Ecuba, moglie di Priamo, re scoonfitto di Troia conquistata dai Greci, riesce ad evitare la morte solo cadendo in schiavitú insieme alle sue figlie, date ad Ulisse e ad Agamennone, re potenti e vincitori... mentre i suoi figli maschi sono stati uccisi, cosa che spesso succede ai potenti quando vengono detronizzati o sconfitti, come lo furono i figli di Saddam Hussein o alcuni di Mouammar Gheddafi, appena ieri: non si sa come siano sopravvissute le loro mogli, tanto piú che essi ne avevano piú di una.

Numerose sono le circostanze in cui le donne sopravvivono grazie alla resilienza. Qui ci interessano i traumi collettivi e le situazioni particolari, i drammi e le crisi sociali, i problemi ed i conflitti nelle collettivitá ed, infine, le condizioni di trasformazione  di vita ed i bruschi cambiamenti che sopravvengono nella vita dei gruppi di individui: la sopravvivenza delle persone in tali circostanze presuppone  ed esige che si superi il dolore, la sofferenza, la morte dei propri cari e le difficoltá che la semplice vita quotidiana pone in stuazioni di urgenza,  di panico, di persecuzione, di pericolo di morte. L'uomo e la donna affrontano tutto ció in modo differente, sembrando che l'uomo disponga di piú forza fisica, mentre la resistenza e la perseveranza  delle donne sono superiori. Il problema delle donne rimane sempre quello di assicurare insieme alla propria vita e sopravvivenza quella dei propri figli, specie dei piú giovani e dei piú piccoli.

Ma cosa si intende per resilienza, un termine sempre piú abusato?

In fisica la resilienza é la resistenza dei materiali agli shock: si tratta di un termine che inizialmente caratterizzava l'energia assorbita da un corpo nel corso di una deformazione;

In ecologia, é la capacitá di un ecosistema di ritrovare un funzionamento normale dopo una perturbazione ;

In economia, la capacitá di ritrovare la crescita dopo una crisi (come é attualmente il caso nella pandemia da covid);

In informatica, é un sistema che assicura un servizio continuo persino in caso di guasto di un componente o di arresto di un programma;

In psicologia, infine, nel cui ambito piú ci riguarda esaminarne lo sviluppo, é la capacitá di un individuo di sopportare psicologicamente le prove della vita, capacitá che gli permette di reggere, di risollevarsi, di ripartire dopo un trauma.

É un fenomeno psicologico che consiste, per un individuo affetto da un trauma, nel prendere atto dell'evento traumatico in modo da non, o non piú vivere, nell'infelicitá e di ricostruirsi in un modo socialmente accettabile. La resilienza sarebbe resa pissibile grazie alla strutturazione precoce della personalitá, attraverso le esperienze costruttive dell'infanzia (prima di confrontarsi con eventi potenzialmente traumatizzanti); la resilienza a volte sopraggiunge attraverso la riflessione o la parola, piú raramente attraverso l'inquadramento medico di una terapia.

Giá a metá del XX secolo, la parola designava una qualitá umana del genere utilizzato da André Maurois nel romanzo del 1952 Lelia o la vita di George Sand:"In questo lutto, ancora una volta, lei stupí gli amici per la sua immediata resilienza".

Alla stessa epoca, nel 1954, Werner e Smith, due psicologhe americane, cominciarono la loro ricerca alle Hawai, uno studio longitudinale con bambini a rischio psicopatologico, destinati a presentare dei disturbi ulteriori nel corso della loro vita. A seguito di un follow-up seguito per trenta anni, esse notarono che un certo numero di loro "se ne erano usciti" grazie a delle qualitá individuali o a delle opportunitá del loro ambiente.

La nozione di resilienza non equivale esattamente a quella di "coping" (in inglese "to cope"= sbrogliarsela, uscirsene, far fro nte, adattarsi). La resilenza permette di oltrepassare lo stato attuale, insopportabile, per uno migliore compatibile con un'esistenza normale se non positiva.

