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     "LA RESILIENZA COME PROCESSO DI COSTRUZIONE DI SENSO PER GLI ADULTI RIFUGIATI.  Il caso di I."  

 

 

 

 di Chiara Marangio

 



Questo testo è stato presentato dall'Autrice come relazione al convegno internazionale "PSICOANALISI, LUOGHI DELLA RESILIENZA E MIGRAZIONI" ( http://web.tiscali.it/sheerazade/identitaconvegno2014.htm ), organizzato dalla rivista e casa editrice psicoanalitica Frenis Zero e tenutori a Lecce il 7 novembre 2014.

            

 

 

  

   

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

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"Neuroscience and Psychoanalysis" (English Edition)

Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione di: Georg Northoff                                            Writings by/scritti di: D. Mann               A. N. Schore R. Stickgold                   B.A. Van Der Kolk  G. Vaslamatzis  M.P. Walker                                                 Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze

Anno/Year: 2014

Pagine/Pages: 300

ISBN:978-88-97479-06-2

Prezzo/Price: € 49,00

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Vera Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed educazione"

Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione di: Alberto Angelini                                             Introduced by/introduzione di: Vlasta Polojaz                                                   Afterword by/post-fazione di: Rita Corsa

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Biografie dell'Inconscio

Anno/Year: 2014

Pagine/Pages: 248

ISBN:978-88-97479-05-5

Prezzo/Price: € 29,00

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Resnik, S. et al.  (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica" 

Writings by:A. Ambrosini, A. Bimbi,  M. Ferri,               G. Gabbriellini,  A. Luperini, S. Resnik,                      S. Rodighiero,  R. Tancredi,  A. Taquini Resnik,       G. Trippi

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Confini della Psicoanalisi

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 156

ISBN:978-88-97479-04-8 

Prezzo/Price: € 37,00

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Silvio G. Cusin, "Sessualità e conoscenza" 

A cura di/Edited by:  A. Cusin & G. Leo

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 476

ISBN:  978-88-97479-03-1

 Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., "Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura di G. Leo e G. Riefolo (Editors)

 

A cura di/Edited by:  G. Leo & G. Riefolo

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Id-entità mediterranee

Anno/Year: 2013 

Pagine/Pages: 426

ISBN: 978-88-903710-9-7

 Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., "Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor) 

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Cordoglio e pregiudizio

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 136

ISBN: 978-88-903710-7-3

Prezzo/Price: € 23,00

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AA.VV., "Lo spazio  velato.   Femminile e discorso psicoanalitico"                             a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)

Writings by: A. Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B. Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S. Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L. Tarantini, A. Zurolo.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Confini della psicoanalisi

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 382

ISBN: 978-88-903710-6-6

Prezzo/Price: € 39,00

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AA.VV., Psychoanalysis and its Borders, a cura di G. Leo (Editor)


Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jimenez, O.F. Kernberg,  S. Resnik.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis

Anno/Year: 2012 

Pagine/Pages: 348

ISBN: 978-88-974790-2-4

Prezzo/Price: € 19,00

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AA.VV., "Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A. Cusin e G. Leo
Psicoanalisi e luoghi della negazione

Writings by:J. Altounian, S. Amati Sas, M.  e M. Avakian, W.  A. Cusin,  N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini  Scalmati,  G.  Schneider,  M. Šebek, F. Sironi, L. Tarantini.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana/Collection: Id-entità mediterranee

Anno/Year: 2011 

Pagine/Pages: 400

ISBN: 978-88-903710-4-2

Prezzo/Price: € 38,00

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"The Voyage Out" by Virginia Woolf 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-97479-01-7

Anno/Year: 2011 

Pages: 672

Prezzo/Price: € 25,00

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"Psicologia dell'antisemitismo" di Imre Hermann

Author:Imre Hermann

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-903710-3-5

Anno/Year: 2011

Pages: 158

Prezzo/Price: € 18,00

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-2-8

Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 41,00

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Edizione: 2a

ISBN: 978-88-903710-5-9

Anno/Year: 2011

Prezzo/Price: € 34,00

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OTHER BOOKS

"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini

ISBN: 978-88-340155-7-5

Anno/Year: 2009

Pages: 224

Prezzo/Price: € 20,00

 

"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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L'intervento che propongo riguarda un caso clinico trattato in chiave dinamica socio-costruttivista. Vi parlerò di I.,  giovane uomo di origine africana giunto in un servizio di protezione per richiedenti asilo e rifugiati con una sintomatologia ansioso-depressiva.

