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Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività

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Il significato di 'medication' in psicoanalisi.

 

 di Salomon Resnik 

 

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Traduzione in italiano a cura di Giuseppe Leo

 

Summary: 

In this paper I have tried to show the importance of semantics and of the idiosyncratic meaning that psychotic patients may give to representations or personifications of reality. Medication, whether psychological or pharmacological, is also a « real » object of the patient's experience.  Names  such as « Mildred » may be the key to our deeper understanding of the psychotic patient’s message.

My research into the field of transference / counter-transference phenomena, particularly as regards the « meaning of meaning », is evocative of all those elements that appear on the horizon of the analytical session and of psychoanalytic treatment as a whole.

My hope is that this short contribution to my ongoing research on psychoanalytic semantics is one that  may develop more and more.

 

                                    Introduzione.

Qualche anno fa, fui colpito dal titolo delle lezioni di Pierre Janet [1] tenute al 'College de France" nel 1928 - egli descriveva la psicoanalisi come un genere di trattamento (medication) psicologico. A quel tempo, altre forme diffuse di 'medication'  comprendevano l'ipnosi, il magnetismo ed altri approcci simili. La psicoanalisi comunque è differente nel senso che la relazione terapeutica è basata su una comprensione di una dimensione inconscia della mente. 

 
Janet era consapevole che nella pratica medica generica le intenzioni psicologiche o "inconsce" del medico oppure del paziente giocano un ruolo molto importante in ciò che Freud chiamava 'cathexis' (Besetzung). Freud era interessato al destino della libido o "energia inconscia" dell'organismo, come era solito chiamarla, ed al modo in cui uno stimolo di qualsiasi tipo (una parola, un gesto, un regalo, una 'medication'...) agisce sull'altra persona. Inoltre, i pazienti psicotici, nella mia esperienza, hanno una tendenza ad attribuire un significato personale a certe parole o nomi. Ad esempio, un mio paziente schizofrenico che chiamerò "Leonard" era riluttante ad accettare una terapia psichiatrica; egli era comunque convinto che "Leponex" (il nome commerciale) gli fosse utile, in quanto c'è una sillaba "nex" che è associata a "nexus". Era un paziente che si sentiva molto isolato nella comunità terapeutica dove era ricoverato, e sperava che il farmaco lo avrebbe aiutato a stabilire una rete di legami con gli altri. Un altro paziente, di cui parlerò più dettagliatamente in seguito, disse che "Haldol" era buono per lui poiché egli interpretava il nome commerciale come se significasse che esso avrebbe rimosso ogni tipo di dolore - "all-dolor". Il significato che i pazienti danno ad un particolare trattamento (medication) è un risultato non solo del nome stesso che essi interpretano in un modo particolare, ma anche del modo con cui viene dato e ricevuto. Da un punto di vista kleiniano qualsiasi "oggetto" che appare nella situazione di transfert è parte della "popolazione" del campo psicoanalitico. Lo stesso farmaco (medication) con un differente nome commerciale può dar luogo a diffidenza da parte del paziente. La mia intenzione in questo articolo è quella di far uso di tutti gli elementi che sono parte delle situazioni di transfert  come caratteri importanti sperimentati e trasformati dai pazienti nella loro modalità (positiva o negativa) particolare. I pazienti non sono interessati alle formule chimiche eccetto forse quando leggono i foglietti illustrativi, come fanno molti pazienti ipocondriaci - essi inconsciamente ed emotivamente 'investono' un oggetto (di nuovo, Besetzung).

