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Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte
Psychoanalysis applied to Medicine, Pedagogy, Sociology, Literature and Arts

 

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Rivista iscritta al n. 978 Registro della Stampa del Tribunale di Lecce

ISSN: 2037-1853

Edizioni Frenis Zero

  Numero 13, anno VII, gennaio 2010

"Malessere delle Culture"

 

   

CLAUDE LEVI-STRAUSS, LA RIVOLUZIONE DELLO SGUARDO

 

  di Philip S. Golub

 

 

 

 

   
 

A pochi mesi dalla morte dell'illustre antropologo francese, riportiamo la traduzione italiana dell'articolo di Philip S. Golub "Claude Lévi-Strauss, la révolution du regard", pubblicato in francese nella rivista "Alternatives Internationales"(n.20, gennaio 2005). Philip S. Golub è docente in relazioni internazionali all'Università Paris VIII ed a l'"IEP" di Parigi. La traduzione in italiano è di Giuseppe Leo.

 

 

Lavorando sui miti e sulle strutture inconscie delle società, Claude Lévi-Strauss inventa un approccio in cui universalismo e differenza non sono contraddittori. "Tristi Tropici" ha più di cinquanta anni. E mai forse la sua lettura sarà sembrata così necessaria. Il libro più celebre di Claude Lévi-Strauss resta in effetti una delle risposte più magistrali ai discorsi in voga sullo "shock delle civiltà", l'irriducibile opposizione tra l'Islam e l'Occidente ed altre manifestazioni di un rifiuto dell'Altro che sembrano uno dei contrassegni della nostra epoca. Nutriti dalle guerre e dalle disparità sociali, vediamo risorgere le rappresentazioni essenzialiste delle culture, spesso fondate su un discorso gerarchizzante che oppone i "civilizzati" ai "barbari", fissando l'Altro in una differenza insuperabile. Alla razionalità ed al progresso degli uni si opporrebbero l'irrazionalità e l'arcaismo, ossia il primitivismo degli altri.

Di fronte  a questo cupo presente, è essenziale rituffarsi nel pensiero di un antropologo la cui opera ha rivoluzionato lo sguardo sull'alterità culturale. Aprendo il campo scientifico all'"analisi ed all'interpretazione delle differenze", solo oggetto autentico dell'etnologia secondo lui, ed invitando i suoi lettori ad apprendere l'unicità della condizione umana nella diversità, egli ha <<metamorfosizzato in profondità la nostra cartografia interiore, spostando il centro del nostro universo mentale ed i confini che una società troppo sicura di sé vi aveva innalzato>> come scrive Denis Bertholet nell'ultimo "Cahier de l'Herne" dedicato al fondatore dell'antropologia strutturale.

Claude Lévi-Strauss è il primo a respingere le pratiche etnologiche che, egli scrive, <<sistemano i popoli studiati entro categorie separate dalla nostra, mettendole il più vicino possibile alla natura, come implica  l'etimologia della parola selvaggio [dal latino 'silva', 'foresta', N.d.Traduttore.] e, in modo più esplicito, l'espressione tedesca 'Naturvölkern'; o anche al di fuori della storia quando essa li denomina primitivi o arcaici, cosa che è un altro modo  rifiutare loro un attributo costitutivo della condizione umana>>. Egli ricusa allo stesso tempo la nozione implicita e pregnante <<di un progresso continuo lungo una via sulla quale l'Occidente solo avrebbe bruciato le tappe>>. Poiché, agli occhi di Claude Lévi-Strauss, che l'esprime in "Race et Histoire" del 1952, e poi in "Il pensiero selvaggio" dieci anni più tardi, le modalità di pensiero delle società dette "primitive" non si distinguono per il loro grado di razionalità, essendo il pensiero selvaggio - espressione che egli utilizza per descrivere il pensiero allo stato "brut", "naturale" - "logico, nello stesso senso e allo stesso modo del nostro". Il suo esame della magia e del mito rovescia le prospettive: allorquando l'universalismo occidentale era fino ad allora sotteso dall'idea del progresso lineare (si veda tra gli altri Montesquieu, Hegel, Marx, Weber, Durkheim, ecc.), ecco che appariva un altro universalismo che affermava che esistono delle leggi dell'attività mentale comuni a tutte le culture.

<<I miti ci fanno conoscere molto delle società da cui provengono, essi ci aiutano ad esporre le forze intime del loro funzionamento, chiariscono la ragion d'essere di certe modalità di operare dello spirito umano, tanto costanti nel corso dei secoli e tanto generalmente diffuse in spazi immensi, che non possono non essere ritenuti fondamentali per cercarli in altre società e in altri domini della vita mentale in cui non si sospetterebbe che essi intervenissero>>. Agli occhi di Lévi-Strauss, il "pensiero selvaggio" è una scienza del concreto, ed è tipico dell'antropologo il mettere sullo stesso piano la "scienza" dei miti, propria di tutte le società, e quella del bricolage: <<Il pensiero mitico dispone di un tesoro di immagini accumulate dall'osservazione del mondo naturale: animali, piante coi loro habitats, coi loro caratteri distintivi, coi loro impieghi in una cultura determinata. Esso combina questi elementi per costruire un senso, allo stesso modo del "bricoleur" che, messo a confronto con un compito, utilizza i materiali per dar loro un altro significato, diverso, se così si può dire, da quello che aveva sin dalla sua prima destinazione>>.

