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G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
ISBN: 978-88-97479-03-1
Prezzo/Price: €
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
Prezzo/Price: €
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AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
Prezzo/Price: € 39,00
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AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
Prezzo/Price: € 19,00
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
Prezzo/Price: € 25,00
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 41,00
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
Prezzo/Price: € 34,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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Ci
sediamo in una delle tante terrazze-bar lungo la Avenue
Habib Bourguiba, un venerdì pomeriggio pieno di gente. Solo
qualche segno degli avvenimenti di cui è stato testimone questo
luogo: filo spinato lungo la parte centrale e
una postazione della polizia vicino all’entrata della Medina. Tutto
con molta discrezione, nessuno sembra farci caso, fanno parte
dell’”arredamento” ormai.
Siamo
un piccolo gruppo di donne, alcune mie ex pazienti, amiche, figlie ed
io con un registratore, davanti a un the alla menta. Non ho in mente
un’intervista strutturata, vorrei lasciare scorrere pensieri e
emozioni su quello che è accaduto dopo quel 17 dicembre 2010 quando
Mohamed Bouazizi, un giovane venditore ambulante, si è dato fuoco a
Sidi Bouzid, come risposta agli insulti dei poliziotti. Questo gesto
estremo ha messo in moto tutto il processo “rivoluzionario”: la
fuga di Ben Ali dopo una
dittatura durata più di un ventennio, dittatura mascherata da
democrazia, le elezioni dell’ottobre 2011 che hanno decretato la
vittoria del partito di Ennahda (Rinascita), composto in gran parte da
islamisti perseguitati dal precedente regime, la delusione di quanti
speravano in un cambiamento laico e democratico, l’attesa per il
nuovo testo della Costituzione, gli assassini politici degli
oppositori Lotfi Nagued, Chokri Belaid e soprattutto Mohamed Brahimi,
la cui morte ha provocato una generale sollevazione di popolo,
duramente repressa dalla polizia.
”E
ora, che succede?”, chiedo.
“Difficile
essere obiettivi, tutto è troppo vicino e la “primavera” è stata
qualcosa di talmente inedito e inaspettato che ha trovato tutti
impreparati, anche chi l’ha voluta”, dice Rhadya, dopo qualche
iniziale imbarazzo. “ Dobbiamo prendere un po’ di distanza per
poter capire anche i nostri sentimenti, le emozioni che a volte ci
sembrano incomprensibili. Per esempio quando ho sentito alla radio,
stavo in cucina e preparavo il caffè, del kamikaze che si era fatto
esplodere a Sousse davanti ad un grande albergo pieno di turisti , è
successo qualche giorno prima del tuo arrivo a Tunisi, ebbene, io ero
serena, inspiegabilmente. Doveva accadere, provavo addirittura un
senso di sollievo. Era un gesto disperato per sabotare il cambiamento
e creare il caos, ma questa volta non ha funzionato, nessuno si è
mosso, anzi questo attentato fallito lo abbiamo visto come un segno di
debolezza di Ennadha, che secondo noi lo ha organizzato. Il processo
di cambiamento non può essere fermato, non dobbiamo avere paura. Dopo
l’assassinio di Brahimi eravamo esasperati e depressi perché
sembrava che le manifestazioni non portassero a nulla e che nulla
cambiasse. Ennadha sembrava inamovibile.
Ora invece penso che un cambiamento è possibile e la speranza
rinasce…” . “ E’ vero”, interviene Monia, “quello che mi
fa sperare che un cambiamento sia possibile e che non torneremo
indietro è che ora c’è davvero libertà di espressione e una
attenzione alla politica da parte di tutti . Non si fa più finta di
niente, si reagisce. La
sede della Tv tunisina è stata circondata per mesi dagli islamisti
filo-governativi che cercavano di intimidire i giornalisti che
lavoravano lì dentro, li
insultavano, ma non sono riusciti a farli tacere. La libertà di
espressione è una conquista troppo preziosa, dopo la dittatura di Ben
Ali . Ora sta ai politici rimettere in moto il processo, scrivere la
nuova Costituzione, indire nuove elezioni e questa volta Ennadha non
ce la farà, ha perso consensi, ha deluso”. “ Questo è il
punto”, interviene Basma, “purtroppo la politica tunisina è stata
sempre caratterizzata dalla intolleranza e dalla mancanza di dialogo,
islamisti e non islamisti hanno una sorta di allergia per la messa in
discussione delle loro idee, non sanno confrontarsi con le differenze
e le contraddizioni, anche quei partiti di tradizione non-violenta, di
fatto lo sono rispetto alle loro idee. Secondo me oggi la scommessa
non è di eliminare l’islamismo con la violenza e le manifestazioni,
ma di emarginarlo politicamente. Potremmo addirittura arrivare ad
immaginare una “democrazia musulmana” come in Italia c’è stata
una “democrazia cristiana”. Quello
che va eliminato sono gli estremismi, i salafiti da un lato, gli
anti-musulmani dall’altro, la vera democrazia non può ridursi alla
lotta anti islamisti. La politica degli opposti estremismi
potrebbe distruggere la Tunisia. I cittadini sono contro ogni forma di
manicheismo. Di fronte allo scontro politico e alla mancanza di
dialogo democratico dei politici , i tunisini si riconciliano nella
vita quotidiana. Tra i cittadini la voglia di parlare e di
confrontarsi c’è e questo tiene unita la Tunisia. C’è già una
nuova Costituzione, è quella
scritta nel cuore dei tunisini che è aperto al dialogo pacifico e al
confronto delle idee”.
