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NUMERO SPECIALE DI "FRENIS ZERO" SULLA PSICOPATOLOGIA DELL'ETA' EVULUTIVA 

 

LO SPETTRO BIPOLARE IN ETA' EVOLUTIVA 

 

di V. Lozito, C. Portoghese, P. Ventura, A. Presicci, A. Dell'Era

          Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche - Università di Bari

   

 

Le prime descrizioni di quadri maniacali nei bambini risalgono alla prima metà del secolo scorso: Kraepelin, nella sua monografia del 1921,”Manic-Depressive Insanity and Paranoia”, riportò le descrizioni fatte da Friedman di “forme lievi” di disturbi dell’umore in persone giovani, caratterizzate clinicamente da stati stuporosi, deliroidi e sonnambulistici; menzionò inoltre il caso descritto da Liebers di una mania perdurata per sei mesi in un bambino di quattro anni. L’Autore sottolineò la rarità del disturbo maniaco-depressivo ad esordio prepuberale ( al di sotto dei dieci annidi età) e l’incremento dello stesso a partire dalla pubertà: “…con maggiore frequenza il primo attacco si verifica nel periodo dello sviluppo, tra il quindicesimo e il ventesimo anno, caratterizzato da un’aumento dell’eccitabilità nervosa…”(1).

Nonostante ciò, il disturbo bipolare in età evolutiva è stato studiato e codificato solo alla fine degli anni ’50 (2).

L’analisi del disturbo bipolare ad esordio precoce presenta numerose implicazioni teoriche e cliniche. Il primo problema consiste nell’accertamento di quanto i fenomeni comportamentali della prima infanzia possano essere predittivi dello sviluppo più tardivo del classico fenotipo bipolare.

Non è possibile infatti prevedere l’insorgenza del disturbo bipolare sulla base di caratteristiche psicopatologiche specifiche, con l’eccezione dei rari casi di mania conclamata in bambini prepuberi. Il secondo punto riguarda la ricerca di fattori specifici di tipo genetico, biologico o psicosociale che si possono embricare determinando l’esordio giovanile della malattia. Kraepelin indicò che l’incidenza del disturbo bipolare aumenta bruscamente con l’inizio della pubertà, tuttavia solo il 15-30% dei pazienti manifesta il primo attacco entro i 20 anni di età. Infine uno degli aspetti più  problematici riguarda il trattamento farmacologico del disturbo ad esordio giovanile rispetto alle forme ad esordio più tardivo.

 

EPIDEMIOLOGIA

 

Non esistono studi specifici sull’incidenza del Disturbo Bipolare in età evolutiva.

Circa un terzo dei pazienti adulti con disturbo bipolare riferisce retrospettivamente l’insorgenza dei disturbi dell’umore, specie la depressione, a prima dei 14 anni.

Solo lo 0,1% degli adolescenti soddisfano i criteri del DSM-IV per disturbo bipolare di tipo I. Sommando a questi i soggetti con sintomi dell’ampio spettro maniacale l’incidenza raggiunge l’1%.

La mediana dell’età di esordio si colloca intorno ai 19 anni.

Fino ai 4 anni di età non si segnalano evidenti casi di maniacalità; dai 5 ai 9 anni aumenterebbe il rischio di insorgenza del disturbo maggiormente nel sesso femminile con un successivo incremento tra i 15 e i 19 anni (3). 

Loranger e Levine in uno studio su 200 pazienti adulti, riportano che lo 0,5% aveva presentato i primi sintomi prima dei 10 anni di età, il 7,5% tra i 10 e i 14 anni (4).

Altri studi rilevano una prevalenza tra i 14 e i 18 anni simile a quella in età adulta, con esordio in adolescenza nel 20% dei casi e un trend secolare di anticipazione dell’età d’esordio(4).

 

 

CRITERI DIAGNOSTICI E CONCETTO DI SPETTRO BIPOLARE

 

Recentemente sono state pubblicate dall’American Academy of Child and Adolescent Psychiatry le linee guida per la diagnosi ed il trattamento del disturbo bipolare in età evolutiva (6). Sulla base dell’età di comparsa dei sintomi e della compromissione del funzionamento sociale, le linee guida definiscono il disturbo bipolare ad esordio precoce ( prima dei 18 anni) o ad esordio molto precoce prima dei 13.

Il DSM-IV e le linee guida dell’ AACAP, da esso derivate, distinguono tre tipi di disturbo bipolare:

  1. disturbo bipolare I:  il paziente ha presentato più raramente un episodio maniacale singolo (mania unipolare), più frequentemente preceduto o seguito da un episodio depressivo maggiore o un episodio misto
  2. disturbo bipolare II:  il paziente ha presentato uno o più episodi di depressione maggiore e ipomania, ma nessun episodio maniacale o misto
  3. disturbo ciclotimico:  è descritto come un periodo di almeno un anno in cui siano presenti numerosi sintomi depressivi e ipomaniacali che non soddisfino i criteri per episodio depressivo maggiore, maniacale, né ipomaniacale. I sintomi devono essere presenti quasi costantemente (con meno di due mesi consecutivi di benessere) e devono provocare una compromissione clinica significativa del funzionamento sociale.

 

I criteri DSM-IV, essendo mutuati dall’adulto, vanno interpretati secondo un’ottica evolutiva, superando i criteri specifici utilizzati per l’età adulta.

I Disturbi Depressivi sono frequentemente identificabili ma sottostimati in età pediatrica nell’ambito dello spettro bipolare e vi sono dati rilevanti a favore di una tendenza a sottodiagnosticare  anche gli Episodi Maniacali in adolescenza.

In età evolutiva il criterio temporale del Disturbo Ciclotimico è definito dalla durata dei sintomi per un periodo di un anno.

