Last updated: 13, Jan., 2008 

     THALASSA. Portolano of Psychoanalysis

 

 

 

 

 

TEXTS ON LINE:

 

 

"Remémoration, traumatisme et mémoire collective - Le combat pour la emémoration en psychanalyse"  de W. Bohleber

 

 

"De quoi témoignent les mains des survivants? De l'anéantissement des vivants, de l'affirmation de la vie" de Janine Altounian

"Les cachés de la folie" de J.-P. Verot  

  "La difficoltà di dire io. L'esperienza del diario nel conflitto inter-jugoslavo di fine Novecento" di Nicole Janigro (source: "Frenis Zero" revue)

 

  "I Balcani" di Predrag Matvejevic (source:  "Frenis Zero" revue)

  "La Shoah e la distruttività umana" di A. A. Semi (source:   A.S.S.E.Psi. web site)

"Breve Storia della Psicoanalisi in Italia" di Cotardo Calligaris (source: A.S.S.E.Psi. web site)

"The Meaning of Medication in Psychoanalysis" by Salomon Resnik (source: A.S.S.E.Psi. web site)

"Note sulla storia italiana dell'analisi laica" di Giancarlo Gramaglia (source: "Frenis Zero" revue )

"Adriatico" di Predrag Matvejevic

"Mon Adriatique" de Predrag Matvejevic

 

 

 

Austria/Hungary
Balkans        *Serbia (History of Psychoanalysis in)
Eastern Europe
• EU
France
Germany
Greece/Malta
• Italy
Spain/Portugal
Switzerland
Turkey, Armenia and Caucasian Rep.
Vatican
Tatiana Rosenthal and Russian Psychoanalysis

 History of Russian Psychoanalysis by Larissa Sazanovitch
-

 Israel/Palestine

- Syria

 - Jordan

- Lebanon

 

- Egypt 

-Morocco

 -Tunisia

- Algeria

- Libya

 

 

Questo testo è tratto dal discorso pronunciato da J.-P. Vernant (morto il 9.01.2007) nel 1999, in occasione del 50° anniversario del Consiglio d'Europa, e che è inscritto sul ponte che collega Strasburgo a Kehl:

<<Passare un ponte, traversare un fiume, varcare una frontiera, è lasciare lo spazio intimo e familiare ove si è a casa propria per penetrare in un orizzonte differente, uno spazio estraneo, incognito, ove si rischia - confrontati a ciò che è altro - di scoprirsi senza

 "luogo proprio", senza identità. Polarità dunque dello spazio umano, fatto di un dentro e di un fuori. Questo "dentro" rassicurante, turrito, stabile, e questo "fuori" inquietante, aperto, mobile, i Greci antichi hanno espresso sotto la forma di una coppia di divinità unite e opposte: Hestia e Hermes. Hestia è la dea del focolare, nel cuore della casa. Tanto Hestia è sedentaria, vigilante sugli esseri umani e le ricchezze che protegge, altrettanto Hermes è nomade, vagabondo: passa incessantemente da un luogo all'altro, incurante delle frontiere, delle chiusure, delle barriere. Maestro degli scambi, dei contatti, è il dio delle strade ove guida il viaggiatore, quanto Hestia mette al riparo tesori nei segreti penetrali delle case.  Divinità che si oppongono, certo, e che pure sono indissociabili. E' infatti all'altare della dea, nel cuore delle dimore private e degli edifici pubblici che sono, secondo il rito, accolti, nutriti, ospitati gli stranieri venuti di lontano. Perché ci sia veramente un "dentro", bisogna che possa aprirsi su un "fuori", per accoglierlo in sé. Così ogni individuo umano deve assumere la parte di Hestia e la parte di Hermes. Tra le rive del Medesimo e dell'Altro, l'uomo è un ponte>>.

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FRENIS zero in collaborazione con
 Penta Editions  organizza

ID-ENTITA'

MEDITERRANEE.

Psicoanalisi e luoghi della

memoria.

 
 

 

Sabato, 5 aprile 2008

Lecce, Biblioteca Caracciolo

via Imperatore Adriano, n. 79

 

 
ABSTRACTS

 

 

 

<<Invisibilità di un disagio>>

di Ambra Cusin

 

Parlare di migranti significa spesso parlare di disagio economico, di sicurezza, di instabilità sociale. Nessuno ci parla di quella angoscia che attanaglia persone de-umanizzate, private della loro patria.