 

Ritengo però immediatamente opportuno definire la cornice concettuale entro cui l’intervento clinico è stato ed è tuttora espresso.

Avete poc’anzi sentito che il caso riguarderà uno straniero: ebbene, a mio avviso, la "stranierità" è considerata puramente come una condizione di stato e non di tratto, che qualifica una forma di relazione basata su alcune differenze, o meglio sull'alterità, un’alterità che si riscontra nello scambio con qualsiasi Altro, indipendentemente dai confini territoriali di provenienza. Tale condizione non è costante o immanente, ma è situata e contingente, poiché la "stranierità" si rivela proprio in rapporto ad un'alterità prima di tutto linguistica e/o (forse) culturale.

Questa visione è connessa al paradigma postmoderno che si costruisce intorno all'idea della contingenza dei contesti: i fenomeni sono ancorati a questi ultimi e specificati da essi, in essi, perciò nulla è conoscibile allo stato puro, ma solo come prodotto della costruzione della realtà. La conoscenza, in chiave semiotica socio-costruttivista, è quindi un'interpretazione del mondo, non il mondo in sé, poiché i fenomeni sono sempre situati, locali, contingenti, mai totali e generali. Essi non sono in quanto sono, ma sono in base ad un processo sociale di significazione tramite cui si dà senso alle esperienze. Dunque, il senso non è negli eventi ma nel modo con cui ogni soggetto lo genera. 

Il contesto qui trattato è anche e soprattutto un contesto mentale locale e situato, in continuo movimento e dentro la situazione, e l’emersione dallo scontato conduce alla costante messa in discussione dell'esperienza di scambio clinico e proprio questo favorisce lo sviluppo, operando la traduzione da fenomeno a processo. L'attenzione ai processi definisce l' inconscio (in senso matte blanchiano) come uno sviluppo di semiotizzazione affettiva, per cui la mente si vincola e viene vincolata al contesto proprio in base alla presenza dell'altro e all'emergenza del discorso.

Perciò, così come la "stranierità" si traduce da fenomeno a processo, lo stesso sarà per la narrazione degli eventi in seduta e lo stesso ancora vale per il concetto di resilienza.

A mio avviso, essa infatti non è una capacità, un a priori, una condizione primaria che permette al soggetto di fronteggiare situazioni critiche ritornando a sé. Sicuramente, gli assetti personologici e le esperienze precedenti sono fattori determinanti per la resilienza, ma credo che essa non sia in quanto tale, quanto piuttosto un processo continuo e dinamico e, poiché dinamico, legato al tempo e alle esperienze.

L'approccio dinamico socio-costruttivista è un approccio negoziale e co-costruttivo: dunque, contempla un'idea di Persona dotata di agentività e distante dall'ottica della perdita, del deficit, della carenza. In tale ottica, il clinico accede alla Persona attraverso e nella relazione nella sua totalità, nel suo essere Persona e non esclusivamente nelle accezioni di stato. La posizione del clinico è di estraneità, è di rinuncia al possesso assoluto di sé e dell'altro nelle categorie e ciò equivale ad intercettare le modalità del significare distinguendole dai contenuti della narrazione, de-ontologizzando.

La relazione clinica è il luogo mentale ove i significati possono trasformarsi proprio sulla base della presenza delle alterità, della co-costruzione tra alterità: pertanto, il cambiamento di posizione delle persone equivale ad un cambiamento nella significazione che favorisce il processo di resilienza, anzi equivale al processo di resilienza. La resilienza non è solo un risultato, è un processo continuo in continua trasformazione. È lo sviluppo e la posizione dello sviluppare pensiero, slegandolo dall’incalzare degli agiti e sintonizzandolo sul dare parola alle emozioni e ai comportamenti.

 

Ed ora veniamo al caso in questione.

