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13

Cenni storici

Il numero 13 è associato da tempi immemorabili ai misteri della morte e della rinascita, e di conseguenza, della vita e dell’immortalità, e quindi della reincarnazione. La sua origine è posta al momento della fondazione dell’antico Egitto.

In quel tempo, tutti gli dèi, che erano esseri viventi dotati di particolari caratteristiche fisiche e potevano disporre di immense conoscenze, avevano posto la loro sede su questa terra, o volontariamente o costretti da altri.

Erano avvenute tra loro immani battaglie che si erano concluse con la completa distruzione di ogni mezzo tecnico di cui erano in possesso, e si trovavano allora a poter disporre solo ed esclusivamente della loro forza e della loro sapienza.

Decisero quindi di riunirsi tutti nel luogo dove vi erano state le minori conseguenze dei loro scontri, l’Egitto, per discutere dei loro scopi e dei metodi per raggiungerli, cercando il più valido e comune a tutti.

Si formarono subito diversi schieramenti con diverse posizioni, e alla fine si trovarono costituite 12 correnti diverse che facevano capo ad un particolare essere vivente; i capi divennero le divinità maggiori: ed i loro alleati, che avrebbero potuto cambiare fazione, ma le cui capacità erano inferiori, divennero le divinità minori.

Vista l’inconciliabilità delle varie posizioni, poiché i malvagi non volevano ammettere la verità, e i buoni non volevano rinunciarci, decisero di fare il punto della situazione.

Gli unici dati di fatto comuni a tutti erano che non potevano lasciare la terra, e quindi dovevano convivere perché, in un modo o nell’altro, sarebbero comunque venuti in contatto tra loro, e che la morte, in qualsiasi modo sopravvenisse, diminuiva la loro forza e la loro sapienza.

Si presentavano quindi due soluzioni: o rinunciare, e quindi cercare volontariamente la morte, ma gli altri avrebbero potuto richiamarti in vita e, avendo maggior forza, costringerti a rivelare la tua sapienza per usarla per i loro scopi, con cui potevi non concordare; o cercare comunque degli accordi di comportamento con altri, che furono raggiunti verbalmente: ma come essere sicuri che sarebbero poi stati rispettati?

Fu a questo punto che un uomo comune, che era stato inviato dagli altri uomini come loro rappresentante, per sapere che cosa gli dèi volevano fare con loro, avvolto in un manto scuro per proteggersi dalle intemperie, e con ancora in mano la falce perché aveva appena finito la mietitura per assicurare di che vivere a sé ed alla sua famiglia, prese la parola di fronte agli dèi.

Egli dimostrò loro, con esempi di vita vissuta, che tutte le loro posizioni erano semplicemente i dubbi che ciascun uomo aveva nei riguardi della sua misera vita, e che, se anche sembrava che solo avendo la conoscenza di tutte e 12 le posizioni contemporaneamente, si poteva raggiungere uno scopo, o tutti gli scopi, esse non erano sufficienti al mantenimento dello scopo o della conoscenza raggiunti.

Doveva quindi esserci una 13ª posizione, complementare e fondamentalmente diversa alle altre 12, che era quella insita in ogni uomo e che lo spingeva a continuare a vivere nonostante tutto, anche se non era un dio.

Questa era la speranza di tornare un giorno coscienti dalla morte.

Propose allora agli dèi di insegnare la loro sapienza agli uomini, affinché gli uomini potessero trovare con loro il modo di realizzare questa speranza.

La proposta piacque a tutti gli dèi, tanto che decisero di assumere un aspetto in parte umano, per poter comunicare cogli uomini, e in parte animale, per meglio presentare e far capire su quali principi basavano la loro forza, la loro conoscenza e i loro scopi.

E così trovarono anche la soluzione ai loro dubbi: sarebbe stato proprio quell’uomo, proprio perché non aveva le loro conoscenze e la loro forza, che avrebbe custodito i loro accordi e avrebbe accusato chi non li rispettava, facendo intervenire gli altri.

Egli, pur rimanendo uomo, fu elevato al rango degli dèi; e poiché era così attento ai problemi, implacabile nei giudizi e fedele agli accordi, fu rappresentato come un uomo con la testa di un cane: il suo nome fu ANUBI.

Egli era il 13°.

Ciascun dio scelse quindi tra gli uomini chi più si avvicinava alle proprie caratteristiche, e ne fece il suo sacerdote, comunicandogli la propria sapienza.

Ma la sapienza di uno solo non bastava a realizzare la speranza; inoltre, come previsto, gli dèi malvagi non rispettarono gli accordi, uccidendo gli dèi buoni, e quali, su richiesta di Anubi e nel rispetto degli accordi, uccisero gli dèi cattivi, liberando così gli uomini da una possibile eternità di sofferenze.