Partendo dalla suggestione fornita da brevi citazioni letterarie di alcuni autori, anche classici, che hanno parlato del disagio migratorio (Omero, Euripide, Grillparzer, Ben Jeollum, ecc.), ci soffermeremo ad analizzare la situazione sia dal punto di vista intrapsichico del migrante che del professionista “psy” che si occupa di intervenire in queste situazioni.

L’immagine dello straniero rimanda immediatamente alla rappresentazione dell’inconscio e quella del trauma migratorio (termine spesso abusato) all’esperienza, da tutti condivisa, del traghettamento attraverso il mare in tempesta dell’adolescenza, dall’infanzia all’età adulta.

In particolare verrà brevemente raccontata sia l’esperienza con un gruppo di giovani psicologi che hanno operato in un centro medico per immigrati irregolari, su richiesta dei medici stessi, istituendo un centro di ascolto della sofferenza mentale di queste persone e non solo di quella fisica, che l’esperienza di un lavoro clinico con un gruppo di richiedenti asilo che avevano appena ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato e quindi erano costretti ad uscire dalla casa di accoglienza e ad affrontare una realtà difficile di impotenza e incapacità ad essere autonomi.

Inoltre verranno descritti alcuni casi osservati nel lavoro di un gruppo di assistenti sociali che si occupano di migranti.

In tutti questi casi noteremo aspetti depressivi intrecciati con contenuti persecutori.

Il tutto condito nella cornice storicamente multietnica della mia città dove di “triestini patochi” (cioè “puri”) ce ne sono proprio pochi. Dove nelle vene degli abitanti scorre un sangue multicolore.

 

<<Paesaggi in mutazione: dalla pace alla guerra, dalla guerra alla pace>>

di Nicole Janigro

 

L’evento bellico occupa di nuovo il centro della scena internazionale. Il conflitto al di là dell’Adriatico ha segnato il ritorno della guerra in Europa - gli allarmi aerei si rimettono in azione per la prima volta dal secondo conflitto mondiale, i corpi scheletriti dei detenuti prigionieri risvegliano le immagini dei campi di concentramento. Siamo dunque costretti a ripensare (dopo il “mai più” di Auschwitz) il nostro rapporto con la violenza, l’umana aggressività. Il discorso della guerra penetra, impregna; per “noi” che la guardiamo la guerra diventa una visione, gli effetti collaterali sono psichici, i nostri sogni di guerra parlano anche del dolore degli altri. Per “loro”, che la fanno, la guerra è l’incontro inesorabile con l’insormontabilità del corpo – che oggi, in pace come in guerra, la patologia sia il corpo?

Le guerre balcaniche di fine Novecento hanno fornito, come storicamente accade con ogni conflitto, nuovo materiale psichico alla riflessione e alla clinica di psichiatri, psicoanalisti, psicologi. L’orrore della guerra civile inter-jugoslava, gli “eccessi di violenza” che l’hanno attraversata conducono ad affrontare tematiche etiche ed etologiche, psicologiche ed antropologiche. A riflettere sugli intrecci storici di modernità e di barbarie, di identità e memoria, all’interno della necessità di affrontare il passaggio dall’individuale al collettivo –

per la psicoanalisi da sempre teoricamente problematico, inevitabilmente arduo nella pratica clinica del trauma bellico. Accettare il male, nella terapia e nella teoria, consente di prendere le distanze dal dilemma insolubile: evitare di patologizzare la distruttività senza normalizzarla - il che significherebbe condonarla. Consente la ricerca di una nuova narrazione (singolare/plurale) all’interno della quale l’accento viene posto sulla “ordinarietà”. Nelle diverse realtà della ex Jugoslavia una lunga esperienza di incontro con persone gravemente traumatizzate ha portato a elaborazioni differenti e molteplici. Spesso chi offriva aiuto ed ascolto è stato uno straniero, un Altro, che riusciva a diventare quella figura di “terapeuta testimone” che, al di là di facili discorsi sulla necessità di sblocchi emotivi in tempo reale, permetteva di analizzare i vissuti individuali di un dramma collettivo, di confrontarsi con la figura del nemico e con le sue rappresentazioni interne.

 

 

<<Vostro il delitto, nostro il castigo: sradicati dall’Ararat, accolti nella culla mediterranea>>

di Manuela Avakian

 

L’intervento sarà diviso in quattro parti (brevi)  ciascuna preceduta da una piccola lettura del romanzo <<Una terra per Siran>>.

