Presentation   News Events   Archives    Links   Sections Submit a     paper Mail

FRENIS  zero 

 Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte  

  Home Frenis Zero

        

 

"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria". N.10, anno V, giugno 2008.

    "ALLA RICERCA DEL SE' TRA LE PIEGHE DELLA MEMORIA"

 

di Franca Maisetti Mazzei

 

 Questo testo è stato presentato dall'autrice al convegno internazionale "Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" (Lecce, 5 aprile 2008). Franca Maisetti Mazzei è psicoanalista dell'Istituto Neofreudiano di Milano.

Foto: Franca Maisetti Mazzei nel corso della sua relazione che è stata presentata dal Prof. Giovanni Invitto dell'Università del Salento ( convegno "Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" - Lecce, 5 aprile 2008).

 

 

 

 


 

“E come ai tempi andati

potresti dormire nel mare”

Paul Eluard

 

 

 

         

La mediterraneità. L’immagine di “Una madre immensamente espansa, eterna, proiettata nell’infinito”: è questa la rappresentazione che il vocabolo mi suscita.

Non è al mare-realtà che penso, da solo non riuscirebbe a spiegare la fascinazione profonda, meravigliosa e terribile che il mare ha sempre esercitato sugli esseri umani. Il mare come metafora della vita aldilà della vita vissuta. La sua musica, il ritmare della risacca, le urla del vento che solleva la tempesta, la dolcezza dell’onda calma che culla e rasserena e via via un susseguirsi di metafore fino al bisogno dell’ultima, quella del limite che all’uomo serve porre per poterlo superare, per non sentirsi inglobato nel nulla dell’indefinito, per emergere, individuarsi, nascere e morire.

Le colonne d’Ercole.

 

Scrive Emily Dickinson:

“Come se il mare separandosi/ svelasse un altro mare,/ questo un altro, ed i tre/ solo il presagio fossero/ di un infinito di mari/ non visitati da riva/ il mare stesso al mare fosse riva/ questo è l’eternità.

Il Mediterraneo, più di ogni altro, ha accolto diverse realtà fin dai tempi antichi, storie di uomini e di popoli, guerre e civiltà evolute, briganti, pirati, commercianti, soldati, condottieri e una varietà di razze, lingue, credenze, miti. Tutto ciò ci permette, come in un suggestivo viaggio intellettuale, di guardare all’uomo come a una foresta di segni, simboli e relazioni. Memoria e coscienza nel tempo si intrecciano e si confondono.

 

Nel contesto attuale che fa dell’omologazione un’arma di sopravvivenza, la fatica più grande che l’uomo si trova ad affrontare nel corso della propria esistenza, è il raggiungimento della propria individuale unicità e creatività. Può essere che la causa di tale fatica sia nella confusione tra individualità e individualismo e nella difficoltà a sentirsi diverso tra simili. Può essere che nella brama di sentirsi esistere si sia confuso l’essere col potere, il soggetto con l’oggetto, il sostantivo con l’aggettivo. Oppure che la somma di tutto ciò abbia portato l’essere umano a viversi parzialmente, difendendosi per paura da ogni emozione autentica, confondendo emozione e sentimento con sensazione e percezione.

 

Nell’Introduzione alla psicoanalisi Freud  parla di due grandi mortificazioni che la scienza ha recato all’uomo nel suo ingenuo amore di sé. Con Copernico ha dovuto ridimensionare l’idea della centralità della terra, non più al centro dell’universo ma  piccola particella di un sistema cosmico, piccola cosa nell’immensità dell’universo. Successivamente con Darwin grazie alla ricerca biologica ha scoperto la sua provenienza dal mondo animale, limitando di molto la pretesa superiorità e la posizione di privilegio nella creazione.

Ma la più scottante mortificazione la megalomania dell’uomo la subisce da parte dell’indagine psicologica che dimostra quanto l’Io non solo non è padrone in casa propria ma deve fare assegnamento, se ne è capace, su scarse notizie provenienti dal suo inconscio.

Ciascuno di noi possiede un proprio mondo inconscio, una sorta di teatro interno del quale è sceneggiatore, attore e regista. Si può affermare che ogni uomo è il suo inconscio in quanto ogni sua azione è condizionata da quello che si agita dentro di sé. Purtroppo però l’inconscio è appunto in-conscio, nascosto, Freud lo paragonava ad un iceberg di cui emerge solo la punta per cui si arriva con fatica a conoscerne solo una parte. Il resto è come un buco nero.