E
le donne?, chiedo, per loro qualcosa è cambiato? Sono state presenti
in tutte le manifestazioni, le ho viste in TV, donne velate accanto a
giovani senza velo e in jeans. Queste donne, giovani e meno giovani,
quando tornano a casa dopo una giornata di impegno politico, di
manifestazioni, come si rapportano
con i familiari, mariti, suocere, figli, la loro “tribu”,
insomma?” La risposta mi
arriva come un coro, sono tutte d’accordo: “le donne sono state e
sono il motore della contestazione, dentro e fuori la famiglia”,
dice a nome di tutte Monia. “Trascinano mariti e figli, a qualsiasi
classe sociale appartengano. Si discute di politica sempre, si creano
gruppi di opinioni, fazioni, partiti all’interno delle famiglie .
Stanno imparando a fare quello che i politici ancora non sanno fare,
confrontarsi e discutere pacificamente, accettando le differenze di
idee, proprio perché in questo caso l’altro è anche una persona a
cui vogliono bene, nonostante la differenza
di opinioni. Le
donne hanno la funzione di mantenere viva la tensione e il desiderio
di cambiamento utilizzando modalità non violente e non
polarizzate nel confronto. La
politica è diventato l’argomento che più le interessa, non si
parla d’altro nei posti di lavoro, nelle riunioni di famiglia,
durante la cena, dal parrucchiere, al bar. E’ una cosa inedita e
straordinaria, è la prima
volta che accade e ognuno è ora libero di dire come la pensa, non
c’è più la paura che qualcuno ascolti e ti denunci per quello che
dici o che pensi. Si, pensiamo che questa sia la vera rivoluzione :
libertà di pensiero, di parola, di espressione e di informazione. E
le donne in questo sono in prima linea. I politici dovrebbero imparare
da noi , imparare il confronto, non lo scontro!”. Ma nelle
istituzioni politiche, nei partiti, le donne hanno le loro
rappresentanti? Noi, in Italia, le chiamiamo le “quote rosa”. Mi
guardano un po’ interdette, forse il rosa non lo associano al
femminile, ed hanno ragione, anche a me sembra un modo paternalistico
di rappresentare le donne, come se fossero eterne bambine, preferirei
un altro colore. Risponde Soumaya: “purtroppo ancora non c’è una
rappresentanza femminile nelle istituzioni politiche, ma le donne sono
massicciamente presenti nelle Associazioni di tutti i tipi, dalla
magistratura ai sindacati, dalla cultura alla assistenza alle
famiglie, ai giovani, ai malati. Certo c’è il rischio che questo
impegno nel sociale e nella cultura si trasformi in una sorta di
premio di consolazione per non essere ancora presenti lì dove si
fanno le leggi e dove si decide della vita di tutti i cittadini.
Vigileremo, e anche questo dovrà cambiare”.
Si
è fatto tardi, alcune di loro devono ritornare a casa. Ci salutiamo e
ci diamo appuntamento per il giorno dopo, sabato sera, in uno dei
ristoranti più famosi di Sidi Bou Said. Sono curiosa di vedere cosa
c’è il sabato sera in un luogo tradizionalmente frequentato dai
giovani.
La
sensazione è quella di stare seduta in un locale di Trastevere, a
Roma. Stessa folla di giovani, uomini e donne, stesso rumore del
traffico, musica che viene dai locali ( quella forse un po’
diversa), voci, risate . La maggior parte delle ragazze è a capo
scoperto, vestite con pantaloni e abiti eleganti, sexy, direi.