Tutto ciò implica naturalmente che qualsiasi cosa possa dire o fare  il paziente nel transfert è importante - ma addirittura più importante è ciò che egli non sa dire o fare, in altre parole ciò che è inconscio. Nell'appendice C del lavoro pubblicato nel 1915, Freud cercò di dar "forma" ed esistenza corporea all'Inconscio come parte dell'"anatomia" della personalità. Egli usava espressioni come l'inconscia "innervazione di una parola" (1915e: 210). L'Inconscio non ha solo un'esistenza astratta; è parte della vita del corpo e dell'Io corporeo. Quello che è fondamentale nella relazione corpo-a-corpo col paziente è che tutto ciò che il secondo esprime, consciamente ed inconsciamente, è parte del suo mondo ed è diretto verso l'analista nel transfert. Il concetto di transfert nella nevrosi e nella psicosi si basa sulla relazione tra paziente ed analista - è questa quindi un'intima esperienza in cui entrambi i partecipanti sono contemporaneamente testimoni ed attori (esseri esistenti fisicamente) negli scenari che si stanno svolgendo nello 'hic et nunc' del campo analitico.

Preferisco aggiungere al concetto di transfert quello di "field-work" , introdotto da Kurt Lewin in psicologia, antropologia e sociologia, specialmente riguardo ai gruppi. "Field-work" è parte di uno spazio creativo in cui la vita in psicoanalisi sperimenta il tempo come un ritmo mutevole; talora - nel caso delle psicosi, ad es. - il paziente diviene paralizzato e pietrificato dal terrore. Ciò può essere dovuto a un'immagine allucinatoria persecutoria, oppure, da un punto di vista ipocondriaco, all'ingestione di qualche cibo o farmaco inaccettabile. Nei pazienti psicotici, il linguaggio del corpo parla di qualche particolare fantasia inconscia o di un'interpretazione delirante. Un giorno, "Leonard", dopo aver visto una mostra di documenti su Ermete Trismegisto, il "grandissimo Thoth" egiziano (che pare sia esistito prima di Mosé come guida delle anime), disse che credeva che io fossi Ermete; Trismegisto significa "nato tre volte". Egli pensò che lo avrei potuto aiutare in un modo magico. Durante la visita alla mostra (i documenti provenivano dal Rinascimento Italiano attraverso Ficino e Giovanni Pico della Mirandola), egli si sentì ignorante, non bravo come Ficino, Pico della Mirandola ed il suo analista - lo spirito di invidia si impossessò di lui. Aveva un flaconcino di Haldol con sé, andò al bar, chiese un bicchiere d'acqua ed allucinò che io gli stavo suggerendo di prendere il farmaco per sbarazzarsi del proprio stato di "posseduto". Questa seduta psicoanalitica e medica calmò i suoi sentimenti invidiosi, con tutte le loro rappresentazioni diaboliche nel suo corpo. Un giorno venne in seduta con la madre e si sentiva posseduto da qualcuno che dentro di lui voleva uccidere sua madre. In effetti egli la aggredì; fortunatamente, fui capace di fermarlo dicendo che non era lui ma qualcuno dentro di lui che era geloso del fatto che anche sua madre aveva voluto venire alla seduta e disturbare la nostra unica relazione personale. La mia voce e la mia interpretazione operò come una 'medication' psicoanalitica che mise fine al diavolo dentro di lui.

Solitamente noi analisti ci rivolgiamo agli altri medici nel prescrivere farmaci; è questo anche il mio caso. Tuttavia questo può costituire una inevitabile scissione, l'analisi del transfert ed una buona relazione col farmacoterapeuta sono necessari.

Negli ospedali psichiatrici un'infermiera solitamente distribuisce i farmaci ai pazienti nel reparto. Una continuazione del transfert a colui che distribuisce il farmaco è parte del transfert istituzionale quotidiano. Talora il paziente chiede la pillola "bianca", "rossa", "blu" o "verde" - il colore può giocare un ruolo importante, sulla base delle proiezioni personali del paziente. 

