A.S.S.E.Psi.
web site (History of Psychiatry and Psychoanalytic Psychotherapy
)
A.S.S.E.Psi.NEWS
(to subscribe our monthly newsletter)
Ce.Psi.Di. (Centro
di Psicoterapia Dinamica "Mauro Mancia")
Maitres
à dispenser (Our reviews about psychoanalytic congresses)
Biblio
Reviews (Recensioni)
Congressi
ECM (in italian)
Events
(art exhibitions)
Tatiana Rosenthal
and ... other 'psycho-suiciders'
Thalassa.
Portolano of Psychoanalysis
PsychoWitz - Psychoanalysis and Humor (...per ridere un po'!)
Giuseppe Leo's
Art
Gallery
Thalassa.
Portolano of Psychoanalysis
Spazio
Rosenthal (femininity and psychoanalysis)
Psicoanalisi Europea Video Channel
A.S.S.E.Psi. Video Channel
Sta per essere pubblicato/About
to be published:
AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
Prezzo/Price: € 25,00
Click
here to order the book
"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Preface: Alberto Angelini
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011 (2nd Edition)
Prezzo/Price: € 18,00
Click
here to order the book
"Psicoanalisi e luoghi della negazione"
a cura di A. Cusin e G. Leo (Editors)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, A. Cusin, N. Janigro, G. Leo,
B.E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-4-2
Anno/Year: 2011
Pages: 400
Click
here to order the book
"Lebensruckblick"
by Lou Andreas Salomé
(book in German)
Author:Lou Andreas Salomé
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-00-0
Anno/Year: 2011
Pages: 267
Prezzo/Price: € 19,00
Click
here to order the book
"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
Click
here to order the book
"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 30,00
Click
here to have a preview
Click
here to order the book
"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
Click here to order the
book |
Il passaggio dai "luoghi della memoria" (tema del convegno
"Id-entità mediterranee" del 2008) a quelli della "negazione" (tema del 2010) ed
infine a quelli della "riabilitazione" è coerente con una visione più organica
(di molte versioni che attualmente circolano di matrice biologista o
cognitivo-comportamentale) della psicosi da cui consegua una visione della cura
e della riabilitazione. Il nucleo della psicosi ha a che fare con un senso di
annichilamento e di schiacciamento rispetto non ad una realtà, ma a memorie (nel
suo senso inglese di ricordi), da cui il paziente non solo si difende, ma contro
cui lotta per la sopravvivenza attraverso il congelamento (Resnik) e
l’evacuazione. Entrambi questi meccanismi di sopravvivenza rimandano al negare
ed al rinnegare quel nucleo di memorie iniziali da cui il paziente si è sentito
schiacciato. La riabilitazione deve trovare il modo di riprendere, coerentemente
a questo modello psico-genetico, (è importante la differenza di Racamier tra
psicogenesi ed eziopatogenesi) questo movimento di congelamento e di
evacuazione, ciò che era stato negato ed evacuato fuori per farlo rientrare
dentro. E quindi riveniamo al tema della memoria. Come scrive Correale nella sua
introduzione a "Terapia della psicosi" di Sassolas (2°. Edizione, Borla 2004,
pag.10) <<è necessario permettere al paziente psicotico l’attivazione di
alcune funzioni, in particolare, l’attenzione e la memoria, che nel suo mondo
angosciato sono particolarmente danneggiate. La memoria, più specificamente, non
deve essere solamente memoria di fatti, di eventi, ma memoria di esperienze
relazionali, affettive, etiche, estetiche, la cui stratificazione lentamente
contribuisce a quello che possiamo definire il senso di Sé della persona, (…),
il suo sentirsi unico ed irripetibile, in quanto dotato di una storia, di una
autobiografia, che lo definisce e lo caratterizza di fronte a se stesso e al
mondo>>. Ma la memoria ha alla sua base il riconoscimento che, in modo
interessante, in molte lingue ha un duplice significato: è sia
<<ri-identificare>> qualcosa o qualcuno, sia
<<accordare/concedere un determinato status>> a qualcosa o qualcuno
(cfr. Gherardo Amadei, "Come si ammala la mente", Il Mulino 2005). Ora,
l’attuale corrente intersoggettiva della psicoanalisi, soprattutto quella basata
sull’infant research e sull'infant observation accorda un posto centrale al riconoscimento più nel
suo secondo significato che nel primo (conoscere di nuovo).