Questo avvenne in molto tempo, perché non appena un dio malvagio uccideva un dio buono, Anubi ne riconosceva i sistemi e con quale sapienza era stato ucciso, condannando quindi alla stessa fine anche il malvagio.

Ci si accorse ben presto che i sacerdoti non erano alla stessa altezza degli dèi, e i malvagi decisero di attendere la morte di alcune generazioni di sacerdoti di Anubi, prima di ricominciare ad eliminare i buoni: pensavano così che Anubi non sarebbe riuscito a tener fede al suo compito; ciò che poi gli uomini avevano imparato dagli dèi buoni, avrebbero potuto volgerlo a loro favore dominando quegli uomini che lo avevano appreso.

Ma non andò così.

I sacerdoti di Anubi tornavano veramente coscienti dalla morte, e pur dovendo ricominciare ogni volta daccapo la comune vita umana, ricordavano esattamente gli accordi e il passato, e quindi non potevano essere ingannati come gli altri uomini.

Attesero quindi che tutti gli dèi provassero la morte nel rispetto degli accordi, poi proposero che tutte le conoscenze rimaste venissero insegnate ad un solo uomo di volta in volta, e che fosse lui a decidere che cosa farne rispetto agli altri uomini: iniziò così l’epoca dei Faraoni.

 

Il compito di Anubi era così compiuto; gli restava da insegnare al primo Faraone la sua sapienza, ma per ultimo, perché era il 13°.

Ma la sacerdotessa di colei che aveva scelto come simbolo il gatto, convinse gli altri che, poiché Anubi veniva da un semplice uomo, non poteva avere alcuna sapienza importante; e se anche l’avesse avuta, lei sarebbe riuscita a carpirla.

Ma i cani per istinto sentono e avvertono se c’è un gatto nelle vicinanze; così lei non riuscì a carpire alcunché.

Persino quando un fanciullo, che doveva diventare Faraone, chiese di imparare la sapienza di Anubi, una di quelle sacerdotesse lo fece uccidere giovanissimo; iniziando la tradizione che il 13 porta sfortuna.

E, inoltre, quando un altro Faraone decise di apprendere quella sapienza, sua moglie lo convinse a rinunciare non dandogli eredi maschi; era sua moglie che non li voleva.

L’ultimo sacerdote di Anubi non tramandò più la sua sapienza quando nacque Efraim, il capostipite della 13ª tribù d’Israele, poiché suo padre Giuseppe impose anche a lui, che non aveva templi né averi, le tasse dei sette anni di abbondanza per prepararsi ai sette anni di carestia: non aveva di che pagarle.

Confidava nel fatto che quando questa sapienza era tramandata, qualcuno potesse ascoltarne una parte e rivelarla agli altri uomini; anche i ladri possono aiutare l’umanità, i truffatori no.

Decise quindi di andare a portare ciò che restava della sua sapienza nel luogo ove si erano radunati gli altri dèi reincarnati, che ora erano molto più simili agli uomini anche come forza e sapienza; ed anche lì non volle né templi né sacerdoti, ma insegnò agli uomini solo quello che gli chiedevano.

Quel luogo era l’antica Grecia, ma questa è un’altra storia ed un’altra mitologia.

Del resto, il primo Anubi non era mai più tornato in Egitto da quando era morto l’ultimo di quegli dèi, ma aveva compiuto altre imprese, e, come gli altri avevano fatto, si era creato un popolo: gli Averni.

Anche queste sono altre storie.

 

L’Egitto, privo così della 13ª Scienza, cominciò lentamente a decadere; e nulla poterono fare i Faraoni, che non avevano voluto o potuto apprenderla, per arrestarne la caduta.

Anche tutto il nostro sapere attuale, suddiviso in così tante branche, può essere ricondotto a, o dedotto da, le conoscenze degli antichi dèi Egizi, ed anche essere riunito in 12 facoltà diverse che ben si adattano ai caratteri di quei 12 dèi maggiori, specie se li confrontiamo con quelli Greci, che, pur essendo gli stessi, sono più vicini alle nostre tradizioni.

Ed ogni società sembra che si fondi sul bilanciamento ed il pari rapporto tra loro, in qualsiasi combinazione siano.

Proprio come aveva detto Anubi al conclave degli dèi.

Infatti, ogni società che dimentica, trascura, o volutamente ignora la 13ª Scienza Egizia è destinata, presto o tardi, a crollare.

Anche la nostra, che affonda le sue radici nelle 12 Scienze e nel travisamento e nell’errata interpretazione della 13ª, è destinata a perire.