Nel DSM- IV l’umore depresso in età evolutiva, a differenza dell’adulto, può essere sostituito da un umore irritabile.

 

Si è proposto ormai da diversi anni il passaggio da una prospettiva “categoriale” ad una “dimensionale” con l’elaborazione del concetto di spettro bipolare.

Il Disturbo Bipolare viene attualmente suddiviso in uno spettro clinico che include:

Bipolare I: Depressione e Mania

Bipolare I  ½: Depressione e Ipomania protratta

Bipolare II: Depressione e Ipomania

Bipolare II  ½: Depressione  Ciclotimica

Bipolare III: Ipomania farmacologia

Bipolare III ½: Bipolarità associata all’uso di stimolanti

Bipolare IV: Depressione e Temperamento Ipertimico

 

L’orientamento attuale tende a superare la concezione di entità distinte nell’ambito dei disturbi bipolari, considerandoli accanto ad altri quadri con manifestazioni intermedie, tutti facenti parte di un continuum di gravità variabile.

Nella pratica clinica quotidiana sono più frequentemente osservabili le manifestazioni “soft” del disturbo costituite dal tipo II e dalle sue varianti.

Lo spettro bipolare”soft” è caratterizzato tipicamente da instabilità temperamentale di tipo ciclotimico, che si interseca e si sovrappone con la sensibilità al rifiuto e la reattività dell’umore che si ritrova nelle cosiddette depressioni “atipiche”, e la labilità dell’umore e l’impulsività dei soggetti con disturbo border-line di personalità.

Lo spettro bipolare “soft” è inoltre caratterizzato da un elevato tasso di comorbilità con i disturbi panico-agorafobico, ossessivo-compulsivo, social-fobico, dismorfofobico, bulimico, e con i disturbi da uso di alcool e sostanza psicotrope.

E’ possibile avanzare l’ipotesi che la struttura temperamentale di tipo ciclotimico-ansioso-sensitivo possa rappresentare il comune denominatore del variegato insieme di disturbi dell’umore, d’ansia e del controllo degli impulsi presentato in comorbilità dai pazienti con spettro bipolare nella pratica clinica (7).

 

 

CARATTERISTICHE CLINICHE

 

Kraepelin espresse l’opinione che la suscettibilità alla malattia maniaco-depressiva potesse manifestarsi nella prima parte della vita, opinione condivisa anche da Bleuler (1934). Strober et al.(1989) hanno riscontrato chiari stati circolari maniaco-depressivi nei bambini e negli adolescenti. Gli studi clinici hanno evidenziato che le sindromi maniaco-depressive dell’adulto e dell’adolescente sono molto simili a livello fenotipico (8-10).

Tuttavia solo quando si presenta durante la tarda adolescenza nella sua forma classica il disturbo bipolare sembra avere le stesse caratteristiche, la stessa risposta al trattamento e la stessa storia naturale che si osservano negli adulti. Numerose evidenze mostrano che il disturbo bipolare ad esordio nell’infanzia o nella prima adolescenza, pur rispettando i criteri DSM-IV, si presenta con delle caratteristiche peculiari che lo distinguono dalla forma più tardiva. Queste sono riassunte nella seguente tabella

 

 

 

INFANZIA

PRIMA ADOLESCENZA

TARDA ADOLESCENZA     ADULTI

Episodio iniziale

Ep. Depressivo Maggiore

Ep. Maniacale

Caratteristiche degli episodi

Rapido-ciclico, misto

Discreto (maniacale o depressivo) Inizio acuto e fine determinabile

Durata

Cronico, a cicli continui

Settimane

Funzionamento sociale interepisodico

Non episodico

Recupero funzionale

Da Geller e Luby (11), modificata

 

 

Nell’infanzia e nella prima adolescenza, contrariamente a quanto si riscontra nelle età successive, uno o più episodi di depressione maggiore possono precedere di mesi o di anni l’episodio maniacale. Il 20-30% dei giovani pazienti con depressione maggiore presenta successivamente un viraggio in mania (12).

In base ai dati forniti dalla letteratura, le caratteristiche distintive dei bambini maniacali prepuberi comprendono caratteristicamente l’elevazione del tono dell’umore e la grandiosità (80%); meno specifici risultano l’irritabilità, l’iperattività, la distraibilità, l’eloquio accelerato la distruttività, l’imprevedibilità delle emozioni (3).

Per quanto riguarda la polarità depressiva, è particolarmente evidente l’effetto della maturazione psichica sulla fenomenologia dei sintomi.

Nei bambini più piccoli sono molto comuni le lamentele somatiche, il malessere generale e la tendenza al pianto, mentre i più classici sintomi melanconici come il grave rallentamento psicomotorio, l’ideazione di colpa, i deliri, l’anedonia, e l’alterazione del funzionamento

 neurovegetativo sono segni distintivi del disturbo bipolare dell’ adolescenza (13-14).

Da ciò si evidenzia che il disturbo bipolare puro è una sindrome relativamente poco comune nei bambini molto piccoli a causa della rarità con cui si manifesta con la tipica alternanza di fasi maniacali e depressive; questo sovente si caratterizza per un decorso cronico, non episodico, con cicli misti (15) di durata molto variabile in cui sono prevalenti l’irritabilità affettiva, l’agitazione, l’iperattività e il comportamento distruttivo, che sfociano in cicli rapidi alternanti di subeccitamento-eccitamento maniacale e depressione endogena al verificarsi della pubertà, spesso resistenti al trattamento farmacologico.

 

 

 

ANALISI DIMENSIONALE DELLA POLARITA’ MANIACO-DEPRESSIVA

 

 

Depressione

 

L‘esordio della depressione maggiore può essere acuto o insidioso ed è possibile riconoscerlo in un bambino che non abbia manifestazioni psicopatologiche preesistenti.

