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FRENIS  zero 

Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività

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"Apeiron". Tra psicoanalisi e religiosità.

 

 

  Editoriale

 

 di Giuseppe Leo

 


                             

 

Gentilissimi lettori,

“Apeiron. Tra psicoanalisi e religiosità” è il titolo del numero monografico di giugno 2006 della rivista telematica “Frenis Zero. Scienze della Mente – Filosofia – Psicoterapia – Creatività” ( indice alla pagina http://web.tiscali.it/bibliopsi/frenishome.htm  ). “Apeiron”, il tema dell’”Infinito” appare centrale nel contributo che apre questo numero : “Sento ciò che mi emoziona: perciò sono! Il contributo unico di Matte Blanco alla nostra comprensione degli affetti” di James S. Grotstein.  Parrebbe ‘off topic’ la scelta di aprire il tema dei rapporti tra psicoanalisi e religiosità trattando, come fa lo psicoanalista statunitense, della comprensione psicoanalitica degli affetti, ma, a ben guardare, quando essi si sono imposti in primo piano sulla scena delle teorizzazioni psicoanalitiche, non più esclusivamente dominate dai modelli ‘pulsionali’, è avvenuto un tale allargamento di prospettive da dover ‘re-ligere’ (ri-leggere) o ‘re-ligare’ (ri-legare, due diverse etimologie del termine religione) tutti i differenti significati  che sono stati loro attribuiti    (e di cui Grotstein traccia le principali linee evolutive). Partendo dalle concezioni originarie di Freud, vengono analizzate le nozioni di Damasio, di Schore e di Tomkins, interessanti ponti tra la psicoanalisi e le neuroscienze, per poi approdare a Bion ed a Matte Blanco. Bion rivisita la concezione di Freud dell’inconscio assumendo che le evoluzioni di ‘O’ costituiscono la principale forza interna dell’inconscio, anziché essa risiedere nelle pulsioni libidiche o di morte. <<O è ineffabile. Esso rappresenta l’Assoluta verità sulla Realtà Ultima, l’Infinito, i sistemi infiniti, il caos, i noumeni, le cose in-sé, le preconcezioni innate (…). >> Per Matte Blanco gli affetti costituiscono la porta di accesso verso l’Infinito: <<Ognuno può esaminare da sé le esperienze di altre emozioni estreme, come l’odio, la rabbia, la paura e l’afflizione. Pensiamo che con l’introspezione ognuno vedrà rapidamente come queste emozioni possano irradiarsi a tal punto che tutte le cose concepibili possono venir infuse con le emozioni. (…) Se ciò prova che ogni sentimento, anche se taciuto, contiene tali estremi come nuclei, ma li ha contenuti mettendo loro in relazione ad altri sentimenti ed idee, possiamo concludere come segue: tutti gli affetti contengono elementi di infinito>>.

La prospettiva del contributo di Leonardo Ancona “Il rischio dell’irrazionalità nelle strutture di religione” ci porta su un terreno diverso: quello della religione che entra in rapporto dialettico, da una parte, con le ‘strutture’, quindi le istituzioni, e dall’altra con l’irrazionalità. Questo lavoro scritto alla fine degli anni ’70 viene qui riproposto anche per la sua valenza storica e, oserei dire quasi profetica, in quanto Ancona individua in certe caratteristiche dell’irrazionalità religiosa le radici del fanatismo, della  cui importanza a livello planetario oggi tutti siamo consapevoli.

Il tema dell’irrazionale è anche al centro del contributo di Salomon Resnik “L’irrazionale e la psicosi”, in cui l’illustre psicoanalista franco-argentino si avvale degli esempi provenienti dalla mitologia classica per  argomentare intorno al senso di ciò che da vari punti di vista viene inteso come irrazionale nella comprensione del paziente psicotico.

Fethi Benslama nel suo “Di una rinuncia al padre” si pone un interrogativo cruciale rispetto alla concezione freudiana della religione: L'islam ha tentato di produrre nel suo edificio spirituale una rinuncia al padre per costituire la fede in Dio? Lo studio dello psicoanalista franco-tunisino propone una lettura della costruzione simbolica islamica a partire da tale domanda. Partendo dall'imperativo che separa Dio da ogni metafora paterna e da ogni idea di procreazione, la  ricerca ha cercato di interrogare il testo coranico nel suo rapporto con il testo biblico, per determinare le ragioni di una divergenza di  fondo tra l'islam ed i due altri monoteismi. Il problema trova la sua radice nella Genesi in cui il fondatore dell'islam ha tolto l'articolazione genealogica ad Abramo per inscrivere la sua fondazione a partire dal grande racconto della paternità e dell'alleanza. Ma tale racconto l'ha costretto ad un'interpretazione che distingue la metafora paterna da Dio. Le conseguenze di questa congettura sono numerose, tanto dal punto di vista etico, quanto a livello della teoria del monoteismo.

Per avere un quadro completo dei concetti freudiani sulla religione e delle loro linee di sviluppo ad opera dei suoi seguaci abbiamo scelto di riproporre il testo di Richard L. Rubenstein “Freud e le origini del giudaismo” che l’editore Astrolabio aveva pubblicato nel 1974 come capitolo di un libro intitolato “L’immaginazione religiosa. Studio sulla psicoanalisi e sulla teologia ebraica”. Come testimonianza dei punti critici che la teorizzazione freudiana presenta nel suo rapportarsi al fenomeno religioso abbiamo riproposto un testo di Arthur Guirdham (“Cristo e Freud”) ed un altro di Erich Fromm (“La psicoanalisi ed il buddismo zen”). Di Freud recentemente è stato tradotto in italiano un “Frammento inedito” del 1931 (pubblicato in “Scritti di metapsicologia” da Bollati Boringhieri, 2005, a cura di Michele Ranchetti). In esso il fondatore della psicoanalisi riprende i concetti trattati ne “L’avvenire di un’illusione” sottolineando il ruolo dell’identificazione con le figure parentali nella costruzione dell’identità religiosa dell’individuo: <<Questa identificazione è un evento per così dire regolare nella vita psichica di un cristiano; secondo le testimonianze della psicoanalisi essa può essere rinvenuta in persone normalissime. Questo non ci deve meravigliare, poiché tale identificazione realizza quel gioco di prestigio di conciliare uno con l'altro, come con un miracolo, due desideri affatto possenti e che si contraddicono a vicenda in maniera assoluta, adempiendoli entrambi contemporaneamente. I due desideri sono: di essere assoggettato del tutto passivamente nei confronti del padre, di essere completamente femminile, e d'altro canto, di essere totalmente maschile, potente, imperativo come il padre stesso.>>

Una pagina in questo numero è stata dedicata ad Andrej Tarkovskij e ad alcuni suoi brevi pensieri che testimoniano la forza con cui il regista russo ha scandagliato per tutta la sua vita la dimensione del sacro. Fanno da corredo iconografico alcune polaroid da lui scattate durante le riprese di alcuni suoi memorabili films.

Infine per  lo spazio delle recensioni Ambra Cusin, psicoanalista triestina, recensisce il film “Il grande silenzio”, da poco uscito nella sale italiane, mentre   lo scrivente presenta il recentissimo libro di Leonardo Ancona dal titolo significativo “Il debito della Chiesa alla psicoanalisi”.

Buona lettura.

 

Giuseppe Leo

   

 

  

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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