Accompagnate da ragazzi , ma anche da sole o in gruppo. Mi stupisce
constatare che ci siano pochi turisti in un luogo notoriamente
segnalato in tutte le guide. Mi dispiace pensare che alcune notizie
che leggiamo sui nostri giornali possano far credere che la Tunisia
sia un paese poco sicuro e sconsigliato per il turismo. Niente di più
lontano dalla realtà, ma se questo pregiudizio passa il danno
economico per il paese può essere enorme. Spero sia solo una mia
impressione erronea, un timore ingiustificato. Sono invece molto
contenta che ci abbia raggiunto Azza, la giovane figlia di una delle
mie amiche, perché questa sera vorrei chiederle qualcosa a proposito
del ruolo che Internet e in generale la Rete ha avuto nella
Rivoluzione di primavera. ”Lo sapevo che lo avresti chiesto”, mi
dice sorridendo e mi da un libro Dans le mailles du filet. Révolution tunisienne et web 2.0, curato
da Raja Fenniche e stampato dalle Presse Universitaires de la Monouba.
Accidenti che tempismo, penso, magari anche da noi l’Università
fosse così presente nei fatti che riguardano la società civile! Mi
riprometto di leggerlo con attenzione, ma per il momento chiedo a Azza
di darmi le sue impressioni, il suo parere su un tema che conosce a
fondo e sul quale ha ovviamente anche riflettuto.
“Tutta
l’originalità del movimento tunisino sta nel fatto che è nato e si
è evoluto nello spazio tra il reale e il virtuale, tra la piazza e il
web. Il che non vuol dire, ingenuamente, che il web sia stato la causa
del cambiamento e della mobilitazione, ma che il virtuale è stato uno
strumento al servizio del reale e lo ha potenziato. Per farti un
esempio, tre mesi prima del suicidio per protesta di
Mohamed Bouazizi, un altro giovane aveva compiuto un gesto
simile a Monastir. Ma nessuno lo ha saputo e non è successo nulla.
E’ restato un fatto locale. Ma quando le immagini di Bouazizi sono
state messe su Facebook e tutti le hanno viste è nata la protesta
popolare del 14 gennaio 2011. Non
è un caso che il regime di Ben Ali sia stato ferocemente repressivo
sia nei riguardi dei singoli cittadini che utilizzavano Facebook e
Twitter, cercando di scoprire le loro password, sia dei cybernauti in
genere. Nel 2008 il regime ha addirittura vietato ufficialmente
l’uso di Facebook e chi lo utilizzava era considerato un pericoloso
delinquente. Nel decennio
2001-2011 sono nati moltissimi siti, blog, giornali on-line, a
dispetto della censura, che denunciavano abusi, arresti e uccisioni di
blogger diventati troppo pericolosi.
Credo, ad esempio, che la pubblicazione e diffusione di notizie
riservate di Wikileaks sui rapporti tra
Stati Uniti e Ben Ali , qualche settimana prima
delle manifestazioni di gennaio 2011, abbia avuto un forte peso
nell’opinione pubblica, informata del fatto grazie a Facebook. Lo
zio Sam non sostiene più il dittatore e la sua cricca, si leggeva
su questi documenti. Ben Ali non era
dunque onnipotente e immortale se perdeva gli appoggi
occidentali , questo ora si poteva dirlo, scriverlo, diffonderlo in
rete. Era un uomo qualunque, se ne poteva parlare”, conclude Azza.
“ Questo mi sembra un punto fondamentale”, interviene Amel ,
“mancando in Tunisia una tradizione democratica, gli scambi di idee,
opinioni, domande, rappresenta un primo tentativo di costruzione di
uno spazio democratico di confronto e scambio, libero dalla paura e
dalla censura. E’ come se per la prima volta una boccata di ossigeno
entrasse a rianimare i cervelli addormentati da tanti anni di silenzio
imposto. Questo è davvero rivoluzionario: liberi di parlare e di
pensare. Da qui parte tutto, è l’ingrediente necessario, anche se
non sufficiente, per il cambiamento. Però non dobbiamo sottovalutare
i rischi e le trappole che anche questa euforia da Facebook può
nascondere. Se non
vigiliamo, anche il Web può diventare uno strumento in mano a chi
vuole manipolare l’informazione e l’opinione pubblica, anche se
finora ha soprattutto dato voce alla dissidenza, al bisogno di
cambiamento. Se finora Facebook è servito a unire le masse, a
coordinare i loro movimenti, potrebbe
esserci il rischio che in questa fase
post-rivoluzionaria il Web possa contribuire a creare invece
divisioni, confusione, dispersione”. “ Questo non succederà”,
dice di slancio Basma, “perché per decenni i tunisini sono stati
privati di uno spazio pubblico e condiviso per scambiarsi opinioni,
non se lo lasceranno di nuovo scippare! Il Web servirà come
catalizzatore e coordinatore di azioni nello spazio reale. Lo abbiamo
visto con le manifestazioni nella Avenue Bourguiba, organizzati in
tempi record grazie a Facebook e a Twitter. Quello spazio è diventato
anche il luogo per l’espressione di un creatività e di un pensiero
libero mai visto prima. Spettacoli teatrali improvvisati, musica,
esposizioni di foto, videoproiezioni e videoregistrazioni. Tutti
eravamo diventati attori, cantanti, registi”.
