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        "Apeiron". Tra psicoanalisi e religiosità

 

 

 

Il debito della Chiesa alla Psicoanalisi.

di Leonardo Ancona

 Recensione di Giuseppe Leo

 

LEONARDO ANCONA, "Il debito della Chiesa alla psicoanalisi", Franco Angeli, Milano, 2006, ISBN 88-464-7428-7, euro 12,00.

                             

Questo numero monografico di "Frenis Zero", interamente dedicato ai rapporti della psicoanalisi con la dimensione religiosa della psiche, non poteva trovare coincidenza più fortunata che uscire subito dopo questo libro, sintesi mirabile del lavoro di una vita che il prof. Leonardo Ancona ha consacrato a questo tema. Come opportunamente Romolo Rossi sottolinea nella prefazione al libro, già nel titolo il parlare di debito della Chiesa nei confronti della psicoanalisi rappresenta un autentico <<colpo da maestro di Leonardo Ancona, di cui sentiamo qui la grande esperienza gruppale>> (pag. 8). E non è un caso, come osserva ancora Rossi, che Ancona menzioni più volte in questo libro la teoria e la psicodinamica dei gruppi: <<specialmente Foulkes, e la gruppo-terapia che egli propone, introduce elementi di trascendenza capaci di togliere quella incompatibilità di modelli antropologici da cui si era partiti con tanta animosa incomprensione>> (pag. 9).

Nella premessa generale l'autore, dopo aver fatto riferimento ad un <<confronto fra due antropologie apparentemente non integrabili, quella della psicoanalisi e quella del pensiero cristiano>> (pag. 11),  anticipa alcune argomentazioni, che svilupperà nel prosieguo dell'opera, che intendono creare dei ponti tra le due sponde che <<appartengono tuttavia entrambe all'uomo nella sua dimensione mentale>> (pag. 11). Direi che questa anticipazione programmatica va prefigurando un qualcosa di ancor più impegnativo di un semplice dialogo tra psicoanalisi e dimensione del sacro, addirittura <<un metodo che permetta di giungere alla loro integrazione>> (pag 11). Tale metodo deve innanzitutto tener conto di una conoscenza storica delle tappe di un viaggio che per la sua difficoltà ed imprevedibilità viene metaforicamente accostato al cammino <<intrapreso da Dante, partito dalla sofferenza dell'Inferno, transitato per la pausa del Purgatorio per giungere alla fine alla fruizione del Paradiso>> (pag. 12). La storia, non solo dei rapporti tra psicoanalisi e Chiesa Cattolica, ma in maniera più ampia tra psicoanalisi ed istanze religiose ed antropologiche della civiltà occidentale  nell' arco dell'ultimo secolo, come guida della ricerca e strumento prezioso per cogliere la comprensione del tutto. Dapprima Ancona traccia per grandi linee le tappe più significative della nascita della psicoanalisi, così ampiamente intrecciata con le vicende biografiche di Freud, che produsse un'antropologia destinata in breve a scontrarsi con quella cristiana. Quindi, dallo "scontro originario tra psicoanalisi e sacro" (Capitolo I°) l'autore passa a trattare (nel Capitolo II°) della "separazione e incomunicabilità tra psicoanalisi e sacro", con un sintetico ma completo excursus dei principali punti teorici di contrasto tra la psicoanalisi e la dottrina della Chiesa Cattolica, ma anche delle conseguenze pratiche che lo scontro produsse: da una parte Freud che creò <<una organizzazione con un ufficio centrale che dirigesse la politica estera e desse informazioni autentiche su quanto sarebbe stato autorizzato a chiamarsi psicoanalisi >> (da una lettera di Freud a Bleuler del 1910), insomma una 'chiesuola' altrettanto dogmatica ed autoritaria rispetto al nemico, la Chiesa istituzionale che mise in atto, per tutta risposta, una campagna contro la psicoanalisi le cui principali tappe non è qui il caso di trattare estesamente.