La storia di I. non è una storia di guerra e di persecuzioni politiche, di carcerazioni e di torture. Eppure la sua storia ha delle connotazioni fortemente traumatiche.

I. viene dalla Guinea Bissau. Giunge in Italia circa 3 anni fa partendo dalla Libia, dove lavora come muratore prima che la guerra travolga il Paese. Prima ancora, trascorre un anno in Mali, dove ripara dopo la fuga dal suo Paese, per via di minacce di morte da parte del padre della sua fidanzata e per via delle umiliazioni e dello sfruttamento di alcuni parenti.

I. è figlio unico. Sua madre muore per malattia un anno prima della sua fuga. Il padre invece non c’è più da quando I. è un bambino e la sua morte è un accadimento oscuro: pare sia stato ucciso per essere privato dei beni, alcuni dei quali in società con il padre della fidanzata, allora intimo amico del padre di I..

 

A causa delle minacce di morte, dell’assenza di riferimenti affettivi, della preoccupazione nei confronti della fidanzata, anch’ella osteggiata nella relazione con I., questi decide di lasciare il Paese e di tentare di creare le condizioni per un futuro più roseo e normale in luogo altrove in cui accogliere il suo amore.

Le realtà che incontra strada facendo si rivelano invece faticose e pericolose e, giunto in Italia via mare, I. è visibilmente provato e spossato. Viene inserito in un centro di accoglienza nel Sud Italia. Poco dopo l’inserimento, viene raggiunto da una notizia nefasta: la sua fidanzata e sua madre sono morte in un incidente stradale, mentre si recavano in aeroporto. La sua fidanzata stava partendo per ricongiungersi con lui e finalmente iniziare una nuova vita insieme, senza ostacoli e lontano dalle pressioni e dalle minacce di morte.

La già evidente condizione di precarietà psicofisica di I. si acuisce fino a raggiungere uno stato di profonda depressione, con inappetenza, isolamento, umore depresso, mutismo, pianto, sentimenti di colpa, spossatezza, insonnia, apatia, anedonia, disistima, trascuratezza nell’igiene personale e degli spazi, emicrania, ideazioni suicidarie.

Nonostante la terapia psicofarmacologica di tipo antidepressivo, non appaiono significativi sviluppi sul piano del benessere e l’équipe del centro di accoglienza avanza richiesta per l’inserimento in un Progetto del Servizio di Protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ove possa essere accompagnato e seguito in maniera più adeguata e peculiare.

Quando lo incontro la prima volta, trovo un giovane molto magro, stretto nelle spalle, chiuso posturalmente, con lo sguardo rivolto verso il basso e l’espressione facciale cadente, stanchissima, spenta. Parla italiano in modo insufficiente: non conosce lingue coloniali e parla una lingua orale per cui risulta difficile reperire un mediatore linguistico. Nella relazione, I. si dimostra immediatamente adesivo e si connota come vittima sfortunata degli eventi che narra, nonostante la povertà di vocabolario in lingua italiana.

Il tema della morte è molto presente e nei colloqui riguarda un desiderio di lasciarsi andare, di abbandonarsi agli eventi, di privarsi di tutto, anche del cibo. Alla disponibilità rispetto alle attività formative e ricreative proposte dal Progetto, fa seguito uno scivolamento verso il basso del tono dell’umore fino all’immobilità e ad un quadro caratterizzato dal senso di debolezza e di svuotamento, dal rifiuto relazionale, dal senso di colpa, da un abbassamento dell’autostima, da una totale assenza di programmazione e da anedonia. A ciò si accostano stati somatici riguardanti spossatezza fisica, ipersonnia e insonnia alternate, letargia.

Nelle sedute, risponde a malapena a delle domande, a degli stimoli con dei cenni del capo o con tirati sì e no, come se facesse degli sforzi sovrumani a reagire.

Una pianificazione congiunta di interventi tra psicologa e operatori del servizio permette un lento viraggio della situazione, passando ad un graduale coinvolgimento in attività ricreative, formative, scolastiche, al fine di configurare una struttura di sostegno che funga da cuscinetto per la condizione di annientamento di I..