Insomma
la fantasia al potere?, chiedo sorridendo, con una certa nostalgia.
“Proprio così”, continua Basma, “l’iconografia del regime era
un insulto alla creatività e alla fantasia: dappertutto, in ogni
spazio pubblico, vedevamo solo orrende foto e gigantografie di Ben Ali
e della sua famiglia . Era un incubo”. Allora care amiche, quale
futuro vi aspetta? Come e quando uscirete da questo momento di stallo
politico, di attesa vigile, ma anche preoccupata, mi sembra? Un lungo
silenzio. Poi Rhadya prende la parola: “la posta in gioco è alta,
ce ne rendiamo conto. Il vero pericolo, quello che potrebbe vanificare
lo slancio rivoluzionario è quello, già evocato, di lascarci
catturare dalla modalità polarizzata in cui sono intrappolati i
politici: islamisti contro anti-islamisti. Dimenticando che i veri
problemi del paese sono altri. La ripresa economica, la povertà
sempre più diffusa, la corruzione, la disoccupazione dei giovani.
Ennadha è arrivata al potere con questo mandato, ma lo ha tradito e
non ha capito che quello che i tunisini volevano non era una riforma
religiosa, ma un cambiamento sociale ed economico, giustizia e libertà
di pensiero. Se oggi vai a fare un giro nella Medina ti accorgi di
cosa voglio dire. Quello che era un luogo pieno di vita, di turisti,
di botteghe e di scambi commerciali, ora è quasi deserto, gran parte
delle attività hanno chiuso e i commercianti non sanno come
sopravvivere. E’ lo specchio di tutto il paese”. Si commuove .
Tutte sono un po’ turbate da questa deriva pessimista che ci sta
catturando, me compresa, pensando all’Italia. Non a caso è la più
giovane, Azza, a riprendere la parola: “abbiamo un grande privilegio
e una grande fortuna. Proprio l’incapacità dei politici e la novità
assoluta della situazione che viviamo ci permette di sperare che
possiamo cambiare le cose, creare un modo nuovo di fare politica e di
intendere la democrazia. Tutti sono chiamati a partecipare, a farsi
venire nuove idee, inventare e
trasformare il vecchio. Forse anche i venditori delle botteghe della
Medina devono impegnarsi a cambiare qualcosa nel loro lavoro, non solo
aspettare i turisti. Anche con l’aiuto del Web. La libera
circolazione delle idee è un potente antidoto, anche contro chi
volesse confonderci e dividerci mettendo in rete false informazioni.
Il vero nemico, quello che addormenta e uccide il pensiero, è il
Pensiero Unico. E di quello ce
ne siamo liberati per sempre. Non torneremo indietro, noi giovani ne
siamo convinti. Il futuro
lo costruiremo, inch’Allah!”. Nel gruppo è tornato il sorriso e
la voglia di scherzare. Qualche battuta, qualche pettegolezzo sui
politici meno amati, poi il saluto. La promessa è di continuare a
vederci, continuare a raccontarci. La prossima volta parlerò io
dell’Italia, lo prometto, un po’ per gioco, un po’ sul serio. E
questa volta sono io che dico inch’Allah.
Vanno
via tutte, ma Rhadya indugia e, quando restiamo sole, mi da un foglio.
“Ho fatto questo sogno proprio questa notte”, mi dice. “Andando
a dormire pensavo a cosa avesse significato per me la “rivoluzione
dei gelsomini”, a livello psichico voglio dire, a livello profondo.
Allora è venuto il sogno. Però scrivendolo, la mattina, ho capito
che più che della rivoluzione il sogno parla di te, della mia analisi
con te e dell’averti rivista a
Tunisi dopo tanto tempo. Leggilo e fammi sapere che ne pensi”.
Questo
è il sogno. Ritrovo delle
chiavi che avevo perso. La casa che avevo in campagna era troppo
vecchia e quasi abbandonata. Allora mi ricordo di un’altra casa che
avevo e che avrei solo dovuto restaurare un poco e a cui appartenevano
quelle chiavi.
Avevo
sempre pensato e sperato che
il lungo e tormentato lavoro analitico fatto insieme fosse stato, per
le mie pazienti, una vera rivoluzione che attendesse il momento
opportuno per tradursi in una trasformazione anche nella vita reale.
Ora le chiavi perdute e ritrovate saranno in grado di aprire la porta
della casa restaurata. Grazie Rhadya, non potevi farmi un regalo più
grande.
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