Il metodo storico adottato da Ancona approda, dopo il capitolo dedicato alle antitesi dottrinarie, alla trattazione dei tentativi  di integrazione (nel III° Capitolo : "L'avvicinamento reciproco tra psicoanalisi e sacro: Cuernavaca e Drewermann"), partendo dallo stesso Freud e dal suo atteggiamento 'ambivalente' nei confronti della religione, che però Ancona preferisce definire nella sua complessità più che nella mera contraddittorietà.  Per l'autore (pag. 27) <<egli conobbe infatti il valore della religiosità autentica, la ammirò, dichiarò che in alcun modo il suo contenuto poteva mettersi in contraddizione con la psicoanalisi e giunse a scrivere la seguente affermazione: "... a una piccola minoranza, in virtù della sua stessa costituzione, è consentito di trovare la felicità sulla via dell'amore, ma perché ciò avvenga sono indispensabili ampie modificazioni psichiche della funzione amorosa. Tali persone si rendono indipendenti dal consenso dell'oggetto, il che essi fanno spostando il valore principale dall'essere amati all'amare; si difendono poi dalla perdita dell'oggetto riversando il loro amore non su oggetti singoli ma su tutti gli uomini in uguale misura; ed evitano le incertezze e le delusioni dell'amore sessuato deviandolo dalla sua meta (naturale) e trasformandolo in un impulso inibito nella meta. Lo stato che raggiungono in questo modo - quel loro sentire sempre equilibrato, inalterabile, pieno di dolcezza - alla fine somiglia ben poco alle tempeste dell'amore sessuato da cui pure è derivato. S. Francesco di Assisi è forse l'esempio più insigne di come ci si possa servire dell'amore ai fini del senso interiore di felicità">> (Freud, Il disagio della civiltà, 1929). Quindi, per Freud  (pag. 28) <<esistevano due tipi opposti di credenti, i primi riferentisi all'"essenza" della religione, "ad essa legati da un vincolo che non è difficile interpretare come fede" e impermeabili alla psicoanalisi e altri invece identificabili come soggetti nevrotico-ossessivi e come tali suscettibili di trattamento psicoanalitico, con la sottolineatura (1927) che "nessun vero credente si lascerà smarrire nella sua fede dagli argomenti (della psicoanalisi)">>. E nel tentativo di far luce sulla 'dinamica profonda della ambivalenza' di Freud, Ancona richiama la ben nota vicenda infantile della 'tata'  Nannie, che avrebbe influenzato, più tardi, quella sua incapacità non di distinguere con chiarezza fra i due <<modi opposti di considerarla e di viverla (la Religione)>>, bensì di <<farne una sintesi nei riguardi>> di essa (pag. 29).

Ma Ancona si sofferma successivamente su quei movimenti, più o meno convergenti, di reciproco riconoscimento tra gli psicoanalisti ed i rappresentanti delle istituzioni ecclesiastiche. Dalla parte del mondo psicoanalitico, l'autore attribuisce un ruolo significativo allo svilupparsi della psicologia dell'Io il cui modello <<è quello di un IO forte, che permette al soggetto di riconoscere la presenza di propri eventuali sintomi  per reagire agli stessi, cercando gli opportuni mezzi di soluzione, aprendosi pertanto ai mezzi della psicoterapia. Si tratta sempre di processualità inconsce, ma non più pan-sessualiste o pan-istintuali; quindi nel tempo il confronto con la Religione e la Chiesa è venuto progressivamente a perdere mordente e materia di contesa>> (pagg. 30-31). Anche i contributi  di Blass ( "Beyond Illusion, psychoanalysis and the question of religious truth", in The Intern. J. Psychoan., 85, 3, 2004) vengono menzionati da Ancona come utili punti di partenza per un avvicinamento meno 'pregiudiziale' della psicoanalisi alla dimensione religiosa.

Dalla parte della Chiesa Cattolica, Ancona non manca di rilevare uno storico ritardo da parte di essa nel muovere i primi passi verso un dialogo con la psicoanalisi, rispetto alle aperture, anche se spesso ambivalenti, che più precocemente quest'ultima aveva operato rispetto alla prima.   Ma già negli anni '50 certe prese di posizione di Pio XII introducevano delle apprezzabili distinzioni fra "una psicoanalisi che combatte il pensiero cristiano per programma e una che invece rispetta la dimensione spirituale dell'uomo e non ne turba  l'esercizio, anzi lo aiuta aumentando il suo senso di responsabilità" (Discorso di Pio XII del 15 aprile 1953). Ma tra gli esperimenti che hanno visto intrecciarsi la Chiesa istituzionale con la psicoanalisi, Leonardo Ancona non manca di sottolineare i rischi negativi come nel caso del monastero benedettino di Cuernavaca, nonché della vicenda di E. Drewermann.