 

La psicoanalisi contemporanea, adeguando il proprio campo d’osservazione alle nuove patologie e ai nuovi disagi esistenziali, ha integrato e in parte superato la teoria pulsionale, tipicamente freudiana, con la teoria relazionale e degli affetti, puntando maggiore attenzione sul linguaggio delle emozioni, dei sentimenti e anche su quanto il corpo racconta del suo mondo interno, non solo attraverso la vita istintuale ma anche attraverso il suo muoversi nel mondo delle relazioni. E’ possibile in tal modo rubare qualcosa in più ai buchi neri della memoria che definiamo inconscio.

Non è possibile infatti scindere la funzione della memoria dal concetto di inconscio. <<Il primo compito creativo del bambino>>, scrive Mancia, <<è quello di formare le prime rappresentazioni, dare loro una collocazione spazio temporale e organizzare il mondo interno. Questo compito è reso possibile dalle esperienze sensomotorie oltre che acustiche, gustative, olfattive, depositate nella memoria implicita.>>(M.Mancia “Sentire le parole”).

  Foto: Mauro Mancia

Egli parte dal presupposto che le esperienze sensoriali, le emozioni, le fantasie, le difese che hanno contribuito nel corso della vita a strutturare il nostro mondo interno, a partire dalla nascita o forse dalla vita intrauterina, siano archiviate nelle strutture nervose deputate alle funzioni della memoria.

 

La ricerca neuroscientifica ha dimostrato che esistono nel nostro cervello due sistemi di memoria a lungo termine: una che riguarda avvenimenti della vita di ciascuno che possono essere rimossi e che, attraverso il ricordo, permettono una ricostruzione della propria storia. E’ la memoria esplicita.

E un’altra che non può essere riportata alla luce perché non è mai arrivata alla coscienza in quanto riguarda esperienze della fase preverbale, quando è impossibile la simbolizzazione e la formazione del pensiero. E’ la memoria implicita.

Essa ha a che fare con le esperienze primarie della relazione madre- bambino e probabilmente anche con gli stimoli che il feto riceve dalla madre durante la gravidanza.

Tale memoria solo recentemente è stata presa in considerazione per la sua importanza nell’interno della teoria psicoanalitica della mente (nel 1974 Warrington e Weiskrantz ne avevano parlato a proposito di pazienti con amnesia da Korsakov).

 

Scrive Mancia che alla fine della gestazione e nei primi due anni di vita, le strutture necessarie alla memoria esplicita, in particolare l’ippocampo e la corteccia temporale mediale, non sono mature, per cui la rimozione non può avere luogo. Inoltre, secondo un dato recente della letteratura neuroscientifica, traumi psichici di varia natura ed esperienze precoci di separazione danneggiano nei mammiferi l’ippocampo fino all’atrofia dei suoi neuroni. Quindi rendono inagibile il sistema della memoria esplicita, ostacolando sia l’apprendimento che la memoria. Non viene invece intaccata la memoria implicita che rimane l’unica memoria dove le esperienze possono essere depositate senza essere rimosse.

 

La memoria implicita ha inizio fin dai periodi più precoci dello sviluppo. Essa fa capo a circuiti cerebrali che fanno capo all’amigdala, organo delle emozioni per eccellenza, che matura prima dell’ippocampo. Coinvolgono inoltre il cervelletto, i gangli della base, la corteccia del cingolo, l’insula e le aree temporo-parieto-occipitali dell’emisfero destro (fortemente caratterizzato sul piano emozionale)

E’ possibile inoltre una perdita di neuroni ippocampali durante la vita a causa di stress o traumi, per cui è possibile che i circuiti della memoria esplicita vengano danneggiati o alterati. Ciò non accade per la memoria implicita, l’unica disponibile fin dall’inizio della vita ad accogliere tutte le esperienze della primissima infanzia e ogni tipo di trauma.

Questo doppio sistema di memoria, in stretto rapporto con la funzione inconscia della mente, permette di ipotizzare due forme di inconscio: l’inconscio non rimosso collegato alla memoria implicita e l’inconscio rimosso collegato alla memoria esplicita.

 

Freud nel 1899 in ‘Ricordi di copertura’ parla di falsificazioni tendenziose della memoria al servizio della rimozione di esperienze perturbanti. Ne parla per spiegare l’amnesia infantile. Parla ancora di esperienze precoci infantili anche in ‘Ricordare, ripetere e rielaborare’ nel 1914 e dell’importanza dei sogni per poter prendere coscienza di esperienze precoci infantili. Si avvicina molto al concetto di memoria implicita ma resta ancorato al concetto di rimozione per lui strettamente connessa alla memoria. Nel ‘Disagio della civiltà’ (1930) scrive che tutto ciò che si è sperimentato nel passato non può essere dimenticato, sopravvive nel presente e il transfert ne permette il recupero. Ma si tratta sempre di recupero del rimosso. E il non rimosso legato alla memoria implicita? Costituirebbe forse quella parte dell’iceberg tanto profonda da non poter mai venire alla luce?

