<<Sulla natura della creatività umana sono
state elaborate le più diverse teorie. Abbiamo delle spiegazioni
naturalistiche, che vedono nella creatività intellettuale una
manifestazione della creatività evolutiva della vita
(biologicamente intesa). lo psicologo ed epistemologo Donald D.
Campbell, ma anche l'etologo e il premio Nobel Konrad Lorenz, ma
prima ancora William James ed Ernst Mach, sulla base di una
concezione evoluzionistica della conoscenza umana, hanno
direttamente applicato la spiegazione darwiniana dell'evoluzione
biologica alla genesi di nuove idee.
Foto: William James Approcci diversi, come quello dello psicologo
e Nobel per l'economia Herbert Simon, hanno provato a riconoscere un
metodo strutturato alla base delle scoperte e delle innovazioni,
peculiare di un'attività cognitiva efficacemente organizzata per la
definizione e la soluzione di problemi. Altri ancora hanno posto
l'enfasi sull'ambiente, sul sistema sperimentale o sulle dinamiche
socioeconomiche come fonte o come contesto selettivo, a seconda, per
l'espressione della creatività. Se per lungo tempo l'eccezionalità
delle personalità creative è stato il tema dominante, con accenti
sulla psicologia o al limite la psicopatologia del
"genio", l'ultima vogue storiografica di
impostazione storico-antropologica tende a sminuire il ruolo della
personalità individuale. Chi ha studiato empiricamente la
creatività sottolinea le differenze tra quella scientifica e quella
artistica. In particolare, la creatività scientifica è guidata da
una selezione controllata dei risultati, attraverso un percorso di
ricerca personale e l'interazione costante con una comunità che
convalida e sviluppa conoscenze e innovazioni sulla base delle
ricadute nel produrre spiegazioni di portata generale o nel creare
una tecnica. Ma ci sono dei tratti comuni alle vicende degli
scienziati creativi, identificabili attraverso l'indagine storica
sulla loro carriera individuale? E' possibile stabilire dei paragoni
tra le carriere di scienziati particolarmente creativi e capire
quale ruolo ha giocato la personalità individuale e quale il
contesto della ricerca? Larry Holmes era uno dei pochi storici
delle scienze ad avere i numeri per tentare di rispondere a questa
domanda. Scomparso l'anno scorso, nella sua ultima opera ha cercato
di identificare aspetti e fasi nella vita dei principali scienziati
da lui studiati, in grado di far luce sulla creatività scientifica
nell'ambito della ricerca sperimentale. Gli scienziati in questione,
su cui Holmes aveva già pubblicato fondamentali monografie, sono
Antoine-Laurent lavoisier, Claude Bernard, Hans Krebs, Matthew
Meselson, Franklin Sthal e Seymour Benzer. Lo storico di Yale
propone la metafora del "sentiero esplorativo" come tratto
unificante della carriera di questi scienziati sperimentali, vissuti
nell'arco di ben due secoli. Si tratta di un'elaborazione più
articolata dell'idea di "rete di iniziative", che lo
psicologo Howard Gruber aveva sviluppato studiando l'agenda delle
ricerche e dei ragionamenti di un personaggio particolarmente
creativo, come fu Charles Darwin. Gli
esperimenti chiave, le scoperte, o le intuizioni improvvise
(eureka!) esistono nelle carriere individuali. Ma non sono l'essenza
della creatività. Né un sistema sperimentale o una rete di
interazioni "sociali" possono spiegare le scoperte
realizzate da un individuo o da un gruppo. Tutti questi elementi si
inseriscono in un percorso investigativo individuale che ha una sua
continuità nelle capacità del ricercatore di farsi le domande
giuste, di cercare le risposte utilizzando le procedure sperimentali
adeguate, di perseguire ostinatamente ma non ossessivamente un
obiettivo, di reindirizzare opportunamente la ricerca di fronte a
momentanei blocchi, di riconoscere il significato di un fallimento,
di saper riprendere e sfruttare una precedente deviazione di
percorso apparentemente senza sbocchi. Spesso, quando ha raggiunto
la meta, lo stesso ricercatore ricostruisce "teleologicamente"
la sua esperienza, come se l'esito finale fosse già contenuto nelle
intenzioni di partenza. Il che, oltre a non essere la verità, forse
è anche diseducativo per chi prende a modello la carriera di un
ricercatore. In questo senso, la ricerca storica può concretamente
contribuire a ricostruire una percezione più veritiera dei modi e
dei fini della ricerca scientifica. Dimostrando ulteriormente la
portata educativa, in senso culturale e quindi anche morale e
politico, della scienza. La storia delle scienze dovrebbe essere
utilizzata nel contesto dell'insegnamento delle scienze per far
comprendere ai giovani come funziona la scienza, sia a livello di
metodo sia sul piano delle dinamiche umane. Un'occasione unica per
far capire come fiorisce la creatività individuale è la mostra sui
Nobel, allestita a Palazzo Strozzi di Firenze fino al 2 gennaio
2005. Vi si coglie chiaramente la lezione, forse non del tutto
congeniale agli studenti di oggi, che solo attraverso l'applicazione
costante, l'autonomia intellettuale, il coraggio di affrontare
fallimenti e sacrifici si possono maturare idee innovative nelle
scienze e nelle arti>>. |