Per fortuna essa viene dall’interno dell’uomo e n’è la principale costituente: è sufficiente essere vivi e pensanti per apprenderla, senza bisogno d’altro.

Le possibilità di errata interpretazione sono moltissime, ma solo quella giusta porta a ricavare ogni cosa, il TUTTO, da un solo UNICO principio.

Questa 13ª Scienza, che non è insegnata in alcuna Università, è l’ESCATOLOGIA.

Apprendiamone insieme le basi seguendo l’iniziazione del primo sacerdote di Anubi.

 

 Escatologia

A ciascun aspirante sacerdote veniva dato un bastone di legno tenero la cui lunghezza era 12 volte la dimensione della base, e un vasetto di colla, le cui dimensioni erano pari a quella della base del bastone.

All’alba Anubi diceva loro:

“Il bastone rappresenta la vostra vita e la colla l’energia di cui disponete.

Costruite il simbolo della vita.

Io tornerò al tramonto.

Chi avrà costruito il simbolo esatto, avrà la notte per spiegarmelo: gli altri verranno mandati via.

Chi mi saprà dare le giuste spiegazioni, domani sarà il mio sacerdote.”

Al tramonto ciascun aspirante mostrava il suo simbolo ad Anubi.

Solo chi aveva costruito un TETRAEDRO – lasciando all’interno il vasetto di colla in modo che non potesse cadere fuori – veniva invitato a fermarsi; gli altri venivano allontanati senza spiegazioni.

Se veramente volevano apprendere, potevano ascoltare da dietro la tenda, sempre che il cane da guardia fosse d’accordo.

Questa è la spiegazione che diede e fu data al primo sacerdote:

 

Non importa in quale modo lo hai costruito; importa che tu riesca a spiegare tutti i modi in cui si può costruire, attribuendo un significato logico e coerente ad ogni parte singolarmente e nei confronti di tutte le altre.

Quando il bastone (la vita) è rotto in 2 parti, la 1ª rappresenta il giorno, l’altra la notte; così come dall’unico discendono i 2 principi, il positivo e il negativo, il maschio e la femmina; e ogni altra cosa che abbia il suo (ed uno solo) opposto.

E per tenerli uniti hai dovuto usare la colla.

Poi dal 2 è venuto il 3; prima da una parte, poi dall’altra.

Così il giorno si divide in mattina, giornata (mezzogiorno) e meriggio, e la notte si divide in sera, nottata (mezzanotte) e notte fonda, che è l’ora più buia e più fredda, ma che preannuncia il nuovo giorno.

Così è anche la vita umana.

La parte ascendente è fatta da infanzia, adolescenza e gioventù; la parte discendente è fatta da maturità, anzianità e vecchiaia.

E la vecchiaia preannuncia la morte (l’ora più fredda) e l’inizio di una nuova vita (il nuovo giorno).

E per tenerli tutti insieme hai dovuto usare tutta la colla.

Essa rappresenta le emozioni umane, ciò che dà un senso alla vita e la tiene unita.

Ed è all’interno della vita stessa, non si può farne a meno.

Essa è la 13ª parte della base della vita (il bastone) eppure è diversa dalle altre.

Fin qui si può capire facilmente come dall’1 discendano il 2 ed il 3, ma proseguire è difficile, quindi non dimenticare il 13° e segui il resto della spiegazione esercitandoti nel capire gli errori, tenendo sempre presente che essi sono errori, e riconoscendoli come tali nella vita umana.

Ricorda sempre che il tetraedro è la spiegazione di tutto, tutto è collegato.

Non puoi parlare di una scienza senza sapere che stai definendo anche le altre; la religione influenza la fisica, che influenza la filosofia, che influenza la medicina…

Sembrano in contrapposizione le une alle altre, e, a seconda del momento storico, alcune alleate e poi nemiche, come i punti che formano i vertici sono gli stessi che formano i lati, e insieme formano i triangoli (il piano) e infine lo stesso tetraedro (il solido).

Ma solo l’interno, il 13° li tocca tutti, e quindi sa in che rapporto sono tra loro.

Questo è necessario per capire, dopo il 2 e il 3, cos’è il 4. 4 sono i vertici, e 4 le facce (i triangoli) del tetraedro; che è una figura SOLIDA.

Il più grande inganno è vedere il 4 piano.

 4 lati e 4 vertici piani formano un quadrato, che è quindi formato da 8 punti, ma al cui interno può stare il 9°; che comunque cade fuori nella dimensione solida.

Così come quando l’Uno si divise in maschio e femmina, una parte (il maschio) voleva tornare all’unità, e l’altra (la femmina) voleva vedere dove portava la divisione.

Così mentre il primo tentava di riunirsi, la seconda lo divise in altri 2 (Seth e Osiris).