I bambini depressi in età prescolare che non sono ancora in grado di verbalizzare i loro vissuti depressivi appaiono spesso tristi o svogliati, mostrano un disinvestimento nelle attività abituali, una più alta frequenza di lamentele somatiche e di dispercezioni uditive che però tendono a diminuire con l’età. Sintomi come le variazioni circadiane dell’umore, i deliri, il rallentamento psicomotorio e l’anedonia tendono a farsi più frequenti con il progredire dell’ età . Altri sintomi come l’ideazione suicidaria, l’insonnia e il deficit di concentrazione sembrano verificarsi con uguale frequenza nelle varie età della vita (16-17).

 

Mania

 

La mania è meno frequente della depressione nei bambini, e può essere molto più difficile da diagnosticare se l’esordio non è acuto. Nella sua forma più grave la mania è caratterizzata da attività frenetica, sintomi psicotici produttivi, deliri a contenuto grandioso, euforia, fuga delle idee, logorrea, mancanza di consapevolezza della malattia con alterazione della critica. La maggiore difficoltà consiste nella differenziazione da un esordio di schizofrenia, essendo alta la  frequenza di sintomi psicotici che si verifica nei pazienti più giovani (18).

Esistono pochi casi pubblicati di mania nella popolazione preadolescenziale, anche a causa della sottostima della diagnosi di mania in questo gruppo di età. Nelle descrizioni di casi di bambini fino a 8 anni di età sono stati messi in evidenza sintomi caratteristici quali l’irritabilità, la labilità dell’umore, disturbi in comorbilità (ADHD), in assenza di episodi discreti di pensiero grandioso. Nei bambini più grandi, dai 9 ai 12 anni, vengono descritti episodi più definiti che comprendono l’umore euforico e il pensiero grandioso. In tutti i casi di mania in età prepuberale erano presenti eloquio accelerato, irritabilità, distraibilità, , mentre i sintomi vegetativi vengono descritti solo in alcuni casi (19).

 

 

Irritabilità

 

E’ un fenomeno che può essere presente durante la mania o durante un episodio depressivo maggiore e anche nelle fasi di apparente benessere in relazione a banali stimolazioni socio-ambientali. Per definire l’irritabilità in età evolutiva come componente di un episodio affettivo è importante delineare la cronologia di questa dimensione rispetto agli altri sintomi affettivi. Nel caso di un disturbo da deficit d’attenzione con iperattività o di un disturbo della condotta l’irritabilità si verifica con una bassa tolleranza alla frustrazione, incapacità a portare a termine i compiti, difficoltà a mantenere l’attenzione. Se al contrario l’irritabilità si presenta non correlata ai sintomi suddescritti nel contesto di un nuovo quadro comportamentale, la si potrebbe considerare un sintomo affettivo. In particolare nei maschi le crisi di opposizione e aggressività, anche nell’ambito di un vero disturbo della condotta, potrebbero essere la conseguenza di un episodio depressivo (20).

Nel bambino l’umore può essere espansivo ed elevato con spiccate caratteristiche di estrema “vivacità” che può sfociare in disturbi delle relazioni interpersonali soprattutto nei confronti dei coetanei, dei genitori e degli insegnanti, assumendo connotazioni di impulsività, irascibilità, iperattività, difficoltà a concentrarsi. Pur essendo un sintomo frequente nella psicopatologia dell’infanzia l’irritabilità del bambino maniacale, a differenza di quella del bambino depresso, è molto intensa, continua e connotata da importante reattività.

Ansia

 

Il disturbo d’ansia spesso precede l’esordio della bipolarità ritrovandosi in seguito in comorbidità con quest’ultimo; la frequenza del disturbo bipolare in  comorbidità con il disturbo d’ansia è superiore a quella con i disturbi esternalizzanti (ADHD, DC).

I disturbi d’ansia più frequentemente in comorbidità con il disturbo bipolare sono: DOC, fobia sociale, agorafobia.

E’ degno di nota il fatto che la fobia scolare è riportata frequentemente nella storia anamnestica dei pazienti bipolari, prima dell’esordio del disturbo dell’umore (21).

L’insorgenza di ipomania farmacologia con l’utlizzo di antidepressivi per il trattamento di un disturbo d’ansia suggerisce cautela nell’impiego di questi farmaci.

La coesistenza con un disturbo d’ansia spesso cronicizza il disturbo ma non sembra influire sulla risposta terapeutica (22).

 

Sintomi vegetativi

 

Si verificano negli individui depressi a tutte le età, benché si facciano più importanti man mano che l’età aumenta. L’insonnia iniziale è frequentemente riferita in bambini prepuberi e nei giovani adolescenti, mentre l’insonnia terminale e le variazioni circadiane dell’umore sono più comuni nella tarda adolescenza e negli adulti. Nel bambino maniacale, come nell’adulto, è frequente una riduzione del bisogno di sonno. Le lamentele somatiche, come le epigastralgie o la cefalea, sono più frequentemente riferite dai bambini depressi più giovani, rispetto agli adolescenti e agli adulti (23).

 

Ideazione suicidaria

 

E’ un sintomo comune in ogni gruppo di età nei pazienti con disturbi depressivi. Tuttavia, il suicidio portato a compimento si verifica raramente nei bambini, mentre la sua frequenza aumenta nell’adolescenza. Gli adolescenti hanno la tendenza a scegliere metodi più letali rispetto ai bambini più piccoli, e quindi aumenta il rischio che il suicidio sia portato a compimento. E’ quindi fondamentale riconoscere il rischio suicidario negli adolescenti con disturbo bipolare (24).