In quest’ottica, si instaura una stretta collaborazione con la psichiatra del CSM di riferimento, con la quale si stabiliscono interventi in continuità e condivisi.

Nei quattro mesi successivi, sembra descriversi un andamento tra uno sforzo di organizzazione e una fatica nel sostenere e mantenere costanza rispetto alle attività intraprese. Nelle sedute spesso appare spento, paralizzato e dice di essere impossibilitato a parlare, ad esprimersi: si sente morto e descrive la sua condizione come una sospensione, una sorta di dannazione che lo tiene in vita pur essendo morto dentro. Ripercorre continuamente l’evento della morte della fidanzata: è tutto dentro a questa condizione, a tal punto da perdere i confini del senso di realtà.

Il suo vocabolario linguistico italiano si arricchisce velocemente, ma lo studio della lingua appare estenuante: il soggetto avvisa difficoltà nel mantenimento dell’attenzione e della concentrazione, lamenta pensieri con forma di reviviscenza legati alla fidanzata deceduta. A volte racconta di sentirsi in colpa per essere in vita, altre si chiude in una fantasia di relazione con lei per cui nulla è interrotto e lui è ancora implicato in una storia d’amore. Quest’aspetto sembra evidente anche nel rifugiarsi nella visione continua di film d’amore e "telenovelas" di cui sembra necessitare, come se lo spazio della sopravvivenza fosse dato dall’aggrapparsi al sogno, perdendo il confine della realtà e anche il senso del tempo.

I. è immobile: a volte non si presenta alle sedute, altre volte sembra assente pur essendoci, altre dichiara di non voler parlare, ma di fatto non lascia la stanza e nel frattempo si stupisce del fatto che io sia lì, a disposizione e che non riempia mai il suo spazio con altri pazienti, con altre sedute. Nel suo vuoto, insisto con la mia presenza affinché pian piano I. possa percepire che è possibile costruire nella relazione uno spazio di libertà in cui lui possa viversi senza sentirsi colpevole o cattivo, dipendente o annichilito. Io lo aspetto, mantenendo interventi supportivi.

Pian piano, l’atteggiamento adesivo o di isolamento lascia il posto a momenti di apertura alla conflittualità che sembrano produrre una dichiarazione di identità, avviando una relazione paritaria scoraggiante la dipendenza. Attraverso lo specchiamento e l’alterità, I. inizia a confrontarsi, dichiarare, preferire, decidere, opporsi, riflettere e raccontarsi in forme che segnano uno slancio verso il cambiamento e verso un lavoro di tipo espressivo. Ad esempio, un giorno in seduta racconta di sentirsi vivo e lo dice dopo aver tradito l’isolamento per andare a fare una passeggiata con delle persone appena conosciute. L’incapacità di dire di no all’invito, data dal senso del dovere, è diventata la possibilità di uscire dalla condizione di solitudine, di tristezza e di senso di morte. Sperimenta così una sensazione di benessere e di compagnia, la sospensione dei suoi pensieri sulla fidanzata, la curiosità per quelle persone.

La relazione con I. si sviluppa mediante uno scambio in cui il paziente prende consapevolezza dei suoi sentimenti, dei suoi comportamenti e comincia lentamente a darvi parola, fino al punto in cui riesce a ripercorrere la sua storia passata e a narrare il significato dei suoi vissuti anche attraverso l’uso della metafora, che diventa un canale comunicativo importante e che stabilisce la capacità di allegorizzare e trasformare stati d’animo in immagini, in simboli, in nuovi segni.

Volta per volta, I. dà voce al suo passato, al suo modo di vivere in relazione con la fidanzata e con la madre, figure portanti della sua vita. Gli interventi mirano ad umanizzare tali oggetti, ricostruendo ricordi di vita quotidiana, eventi importanti dal valore negativo e positivo, al fine di relativizzare il vissuto nel tempo, decostruendo quel senso di continua presenza che caratterizza le esperienze traumatiche.