A questo punto il negativo (Iside) si accorse di attrarre il positivo, non importa quale dei due, ma sapendo di non poter sfuggire al ritorno all’unità, convinse Seth che si sarebbe riunita col più grande dei due per essere più vicina all’Uno iniziale.

Quindi Seth distrusse Osiris nella minima unità positiva possibile: l’Uomo.

Ma intanto Iside si accorse di essere divisa al suo interno: chi era migliore, Seth o Osiris?

E poiché Seth, maschio, aveva diviso Osiris, lei lo avrebbe ricomposto per non essere divisa a sua volta da Seth, lasciandogli il predominio.

Chi è dunque che divide, l’uomo o la donna?

Chi non vede la solidità, perché ha la mente piatta, risponde: in ciascuno dei due vi è sia la divisione che il desiderio di unità; in realtà sono pari.

E SBAGLIA!

Infatti, nelle società antiche sono sempre i maschi a combattere per le femmine.

Poi troverai chi dice che in fondo il bianco e il nero sono solo sfumature particolari del grigio.

Costui è un uomo comune che non vuole tornare all’unità.

Probabilmente sa e non vuole ammettere di non esserne degno.

Non curarti di costoro, sono destinati a non tornare coscienti dalla morte: per quanto dicano di sapere, dovranno ricominciare tutto daccapo.

Come puoi vedere il bianco e il nero e non accorgerti delle sfumature?

Non capirai mai i coloro, allora.

Le sfumature vengono dal fatto che l’uomo e la donna sono ciascuno un insieme di tante minime unità, positive e negative; nell’uomo predominano le une, nella donna le altre, e l’insieme delle differenze ne fa il carattere.

I colori rappresentano le emozioni che fanno particolari le diverse sfumature.

Troverai anche chi dice che i colori sono una divisione della luce, che è bianca.

Nella sua tristezza, l’uomo sa che tutti i colori fanno il nero; mettili tutti insieme sulla stessa carta e guarda.

Non sono solo i colori che fanno la luce.

La luce bianca che loro vedono è composta da altre cose, ed è calda.

Essa fa vedere le forme, oltre i colori, e il tetraedro è una forma; ma la luce viene da fuori.

Diffida dei sacerdoti della luce; essi potranno arrivare a tutto in una vita, ma dimenticheranno tutto nella morte.

Vedono la luce bianca e calda, e dimenticano la luce nera e fredda che la ha originata.

Conoscono la vita, ma non la morte: e per capirla tenteranno di uccidere gli altri.

È l’errore che Iside consigliò a Seth; egli, infatti, si divise in Ammon (il dio del potere e del denaro) e Rah (il dio del Sole e della luce); ed essi, infatti, ricercano entrambe le cose dimenticando il resto.

Cosa illumina la luce nera e che vita dà il suo freddo?

Ricordi la giovane sacerdotessa di Iside che ieri ti ha sorriso?

Come puoi vederla e descriverla ora, se non è qui?

E che colore vi è intorno a lei – nella tua mente – se non il colore dell’emozione che provi per lei?

La luce bianca illumina la materia morta, quella nera la materia viva: l’una ciò che è estraneo a te, l’altra è l’interno.

La loro unione sei tu, sono io, è ogni essere vivente.

Tu quindi chiudi gli occhi che vedono la luce bianca alla forma di chi era vivo, come augurio che possa vedere quella nera per tornare a vivere, poiché egli è ancora, ma non vede più la luce bianca che illuminava le forme degli altri esseri con cui poteva comunicare.

Ecco perché Iside ricostruì Osiris partendo dalla lingua; perché nel suo inganno, voleva far esprimere con essa i colori (sentimenti) della luce nera.

E Osiris, accettando il dolore dell’incesto e l’ira non del tutto a torto, di Seth generò da Iside mio fratello: Horos.

 

Abbi rispetto di tuo fratello, che deve soffrire da tutti per colpe che non ha commesso, ma che sono state rese necessarie dalla prima divisione.

Egli fermerà la distruzione quando tutti saranno pari agli uomini, e gli uomini saranno pari tra loro; anche se l’errore e l’inganno della lingua dureranno, poiché lui è venuto dopo.

Ma tu aiutalo, poiché dove non arrivano le parole, arrivano i sentimenti; può farcela da solo, ma così eviteremo ulteriori sofferenze.

E rammenta: Iside NON è mia madre.

Io vengo dalla divisione e sono l’ultima briciola: l’intero è sempre maggiore della somma delle sue parti, e un mezzo e un mezzo resterebbero due mezzi se non ci fosse il +.

Il tempo è iniziato quando le due parti si sono accorte di essere in due, ed io sono il suo guardiano.