 

Sintomi psicotici

 

Nelle forme ad esordio molto precoce sono frequenti le illusioni-dispercezioni visive (70%), i deliri persecutori (70%) e le illusioni-dispercezioni uditive (50%). Più raro è il delirio di grandezza (20%) (25). Nei bambini in età prepubere non sono infrequenti i sintomi psicotici nel contesto dell’episodio depressivo maggiore. Le allucinazioni uditive sono riferite da circa un terzo dei bambini prepuberi con un episodio depressivo maggiore benché nella maggior parte dei casi le allucinazioni non siano esperite come interferenti con le attività quotidiane (26).

Le allucinazioni uditive sono meno frequenti negli adolescenti che nei bambini. Altri sintomi psicotici come i deliri sono riportati in più del 10% dei casi di depressione maggiore negli adolescenti; questa percentuale è più alta di quella riscontrata negli adulti (27). I sintomi psicotici durante gli episodi depressivi o maniacali sono associati all’esordio precoce del disturbo bipolare(25).

 

 

FATTORI PREDITTIVI

 

I fattori predittivi del Disturbo Bipolare di maggiore interesse sono legati alla genetica e alla familiarità, al temperamento e all’età di insorgenza, e alla presenza di segni in grado di preannunciare la bipolarità.

1)     GENETICA E FAMILIARITA’

 

La natura familiare del disturbo bipolare è un fatto incontrovertibile.

Nonostante i vari studi sulla genetica della trasmissibilità dei disturbi bipolari, ancora non è stato possibile identificare con certezza le specifiche modalità di trasmissione dei disturbi dell’umore.

Per discriminare il ruolo dei fattori ambientali e culturali da quelli strettamente genetici, sono stati studiati i gemelli, monozigoti e dizigoti, e gemelli adottivi di familiari biologici e non. Per il Disturbo Bipolare è stato accertato che il rischio di ammalare nei gemelli monozigoti appartenenti a familiari biologici positivi per il disturbo è del 67%, mentre per i dizigoti è del 20%. Questo dato giustifica la maggiore concordanza ad ammalare tra i gemelli monozigoti, concordanza che si esprime anche se vengono allevati separatamente. In base alla gravità del disturbo il grado di concordanza è variabile, posizionandosi intorno all’80% per il Disturbo Bipolare I ed al 59% per il Disturbo Bipolare II.

In generale il rischio di ammalare di Disturbo Bipolare per i figli di genitori biologici affetti dalla malattia è del 20-25%. La variabilità è attribuibile alla presenza di oligogeni diversi che concorrono nel favorire l’espressività del disturbo nei parenti di primo grado e di secondo grado. L’esistenza, inoltre, di una segregabilità genetica favorirebbe la “suscettibilità” ad ammalare anche se non è ancora chiaro il reale meccanismo sulla modalità di trasmissione (28). Alcuni autori formulano l’ipotesi che la trasmissione, di tipo mono o poligenica, sarebbe legata alla frazione terminale del cromosoma X(Xq28). Altri studi, di cui deve essere ancora confermata l’attendibilità, indicano invece il possibile ruolo dei cromosomi 15q, 21q, 18 (29).

La delezione del cromosoma 22q11 è stata associata con anomalie dello sviluppo e vari fenotipi psichiatrici; tra i disturbi psicotici è stata riscontrata un’alta frequenza di disturbo bipolare  ad esordio adolescenziale o in giovane età adulta.

In uno studio sulla valutazione della insorgenza di patologia psichiatrica nella sindrome velo-cardio-faciale, è stata trovata una percentuale insolitamente alta (64%) di soggetti che soddisfacevano i criteri DSM III R  per disordini dello spettro bipolare ad esordio precoce (età media 12 anni).Essendo la sindrome associata a delezione 22q11, questa forte associazione trovata suggerirebbe un’implicazione del tratto genico deleto nella patogenesi del disturbo ad esordio precoce (30-31)

I bambini figli di soggetti bipolari manifestano sintomi affettivi più frequentemente rispetto ai figli di controlli non psichiatrici, a causa della vulnerabilità genetica e dell’esposizione longitudinale al disturbo affettivo del genitore. Gli studi di confronto della psicopatologia di bambini di genitori bipolari con quella dei bambini di soggetti normali hanno evidenziato un tasso significativamente più elevato di diversi disturbi psichiatrici nei bambini di genitori bipolari. In questi bambini i disturbi più comunemente osservati sono : disturbo d’ansia da separazione (24% vs 14%), disturbi della condotta (17% vs 5%), disturbo da deficit dell’attenzione (14% vs 8%); alto risulta anche il rischio di insorgenza di forme depressive precoci, talora prima dei 13 anni. In un altro studio, è stato evidenziato che la psicopatologia nei bambini di genitori bipolari era caratterizzata da una dimensione chiamata ” instabilità”, che consisteva nell’instabilità affettiva, nella scarsa tolleranza alla frustrazione, nella superficialità scolastica, in cattive relazioni con i compagni e in sintomi d’ansia (32).

Indagini osservazionali rivolte a pazienti con Disturbo Bipolare hanno permesso di rilevare la presenza di “unioni non casuali” nella scelta del partner da sposare. Vale a dire che i componenti di queste coppie, pur presentando individualmente un rischio di malattia sovrapponibile a quello della popolazione generale, evidenziano un rischio di morbilità significativamente più alto. Queste unioni favorirebbero l’espressione di genotipi recessivi e di conseguenza l’aumento della frequenza della patologia nei figli. Tale rilievo avvalorerebbe l’ipotesi della correlazione tra diatesi ereditaria e stress, che insieme contribuirebbero alla manifestazione del disturbo.