La questione del riconoscere
ci rimanda alla questione dell'OSSERVARE e della COERENZA del progetto
riabilitativo rispetto a ciò che si osserva dell'utente e della sua relazione
con il suo entourage (patient observation): come scrive Sassolas,
<<un progetto ha qualche possibilità di raggiungere l'obiettivo solo se
la sua realizzazione è coerente con i dati dell'osservazione e della
riflessione che lo fondano>> (Sassolas, ibidem, 2004, p.176). Lo stesso
autore francese utilizza la metafora dei rododendri per indicare come le azioni
di chi si deve prendere cura (il giardiniere) del soggetto non possono ignorare
il terreno più propizio in cui questo ha maggiori o minori potenzialità di
sopravvivenza. Se molti progetti terapeutici e riabilitativi non sopravvivono,
è anche perché non teniamo abbastanza in considerazione il terreno in cui
l'utente ha sviluppato la sua psicopatologia, scambiando i suoi sintomi come il
male da estirpare (visione comune a molta psichiatria biologica e
psicofarmacologica) o da modificare con trainings più o meno assertivi (visione
comune a molta psicoterapia cognitivo-comportamentale) o nel caso migliore da
sopportare (come molti approcci psicoeducazionali insegnano), senza partire
dall'atteggiamento di rispettarli come elementi di un funzionamento mentali.
Senza tale rispetto preliminare sarà improbabile vederli un giorno
trasformarsi.
Il terreno da cui dobbiamo partire ha a che fare con ipotesi
sul paziente che si basano sulle sue modalità relazionali nel qui ed ora dei
contesti di vita che egli frequenta e investe. Il qui ed ora osservato può
stimolarci nel riflettere su come egli vi sia arrivato. Come le ricerche di
Sander nel campo dell'infant observation dimostrano come <<l’individualità emerga e si mantenga, all’interno
di un sistema evolutivo nel quale vi è una complementarità specifica e
sincronizzata tra gli stati interni del bambino e la capacità di riconoscerli
da parte di chi si prende cura di lui>> (Amadei, ibidem, p.126), così
dobbiamo sforzarci di pensare che anche i nostri sistemi e percorsi di cura
possano essere evolutivi se ci sorziamo di riconoscere i suoi stati interni.
Come scriveva Racamier (Les schizophrènes, Payot 1980, cfr. Sassolas
p.178), un paziente psicotico si potrà identificare solo con chi avrà
precedentemente deciso di identificarsi con lui, con chi si sforzerà di parlare
la sua stessa lingua. E la lingua ci pone un'altra ardua questione nel caso di
quel particolare funzionamento mentale che qualifichiamo come psicotico: è una
lingua che privilegia le azioni non perché sia deficitaria (visione del
deficit), sgrammaticata sul piano verbale, ma perché si difende (visione
psicodinamica) dal linguaggio verbale (che può aprire inquietanti scenari sulle
proprie emozioni) e lo squalifica (mosso dall'invidia per chi invece ne fa un
uso più o meno consapevole). Parlare la stessa lingua del paziente psicotico
significa innanzitutto accogliere e RICONOSCERE i suoi atti e i suoi sintomi
come messaggi dotati di un senso e di una loro coerenza. Ma significa anche,
reciprocamente, per lui vedere i nostri atti e i messaggi, specie impliciti, che
l'istituzione di cura gli rimanda come altrettanti messaggi dotati di senso,
più significativi ed espressivi delle nostre parole. Naturalmente, così come
dobbiamo RICONOSCERE cosa c'è dietro la sua "follia", con altrettanta
cura dovremmo ricoscere anche cosa c'è dietro la nostra "follia"
istituzionale. Svilupperemo questo aspetto dei messaggi impliciti istituzionali
e del loro grado di coerenza con il livello delle comunicazioni esplicite. Se
partiamo da questo riconoscimento forse un domani, insieme al paziente,