Ecco perché alla fine del tempo di ciascuno vi è la morte.

Tutto questo è il 4, che è doppio, e da lui viene sia la bellezza della vita, sia la sua difficoltà; sia il capire ogni cosa, sia la possibilità di ogni errore.

Ed ora trova il 5.

Esso è il simbolo dell’uomo.

Cinque sono i lati del tetraedro che puoi percorrere senza passarne uno per più di una volta, ma non puoi percorrere il sesto, se non passi dal punto centrale, il 13°.

Così un uomo che segue la vita, non può vedere la vecchiaia da bambino, né ricordare tutta la vita da vecchio, se non ricorda la morte; eppure può percorrere tutto il tetraedro.

E come ogni lato è fatto da due punti, così la vita umana è fatta sempre da un uomo e una donna, madre o moglie o amica, padre o marito o confidente.

Solo chi è solo vede il singolo punto e quindi può volgersi verso il 13°.

E poiché si comincia a vivere partendo da un punto dei lati, solo passando all’interno dopo averne percorsi 2 (punti dei lati) e quindi un lato (cioè il 1°, l’infanzia), si può percorrere il tetraedro costruendolo dall’inizio.

Infatti, è vivendo che ricorderai le vite precedenti.

Ma all’uomo è stata data un’altra possibilità: percorrere il 13° punto dopo averne percorsi 10 (cioè 5 lati); ovverosia restando solo (o vedovo).

Ed è qui che si sentono di più le emozioni.

Quindi, se puoi, non prendere moglie; e se lo fai, sappiate entrambi ciò che state facendo, come una vedova, quando si risposa, dovrebbe avere capito cos’è l’amore e la vita di coppia.

Abbi rispetto anche degli uomini.

Coi loro 5, le dita di una mano, possono unire la luce bianca e quella nera: questo è il senso del lavoro.

La materia e la forza insieme per migliorare la vita.

Quando morranno sapranno giudicare se hanno fatto bene o male, e rinascendo dimenticheranno il male, e le emozioni daranno loro dolore quando vi si avvicineranno con le loro azioni, e ricorderanno a fatica il bene, e saranno attratti da ciò che aveva dato loro felicità, provandola ancora, ma non sapendone spiegare il motivo.

A questo proposito, tra due cose uguali, perché scegli subito l’una e non l’altra, la rossa e non la verde (e viceversa), la bionda e non la mora, fin da quando eri bambino?

E più l’emozione è forte, più t’impunti.

Chi vive nel male, quando morrà condannerà se stesso; ma dovrà stare attento, quando rinascerà, cosciente o no, a non farsi convincere a continuare a vivere nel male: non tornerà all’unità.

Guarda adesso il 6° lato.

Esso chiude comunque il tetraedro, così come la fine della vita chiude comunque tutto ciò che un uomo ha fatto, sia egli re o schiavo.

Non condannare quindi la vita degli uomini, ma cerca di capire dalla loro morte come renderla migliore.

Se il suicida è colpevole della propria morte, allora chi lo ha spinto a ciò è colpevole della sua vita; e nella vita tu agisci.

Il 6 è ciò che più si presta ad essere ingannato, così come il giudizio su una vita dipende dai valori che tu consideri più importanti, dalle emozioni che hai e dai fatti che conosci.

Siccome nessun uomo può conoscere tutto di un altro, è ciascun uomo che dovrà giudicare la propria vita.

E come il 6 è dato da 2 volte 3 o da 3 volte 2, così il triangolo è dato da 3 lati (cioè 3 volte 2 punti) o da 3 vertici, ciascuno unito 2 volte ad un altro.

Il triangolo è una faccia del tetraedro, e metà dei suoi punti (se non conti il 13°); così metà dell’intero sembra completo, ma è piano, e il piano è l’errore del 4; infatti il 6 è pari.

Ma come faccia, rappresenta anche una base che è – non dimenticarlo – esattamente uguale alle altre 3.

Segui dunque la metà delle cose, ma controlla che formino qualcosa da cui poter ricavare il resto, altrimenti, ti stanno facendo seguire una vita errata.

E rammenta che l’opposto di una faccia è un vertice solido che segue tre vie, e non pensare che la quarta sia un angolo piano, ma pari al suo.

Se a questo punto, quando finalmente vedi la solidità per certo come al 5 (o 10), ti ricorderai dei significati che hai attribuito ad ogni punto, allora noterai come il piano, il triangolo vuoto al centro, ma dove non sta un altro punto come nel quadrato, somigli alla donna, e il vertice, che tende ad un centro formato da tre punti, che sembra unito, ma che è il punto dove vi è più colla, somigli all’uomo.