Gli studi riguardanti i bambini adottivi di genitori affetti da Disturbo Bipolare, rispetto a adottivi (di controllo) di genitori sani, hanno messo in evidenza una maggiore probabilità dei primi ad esprimere la malattia rispetto a quelli sani (33). Questo dato darebbe credito all’influenza dei fattori extragenetici e al modello denominato”a soglie multiple” in cui diversi fattori, genetici, educativi, ambientali, si rendono responsabili della manifestazione del disturbo allorché uno di questi fattori supera il livello di soglia di rischio (34). Inoltre è stata osservata una più alta percentuale di suicidi tra parenti biologici (3,9%) rispetto a figli adottivi di genitori affetti dal disturbo (0,6%).

 Pertanto, è ormai chiaro che i bambini appartenenti ai gruppi ad alto rischio sviluppano uno scarso adattamento, ma la relazione intercorrente tra questi tratti e lo sviluppo bipolare rimane ad oggi mal definita.

Inoltre studi volti ad esaminare l’associazione tra l’età di esordio del disturbo bipolare e il grado di familiarità hanno dimostrato che i parenti di pazienti con esordio precoce hanno un rischio di morbilità per i disturbi dell’umore più elevato rispetto ai parenti di pazienti con esordio più tardivo(34-36). In uno studio Strober et al. hanno evidenziato che il tasso di malattia bipolare nei genitori di probandi con esordio prepuberale della malattia era 3,5 volte maggiore che nei genitori di probandi ancora in buona salute psichica prima dell’esordio del disturbo dell’umore nell’adolescenza. I probandi con esordio prepuberale oltre al disturbo bipolare avevano ricevuto diagnosi di disturbo della condotta con disturbo da deficit d’attenzione con iperattività, di distimia più disturbo ossessivo-compulsivo, di distimia più disturbo d’ansia da separazione nell’infanzia.

Questi risultati sosterrebbero l’ipotesi che ci possa essere un esordio molto precoce di malattia in cui l’espressione prepuberale di anormalità affettivo-temperamentale sia legata ad un genotipo bipolare più grave e a un rischio più elevato di disturbo affettivo nei familiari.

La prevalenza dei disturbi dell’umore nei parenti di probandi bipolari è aumentata nelle nuove generazioni nelle ultime decadi; questo fenomeno è stato definito “effetto coorte”(37). Il meccanismo di questo fenomeno è sconosciuto ma fa supporre che qualche influenza ambientale porti a un’aumento di espressione della malattia nel tempo.

Risulta evidente che l’ereditarietà del disturbo bipolare è complessa e non è spiegabile mediante analisi genetiche semplici; ci sono dati che suggeriscono l’eterogeneità genetica nella trasmissione del disturbo bipolare, ma i modelli specifici devono ancora essere chiariti.

Non è possibile sostenere che gli individui affetti facciano parte di una popolazione geneticamente unitaria; la suscettibilità potrebbe essere trasmessa da geni posti sul cromosoma X, su un autonoma e su altri cromosomi, uno dei quali potrebbe unicamente determinare il fenotipo ad esordio giovanile.

In base alle indagini scientifiche rivolte a questo tipo di pazienti, il fattore genetico può rappresentare un elemento predittivo abbastanza sicuro, soprattutto quando la familiarità per il Disturbo Bipolare è diagnosticata con certezza

 

 

2) TEMPERAMENTO ED ETA’ DI INSORGENZA

 

Nell’insorgenza del Disturbo Bipolare, oltre ai fattori genetici, rivestono un ruolo predittivo anche le caratteristiche fenomeniche legate alla struttura di personalità, al temperamento ed all’età, in varia combinazione. I temperamenti affettivi, prevalentemente il ciclotimico e l’ipertimico sono considerati da alcuni autori predittori di bipolarità (Akiskal, 38).

E’ evidente che l’aspetto personologico, già dalla prima infanzia, denota aspetti significativi per quanto attiene la predittività della patologia.

 

                                                      

 

 

 

 

 

  Fattori predittivi legati all’età e al temperamento:

  INFANZIA:Temperamento ipertimico

 

Tra i fattori predittivi personologici infantili si possono elencare:

 

  • Una maggiore capacità di organizzazione e una spiccata cura dei propri beni che si evidenzia precocemente già in età scolare
  • Una maggiore capacità di coltivare diversi hobby contemporaneamente, sebbene non tutti vengono vissuti con completezza o portati a termine con una finalità precisa
  • Minori problemi rispetto all’immagine del sé che si associa a eccessiva sicurezza, alto livello di autostima, allegria, superficialità, impulsività
  • Una maggiore abilità nel concepire strategie efficaci nella risoluzione dei problemi
  • Attività fisica superiore alla norma con maggiore capacità di iniziativa, assertività, tendenza all’estroversione e alla loquacità che permettono l’acquisizione di un ruolo di leader nel gruppo
  • Un tratto di aggressività accentuato che porta il soggetto alla ricerca di frequenti novità, con scarso timore del rischio e facile intraprendenza (38)

 

 

3) BIPOLARITA’ PREANNUNCIATA

                                                     

Alcune caratteristiche dell’esordio possono preannunziare con sufficiente attendibilità una tendenza alla bipolarità e assumono quindi un notevole significato prognostico:

 