-         Inizierò con un cenno al genocidio del popolo armeno ad opera dei Giovani Turchi, genocidio ancora negato dal governo turco;

-         Passerò poi al dramma dei sopravvissuti: la fuga nel deserto di Der-es-zor, la diaspora e tutto ciò che ne consegue in termini di sradicamento, perdita, dispersione;

-         Proseguirò con il tema della diaspora/immigrazione in termini di accoglienza, di scoperta, di arricchimento, di scambio;

-         Ci sarà infine una piccola lettura che simboleggia la (forse utopica) “fusione” di identità.

 

<<Alla ricerca del Sé tra le pieghe della memoria>>

di Franca Mazzei Maisetti  

 

La ricerca neuroscientifica ha dimostrato che esistono nel  nostro cervello due sistemi di memoria a lungo termine: una memoria cosciente e verbalizzabile che permette una ricostruzione della propria storia personale (memoria esplicita) e una memoria non cosciente riguardante esperienze che non possono essere né ricordate né verbalizzate perché relative alla fase preverbale  (memoria implicita).

Secondo dati recenti della letteratura neuroscientifica traumi e esperienze precoci di separazione danneggiano nei mammiferi l’ippocampo fino all’atrofia dei suoi neuroni ostacolando l’apprendimento e la memoria esplicita. Nessun danno invece riguarda la memoria implicita che rimane l’unica fonte dalla quale si può risalire per recuperare esperienze arcaiche anche traumatiche.

Mauro Mancia si chiedeva se era possibile ipotizzare una sede anatomica per le funzioni inconsce della mente e come poter recuperare l’inconscio non rimosso, depositato nella memoria implicita attraverso la relazione analitica.

In un lavoro sulle id-entità mediterranee penso sia interessante, partendo da tali presupposti, analizzare la “dimensione musicale” del transfert e il lavoro sul sogno per recuperare la storia affettiva del paziente tesa alla ricostruzione e costruzione della sua identità più profonda.

 

<<I luoghi del sogno e della memoria nel cinema>>

di Massimo Maisetti

 

Il film è quel luogo dell’immaginario dove sono sospesi i confini tra memoria e sogno e lo spazio e il tempo si dilatano ad accogliere realtà e fantasia. E’ un percorso verso l’ignoto o attraverso l’inconscio dell’autore, del protagonista o dello spettatore che nel protagonista tende a identificarsi, oppure a fare i conti con la sua parte oscura.

Da Federico Fellini a Luis Buňuel a Carmelo Bene, letti anche attraverso lo strumento psicoanalitico, nel tentativo di cogliere il significato del senso dell’esistere nel metalinguaggio della patologia, della letteratura, del cinema, dei comportamenti umani.

 

<<Medea… un’identità altra>>

di Santa Fizzarotti Selvaggi

 

Medea è il racconto tragico di  lutto assoluto, una perdita non sopportabile e inenarrabile. La dimora illusoria dell'eternità lacerata dalla realtà del divenire.  E' questo il dolore di ciascun essere umano per una perdita ineludibile e mai consolabile. E' questo sempre tutto ciò che manca. L'indicibilità del tragico. Il dolore originario che risiede nell'aver  abitato nella primigenia unità simbiotica: il regno della Madre.

  Medea rivolge spesso il suo pensiero al  passato, a quanto ha dovuto perdere per avere Giasone:  ed è proprio tutto ciò che è perduto a renderla spietata, se pur "misera", finanche dinanzi a se stessa per quanto si  propone di mettere in atto.  Medea, archetipo della rappresentazione del femminile e del materno, è l'infelice in senso assoluto.  Medea, donna Altra venuta dall'Oriente,  da un Altrove mai del tutto riconoscibile,  non può rassegnarsi e accettare la perdita. Per Giasone aveva annientato se stessa .La sua dipendenza da lui era assoluta per cui non le rimaneva che rendere visibile e tangibile la sua sofferenza attraverso l'agire.

Un acting out radicale e definitivo.

Un lutto ineludibile e fatale che innanzitutto riguarda se stessa e i suoi figli: la sua identità femminile. Un identità altra nascosta in ciascuno di noi.

 

<<Signora violenza>>

di Uccio Biondi

 

Attraverso una ‘performance’ e dei video l’artista pugliese ripercorrerà un suo personale discorso sulla violenza dei totalitarismi. In un suo contributo che corredava una sua installazione intitolata “Durch den Kamin” così scrive: <<E' la certezza troppo spesso inconscia, disorientata ma insopprimibile che ha permesso di vivere, di non soffocare per la disperazione, a chi è vissuto a lungo sotto i fascismi, sotto i totalitarismi. Durch Den Kamin - (da qui si esce solo) attraverso il camino. E' questo il titolo della installazione.