E rischierai l’errore dell’8, il 4 (vertici) e 4 (facce); ricorda che per vederli insieme devi essere all’interno, il 13°.

E ricorda che il 13° è il vasetto di colla.

Se dimentichi le emozioni, o vedrai il vuoto nel triangolo, o vedrai il finto solido nel vertice, e per tentare di unirli rischierai l’errore del 9 che ci è sopra senza vederla, tre triangoli di tre lati che formano il vertice.

È l’errore di chi costruisce3 senza sapere cosa sta facendo: per questo vale di più chi lavora le piccole cose ma sa come sono, anche se non vede il totale: costui lavora sul 10 e passando al 13°, anche se può scambiarlo per l’11°, è vicino alla verità più del 9 che ci è sopra senza vederla.

Come vedi, dal 6 gli errori diventano molti e rapidi, così come chi prende le vite intere per fare le proprie cose.

Costui si sente come gli dèi, e fa lo stesso loro errore: non si accorge che lo sta facendo – nella sua vita -.

Ecco perché non capirà chi passa dal 10 all’11, cioè chi è invecchiato, neanche se stesso, e non capirà nemmeno chi andrà al 13 scambiandolo per l’11; alla fine non capirà la morte, ed avrà bisogno di spezzettare al minimo la vita, ammirandone il 12, il numero dei punti della completezza, ma senza il 13, il centro.

Manca niente?

Mancherebbe il 7, ma se mi hai seguito fin qui, hai capito che, avendo dovuto apprendere anche le altre scienze pensandoci da solo e dando un significato al collegamento tra l’una e l’altra, puoi spiegarmelo anche tu.

Il 7, che rappresenta i colori della luce bianca, è il 13 che non ha dimenticato gli altri 12, né la forma tetraedrica; è la luce nera, la coscienza della vita.

È il punto esterno a ciascun triangolo, vertice, lato e quindi l’interno.

Chi è arrivato al 6 e vede la forma tetraedrica, sa che il centro, il 13° punto, è ciò che unisce un vertice al vuoto del triangolo opposto e contemporaneamente ciascuna delle tre coppie di lati opposti del tetraedro, cioè 7 direzioni, tutte quelle in cui puoi guardare dall’interno della vita (il tetraedro) stando all’esterno dei 12 punti (le 12 scienze) che la compongono, cioè sei TU che le puoi conoscere tutte, e TU che gli permetti di esistere dando loro importanza.

Ecco perché considerare tutto e tutti alla pari: per portare ciascuno al proprio 13° punto da qualunque altro si trovi, evitandogli errori e quindi sofferenze future più lunghe e pesanti di quelle immediate, quelle delle prossime vite rispetto a quelle di questa.

Perché anche loro hanno delle emozioni, e quindi, che lo ammettano o no, dovranno rinascere.

 

E questa è l’ora più fredda della notte.

Anubi chiese: “Ora che sai tutto ciò dimmi: perché vuoi diventare mio sacerdote?”

“Perché ora che so tutto ciò, non temo più la morte, perché so che, pur essendo un uomo, ora sono simile a dio, e gli dèi, per restare tali davanti alla morte, saranno simili agli uomini.”

E Anubi disse: “Poiché hai risposto esattamente, non ti ucciderò, ma prenderai il mio posto.”

 

E uscirono insieme a vedere il sorgere del nuovo giorno, della nuova vita di un uomo.

 

Nel tempo che restava loro da passare insieme, il vecchio ed il giovane, si esercitavano nell’immaginare quali conseguenze sarebbero derivate dall’assumere un simbolo sbagliato, specie se simile al tetraedro, per esercitarsi a vivere nelle prossime vite, anche in un mondo pieno di errori che si ritenesse giusto.

In questo modo avrebbero riconosciuto subito un mondo sbagliato dai simboli che usava, evitando così di farsi condizionare il pensiero dal dover apprendere il modo di ragionare di chi li istruiva da piccoli, approfittando del fatto che i bambini non possono usare gli stessi sistemi di comunicazione degli altri (per prima la lingua).

Eccone alcuni:

 

1) La piramide.

È molto simile al tetraedro, ed ha alla base un quadrato.

È il simbolo con cui i primi Faraoni, che avevano appreso le 12 Scienze, ma non la 13ª, credendo di rendersi simili agli dèi dimenticando di essere uomini, iniziarono a deviare il pensiero umano.

In pratica, essa è mezzo ottaedro, potete notarlo meglio tentando di iscriverla in una sfera; se ne mettete un’altra capovolta collegata per la base, la sfera circoscritta ha ancora la stessa dimensione.

Questo è il modo per preferire una metà, quella ipotizzata superiore, all’altra.