 

Dico trauma perché la perdita della sua fidanzata e le precedenti perdite (madre, terra, lingua, vissuti) non appare relegabile nel tempo ad un lutto: piuttosto si configura una forma traumatica caratterizzata dalla presentificazione degli oggetti, degli eventi, più in generale delle esperienze, dall’assenza di "infuturazione", dalle reviviscenze, dalla tensione generalizzata o specifica, dalle difficoltà mnestiche ed attentive, e soprattutto da un blocco della spazio-temporalità del soggetto.

Se il tempo è un organizzatore delle esperienze poiché la memoria è ricostruttiva, nel processo traumatico esso non è scandito ma condensato e ingloba in sé il criterio dello spazio. Così tutto è continuamente presente in una forma magmatica e saturante che veicola la sintomatologia fin qui nota e la reificazione continua delle esperienze vissute.

Dunque, a mio avviso, il trauma potrebbe essere inteso come un processo di gravitazione di elementi che assumono una configurazione cristallizzata e continuamente autoreplicantesi in un moto circolare che attrae, assorbe e satura tutti i segni convergenti e massimizza e irradia i significati traumatici su tutta la realtà.

 

È l’uso del dispositivo clinico dell'estraneità a consentirmi di relativizzare la dimensione traumatica di I. e di integrarla in una visione complessiva e complessa, permettendomi di tollerare la sua narrazione catastrofica, di metabolizzarla per restituire una funzione di mentalizzazione e quindi di rappresentazione della sua mente e non di rappresentazione di lui.

La forma relazionale e di scambio discorsivo favoriscono la rottura della circolarità della significazione traumatica, la sospensione dell'agito, il riconoscimento delle differenze e dei movimenti, accedendo ad un pensiero nella relazione e sulla relazione.

In quest’ottica si inscrive la mia relazione col paziente e in quest’ottica è possibile distinguere la sintomatologia depressiva e post-traumatica dal suo assetto di personalità depressivo, caratterizzato dall’idea della perdita e dalla dicotomia cattiveria/bontà e solitudine/relazionalità.

La cornice della co-costruzione consente col tempo di sganciare il soggetto dalla dipendenza altrui, dalla necessità di esistere solo attraverso l’altrui nutrimento affettivo, dalla paura di essere inadeguato e aggressivo. La conflittualità che si esprime in alcune sedute è l’emersione del sentimento della rabbia con cui I. fa i conti pian piano, esplorandola come emozione, senza negarla o condannarla moralmente.

Ciò favorisce il processo di resilienza, il riconoscimento delle rispettive alterità, la possibilità di individuazione senza il terrore dello svuotamento e della separazione.

In tal modo, I. inizia a riflettere sulle esperienze drammatiche e spiacevoli della propria vita, sul senso di umiliazione con cui è cresciuto, sull’idea dello sfruttamento e del soggiogamento a cui si è sentito costretto dalle persone e dagli eventi, sulla vergogna di non essere capace, di sentirsi debole. Risignificare gli eventi permette di ritrovarsi nel qui ed ora della relazione, nel presente della sua esperienza migratoria in cui tutto è nuovo e sconosciuto, estraneo e da abitare fisicamente e psicologicamente.

Si intravede una forma di processo secondario che discrimina e crea mondo, distingue le esperienze secondo categorie spazio-temporali, le ri-significa, storicizzando gli accadimenti.

Su mio invito, inizia ad occuparsi del giardino della casa in cui vive con l’intento di ritrovare un’agentività, di occuparsi, di esprimere un saper fare in un ambito a lui caro: la natura e la cura delle piante.

Si abbassano i livelli di ansia, I. organizza il tempo, scandendolo tra gli impegni domestici e la frequenza del corso di alfabetizzazione, che si rivela fallimentare per la vergogna e l’ansia di giungervi analfabeta e di non avere alcun metodo didattico a cui ancorarsi.  Le sue assenze scolastiche non gli permettono di accedere alle prove finali e di conseguire un certificato ma, nelle sedute, uso questa difficoltà come un’occasione per riflettere col paziente sulla situazione e decostruire quell’aspettativa di punizione che questi si aspetta per non aver mantenuto il suo proposito. Dunque, le sue fantasie non trovano riscontro: piuttosto nel percorso psicologico si esplorano i significati e i modi con cui I. interpreta le situazioni. Pare infatti che cerchi l’espediente per espiare un fantasma di colpa che si sente addosso continuamente e lo fa sentire sbagliato e, proprio per disconfermare questa dinamica di pensiero, l’intervento clinico esprime un’interferenza a questa credenza, connotando me come presenza non giudicante, come interlocutore paritario, in una distanza che permette di riflettere insieme e insieme cooperare ad un cambiamento di significazione.