Per compiere questa autentica rivoluzione dello sguardo, l'antropologo adotta un metodo che supera al contempo l'empirismo, che pretende di descrivere una realtà supposta oggettiva, ed il funzionalismo (Malinowski) che ritiene che le strutture mentali inconsce non fanno altro che trasmettere nello spirito degli uomini certe esigenze della vita sociale incarnate dalle istituzioni che hanno una funzione precisa per il gruppo o per l'individuo.

A questo punto, egli sostituisce un nuovo approccio della realtà sociale fondata su un'analisi qualificata come "strutturale" della cultura, intesa come l'insieme dei segni e dei sistemi simbolici che creano senso nella vita collettiva. Questo metodo di interpretazione, che si fonda allo stesso tempo sugli apporti della psicoanalisi e della linguistica, postula che esiste un senso cosciente, che gli individui o le società danno ai loro discorsi o ai loro atti  di "strutture" - o di sistemi - soggiacenti che fissano un quadro alla loro espressione, e che si tratta di aggiornare. Claude Lévi-Strauss cerca così di forgiare una scienza umana che abbraccia la totalità dei fatti sociali attraverso l'espediente della loro interpretazione in termini di logica inconscia.

 

 

 

 

 

 

Il primato della cultura

 

 
 
 

 

 

 

Una struttura inconscia verrà compresa attraverso l'analisi delle relazioni tra le differenti componenti dei sistemi di significazione studiati. Così il sistema di parentela è un linguaggio che, proprio come i miti ed i riti, non può essere compreso se non nelle sue componenti strutturali. Nel processo d'analisi delle strutture inconsce, emergono delle invarianti, ad es. la proibizione dell'incesto, che Claude Lévi-Strauss fa uscire dall'universo determinista della biologia per posizionarlo sul terreno della riproduzione sociale. Contrariamente alle spiegazioni biologizzanti del tabù, Claude Lévi-Strauss mette in evidenza il fatto che la proibizione dell'incesto permetta lo stabilirsi di rapporti sociali tra famiglie differenti, attraverso lo scambio matrimoniale, creando così una rete di relazioni sociali. Così facendo, l'antropologo non  espelle il fatto biologico, essendo il pensiero "inscritto nel corpo", ma afferma una gerarchia di spiegazione differente:<<Le forme della cultura che gli uomini adottano qui o là, le loro modalità di viverle così come esse hanno prevalso nel passato o prevalgono ancora nel presente, determinano il ritmo e l'orientamento della loro evoluzione biologica assai più  di quelle che non sono determinate da esse>>. Al di sopra dell'ordine biologico e al di là della razionalità conscia esiste l'ordine della cultura.

 In definitiva, come sottolinea François Dosse nella sua "Storia dello strutturalismo", Claude Lévi-Strauss dimostra <<l'universalità dei meccanismi del pensiero al di là delle differenze di contenuto>>. <<L'insieme dei costumi di un popolo forma dei sistemi>> scrive Claude Lévi-Strauss in "Tristi Tropici". <<Sono convinto che tali sistemi non esistono in un numero illimitato; e che le società umane non creano mai in modo assoluto, ma si limitano a scegliere certe combinazioni da un repertorio ideale che sarebbe possibile ricostituire>>. Claude Lévi-Strauss sostituisce ai discorsi gerarchizzanti sugli scarti (di razionalità e di sviluppo) tra le culture e tra i popoli, una ricerca delle <<leggi d'ordine invarianti attraverso le epoche e le culture>>, permettendo ai suoi occhi di <<superare l'antinomia apparente tra l'unicità della condizione umana e la pluralità apparentemente inestinguibile delle forme sotto le quali noi le comprendiamo>>.

L'approccio di Lévi-Strauss è stato al centro delle polemiche e degli scambi intellettuali degli anni '60 e '70. Alcuni hanno percepito nello strutturalismo un "iperrazionalismo" (Clifford Geertz), altri, più conservatori, vi hanno visto un relativismo culturale minaccioso (Roger Caillois). Ma resta il fatto che, come afferma François Dosse, <<lo strutturalismo ha permesso, in definitiva, di pensare la pluralità delle modalità di essere e di pensare, e di affermare che tutte le società umane sono espressioni complete dell'umanità senza un valore gerarchico>>.

 

 BIBLIOGRAFIA

 

Bibliografia in francese di Lévi-Strauss:

 

"Tristes Tropiques", Plon, Paris 1955 e 1973.
 "Anthropologie structurale", Plon, Paris, 1958 e 1974.
 "La pensée sauvage", Plon, Paris, 1962.
 "Le regard éloigné", Plon, Paris, 1983.

 

Sullo strutturalismo :

François Dosse, "Histoire du structuralisme" , La Découverte, Paris, 1991.
Clifford Geertz, "The Interpretation of Cultures",   Basic Books, 1973.
 "Lévi-Strauss", Les Cahiers de l’Herne, sotto la direzione di  Michel Izard, Paris, 2004.
 
Fernand Braudel, "La dynamique du capitalisme",  Arthaud, Paris, 1985.

 

 

 

  

 

 

 

 

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