  • Insorgenza in giovane età dei sintomi. Un precoce esordio del corredo sintomatico prelude allo sviluppo di Disturbo Bipolare e ad una maggiore ricorrenza
  • Un esordio acuto di un episodio depressivo nei bambini e negli adolescenti caratterizzato da ipersonnia, da rallentamento psicomotorio, da sintomi psicotici congrui con l’umore, e un carico familiare per disturbi dell’umore sembrano essere predittivi di un successivo decorso bipolare (14,39)
  • La presenza di disordini affettivi nell’albero genealogico, anche trigenerazionale, predispone allo sviluppo del Disturbo Bipolare
  • L’apprendimento di modelli sociali, specie da parte dei genitori, di attitudini e preferenze riguardo le diverse modalità di comportamento-adattamento favorisce la manifestazione del Disturbo Bipolare nei soggetti predisposti (40)
  • Eventi di vita stressanti sono spesso presenti nei soggetti affetti da disturbi affettivi di tipo depressivo mentre per gli episodi di tipo maniacale tale rilievo è più raro. Talora è possibile riconoscere in soggetti con predisposizione temperamentale o personologica un evento stressante adolescenziale o giovanile cui si associa o segue uno stressor recente che assume la funzione di evento scatenante del Disturbo Bipolare (41)
  • L’ipersonnia ritardata rappresenta un precursore specifico per un’eventuale trasformazione in mania.
  • La disforia è un indicatore di rischio verso viraggi maniaco-depressivi
  • Il riconoscimento di una vulnerabilità stagionale o temporale e della periodicità ad ammalare può aiutare a prevenire eventuali ricadute attraverso un calendario di fasi acute.

                              

 

 

 

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

 

In età evolutiva la frequente osservazione di quadri clinici non perfettamente aderenti agli inquadramenti nosografici degli adulti, porta spesso alla complessa formulazione di doppie diagnosi che verosimilmente non inquadrano il reale continuum dello sviluppo della singola personalità.

D’altro canto, in età evolutiva risulta spesso arduo porre in diagnosi differenziale quadri clinici dominati da dimensioni psicopatologiche contemplate in distinte entità nosografiche.

La diagnosi differenziale con i disturbi del comportamento e in particolare con il disturbo di iperattività è difficile vista la sovrapposizione di molti sintomi comuni.

Si discute sulle possibilità che sintomi di disturbi esternalizzanti possano essere dei precursori di un successivo sviluppo di bipolarità, se possano assurgere ad entità nosografiche (ADHD,DC) e quindi in  comorbidità con il disturbo bipolare, se la copresenza di ADHD-DC-DB possa rappresentare un sottotipo di bipolarità o infine un’entità nosografica distinta di disturbo bipolare(42,43).

Al fine di ridurre la possibilità di una sovrastima dell’ADHD appare fondamentale un’analisi accurata del corteo sintomatico in chiave dimensionale riscontrabile in entrambi i quadri; a tal proposito, l’iperattività del maniacale risulta meno casuale e più orientata su comportamenti o tematiche ideative più organizzate di quella presente nell’ADHD.

I sintomi che hanno in comune la mania e i disturbi della condotta consistono in alti livelli di attività, bassa tolleranza alle frustrazioni, impulsività, comportamento invadente, e in alcuni casi accessi aggressivi e ridotto bisogno di sonno. La caratteristica distintiva più importante di questi due disturbi del comportamento consiste nella presenza di sintomi psicotici  solo nei giovani con disturbi bipolare(25).

 

Durante l’infanzia l’ipersessualità che può presentarsi durante un episodio di mania impone la diagnosi differenziale con l’abuso sessuale, assumendo carattere diagnostico quando esordisce acutamente in bambini appartenenti ad ambienti nei quali possono essere ragionevolmente escluse tali problematiche (11).

 

Quando il disturbo bipolare si presenta nell’adolescenza in forma lieve viene spesso catalogato come”crisi adolescenziale” in relazione alla frequente associazione in adolescenza  di labilità emotiva, instabilità dell’umore e periodi di deflessione del tono dell’umore. Diviene quindi importante l’analisi delle anomalie comportamentali gravi che, determinando alterazione del funzionamento sociale, lavorativo o scolastico, diventano ascrivibili ad un disturbo psichiatrico.

 

La schizofrenia è una delle condizioni cliniche più importanti che entrano in diagnosi differenziale con il disturbo bipolare.

Come la mania, anche la schizofrenia si manifesta spesso durante l’adolescenza o la prima età adulta ed esordisce con sintomi psicotici. La fase attiva della schizofrenia e la mania acuta possono essere indistinguibili. E’ comunque molto importante fare attenzione alla cronologia dei sintomi e alla presenza di sintomatologia affettiva contemporaneamente presente ai sintomi psicotici. Infatti,  in letteratura il disturbo dell’umore esordito in adolescenza è stato diagnosticato come schizofrenia nel 50% dei casi a causa della scorretta interpretazione dei sintomi affettivi. La risposta agli stabilizzanti dell’umore con frequenti remissioni del quadro clinico primitivamente diagnosticato come schizofrenico portava ad una ridefinizione della diagnosi in senso bipolare (44).

 

Il disturbo bipolare andrebbe differenziato anche dal disturbo schizoaffettivo. In età evolutiva esistono pochissimi studi sul disturbo schizoaffettivo e l’esistenza dello stesso è stata negata da alcuni (44). D’altra parte, è possibile osservare diverse sindromi la cui definizione provvisoria definisce pazienti con sintomi psicotici non rientranti nei criteri diagnostici per la schizofrenia e per i disturbi bipolari. Una di queste sindromi denominata multi dimensional impairment (MDI) presenta alcuni aspetti clinici che ricordano il disturbo schizoaffettivo(45).

 

Infine esistono altri disturbi psichiatrici, come l’anoressia nervosa e la fobia scolare che vengono diagnosticati in individui che successivamente sviluppano un disturbo bipolare (46).

 

Esistono solo dati preliminari sulla possibile associazione tra disturbo bipolare e disturbi pervasivi dello sviluppo. Se confermati da successivi lavori potrebbe aumentare la frequenza della diagnosi del disturbo bipolare con conseguenti nuove implicazioni cliniche e terapeutiche.