   

Il transfert può essere positivo o negativo, secondo la forma ed il colore delle pillole e ciò che esse rivelano nei pazienti. Essi possono essere "verdi d'invidia" e ciò può essere proiettato in una compressa di quel colore, il paziente può sperimentare l'ingestione come un attacco invidioso. Un' altra mia paziente, "Mildred", venne alla sua seduta del lunedì in uno stato molto angosciato poiché tutte le pattumiere della zona in cui lavoravo a Londra erano piene di frammenti del "Sunday Times", che erano di color rosa. Si sentì di essere ridotta a pezzetti, fino a che non comprendemmo che il suo nome ci dava la chiave per capire la sua situazione di panico - "Mildred" si doveva leggere come "mild-red" e, quindi, "rosa". Io dovevo essere il giusto "medicator" capace di aiutarla a mettere insieme tutte le parti disperse della sua personalità in cui il suo spazio e tempo erano state sparse per tutta la zona durante il suo crollo psichico; il sabato precedente la seduta si era sentita 'rotta' e dispersa non solo nello spazio quotidiano ma anche nel tempo ("the Sunday Times"). Dovetti recitare per lei il testo della riparazione mitologica di Iside, la dea egizia che ricercava per tutto l'Egitto i pezzi di suo fratello e marito, Osiride, che Horus aveva tagliato in frammenti e pezzetti. Iside riuscì a riparare ed a risuscitarlo allo stesso modo in cui Mildred voleva che io facessi con lei - riparare, ricostruire e riportarla in vita. Tutti questi aspetti mitici erano parte delle sue associazioni, col mio aiuto mitologico e psicoanalitico. Qui la 'medication' è consistita nel trovare il segreto ed il destino magico del suo nome. 

 

 
 Un Caso Clinico – “Charles”

 

Ho già scritto di questo paziente nel mio "Mental Space" (Resnik, 1995). Charles, uno schizofrenico di 22 anni di discendenza spagnola, era stato con me in analisi per svariati anni. Venne al primo appuntamento con sua madre e suo padre e tutti insieme ci sedemmo nella mia stanza di consultazione. Charles mi colpì per essere un giovane magro, di bell'aspetto, teso, silenzioso, indifferente a ciò che gli stava intorno, chiuso nel suo isolamento. La madre divenne la portavoce della storia della sua malattia, dicendo: <<Charles è diventato sempre più chiuso in se stesso nel corso di quest'ultimo anno. Ha interrotto gli studi all'Accademia di Belle Arti di Madrid >>. La famiglia si era trasferita a Parigi, ed intendeva stabilirsi lì per qualche anno. La regressione di Charles peggiorò: era diventato come un ragazzino, incapace di lasciare la madre. Era solito seguirla ovunque - divenne la sua 'ombra', ma allo stesso tempo la madre divenne il suo corpo vivente ( e talora la sua ombra vivente, a seconda delle circostanze).

Un altro contatto era col suo computer (una relazione oggettuale di tipo meccanico). Sappiamo che ai giorni nostri la realtà virtuale sfida la realtà "reale", ed i pazienti psicotici (come la gente "normale") spesso si ritrovano alienati in qualche misura. Talora Charles si arrabbiava col computer (proprio come la gente normale!), poiché egli voleva che la macchina diventasse una sorta di figura di mago o sciamano per lui. Questa richiesta si può drammatizzare nel transfert quando l'analista viene trasformato in un computer o in una figura sciamanica mediante una proiezione psicotica. Si suppone che l'analista abbia una risposta per tutto, almeno per le domande che fa il paziente, e che anche metta se stesso alla mercé del paziente: in altre parole, che diventi il suo computer.

Sua madre mi disse che Charles sarebbe diventato violento contro la macchina, e che avrebbe iniziato ad attaccarla. Questo è un tema importante in cui il principio di realtà viene trasformato in uno meccanico/delirante. Il dottor Julio Moreno ha scritto un libro molto interessante intitolato Ser Humano (Being Human) (2002), in cui egli ha sviluppato le sue tesi su quel genere di alienazione "normale"che accade nella nostra vita quotidiana e le sue conseguenze per la storia dell'umanità ed il sistema dei valori [2]. Moreno fa un'importante differenza tra fare delle connessioni e delle associazioni. I pazienti psicotici cronici possono fare dei collegamenti meccanici, ma non sono capaci di "sentire"  e di "pensare" riguardo ad essi (delle vere associazioni). Per Charles il computer era diventato la sua immagine meccanica, un robot che qualche volta poteva fare delle connessioni ma non quelle che egli voleva (e naturalmente il computer non poteva associare, pensare, sentire al posto suo). Egli si sentiva perciò deluso e talora violento, mentre tirannicamente chiedeva al computer quello che egli voleva che esso facesse. Questa era anche la sua posizione nei riguardi del mondo in generale, come forse lo è per ogni concezione psicotica, onnipotente, delirante del mondo.

