolature e del fasciame con frammenti del rivestimento in lamina di piombo fissata da chiodini di rame. La nave portava un carico di anfore vinarie Dressel 1, nelle varianti A, B e C, di cui alcune bollate sulla spalla e sull'orlo, oltre a frammenti di anfore di altre tipologie. Alcuni colli di anfore Dressel I conservavano ancora tutti gli elementi che garantivano la chiusura delle stesse: il tappo in sughero, sigillato con pozzolana sulla quale era impresso il bollo e il piccolo coperchio fittile di forma conica. Come merce di accompagnamento al carico principale si trovò, impilato fra le anfore, vasellame fine da mensa a vernice nera "Campana B", scarsa "Campana A", numerosa ceramica comune, alcuni unguentari in vetro, luceme, ceramiche fini di importazione orientale (tra cui degne di nota sono le produzioni pergamene con decorazioni' a rilievo applicate), coppe megaresi, una macina. A bordo erano un piccolo altare e un bacile portatili di marmo, nonché una piccola colonna scanalata. Questi oggetti sono stati interpretati come destinati alle cerimonie religiose di bordo, forse connesse con la tutela navis, a cui può anche riferirsi una testina di personaggio virile con una grossa mano sul capo, forse parte residua di una raffigurazione di divinità. Ritrovamenti significativi sono stati inoltre una corazza di bronzo e un elmo concrezionato con resti di un cranio umano (conservato nel Museo Sanna di Sassari), particolare che ha fatto ritenere che il proprietario fosse morto indossandolo; sulla base di queste osservazioni si è cominciato ad ipotizzare la presenza, a bordo delle onerarie, di armati per difesa contro la pirateria. Altri materiali, come le piccole anfore rodie, costituivano certamente elementi della dotazione di bordo.

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Il Museo è articolato in due sale; nonostante le ridotte dimensioni, è tuttavia disposto in modo razionale. L'attenzione viene subito attratta dalla ricostruzione di una sezione trasversale dello scafo, che occupa gran parte della prima sala, allestita con oltre 200 anfore, per esemplificare il sistema di stivaggio. Nella stessa sala, in alcune vetrine sono esposti gli oggetti della dotazione di bordo e la ceramica destinata al commercio. Nella seconda sala, di maggiori dimensioni rispetto alla prima, sono esposti, oltre agli elementi del relitto di Spargi, altri materiali recuperati nelle acque dell'arcipelago maddalenino. Qui le vetrine sono collocate esclusivamente in posizione centrale, e sulle pareti campeggiano grandi pannelli didattici e immagini fotografiche che documentano lo scavo e i pezzi non presenti nel museo; sopra panconi in legno addossati alle pareti trovano posto ceppi d'ancora in piombo di varie dimensioni e anfore di differenti tipologie e provenienze, con datazioni che oscillano dall'età punica all'età tardoantica.

Il Museo, situato su un poggio dal quale si può godere una suggestiva vista del tratto di mare che separa l'isola dalla vicina Caprera, merita certamente una visita anche per lo splendido contesto naturale in cui è immerso.

Il costo del biglietto d'ingresso è di lire 4000.

 

Museo Archeologico Navale "Nino Lamboglia" - località Mongiardino (Strada Panoramica), La Maddalena (SS) - tel. 0789-790660 - Ente titolare: Comune di La Maddalena. - Orario di apertura: tutti i giorni escluso il lunedi, dalle 8 alle 14 (durante il periodo estivo l'orario potrebbe subire delle variazioni). E' disponibile una breve, ma curata guida.

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