 

Inoltre non sono sorprendenti nei giovani pazienti bipolari comportamenti quali l’abuso episodico di alcool e di  stupefacenti, che si riscontrano con maggiore frequenza rispetto agli adolescenti sani.

Infatti sia dati clinici che epidemiologici indicano che l’esordio del disturbo bipolare precede quello della dipendenza da sostanze di diversi anni. Sostanze psicostimolanti possono indurre fasi di eccitamento maniacale che vanno differenziate dal quadro di base. 

 

 

DECORSO A LUNGO TERMINE E PROGNOSI

 

I dati sul decorso a lungo termine e sulla prognosi del disturbo bipolare giovanile sono poco unitari. Non è noto in che misura l’esordio precoce possa modificare la morbilità futura. In un vecchio studio comprendente 1700 pz, Pollack (1931) notò che tra quelli ricoverati per la prima volta al di sotto dei 20 anni il 22% aveva tre o più episodi pregressi (47). In uno studio longitudinale con periodo di osservazione variabile da 5 a 25 anni, condotto su 60 pazienti bipolari ospedalizzati per la prima volta tra i 15 e i 25 anni di età, Landolt (1957) rilevò che il 90% aveva avuto un decorso con ricadute (48). Carlson et al. (1977) hanno evidenziato che circa il 20-25% dei pazienti bipolari con esordio adolescenziale rimangono significativamente disturbati nelle loro funzioni psicologiche durante gli anni della maturità (49). Welner et al. (1979) hanno descritto il decorso di 12 adolescenti bipolari dopo 8-10 anni dalle dimissioni; 3 si erano suicidati e i rimanenti erano cronicamente malati, con un andamento psicosociale e occupazionale scadente, ripetute ospedalizzazioni e tentativi di suicidio (50).

In un recente studio sulla prognosi del disturbo bipolare, l’età di esordio, il sesso, fattori educativi rappresentano tutti fattori che concorrono ad un decorso peggiore (51). 

Pertanto sono innegabili gli effetti gravemente distruttivi dal punto di vista sociale, intrapsichico,  e psicobiologico dello sviluppo precoce del disturbo.

 

 

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

 

Gli studi sull’efficacia dei trattamenti farmacologici in età evolutiva sono limitati prevalentemente a studi in aperto e a piccole casistiche.

Gli obiettivi principali della terapia del disturbo bipolare sono il miglioramento dei sintomi dell’episodio acuto  in atto, la prevenzione dei nuovi episodi e la  modificazione della prognosi a lungo termine.

L’esperienza clinica mostra una maggiore resistenza al trattamento e una più lenta risposta agli stabilizzanti dell’umore e agli antipsicotici classici del disturbo bipolare in età evolutiva rispetto all’età adulta.

 

Neurolettici

 

Storicamente sono stati i primi ad essere utilizzati come farmaci antimaniacali in età evolutiva. I sintomi bersaglio indicati come target della terapia con antipsicotici classici sono rappresentati dall’aggressività, dall’iperattività, dall’irritabilità e dall’elevazione del tono dell’umore. I più utilizzati sono stati l’Aloperidolo, la Clorpromazina, la Pimozide, la Tioridazina, la Sulpiride e il Tiotixene

La frequente insorgenza di EPS e di sedazione ne limita l’utilizza in età evolutiva.

 

Sali di litio

 

L’efficacia dei sali di litio in età evolutiva è ancora controversa a causa della mancanza di studi su pazienti selezionati con criteri diagnostici rigorosi e monitorizzati con controlli adeguati. Solo dieci studi sono stati effettuati in doppio cieco e controllati con placebo di cui solo tre sono stati condotti su pazienti affetti da disturbo bipolare.

I risultati di questi studi evidenziano una sicura efficacia del litio nel DB e nei disturbi del comportamento auto-eteroaggressivo in età evolutiva (52,53,54).

In adolescenza la risposta al litio comporta spesso una remissione della sintomatologia maniacale in 1-2 settimane di terapia; in altri casi sono necessarie fino a 6 settimane di trattamento.

Analogamente a quanto si verifica nell’adulto, anche nell’adolescente il litio carbonato si mostra efficace nella prevenzione di nuovi episodi maniacali o depressivi.

In uno studio naturalistico sulla terapia di mantenimento con litio in 37 adolescenti affetti da disturbo bipolare I , seguiti prospetticamente per 18 mesi, Strober et al. mostrano un tasso di ricaduta tra i pazienti che interrompevano l’assunzione pari al 92,3%, rispetto ad un tasso pari al 37,5% tra quelli aderenti al trattamento. Le ricadute furono più comuni nei primi 12 mesi di follow-up e furono associate ad altre avvenute successivamente (55).

Tuttavia la percentuale di pazienti adolescenti che manifesta nuovi episodi maniacali o depressivi in presenza di adeguati livelli di litiemia appare più elevata di quella osservabile negli adulti. Fattori predittivi di scarsa risposta terapeutica sembrano essere tra gli altri i ritardi dello sviluppo e una storia prepuberale di aggressività-iperattività .

La decisione di intraprendere la terapia con il litio si fonda sulla gravità e sulla frequenza degli episodi. Se gli episodi depressivi e maniacali sono lievi ma comunque presenti dopo l’inizio della terapia con il litio, questo diviene necessario su base profilattica. Nei casi in cui gli episodi non sono più evidenti bisognerebbe programmare una “vacanza farmacologia”. Nello studio condotto da Strober et al. nel 1990 tra gli adolescenti andati incontro a recidiva mentre assumevano il farmaco nei primi nove mesi, solo il 21% ebbe successivamente una ricaduta. Dunque, la risposta al litio nei primi 6-12 mesi può essere predittiva della risposta a lungo termine(55).