Mentre la madre mi raccontava la storia del figlio, gli occhi di Charles si erano focalizzati su un angolo della stanza in cui eravamo seduti. Avevo l'impressione che egli stesse trasferendo qualcosa di intimo da se stesso nell'angolo della stanza. Ad un certo punto, mi lanciò un'occhiata, quindi guardò di nuovo nella direzione dell'angolo. Ebbi la sensazione nel mio contro-transfert che egli mi stesse dicendo qualcosa attraverso un personale sistema di segnali, e che allo stesso tempo egli mi stesse prendendo dentro di sé per mettermi  nell'angolo. Pensai che probabilmente egli volesse avere lì un incontro privato con me, in un angolo intimo, separato dalla sua famiglia. Il paziente reagì come se avesse compreso la mia risposta alla sua richiesta, e volesse forse stabilire qualche forma di dialogo oppure ottenere un po' del mio "medicamento (medication) mentale magico".  

In una tale scissione del transfert tra la sua famiglia e Charles, mentre i suoi genitori mi stavano dicendo tutto questo, Charles stava cercando di invitarmi in un posto particolare, quell'angolo della stanza (un angolo della sua mente proiettato nella realtà fisica, concreta). In termini di spazio mentale dinamico e di transfert, direi che egli stava trasferendo qualcosa dal suo interno a quest'angolo; in altre parole, Charles non stabiliva una diretta comunicazione con me ma ci incontravamo, per così dire, indirettamente, nell'angolo della stanza. La stanza non era un computer, era un diverso genere di contenitore. La mia stanza di consultazione ha delle travi di legno, che dà un senso di "calore" molto di più di un meccanico computer (ed è abitata da persone reali, non da presenze "virtuali"...). Charles stava scoprendo il lato vivo del nostro spazio d'incontro, e mi guardò di nuovo. 

Quindi ancora egli  immediatamente guardò verso lo stesso angolo. Avevo la sensazione che con i suoi occhi/bocca egli avesse dall'inizio incorporato me "oralmente" nel suo spazio personale e poi "depositato" me coi suoi occhi/mani nel suo angolo prescelto (non sentivo che egli mi stesse sputando via).

L'onnipotenza dei pazienti schizofrenici, come in certi nevrotici ossessivi con pronunciati tratti narcisistici, si esprime più in termini di controllo del setting psicoanalitico, su cui  essi sentono di dover prendere decisioni. E' a causa dei loro sentimenti di insicurezza che vogliono essere i registi della situazione analitica, i distributori di una propria 'medication' mentale o di un sistema di convinzioni (o di un'ideologia, che talora è delirante, nel caso dei pazienti psicotici: un delirio è un sistema di idee).

Mentre stavo avendo queste impressioni sensoriali infra-verbali, la madre di Charles stava ancora parlando di lui. Il trasloco a Parigi e la loro nuova casa divenne l'argomento principale: un nuovo setting per la loro vita. Ad un certo momento, la madre mise in evidenza che Charles avrebbe voluto usare la stanza al piano superiore (chiamata in Francia la chambre de bonne o stanza della domestica). Quando per la prima volta venni a Parigi, era proprio un privilegio averne una: al piano più alto dell'edificio, da cui si poteva avere una vista magnifica dell'intera città. Prima di venire a vivere a Parigi, avevo sempre voluto una "chambre de bonne". I genitori di Charles avevano pensato che egli potesse usarla come rifugio o come atelier. Era molto bravo con le mani, un genere di persona molto esperta nel "fai da te" (un bon bricoleur); infatti era davvero abile nel realizzare oggetti e nel restaurarne di antichi. Era molto bravo nello stabilire dei collegamenti, nel fare delle connessioni, delle connessioni creative - ma non associazioni. Questo talento può essere visto come una sorta di abilità a riparare e restaurare - anche se poteva anche essere, nel caso di Charles, una modalità narcisistica di auto-riparazione, di auto-cura, come è il caso di molte personalità narcisistiche. Ovviamente, la natura delle connessioni ed il passaggio verso le associazioni mentali vitali sono molto importanti, ma per il momento egli sapeva maneggiare attrezzi ed oggetti concreti, non ancora trattare con le persone.