 

 

È stato trasportato l’errore del quadrato alla dimensione solida, credendo di mantenere intatto il senso del triangolo, la cui faccia dovrebbe essere quella da cui si guarda in una direzione esterna, che sono però diventate 4 e non più 3 da una base che dà il senso del pari ma è diversa.

Vedendo le due piramidi, l’ottaedro, si nota che sono formate da 3 quadrati uniti per i soli vertici; non 4 triangoli uniti sia per i vertici sia per i lati.

L’idea che la vita si decide solo con incontri al vertice, è un errore che, in questa società, si commette spesso, confrontatelo con gli altri significati, ricordando che tutto è collegato.

È il primo errore, per giunta voluto, e che ne prepara uno ancora più grave che è quello che inganna tutte le 12 Scienze; ma lo vedremo alla fine.

2) La sfera

È uno dei pochi solidi che sembra perfetto, ma pone una serie di errori che, perlomeno, gli altri non hanno.

La differenza sta nel rapporto col centro (il 13° punto del tetraedro).

In un solido regolare il centro coincide con quello della sfera inscritta, circoscritta, e coscritta.

(Non c’entra la naia, è quella la cui superficie ha i punti in comune con quelli medi di ciascun lato dei solidi regolari).

Se quest’ultima non ha il centro coincidente con quello delle altre, il solido non è regolare.
Nella sfera le superfici coincidono, e quindi pone tutto sul raggio, unica dimensione, che rende l’esterno uguale, e quindi indifferente.


 

Essa “chiude” il centro e lascia pochi e minimi contatti con le altre intorno.

È la meno indicata per la costruzione dello spazio (l’eventuale società), e ben rappresenta chi vede solo se stesso.

Sembra la più semplice, ma non è rapportabile neppure alle parti di se stessa che la sviluppano dalle altre dimensioni.

Proprio come chi vuole detenere il potere: è solo logicamente incomprensibile, anche a se stesso, a meno che ammetta di essere solamente fine a se stesso.

Essa riporta a vedere una superficie piatta, e da qui direttamente al punto minimo; è il simbolo preferito da chi rinascerà senza ricordare.

È anche il simbolo del sole: infatti, quando i sacerdoti di Rah presero il comando, tutte le scienze dovettero svilupparsi altrove.

Ormai il mondo era appiattito, tutte le scienze si erano perse: ma la memoria riaffiora dal passato, qualcuno li chiama ricordi ancestrali, e dai simboli si ricostruì tutto il sapere, partendo però da una visione piatta.

Fu in questo momento che il culmine del sapere fu raggiunto dai Sumeri, ad Ur dei Caldei, con la condensazione nell’Astrologia delle 12 Scienze nei 12 simboli zodiacali, mantenendo il significato buono o cattivo dei rapporti del tetraedro:

Il Lato, 2 punti, è il Sestile e porta bene; il Quadrato porta male; la Congiunzione è come la colla, unisce due segni al vertice (non 3, poiché la visione è piatta; infatti una congiunzione multipla viene sviluppata a 2 alla volta), e porta bene; l’Opposizione è il 6 che non chiude la figura, e porta male; la Quinquonçe (il 5 o il 7) non è chiara: lo studio non mette in pratica e non porta a capire tutto; e ciò che porta più bene di tutto è il Trigono.

Già: Trigono, cioè poligono regolare di 3 lati; il triangolo equilatero.

Come mai non si usa questo termine in Geometria?

E la 13ª Scienza?

È sempre al centro, qui sulla Terra, nella costellazione del… l’UOMO (Orione).

E di nuovo si tornò al cerchio; ma è facile accorgersi che qualunque figura piana posta in rotazione sul suo piano intorno al suo centro forma un cerchio.

Tentando poi di costruire i solidi ruotando le figure su un lato, si possono ottenere gran parte dei solidi, tra cui coni e cilindri, ma sempre basati sulla rotazione.

Ma nessuno di questi è adatto per costruire uno spazio.

Si pensò anche ad “allungare” le figure nella dimensione solida, e si ottennero parallelepipedi, prismi e simili.

E qui ci si accorse che solo quelli regolari costruivano lo spazio; ma per sceglierne uno bisogna avere dei validi motivi.

Ne serviva uno semplice, facile da capire e da spiegare, e universale, che valesse per tutti e costruisse lo spazio.

Scartata quindi l’illogicità della sfera e la non uniformità dell’ottaedro, rimanevano solo il cubo ed il tetraedro; quale scegliere?

Quale delle due visioni dello spazio si può ricavare dall’altra?

A questo punto si vede che tutte le scienze antiche indicano come principale il tetraedro.

 

Euclide pose le sei parti della vita su un piano, per la sua visione limitata, e ottenne l’ESAGONO, da cui si passa troppo facilmente al cerchio.