riusciremo a rimandargli la possibilità che tali azioni e tali sintomi possono
essere da lui SOTTOTITOLATI, come si fa nel cinema quando si guarda un film
nella versione originale: ossia, il terapeuta può lavorare col paziente
psicotico cercando di mettere delle parole sull'agito, con la difficoltà
supplementare <<di dover improvvisare i sottotitoli mantenendo allo stesso
tempo uno dei ruoli principali del film>> (Sassolas, p.221). Sta forse qui
forse uno dei motivi per cui il cinema attrae tanto chi opera nella
riabilitazione. Naturalmente così come l'infant research ci ha
dimostrato che questo bisogno di riconoscimento assume delle manifestazioni
diverse, e via via più complesse, mano a mano che la mente del bambino da un Sé
emergente (Stern, 1985) passa ad un Sé che funziona su una modalità simbolica
(dopo il 18 mese) sempre più integrata, così dobbiamo pensare che esso possa
passare attraverso varie modalità anche nei vari tipi di funzionamento
mentale che qualifichiamo come psicotici. Quello che il paradigma del
riconoscimento sta portando nella psicoanalisi è una rivoluzione tale per cui
oramai tutta una serie di processi patologici si stanno studiando come aventi
alla base dei disconoscimenti (la negazione di cui parlavo prima) e/o di
dissonanze ossia alterazioni (per qualità, per quantità o per timing) dei
processi di riconoscimento che possono portare ad alterazioni delle funzioni e
delle relazioni che se stabilizzate conducono alla psicopatologia. Questo
paradigma del riconoscimento oramai affianca gli altri due, quello della carenza
e quello del conflitto (si veda, oltra al già citato Amadei, anche Correale in
Cotellessa "Confini della mente" [Anicia, 2011] e Greenberg e Black
"L'esperienza della psicoanalisi", Bollati Boringhieri 1996), nel fornire una
teoria psicoanalitica della psicopatogenesi. Questi tre paradigmi oltre ad avere
delle ricadute su ciò che è terapeutico nella tecnica del trattamento
psicoanalitico, a mio avviso, possono far luce anche su ciò che è terapeutico
nel trattamento riabilitativo. La questione consiste nel pensare la
psicoanalisi, nei suoi rapporti con la riabilitazione, solo come una chiave di
lettura di ciò che succede nel gruppo, nella comunità, tra le persone e nella
persone, oppure se si possano individuare delle modalità di fare riabilitazione
che siano coerenti con un pensiero psicoanalitico. Insomma la questione è: la
psicoanalisi deve rimanere confinata alla supervisione o può intervenire più
attivamente nel programmare dispositivi e percorsi individualizzati per ogni
utente della riabilitazione? Proveremo a rispondere a questa ardua questione,
dopo aver individuato i termini di un’altra questione: che rapporto si può
pensare tra cura e riabilitazione all’interno di un servizio psichiatrico?
Esiste questa inconciliabilità tra la dimensione del dire (quella più indagata
dalla psicoanalisi) e quella del fare (che interessa la riabilitazione)?
Prima di affrontare queste questioni, merita un accenno il
perché abbiamo voluto intitolare ai LUOGHI DELLA RIABILITAZIONE questo convegno
ed il libro che da esso prenderà spunto: da quanto finora illustrato emerge
l'esigenza di pensare (o di ripensare) tali luoghi come <<articolati gli
uni e gli altri non secondo una finalità medica o amministrativa (o. ancor
peggio, di un'ideologia totalizzante, aggiungo io), ma in funzione di una
concezione psicodinamica della psicosi>>(Sassolas, p.233). Quindi nel
proseguio evidenzieremo quali possano essere quelle caratteristiche di questi
luoghi (istituzioni, servizi, centri diurni, comunità) che, coerentemente con
tale visione psicodinamica, possano aiutare i nostri pazienti a RICONOSCERSI
finalmente come attori del film della propria vita.
|