Dopo John Bowlby, che ha introdotto il termine nei suoi scritti sull'attaccamento, Boris Cyrulnik in Francia, alla fine degli anni 90, ne ha reso popolare il concetto in psicoanalisi, partendo dall'osservazione dei sopravvissuti dei campi di concentramento, poi di diversi gruppi di individui tra cui i bambini negli orfanotrofi romeni e quelli di strada in Bolivia, i tristemente celebri "bimbi" come li si chiamava. In passato si parlava piuttosto di invulnerabilitá, termine peró improprio: l'invulnerabilità é il fatto di essere invulnerabile, di resistere agli attacchi fisici o morali. Colui che é invulnerabile non puó restare ferito e resiste a qualsiasi minaccia morale. É invincibile e dispone di una forza considerevole o straordinaria.

Attualmente dei gruppi di lavoro estendono il concetto di resilienza ad altre situazioni difficili come ad esempio quelle che vivono i caregivers dei malati di Alzheimer.

Nell'ambito dell'assistenza alle collettivitá in caso di catastrofe (naturale o causata dall'uomo) si parla ugualmente di "comunitá resilienti". Il processo di assistenza alle persone nelle immediate vicinanze di un evento critico ha generalmente un impatto ed una dimensione psicosociale.

La resilienza sarebbe il risultato di processi multipli che vengono ad interrompere delle traiettorie negative e contrastare la vulnerabilitá psicologica legata alla storia traumatica dell'individuo.

 Essa é dinamica: a partire da problemi, che possono derivare dal quotidiano o da shock molto gravi, l'individuo va ad innescare dei meccanismi che lo porteranno dapprima a resistere, poi possibilmente ad adattarsi, e a volte persino a conoscere una crescita post-traumatica.

Tra i processi che contribuiscono alla resilienza menzioniamo:

- La difesa-protezione, l'equilibrio di fronte alle tensioni, l'impegno-sfida, il rilanciare ed il valutare, la significazione-valutazione, la positivitá del sé ed infine la capacitá di creazione, il migliore processo di lotta contro le sofferenze edi traumi.

La "resilienza assistita" puó essere favorita da professionisti.

Tuttavia, tutte le ricerche dimostrano che le persone che hanno superato uno shock, molto spesso manifestano allo stesso tempo segni di resilienza e di alterazione e trasformazione della loro visione di sé, del loro futuro o del mondo. Notiamo che l'arte tradizionale giapponese del "kintsugi" (giuntura in oro) che consiste nel riparare un oggetto rotto sottolineando le sue cicatrici con l'oro in modo da nasconderle, viene utilizzata come metafora della resilienza in psicologia e nello sviluppo personale.

Nel mio libro "Le violenze tradizionali contro le donne" (Éditions Universitaires Européennes, 2018), ho analizzato tutte le situazioni e gli abusi - innumerevoli - inflitti alle donne a ragione unicamente del loro sesso.

 Nella mia proposta odierna mi limiterei al mondo arabo-islamico senza entrare nei dettagli dell'immensitá di tale mondo e delle sue differenze. Mi focalizzerei sul Medio Oriente e sull'Afganistan a motivo del fatto che sono regioni che hanno vissuto problemi sociali molto gravi dovuti a delle guerre ed al processo di decolonizzazione, a guerre civili o fomentate dall'esterno, ed in particolare dagli Stati Uniti, a dei colpi di Stato, a detronizzazioni di re,    a trasformazioni sociali brutali ed a correnti religiose mussulmane estremiste che hanno travolto l'intero pianeta generando il terrorismo e la destrutturazione di paesi fino ad allora caratterizzati da un equilibrio sociale millenario.

Non analizzerò la storia degli eventi che hanno reso interi popoli massacrati, schiacciati dalla dittatura, buttati via sulle rotte dell'emigrazione. Ci si focalizzerá sui paesi piú degradati dalla guerra, dal terrorismo e dalla dittatura in questa regione del mondo. Prendiamo ad esempio l'Iraq con trenta anni di guerre o in periodi con le conseguenze di queste, la Siria dove si contano dal 2011 piú di 350000 morti e la metá della popolazione emigrata a seguito del soffocamento da parte del sanguinario Bashar el Hassad della ribellione della popolazione sirina contro il suo fascismo di Stato, lo Yemen in lotta contro l'Arabia Saudita, ed infine l'Afganistan que ha visto l'instaurazione del sistema o regime talebano dall'inizio di settembre 2021.