Merita un cenno la gestione degli episodi depressivi che, soprattutto in età evolutiva, spesso precedono l’episodio maniacale. Il trattamento della depressione con antidepressivi negli individui bipolari può potenzialmente precipitare lo sviluppo di un episodio maniacale e promuovere una sindrome bipolare a cicli rapidi. Di qui l’importanza di valutare il rischio del disturbo bipolare in un paziente con un episodio depressivo in atto. In presenza di fattori predittivi può essere prudente associare il litio agli antidepressivi.

Anche in età evolutiva sono raccomandati livelli plasmatici compresi tra 0,6-1,2 mEq/l.

I bambini tendono ad avere una clearance renale più veloce pertanto il litio in questa fascia di età ha un emivita più breve e una velocità di eliminazione più alta. Ciò comporta che lo steady-state sia raggiunto in tempi più brevi rispetto all’adulto. Per raggiungere tali livelli terapeutici è opportuno iniziare con posologie di 30 mg/kg/die in due- tre somministrazioni con incrementi di 300 mg ogni tre giorni se il livello plasmatico non è nell’intervallo terapeutico e monitorare settimanalmente la litiemia. E’ necessario mantenere il dosaggio stabile per 5 giorni in modo da arrivare allo stato stazionario.

Nella maggior parte dei casi la terapia con Sali di litio è ben tollerata anche nei bambini e negli adolescenti. La US Federal Drug Administration ha approvato il trattamento dei disturbi bipolari in adolescenza con Sali di Litio dai 12 anni in su. Sono stati riportati i risultati di uno studio in doppio cieco controllato con placebo che ha dimostrato l’efficacia del litio (52). I più comuni effetti indesiderati sono la poliuria, la polidipsia, dissenteria e aumento di peso. La nausea, il vomito, il tremore, la cefalea, la sedazione, la disartria, l’astenia, l’atassia, e le alterazioni dello stato di coscienza sono segni frequenti di tossicità.

E’ opportuno il controllo periodico della funzionalità renale, di quella tiroidea , dei parametri ematochimici e del ritmo cardiaco.

 

Anticomiziali come stabilizzanti dell’umore

 

Numerosi studi indicano l’efficacia dell’acido valproico e della carbamazepina nel trattamento del DB dell’adulto. L’acido valproico è stato approvato dalla US Food and Drug Administration quale trattamento della mania.

 

Acido valproico

 

Solo pochi studi in aperto suggeriscono l’efficacia dell’acido valproico nella terapia dell’episodio maniacale in età evolutiva.

In uno studio su 11 pazienti ospedalizzati per episodio maniacale o misto l’acido valproico è risultato  moderatamente efficace in 9 pazienti inducendo lieve sedazione in due di essi (56).

La relazione tra livelli sierici di valproato ed azione antimaniacale non è mai stata studiata. La posologia in età infantile è di 10-40 mg/kg/die e per gli adolescenti 1000-3000 mg/die.

 

Carbamazepina

 

Non sono ancora disponibili studi sistematici sull’efficacia della CBZ nel trattamento dei disturbi affettivi dell’età infantile.

Tra i vari studi sull’utilizzo della CBZ in un trial in aperto su 11 adolescenti sulla prevenzione delle ricorrenze essa ha dimostrato buoni risultati in 7 pazienti , moderati in 2, nessuna efficacia nei rimanenti 2 (57).

 

Nuovi anticomiziali

 

L’utilizzo della Gabapentina nella terapia del DB in età evolutiva è limitato alla descrizione di un caso clinico e ad uno studio retrospettivo in aperto su 55 pazienti adulti e 18 adolescenti. La gapentina alla dose di 900-2400 mg/die ha indotto interruzione della ciclicità in 16 adolescenti, miglioramdo il tono dell’umore in 6(58).

Sono ancora molto limitati gli studi con Lamotrigina nella bipolarità in età evolutiva dato che la maggior parte dei lavori si riferiscono alla efficacia in età adulta .

 

Benzodiazepine

 

In età evolutiva possono essere utilizzate come terapia aggiuntiva per pazienti trattati con stabilizzanti dell’umore per episodio maniacale acuto.

 

Antipsicotici atipici

 

Recentemente si sono evidenziati gli effetti benefici di Olanzapina nel trattamento della mania in infanzia e adolescenza . Gli studi relativi, considerando l’Olanzapina in combinazione con Stabilizzanti dell’Umore, hanno riportato  un più rapido e marcato miglioramento della sintomatologia maniacale(59). La nostra personale esperienza conferma l’efficacia della Olanzapina  anche in monoterapia negli stati di eccitamento.

La posologia utilizzata dai 6 anni in su è mediamente di 9,6 ± 4,3 mg/die.

Il farmaco è generalmente ben tollerato. L’effetto collaterale più frequente è l’incremento ponderale e l’aumento dell’appetito seguito da alcuni casi di sonnolenza. Dopo 6 settimane di trattamento si verifica anche una diminuzione dei sintomi depressivi nei casi di circolarità miste.

Il Risperidone a basse dosi , sempre associato a stabilizzanti dell’umore , è risultato efficace in bambini e adolescenti con disturbo bipolare nella riduzione delle recidive di episodi maniacali, migliorando il funzionamento globale anche nei periodi liberi da scompensi.

Tali risultati sono stati confermati da vari studi su bambini e adolescenti con disturbo bipolare, con episodi misti e ciclicità rapida. Gli effetti collaterali che ne limitano l’utilizzo sono rappresentati dall’aumento di peso e dall’amenorrea(60).

Promettenti appaiono i primi dati sull’efficacia e tollerabilità della Quetiapina in adolescenza .

L’utilizzo di Clozapina è molto limitato dal rischio di agranulocitosi e di convulsioni che la rendono scarsamente maneggevole.  

 

 

 

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