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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 30,00
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-0-4
Anno/Year: 2008
Prezzo/Price: € 18,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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Avanzano
un po’ strani, in esitazione tra incertezza e impertinenza, sono
giovani che paiono bambini o quasi vecchi, e sarà un gesto, un
particolare della persona o del vestiario a recare l’indizio della
loro particolarità. Inviati dai genitori, gli psicologi li conoscono
già e si chiedono se l’ennesima estranea li conquisterà. Al
telefono si presentano con il cognome, rimandano finché possono la
dichiarazione del nome proprio, lo sussurrano e lo storpiano perché
sanno che li tradirà: svelerà il segreto della loro identità
ibrida. Infatti i cognomi sono sempre
italiani, mentre i nomi sono russi e indiani, eritrei e ucraini
– parlano di fiori e piante, luoghi e santi che chi li porta forse
mai conoscerà. I figli adottati arrivano dall’altro mondo, si
portano addosso il trauma originario, avventure e torture, situazioni
storiche e località geografiche che devono essere narrate per poter
essere credute da chi in prima persona, ma infante, le ha già
vissute.
L’esperienza
di adozione, una novità storica numericamente sempre più
significativa, rappresenta vissuti (quasi sempre) estremi che portano
nella stanza d’analisi un individuo del nostro mondo glocal
che ha un documento solo ma è in possesso di almeno due identità.
Sono stranieritaliani che non hanno mai voglia di spiegare i come e i
perché, così hanno pronto un breve racconto (in più versioni) per
smorzare, insieme, la compassione e la curiosità.
Nonostante
i vissuti d’angoscia che l’incontro con giovani adulti adottati e
con genitori che hanno fatto la scelta di un’adozione internazionale
inducono nel terapeuta, mi sono accorta di lavorare con grande
passione a questi casi. E, con un certo stupore, mi sono accorta anche
che non li percepivo come difficili, nel senso che avevo
l’impressione di qualcosa a me familiare, tanto da avere abbastanza
chiara una griglia teorica che mi permetteva di collocare il materiale
che man mano emergeva. Per un certo periodo mi sono detta che
probabilmente questo aveva a che fare con gli elementi della mia
storia personale. Adottata non sono stata, ma l’esperienza dello
sradicamento da un luogo a un altro, il passaggio dalla lingua madre
alla lingua matrigna e l’elaborazione che nei decenni mi ha
accompagnato, poteva forse spiegare la naturalezza con la quale
entravo in contatto.
Nel
corso degli anni sono stata colpita però da quante fossero le
similitudini di funzionamento di questi mondi mentali con
quelli di persone che hanno subito traumi gravi in tempo di guerra
(che avevo studiato e anche incontrato durante l’attività
giornalistica e il lavoro di formazione in ex Jugoslavia). In entrambe
le situazioni si tratta di vittime, vittime che provano vergogna per quanto loro è avvenuto,
vittime che hanno attraversato il territorio dell’ambiguità che li
unisce al carnefice ( penso naturalmente all’esperienza negli
orfanatrofi), vittime che possono rimanere attaccate per l’esistenza
intera alla potenza della loro narrazione – che legittima ogni
futuro patatrac.
Ecco
un elenco veloce di punti che meritano naturalmente una riflessione
ben più approfondita.
Fiducia.
L’evento bellico
produce eventi diversamente traumatici che colpiscono il singolo e la
collettività di appartenenza. Se si è stati lungamente
imprigionati/torturati l’altro (un terapeuta o figure simili) che
accoglie è una figura di straniero che ancora non conosce quello di
cui gli umani sono capaci ma in quel momento rappresenta tutta
l’umanità. Il suo stare sulla soglia
– la sua non appartenenza né al mondo dei cattivi né a
quello dei buoni - rende
possibile il racconto di quanto è avvenuto.
Riuscire
a fidarsi, per chi è stato abbandonato precoce, per chi possiede
storie che non hanno seguito il copione della normalità, è una
fatica che si ripete per tutta la vita. Esasperanti spostamenti di
orario, richieste di extra (telefonate), sparizioni improvvise servono
a verificare la tenuta del terapeuta setting.
Cesura.
I percorsi di vita
dell’individuo adottato sono segnati da molteplici interruzioni
della continuità. Sono mutate le persone e i luoghi,
le lingue e il paesaggio: il nuovo è l’annuncio di
un’incertezza che spaventa. La vita di prima non è in relazione con
la vita del dopo, è il soggetto sradicato che deve tenere il filo
della sua storia. Il buco delle origini rende instabili, l’ignoto è qualcosa che
sovrasta, la paura del crollo un desiderio di catastrofe in grado di
mettere fine al perenne senso di minaccia.
Memorie.
Sono memorie perdute quelle delle origini, cancellate nel transito da
un mondo all’altro, svanite insieme allo shock di episodi violenti.
Sono memorie confuse, che chiedono di ritrovare una cronologia, sono
memorie sconosciute ma amatissime – tenute a distanza dal timore di
ritrovarvi l’orrore. Sono memorie implicite, conservate nel corpo,
sono odori, parole sconosciute che emergono nei sogni, flash visivi
che arrivano insieme all’uso di sostanze.
Il passato è una terra
straniera che nel “qui e ora” della seduta si può iniziare a
esplorare insieme con meno terrore.
Transcultura.
Se ogni incontro
analitico è, anche, il confronto tra culture e tradizioni diverse, il
terapeuta rappresenta il mondo presente, ma anche la possibilità di
essere la figura capace di svolgere un ruolo di mediazione culturale
tra i genitori biologici e quelli acquisiti, tra il primo e il secondo
mondo. Per le storie di adozione può aiutare un film, un libro, la
propria capacità di immaginazione.
Localizzazione.
Per gli scampati
è essenziale dare sepoltura ai propri defunti, riuscire a separare se
stessi, vivi, dai propri morti. Per chi è sopravvissuto
all’abbandono originario, a numerosi cambi residenziali,
è importante localizzare. Per ritrovare il luogo geografico di
provenienza, l’istituto, per ricostruire il viaggio, a volte
transcontinentale. Ogni cambiamento legato all’ambiente coincide con
pezzi di identità, la perdita dell’ambiente non umano familiare
produce smottamento psichico – e qui la separazione dalla madre
coincide con la separazione dall’ambiente madre.
Il ricordo può diventare quel luogo che non c’è più. La
stanza d’analisi può essere quel luogo linguistico dove una
traduzione avviene continuamente, il “lessico famigliare” della
coppia analitica quella nuova lingua che permette la ricerca dei nessi
tra significante e significato, tra storia e memoria, tra il prima e
il dopo.
Rinascita.
E’ la parola
magica, che commuove ed emoziona. Significa che una nascita c’è
stata, che nascere di nuovo è possibile. Che il trauma è stato
integrato nella storia di vita, nella storia di famiglia. Senza
perdere la mente.
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