L'intento è riprendere il feto della memoria e porlo già cresciuto nella nostra modernità. Prosciugarlo delle pene sofferte e da qui ripartire per comunicare la peggiore conseguenza che la quotidianità di oggi ci evidenzia nelle sue sfaccettature: la violenza. In situazioni di eccezionale precarietà, di instabilità, di disagio come le crisi economiche o politiche, il fenomeno della violenza si amplifica e gli uomini, individualmente o collettivamente, scaricano le loro preoccupazioni su minoranze etniche o religiose. Questo accade in base ad un processo proiettivo che consiste nell'attribuire agli altri la responsabilità delle proprie paure.

La storia può aiutare ma non deve essere l'alibi per un'arte del tempo presente. Quest'ultima, per significare, dovrà essere capace di cogliere degli eventi storici gli aspetti più profondi per poi essere trasferiti in altro da sé, legittimando la priorità della funzione estetica. L'artista ha un potere autonomo che lo rende differente da quello politico: riflettere sulla memoria, sul senso fortunato dell'esistenza, sui modi del presente per poi coglierne il succo culturale. Ho provato di fatto a sospendere il tempo per poi ricreare una sorta di camera teatrale dove si può percepire la sola pellicola dei corpi lasciati lì al buio nel carro merci. A resistere e a non concedere altro al di fuori della carne. Sicché nelle opere plastiche in gesso prevalgono: l'abbandono terribile per una violenza subita a testimoniare con chiarezza gli effetti e le conseguenze devastanti che essa comporta, lo svuotamento della persona nella pelle, nei muscoli, nelle ossa, in quelle energie che sostengono il peso della vita. Il corpo è appoggiato nella sua parte sinistra alla parete con le braccia abbassate in segno di resa mentre all'altezza dei polpacci si blocca una mutandina bianca, segno indelebile di uno stupro. Sembra invece uscire dal pertugio di una parete, quinta allusiva, la terra d'altri, il secondo gesso. Un corpo che ostenta fierezza e che, sfondando per l'appunto il limite dell'indecenza animalesca umana, si propone in segno di sfida, diversamente altro, con in mano un giocattolo bomba fatto di orsacchiotti irti di spine  a significare la memoria leggera dell'infanzia e delle nenie. Uno strumento gioioso a prova di ordigno da trattare per la difesa e l'attacco. Una terza "installatura" è collocata al centro della scena-vagone. Porta con sé l'inedia, la magrezza vissuta di carne rinsecchita e sul palmo delle mani le stimmate incrostate di numeri rossi. Ritta in piedi guarda in faccia la violenza ed è fiera di essere venuta fuori dalla strettoia del camino. La sua postura parla di dignità. E' il domani possibile. I gessi hanno il colore grigio perlato e si inseriscono all'interno del vagone, in un contesto fumoso laccato di grigi molto teatrali la cui assenza conterrà le presenze dei corpi a testimoniare una inequivocabile unicità. Un fascio di luce proietterà in sequenza filmica non il suo cono di luminosità artificiale bensì l'agghiacciante carta di segnaletica umana. La collettività ebraica in scansione di foto tessera, gasata e poi bruciata. Durch Den Kamin è una installazione intermediale, un gesto aperto quindi, segnata dal tramite di tre forme plastiche immerse in un buio tonale rischiarate dal raggio-video che proietta a 320 gradi immagini animate, citazione delle luci roteanti, fari spettrali nei campi di concentramento. Il sottofondo musicale affidato a Demetrio Stratos e agli Area (brani scritti ed eseguiti nel 1973) e al sax di Vittorino Curci, sarà impastato da due voci recitanti (una femminile in lingua tedesca ed una maschile in italiano) su un rosario di 150 verbi che ho ricercato sul tema appunto della violenza. E' questo uno dei tantissimi modi o esempi chiari per testimoniare>>.

<<La honte dans le transfert>>

di Cosimo Trono

 

Inhérents au transfert, le sens moral, la relation d’amour à l’autre, l’accès au symbolique, sont les principaux effets du sentiment de honte, lorsqu’ils ne sont pas entravés par la persistance de conflits anciens.  Son absence ou ses déviations sont la marque d’une perversité, voire même d’une déréalisation psychotique.