[Si menzionerá per non dimenticare l'atrocitá delle guerre civili che in Algeria tra il 1990 ed il 2000 ha visto morire 250000 cittadini uccisi dagli islamisti che volevano prendere il potere in questo paese: c'é una figura storica in questa carneficina, la donna a cui sgozzarono i suoi sette figli. I massacri di Rais e di Bentalha  in particolare scioccarono gli osservatori internazionali. Il 29 agosto 1997 il massacro di Rais fece tra i 98 e i 300 morti, uomini, donne e bambini uccisi all'arma bianca (coltelli, asce) oppure bruciati. Delle donne incinte vennero sventrate e tagliate a pezzi, dei bambini furono tagliati o gettati contro i muri, i membri degli uomini vennero tagliati, nella loro ritirata i terroristi rapirono delle giovani donne per farne le loro schiave sessuali].

Le donne in queste regioni devono sviluppare una resilienza permanente in piú rispetto a quella correlata alle crisi nel fuoco della guerra o degli attacchi terroristici o dei movimenti di panico o di fuga o dell'emigrazione precipitosa.

Esse si devono confrontare coi seguenti fenomeni:

- innanzitutto un patriarcato opprimente, senza limiti, che raggiunge dei livelli del tutto contrari ai Diritti dell'uomo (obbligo di stare chiuse in casa, del velo per le ragazze e le donne, della verginitá, divieto di insegnamento e di educazione scolastica  ed universitaria, di lavorare, di contraccezione, ecc.), cosa che le obbliga a essere in qualche modo resilienti in petmanenza: tale resilienza é un'accettazione di condizioni di vita che nessuna ragazza o donna vorrebbe in Occidente per esempio.

- da ció deriva che esse hanno una rappresentatività politica quasi nulla in tutti i paesi arabi (22) ed islamici (57, inglobanti i 22 paesi arabi).

- mantenute analfabete o illetterate nella loro grande maggioranza, esse non hanno gli strumenti intellettuali per formarsi e per informarsi  in modo da superare la loro condizione di vita e di aprirsi alla realtá del mondo moderno attuale.

- economicamente, sono donne sprovviste e povere, poiché per la maggior parte non lavorano e non hanno il diritto all'indipendenza materiale, chiave di volta della libertá, e restano dipendenti dai loro padri, mariti, fratelli, figli, ecc. le donne ereditano solo la metá della parte che tocca ai loro fratelli e, se non hanno fratelli, gli altri parenti maschi della loro famiglia paterna ereditano con loro. Spesso vengono depredate delle loro terre.

Tutto ció provoca nelle ragazze e nelle donne una resilienza che chiamerei "costitutiva", dato che esse fanno fronte a questa realtá imposta dagli uomini; non si é piú nella resilienza ma nel "coping",ossia esse si impegnano a cavarsela, ad uscirsene, a far fronte a tutte le situazioni e agli imprevisti cercando di adattarsi alla realtá circostante.

Oggi dopo i traumi gravissimi causati dallo Stato Islamico sulle popolazioni minoritarie del Medio Oriente come gli Yazidi (uccisioni di massa, stupri sistematici sulle donne, compravendita di schiave, rapimenti, sequestri, schiavitú sessuale, ecc.), ci sono due problemi che si pongono alle donne ed alla comunitá internazionale:

 - il caso delle Afgane che rifiutano il regime talebano, hanno manifestato, quindi sono state ricacciate con la forza nelle case dove ridiventano in qualche modo schiave del sistema totalitario in vigore (nessuna donna al governo o in veste politica che si riunisca coi talebani, nemmeno donne "alibi" che vengano azionate come marionette dagli uomini, cosa che rappresenta una costante nel mondo islamico perché altrimenti vengono assassinate come Benazir Bhutto in Pakistan).

 - il caso delle migranti di Siria, Iraq, Yemen, Afganistan, ragazze e donne che hanno abbandonato questi territori devastati sia da sole che con una famiglia: la posta in gioco é un'aspra disputa tra Europa e Bielorussia in questi giorni di novembre 2021: come credere a una resilienza quando delle donne incinte dormono all'aperto nelle foreste d'Europa in cui la temperatura discende sotto lo zero di notte? I problemi politici sono interconnesi e molto difficili da ordinare. Il problema é che tante Ecuba sono in fuga o rinchiuse nelle loro case senza averlo liberamente deciso: quale resilienza per delle ragazze e donne schiacciate dal loro destino perché sono nate lí piuttosto che altrove?