 

Otto Kernberg ci dice che le relazioni oggettuali internalizzate esercitano sull’individuo delle influenze cruciali rispetto all’accettare, rigettare o negare la sua relazione con l’ambiente e la cultura da cui proviene.

Foto: Otto Kernberg

Esiste, egli afferma, un mondo precoce ricco e complesso, dotato di potenzialità plurilinguistica e perfino polilogica, un mondo in cui le primissime relazioni oggettuali internalizzate sono poste e organizzate nel contesto di una comunicazione linguistica interpersonale e intrapsichica.

Scoperte e formulazioni derivanti dalla neurofisiologia, dalla psicolinguistica e dall’antropologia culturale fanno pensare che esista un potenziale plurilinguistico primario, universale, che si esprime nelle capacità neurofisiologiche di acquisizione del linguaggio.

Sono le primissime relazioni oggettuali cariche d’affetti che attualizzano nelle strutture psichiche inconsce e consce il potenziale linguistico e il concetto di sé e degli altri.

 

Ancora Mancia ci parla di cosa accade nel grembo materno dopo il 5° mese di gravidanza, quando il feto diventa sensibile agli stimoli uditivi provenienti dalla madre. Battito cardiaco, ritmi respiratori, rumori intestinali, costituiscono il primo contenitore definito dalla continuità del ritmo. Dopo la nascita, la voce della madre diverrà lo strumento esterno capace di dare continuità (o rompere) l’esperienza musicale ritmica precedente.

 

Il mio analista Franco Fornari usava dire, parafrasando il libro sacro: <<In principio era il suono e il suono era presso la madre e la madre era il suono>>.

  Foto: Franco Fornari

La voce della madre e gli sguardi che si fondono durante l’allattamento tra madre e figlio, servono alla continuità sinestesica tra corpo mucoso e corpo eido-acustico del bambino. La sensazione auditivo-visiva in concomitanza con la sensazione di natura sensoriale formerà un involucro analogo all’esperienza della pelle descritta da Anzieu in “L’Io pelle” nel 1987.

   Foto. D. Anzieu

L’intonazione e il ritmo della lingua materna, l’acquisizione prosodica lo aiuterà a rappresentarsi le intonazioni relative alle vocali e alle consonanti della stessa lingua materna. Gli affetti più primitivi collegati alla dimensione musicale della lingua costituiscono quindi un ruolo fondamentale nella modalità di comunicazione.

 

Winnicott in “Gioco e realtà” del 1971 parla del suono della voce della madre che il bambino sperimenta come specchio del suo stato emozionale interno.

In questo delicato momento relazionale legato a sensazioni in cui il corpo è il solo capace di veicolare affetti ed emozioni, fondamentali per lo sviluppo della personalità, eventuali traumi di intensità e natura diverse possono dare origine a difese e fantasie che saranno depositate nella memoria implicita. Da esse la distorsione del processo che organizza l’inconscio precoce non rimosso e la compromissione della capacità relazionale, delle funzioni riflessive e intersoggettive precoci, basi dell’organizzazione di un Sé solido.

Il fatto che il linguaggio, nella sua musicalità, denoti un affetto nella relazione primaria ci porta a pensare che possa avere un ruolo importante anche nel transfert.

Nell’incontro analitico, essendo la parola lo strumento principe a nostra disposizione, quanto depositato nel teatro della memoria implicita può essere rivissuto emozionalmente nel transfert, cioè in ogni componente infra o extra verbale o rappresentato simbolicamente nel sogno, in quanto capace di offrire una raffigurabilità psichica che supplisce alla mancanza di rappresentazioni dell’inconscio precoce non rimosso.

 

Mancia definisce la dimensione musicale dell’incontro analitico come un linguaggio “sui generis” la cui struttura simbolica è isomorfica a quella del nostro mondo inconscio emozionale e affettivo aldilà del contenuto della narrazione, perché la prosodia della parola è antecedente al suo significato semantico. La dimensione musicale è legata alle primitive esperienze affettive ed emozionali del feto prima e del neonato poi, con la madre e l’ambiente in cui cresce.

Importante quindi in terapia il modo in cui il terapeuta si rivolge al paziente, la musicalità della sua voce, la struttura e i tempi del suo linguaggio, in modo da riproporre un area di scambio, un’atmosfera idonea a quelle proiezioni e introiezioni che un tempo avvenivano o sarebbero dovute intervenire tra madre e bambino.