A mio avviso, i due capitoli senza dubbio più originali, e la cui lettura per me è stata delle più avvincenti, sono gli ultimi due. Il penultimo, che riprende il titolo del libro, ha un programma che l'autore stesso definisce come rivoluzionario: <<perché oltrepassa il compito di come dovrebbe modificarsi la psicoanalisi per essere in sintonia con la Chiesa e affronta quello di come le modificazioni da essa già fatte la abbiano posta in posizione di credito verso la Chiesa>> (pag. 37). In particolare, moralisti e confessori hanno ricevuto dalla psicoanalisi insostituibili strumenti di comprensione dell'autentico valore morale dei comportamenti umani:  le capacità di dissimulare motivazioni aggressive con razionalizzazioni e/o trasformazione in atteggiamenti apparentemente contrari e persino socialmente accettabili, le dinamiche profonde dell'invidia, la capacità dell'uomo di attribuire ad altri proprie dinamiche inconsce grazie all'identificazione proiettiva. Un ulteriore approfondimento di tale debito finisce per analizzare il contributo selettivo di  quattro maestri della psicoanalisi: D. Winnicott, W. R. Bion, I. Matte Blanco e M. Foulkes. Non vorrei fare qui una sintesi della  mirabile trattazione che Leonardo Ancona riserva all'opera di questi quattro autentici giganti, ma vorrei soffermarmi alle considerazioni che l'autore riserva all'ultimo di essi, nel capitolo conclusivo dal titolo "Il contributo della gruppo-analisi".

Non posso che restare ammirato dalla capacità che mostra Leonardo Ancora di affidare a poche ma incisive parole la capacità di definire in maniera efficacemente sintetica il profilo di originalità di un certo psicoanalista, di un dato pensatore. E' questo il caso, ad esempio, proprio dell'incipit del capitolo su Foulkes:<<Foulkes, pur restando un fedele e rinomato psicoanalista, ripropose (1975) con autorità la gruppo-analisi anticipata da Trigant Burrow, stabilendo la legittimità di una antropologia analitica diversa da quella di Freud, ma scritta con lo stesso alfabeto che questi aveva scoperto>> (pag. 49). Le definizioni successive di termini come "inconscio gruppale", di "dinamiche di gruppo" e di altri concetti foulkesiani mantiene lo stesso grado di felice connubio tra istanza divulgativa e propensione alla rigorosità scientifica, facilitando al lettore la comprensione di quei passaggi  in cui la "matrice gruppale" diviene modello di conoscenza di quelle dinamiche sociali  che sono a fondamento della solidarietà che lega tra loro i credenti.

Come acutamente osserva l'autore, <<è interessante a questo proposito il fatto che la antropologia propria del pensiero di Foulkes, fondato sull'inconscio di gruppo, non sia mai stata sentita dalla Chiesa aliena o contraria rispetto alla propria antropologia, né che essa la abbia mai condannata, come si è verificato per la psicoanalisi; evidentemente perché come si è già notato la Chiesa è basata sul noi, ha come propria natura la "Comunione dei Santi", e come proprio fine un gruppo, il Corpo Mistico>> (pag. 52).

Anche il richiamo al superamento del timore del gruppo da parte del singolo può risultare sintonico coll'invito che fa l'insegnamento cristiano a non abbandonare l'incerto per il certo, lo spazio del noi per quello dell'io, ad accettare la sfida dei "pensieri selvaggi" che l'incontro con gli altri può innescare, ma con la consapevolezza che solo il pensiero scambiato con gli altri può produrre un pensiero non autoreferenziale : con un richiamo a Bion (1962) <<un prodotto del tutto autopoietico è sempre solo una bugia!>> (pag. 54).

Per concludere, anche la preghiera può trarre qualche suggerimento dalla psicoanalisi gruppale: <<per essere vera non può essere individualista ma corale (...). Ma in più, noi siamo invitati a pensare che siamo continuamente attraversati da un incessante flusso di preghiera, che essa è prima di noi ma che noi possiamo fare nostra, e farlo con variabile ampiezza: è lo Spirito Santo che ci attraversa, che prega in noi "con gemiti inenarrabili" dice S. Paolo; da questo flusso noi ci possiamo variamente alienare, ignorandolo, contestandolo, inaridendolo. Secondo quell'avvertimento di "non resistere, non contristare, non uccidere lo Spirito Santo" che trova, paradossalmente manifestazione concreta con quanto si verifica nel gruppo analitico: la cui partecipazione (mirroring e resonance) può essere benevola e solidale, e come tale fonte di verità, oppure resistita, bugiarda e distruttiva del gruppo stesso>> (pagg. 54-55).

 

Giuseppe Leo  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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