                        Nous interrogerons la « honte » comme malaise de notre civilisation, avec la crise de la fonction paternelle, la perte de la disposition à intérioriser émotions et sentiments. Symptomatique reste ce 9 septembre dernier (la proximité avec le « ground zero » du «11 septembre » n’est pas que dans le calendrier) lors du match de foot Italie-France, à Milan.  Une grande partie des spectateurs a sifflé l’hymne national français. Les commentateurs italiens de la RAI ont parlé de la honte ( vergogna ) éprouvée en ces moments. Ainsi que les joueurs de l’équipe d’Italie interrogés après le match.

 

 

<<J’ai la honte>>

di Abram Coen

 

      Une affirmation qui justifie l'offensive, souffrance partagée,

 difficulté transitoire d'un corps qui n'en finit pas de faire des siennes,

 entends -on souvent chez les adolescents qui accusent même parfois leur

 interlocuteur d'être à l'origine de ce sentiment étrange de malaise!

    Sans que cela s'exprime de la même façon, sur le divan, la honte semble

 être le contrepied de la règle fondamentale du "tout dire" qui fait obstacle

à la cure.

    C'est qinsi que des secrets peuvent le rester et une cure se

 dérouler,sans même que ce noyau soit entamé.

    Quelle est alors la fonction de la honte, sentiment le plus communément

 partagé?

 

 

 

<<L'objet, la honte et la question de l'ouvert>>

di Guy Dana

 

Freud a eu une formule aux multiples conséquences, lorsque s’exprimant sur l’objet, il écrit  dans son texte Deuil et Mélancolie que : « L’ombre de l’objet, est tombé sur le Moi ».

C’est cette notion d’ombre qui, s’agissant de la honte, peut nous intéresser.

 Il y a l’idée d’une enveloppe, d’une ombre, d’un accès qui n’est pas immédiat à l’objet ou encore d’un double fond de l’objet.

 Or si par ailleurs nous nous tournons du côté du Moi on trouve aussi cette notion d’enveloppe au point même que le Moi a pu être considéré par Lacan comme le lieu électif des résistances ; en somme, les enveloppes protègent même si c’est parfois à l’excès ; à cet endroit, la métaphore embryologique utilisée par Freud illustre avec un certain bonheur la construction de la psyché !

La honte est ce qui survient lorsque ces enveloppes, que ce soit du côté du moi ou du côté de l’objet, sont débordées. Nous essaierons d’étayer en ce sens notre propos.

 

 

 

 

 
                                                                          

 