 

Mancia ha sempre insistito sulla necessità di valorizzare l’interpretazione di transfert relativamente alla costruzione nell’hic et nunc della seduta ma, rivalutando anche la ricostruzione da un nuovo vertice epistemologico.Le esperienze relazionali in seduta hanno cioè il potere di riattivare, anche senza il ricordo, emozioni ed affetti depositati nella memoria implicita.(Allargamento del concetto di Nachtraglikeit).

Costruzione e ricostruzione sono, afferma Mancia, sintonici e contemporanei. Essi formano una struttura che si riferisce contemporaneamente al presente, al passato e al futuro in quanto crea le condizioni del cambiamento della struttura inconscia della mente

La funzione del sogno è quella di rendere simboliche esperienze  positive e negative vissute in epoche preverbali e presimboliche, permettendone la pensabilità e la verbalizzazione. E’ come permettere di raffigurare il non rappresentabile per recuperare parti di sé negate o scisse o proiettate in epoche arcaiche dello sviluppo della mente. Lo svelamento simbolico suggerisce la strada di un percorso trasformativi.

Questo lavoro non esclude il lavoro ben più massiccio della memoria dichiarativa o su quanto rimosso. Ogni ricordo depositato nella memoria esplicita serve al processo di costruzione e ricostruzione e alla trasformazione che il lavoro analitico attua. Diciamo che sono presenti entrambi nel transfert e possono aiutarsi a vicenda nel ricostruire la favola della propria vita.

 

E ritorniamo al mondo mediterraneo inteso come alveo materno filogeneticamente e ontogeneticamente generatore di figli uguali e diversi, ciascuno portatore della propria ricchezza e povertà, conscia e inconscia.

Mi piace chiudere ancora con una poesia della Dickinson:

“Tutto imparammo dall’amore:

alfabeto, parole,

un capitolo,il libro possente,

poi la rivelazione terminò.

 

Ma negli occhi dell’altro

Ciascuno contemplava un’ignoranza

Divina, ancora più che nell’infanzia;

L’uno all’altro fanciulli,

 

tentammo di spiegare

quanto era per entrambi incomprensibile.

Ahi, come è vasta la saggezza

E molteplice il vero!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

 

Anzieu D. “L’Io Pelle” (1985) Borla, Roma 1987

L’epidermide nomade e la pelle psichica” (1990) Raffaello Cortina, Milano, 1992

Fornari F. “La vita affettiva originaria del bambino” Feltrinelli, Milano, 1982

Di Benedetto A. “Prima della parola. L’ascolto psicoanalitico del non detto attraverso le forme dell’arte”, Angeli, Milano, 2000 –

L’ascolto musicale in psicoanalisi. Un modo per contattare il preverbale”, Seminari multipli di Bologna, 27 settembre 2003

Freud S. “Ricordi di copertura” (1899) vol.2, OPERE, Boringhieri 12 vol.

L’interpretazione dei sogni” (1899) vol.3,

Ricordare, ripetere e rielaborare” (1914) vol.7

Introduzione alla psicoanalisi” (1915) vol.8

Aldilà del principio del piacere” (1920), “L’Io e l’Es” (1922) vol. 9

Inibizione, sintomo e angoscia” (1925) vol.10

Disagio della civiltà “ (1929) vol.10

Galimberti U.“La casa di psiche-Dalla psicoanalisi alla pratica filosofica” Feltrinelli, Milano 2005

Kernberg O.F.“ Disturbi gravi della personalità“(1984) Boringhieri, Torino 1987

Mancia M. “Neurofisiologia e vita mentale” Zanicherlli, Bologna 1980

Cervello”, in –Enciclopedia- vol. 15, Einaudi, Torino 1982

Il sogno come religione della mente” Laterza, Roma, Bari, 1987

Vita prenatale e organizzazione della mente”in “La nascita del Sé” a cura di Ammaniti M. Laterza, Roma, Bari 1989

Nello sguardo di Narciso” Laterza, Roma, Bari, 1990

Dall’Edipo al sogno” Cortina, Milano 1994

Sulle molte dimensioni della memoria: neuroscienze e psicoanalisi a confronto”, Psiche, vol.2, 181-93 (2000 b)

Sentire le parole” Bollati Boringhieri, Torino 2004

Winnicott D.W. “Gioco e realtà”, Armando, Roma 1976

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

Copyright - Ce.Psi.Di. - Rivista "FRENIS ZERO" All rights reserved 2004-2005-2006-2007-2008