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RECENSIONE DEL FILM:

 

"CONFIDENZE TROPPO INTIME"

 

di Paola DEI

 

                                             

Il gusto e la sottile sensazione di piacevolezza che il film ha lasciato in me sono espressione di una raffinatezza che, tipica dei film francesi, dove solitamente si dice che non accade nulla e accade di tutto, raggiunge il suo massimo nella semplicità dei gesti, nell'anonimato dei volti, nelle piccole nevrosi accennate e nella solitudine che spinge le persone a cercare un orecchio disposto ad ascoltare veramente. Una alchimia che ha saputo unire la leggerezza apparente dei film francesi con una grande tematica, trasmessa con una sola frase, tratta da uno dei più bei film del regista spagnolo Pedro  Almodovar, che riprendendo da T. Williams fa dire ad uno dei suoi personaggi meglio riusciti nel film Tutto su mia madre....."avendo fiducia nella bont` degli sconosciuti..." 

E' questo in sintesi quanto accade nel film di Patrice Leconte "Confidenze troppo intime", di cui sono interpreti Patrice Luchini, Sandrine Bonnaire, Anne Brochet, Gilbert Melki. Un film in cui due attori dai volti apparentemente anonimi e ben lontani dalla bellezza travolgente di molti divi, sembrano ripercorrere tappe comuni all'esistenza di tutti , mentre evocano in maniera sottile tutti i fantasmi che ci attraversano nel percorso di conoscenza di noi stessi e dell'altro. Un film dove le scenografie si limitano a pochi interni, dove le luci sono soffuse e mai sfacciate, dove le musiche sembrano d'ambiente tanto entrano dentro di noi e formano un tutt'uno con le parole, dove i gesti nevrotici della protagonista e la timidezza dell'ascoltatore divengono strumento di fascinazione per noi spettatori.

La paura, l'erotismo leggermente accennato, velato, sospeso, sotteso, eppure

meravigliosamente presente, la fiducia, qualcosa di sottile, di spesso immeritato, che ci piace dare all'altro soltanto in rari momenti e che ci fa sentire sicuri, la realizzazione dei sogni, raggiunti dopo faticosi distacchi da cordoni ombelicali ormai quasi marci, ma voluti trattenere nel tentativo di rimanere aggrappati a vecchie sicurezze, l'amore, patologico, tenero, intrigante, in tutte le sue tonalità, in pantofole, in pigiama, continuamente cangiante anche nelle stessa persona che si riflette nell'altro, eppure così presente in ogni azione ed in ognuno dei personaggi e, infine,  l'ironia, una ironia sottile, anch'essa velata, dai toni leggermente accennati, eppure esistente in tutta la trama del film.

Sandrine Bonnaire Confidenze troppo intime Patrice Leconte Fabrice Luchini   film

Anne, una donna sola, sbagliando porta compie uno di quei gesti che Freud avrebbe definito non casuali ed anziché trovarsi dallo psicoanalista con il quale aveva appuntamento, si trova nello studio di un commercialista ed inizia a raccontarsi con il timido consulente finanziario che non ha il coraggio di deluderla durante il primo colloquio. Lei sembra intuire, forse comprendere, ma vuole non vedere e gradisce l'ascolto del commercialista-dottore ed anche quando scopre la verità, rivelata da lui stesso, decide di farsi ascoltare da lui e...meraviglia delle meraviglie, la terapia non tarda a sortire i suoi effetti e i suoi frutti, Anne ritroverà  intatti i suoi sogni ed il coraggio di seguirli e il commercialista, dottore suo malgrado, deciderà  di andare incontro alla luce, al sole. Eppure durante tutta la visione del film si ha la sensazione che nulla stia cambiando in maniera decisiva, che nessun gesto o azione agita, rompa la straordinaria seduzione che i personaggi sottilmente e senza mai rompere il patto di rispetto reciproco, svolgono l'uno verso l'altro. Una alchimia di suoni, colori sensazioni che in un attimo, breve come uno schiocco di dita, ha fatto comprendere ad entrambe di aver trovato l'interlocutore giusto per quel momento, per quella situazione, per quei momenti di vita.

Se l'erotismo è la spinta verso ciò che è assente e parla il linguaggio onirico,

allusivo, intrigante, artistico dei sogni, questo film ha raggiunto uno degli apici

dell'erotismo quotidiano con una semplicità di gesti, a volte nevrotici e ripetuti, a volte teneri e sottili, a volte più eclatanti, come quando entra in scena il marito di Anne, a volte soltanto evocati, ma sempre presenti a dare un senso ed una corporeità definita a tutto il film.

Lo psichiatra, figura che tiene molto a far rispettare il setting ed il pagamento della parcella della seduta, appare misterioso, simpatico, venale a volte, amplificando la visione di coloro che fanno il nostro mestiere nella fantasia popolare, ma con una saggezza implicita che in fondo gli fa dire che i commercialisti e gli analisti si occupano della stessa cosa; di tutto ciò che non può essere dichiarato.

Mille emozioni ci attraversano senza mai essere troppo oppressive, troppo pesanti, mille immagini, mille sogni, mille aspettative, eppure ancora sembra che non accada nulla e forse all'esterno non accade nulla, nulla di tanto forte e sconvolgente nella trama del film, nulla di eclatante che ci faccia sentire brividi di paura o di intensamente tanto forte da farci piangere o ridere a crepapelle, eppure in pochi minuti, giusto il tempo di un film, viene narrato lo straordinario percorso di una psicoanalisi riuscita, ovviamente dove sussiste un'assenza di patologia, come ci tiene a precisare lo psicoanalista stesso, ma dove vengono vissuti tutti i passaggi di una elaborazione di lutto. Tutto sembra sempre all'inizio, eppure anche alla fine del film tutto deve ancora cominciare.

 

 

Paola Dei

 

 

Paola Dei è Psicologo Psicoterapeuta, Psicologo dell'arte Art Terapeuta (IACCK) e Consulente in Psicologia dello Sport.

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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