    english version

  version française in italiano
"THALASSA. Portolano of Psychoanalysis" is a co-production of "Penta Editions" (Dir. Cosimo Trono) and "Frenis Zero" revue (Dir. Giuseppe Leo) and it would be an attempt to link psychoanalysts and psychotherapists, belonging to the Mediterranean countries. Why would we put the Mediterranean Sea at the centre of attention of psychoanalytic culture? Because it continues keeping , in spite of a time of globalisation of human, cultural and economic exchanges, a central role of hinge between West and East, between cultural patterns dramatically faced with the contemporary problem of sharing universalizable patterns of "humanitas" and civilization. Psychoanalysis, with its group and mass-psychology functioning theories, can help in understanding the anthropological transformations concerning human societies and social institutions in the contemporary world. Our preminent interest is focused on the transformations regarding the cultural "koiné" that has been historically configured as mediterranean, and, moreover,  on the way psychoanalysis can provide interpretative means to investigate them thoroughly. Linking each other  psychoanalysts who, in spite of their different professional backgrounds, share a common belonging to the same cultural milieu, means consulting those who think about such changes from a point of view in which psychoanalysis keeps a preminent role. The means to create this link  would be the traditional ones (through international congresses and colloques), but also those provided by  internet and new communication technologies. "THALASSA. Portolano of Psychoanalysis" est une co-production de "Penta Editions" (Dir. Cosimo Trono) et de la revue "Frenis Zero" (Dir. Giuseppe Leo), née avec le but de mettre en réseau psychanalystes et psychothérapeutes provenants de Pays  Méditerranéens. Pourquoi voulons nous  mettre la Mer Méditerranéenne au centre de l'attention de la culture psychanalytique? Parce que celle-ci continue à tenir, bien que dans une époque de mondialisation des échanges humaines, culturels et économiques, un role central de charnière entre Occident et Orient, entre patterns culturels  dramatiquement confrontés avec la question toute contemporaine de partager de patterns universalisables de "humanitas" et de civilisation. La psychanalyse, avec ses theories du fonctionnement groupal et  des masses, peut nous aider à mieux comprendre les transformations anthropologiques concernantes les sociétés humaines et les institutions sociales dans le monde contemporain. Notre prééminent interet est concentré sur les transformations qui regardent cette koiné culturelle qui historiquement  s'est formée comme mediterraneenne , et sur le comment la psychanalyse peut donner des outils interpretatifs pour approfondir la connaissance de celles-ci. Mettre en liaison des psychanalystes qui, malgré les différentes traditions professionnelles de provenance, partagent l'appartenance au meme milieu méditerranéen,  veut dire interpeller ceux qui réfléchent sur tels changements à partir d'une perspective où la psychanalyse garde une place prééminente. Les moyens pou créer tel réseau seraient ceux traditionnels (séminaires et colloques internationaux), mais aussi innovateurs comme ceux-ci donnés par internet et les nouvelles technologies de communication.  "THALASSA. Portolano of Psychoanalysis" è una co-produzione di "Penta Editions" (Dir. Cosimo Trono) e della rivista "Frenis Zero" (Dir. Giuseppe Leo), nel tentativo di mettere in rete psicoanalisti e psicoterapeuti provenienti dai paesi del Mediterraneo. Perché porre il Mediterraneo al centro dell'attenzione della cultura psicoanalitica?  Perché esso continua ad avere, pur in un'epoca di globalizzazione di scambi umani, culturali ed economici,  quel ruolo centrale di cerniera tra Occidente ed Oriente, tra patterns culturali  messi drammaticamente a confronto con la  problematica contemporanea della condivisione di modelli universalizzabili di "humanitas" e di civiltà. La psicoanalisi,  con le sue teorie sul funzionamento dei gruppi e della psicologia  delle masse, può agevolare la comprensione delle trasformazioni antropologiche  che riguardano le società umane  e le istituzioni sociali nel mondo contemporaneo. Il nostro precipuo interesse è concentrato sulle trasformazioni che hanno per oggetto quella  koiné culturale che storicamente si è configurata come 'mediterranea', e su come la psicoanalisi possa fornire strumenti interpretativi per approfondire  la conoscenza di esse. Porre in collegamento tra di loro gli psicoanalisti che, pur nella diversità delle tradizioni professionali di provenienza, condividono  l'appartenenza al medesimo milieu mediterraneo, significa interpellare coloro che riflettono su tali rivolgimenti da una prospettiva in cui la psicoanalisi mantiene un ruolo preminente. Gli strumenti per creare tale rete saranno quelli tradizionali (attraverso dei seminari e dei congressi internazionali), ma anche quelli innovativi offerti da  internet e dalle nuove tecnologie di comunicazione.

 

 

  

 

A (Aberastury-Avunculo)
B-C (Babinski-Cura)
D- E (Dador de la mujer-Ey Henri)
F- G (Fachinelli Elvio-Guilbert Yvette)
H-I (Haas Ladislav-Italia)
J-M (Jackson John- Myers F.W.H.)
N- O (Naesgaard Sigurd-Otsuki K.)
P (Pacto denegativo-Putnam)

 

 
     

 

 

 Co-Editors:

Cosimo Trono - psychanalyste, énseignant Univ. Paris XIII, directeur Editions "Penta" telecharger  le catalogue

Giuseppe Leo - psichiatra, Centro Psicoterapia Dinamica (Lecce- Italia), editor "Frenis Zero" click here

Comité scientifique/Comitato Scientifico/Scientific Board:

Abram Coen (Paris) psychiatre, chef du service secteur infanto-juvenil Paris-Nord,  directeur collection "Psychanalyse, Médecine et Societé" chez Penta Editions.

Nicole Janigro (Milano) psicoanalista junghiana, nata a Zagabria, collabora a progetti di formazione legati al tema dell’ elaborazione del conflitto, rivolti a volontari e operatori attivi sul campo nelle aree di crisi della ex Jugoslavia. Ha in corso una ricerca su sogno e guerra. 

 

   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   
   

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Copyright © 2007-2008 Cosimo Trono and Giuseppe Leo All Rights Reserved  : "Thalassa. Portolano of Psychoanalysis" is a co-production of "Editions Penta"(59, rue Saint-André des-Arts,, Paris VI, tel./fax: (0033)0143257761) and "Frenis Zero" revue (Ce.Psi.Di.: viale Gallipoli, 29- 73100 Lecce- Italia- tel. (0039)3386129995)