David (il 2° re degli Ebrei), che aveva capito l’importanza del triangolo, ne mise due “opposti”, ma non raggiunse la solidità. 


  Qualcuno usa la stella a cinque punte, poiché la punta sembra un angolo di 60°, e, come il triangolo, indica più direzioni contemporaneamente.

 

È solo un vago ricordo,per questo affascina, ma non spiega.

Si tentò addirittura di mettere i quattro triangoli su un piano e di conciliarli con il quadrato; ma perfino Pitagora non amava i numeri irrazionali, perché rendevano irrazionale la mente.

Poi si passò ai simboli più complessi e composti, ma per caso o per combinazione tutti riportano a come si interpreta la vita.

Persino il simbolo della radioattività è fatto da tre triangoli (manca il quarto; è l’errore del 9) chiusi in un cerchio, il simbolo del potere.

Ed anche la svastica è fatta da 4 triangoli in croce con un lato spezzato; confrontatene il significato con l’interpretazione del tetraedro:

Addirittura lo psi greco e lo shan cinese stilizzati sono dati da: lo sviluppo del tetraedro su un piano (un trigono costruito con 4 trigoni di lato ½ del primo) con lo spostamento dei due laterali.


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Ciascuno dia ai simboli il significato che vuole o che, se preferisce, gli hanno insegnato; ma provate a costruire il simbolo più logico mantenendo tutti i significati: alla fine anche voi sceglierete tra il cubo e il tetraedro.

E non può essere il cubo; non solo perché è 6 quadrati, ma soprattutto perché se si può dividere un lato, allora è costituito da altri cubi, e non si raggiunge mai l’unità base.

Gli scienziati moderni lo chiamano ipercubo, ma anche loro ci si perdono.

Qualcuno ha aggiunto la quarta dimensione composta, ottenendo una comparazione tra sfera ed ipercubo, ma non trova come possa essere iniziata.

Ed ecco il semplice tetraedro, che ha la prima dimensione di due punti, e che “sa” che per costruire la seconda, il piano, non deve dimenticare la prima: il minimo triangolo è fatto da 6 punti, non 3 (3 sono i vertici).

E le quattro dimensioni dello spazio-tempo sono indicate dalle facce comuni.

Come potete vivere nello spazio-tempo, scindendo il tempo dall’unità?

Quando camminate, andate avanti movendovi su una faccia e tenendone un’altra come base; e, per girarvi, scegliete destra o sinistra non pensando a dietro, come le 4 facce del tetraedro.

Guardate in alto e siete “appoggiati” ad un vertice; chiedete al vostro senso dell’equilibrio se quando vi sembra di cadere non pensate alle altre 3 facce, destra, sinistra e dietro; non vi viene forse da alzare le braccia?

Come ha potuto allora il demonio di Cartesio ingannarvi?

Vi ha fatto vedere la croce “inscritta” nel tetraedro; ve lo ha girati in modo che un lato della base fosse l’orizzonte e uno di quelli che vanno al vertice superiore, il lato opposto, fosse perpendicolare ad esso.

E vi ha coperto il 13° punto con l’incrocio.

Sono queste 3 croci che indicano le 3 dimensioni dello spazio che voi considerate.

Poi ha attribuito ad ogni lato il valore di + e – ai due punti, dando al vertice il valore che predomina (3 punti fatti da o 2 + e 1 -, o 2 – e 1 +) in modo che fossero sempre consecutivi, ponendo il lato con i due vertici + “davanti” a quello coi due vertici –, e vi ha convinto che l’alto, il a destra e il verso di voi fossero i +, mentre il basso, il a sinistra e il lontano da voi fossero il -, abituandovi a privilegiare la destra alla sinistra.

Era l’unico modo per farvi attribuire a voi stessi, al centro, il valore 0, ma ha dovuto mantenere lo stesso centro come origine: tutto dipende comunque da voi perché, nonostante la relatività, siete voi il vostro sistema di riferimento, sempre e comunque.

Come può esistere un punto 0? Se è 1 punto non è 0 punti. Se esiste non è 0.

Vedete quindi che l’unico solido che costruisce perfettamente in modo semplice ed universale lo spazio è il TETRAEDRO. E ne è il miglior custode: è la figura contemporaneamente più solida e penetrante che esista.

Ed è proprio così che si costruisce e abbatte TUTTO, col tetraedro.

Anche nel piano la figura più semplice ed universale non è il quadrato, ma il trigono.

E l’universalità si costruisce sempre considerando tutti allo stesso valore, l’1, che è il più semplice.

Ed è questo il principio da cui si può ricavare tutto e ricordare i rapporti di tutto: la SEMPLICITÀ.