Le esperienze nuove fanno ancora paura e agiscono sul livello di autostima di I. che scende fino a sentirsi un “poverino” difettoso e senza speranza, rappresentandosi come una vittima arenata ed impossibilitata allo sviluppo, come un bambino rifugiato nella fantasia e nelle regressioni. Decostruendo i significati attribuiti alla sua posizione, I. costruisce dall’altra parte una base fatta di consapevolezze, senso di realtà e capacità introspettiva e critica tali da organizzare nuovamente tempo, azioni e mente, dimostrando che il suo atteggiamento “pacifico” non è più sintomo di passività ma di scelta ragionata.

Comincia a dipendere meno, a vivere indipendentemente dalla presenza dell’altro, a riscoprire curiosità e piacere per le esperienze, a progettare e attuare esperienze lavorative, a decidere, a confrontarsi su posizioni differenti con me e gli altri operatori, ad avanzare richieste senza il timore di disturbare.

Il quadro sintomatologico va scemando, tanto da non ritenere più opportuna l’assunzione della psicofarmacoterapia. In questo passaggio, I. si separa dal farmaco a cui aveva attribuito precedentemente la responsabilità del suo benessere e lo fa concertando la sua esigenza di non assumerlo con il percorso tenuto con me e con la psichiatra del CSM. Lentamente, I. chiama le emozioni con il loro nome, distingue il passato dal suo presente, inizia a progettare il suo stare in Italia e ad immaginare il suo futuro, a prendere consapevolezza dei suoi modi disfunzionali e a maturare nello scambio con me delle visioni alternative, assumendo in sé ed integrando punti di vista differenti, la sua stessa alterità.

Col tempo, le figure della madre e della fidanzata diventano dei soggetti-guida, trasformandoli misticamente in presenze-simboli-guida, in punti di riferimento per la mente, e conservando l’idealizzazione nell’ambito degli insegnamenti che dal rapporto con loro son derivati.

È qui che I. riferisce di sentirsi tutto e intero, di piacersi così com’è, di sapere che cadrà ancora e molte volte ma che ora quando cade, resta a terra il tempo necessario per riprendere le forze e rialzarsi, proprio come gli diceva la madre nei momenti critici.

Su questa scia, assume che discutere e litigare sono un modo per conoscere l’altro e non per perderlo o distruggerlo e afferma la sua identità ristrutturata quando spiega che “nessuno può educare un bambino a modo suo perché lui deve vivere per come è”.

Col tempo, l’abitare se stesso corrisponde a rimettere in discussione il suo essere straniero e a percepire che qualunque estraneo o straniero è solo una persona non conosciuta e da conoscere, a cui chiedere, da cui ascoltare storie ed esperienze, a cui raccontare le proprie:

“Prima ero chiuso col mio dolore. Non ero pronto. Quando è morta la mia fidanzata, mi sono ammalato e non parlavo più. Ora ho capito che bisogna far uscire le cose dal cuore. Voglio vivere, anche se non farò magari le cose di prima. Voglio ridere. Anche il corpo vuole… quando tu e le altre persone mi parlate, mi fate sentire dove io non ho mai pensato di essere. Ora so che le persone ci sono. Ma so che anch’io ci sono. Prima pensavo che non c’ero. Anche ora ho tanti pensieri tristi ma penso sempre che poi passano”.

I. assume la responsabilità su se stesso, sospendendo e decostruendo quel senso fatalistico e fallimentare che spesso ha dato alla “profezia che si autoavvera”, rappresentandosi come attore delle sue esperienze, rompendo il ciclo tragico del sentirsi vittima e promuovendo una sorta di emancipazione e di rivalsa dalle perdite e dalle umiliazioni: questa è per me la resilienza di I..

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
   

 

 

 

   
 
 

 

 

 

 

 

 

         

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

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