Di quando in quando una "stanza della domestica" implicava che io dovevo essere il suo servo, dovevo essere una sorta di figura di madre/domestica in grado di aiutarlo - che, allo stesso tempo, doveva restare in suo potere. Mentre scrivevo questo articolo, ne stavo terminando un altro sulla tirannia dell'oggetto interno (da pubblicare in un libro dal titolo  Le Lien Tyrannique [The Tyrannical Link]).

 Alla fine di questo primo incontro, nonostante il lato tirannico di questa parte psicotica, cercammo di delineare un accordo preliminare per un'analisi. Io suggerii cinque sedute settimanali; la famiglia si dichiarò d'accordo, ma ebbi l'impressione che ciò fosse forse estremamente difficile per Charles. Egli non era sempre "presente" nella sua vita corporea, e quindi non poteva prendere alcuna decisione per se stesso. I suoi genitori divennero degli Io vicarianti e depositari inconsci dei suoi desideri terapeutici. Questi apparvero più tardi, e furono in conflitto con la sua posizione narcisistica ed egocentrica. 

 

 

Prima seduta:  

 

Charles venne da solo alla prima seduta. Era ancora silenzioso, taciturno, ed ancora una volta mi resi conto che avrebbe voluto parlare in molti "sensi" - per il momento, mediante i suoi occhi: si guardava intorno, guardava tutto, usando gli occhi in un modo "tattile", come Henri Wallon ha descritto nei suoi lavori sui bambini piccoli. Era il modo di Charles di sentire le cose attraverso il toccare ed il provare gli oggetti e le persone, come fanno i bambini autistici. Questa volta, stava guardando ai miei libri e quadri. Gli chiesi cosa stava cercando. Rispose: "Mi interessa la storia". "Quale storia?" gli chiesi. Dopo una breve pausa, rispose: "In Spagna, c'era Carlo I, quindi Carlo II, Carlo III e Carlo IV. C'era disaccordo tra loro".

Ebbi l'impressione che  il tempo era arrivato ad un arresto e che aveva assunto una dimensione spaziale; egli stava raccontando la sequenza storica dei vari re Carlo  come se essi fossero esistititi contemporaneamente nella sua topografia inconscia. La spazializzazione del tempo è un concetto molto utile che è stato sviluppato da E. Minkowski (1927:104). La trasformazione dell'esperienza del tempo (le temps vécu) in un pensiero spazializzato è una modalità di evitamento della sofferenza mentale e, in certi momenti, del sentimento intollerabile di esser vivo. "Cos'è il tempo nella schizofrenia?" chiede Minkowski. 

 

  Foto: E. Minkowski

 

Richiamandosi a Bergson, egli afferma che la "massa fluida" o oceano del movimento e dei sentimenti implica il pensare entro un'esperienza mobile del tempo (e quindi pensare al futuro). L'atto di diventare (le devenir) implica una storia vivente, non computerizzata: un vita virtuale. Essere in un'esperienza duratura del tempo è parte della comprensione della vita che Charles non sa né raggiungere né tollerare. La compartimentalizzazione dello spazio mentale è una modalità di paralizzare l'incontro in uno spazio di tempo agglutinato. La coagulazione del "sangue mentale", fermando tutta la "circolazione" nell'organismo, trasforma il tempo e lo spazio vissuto in un'esistenza immobile. Charles vorrebbe superare il suo stato mummificato; è con questa preoccupazione metafisica in mente che mi disse: "Un punto d'incontro per tutte queste cose può trasformarsi in un incontro catastrofico - guerra aperta, infatti". Gli feci notare che nessuna cosa poteva vivere in un modo interamente indipendente e vivo, dato che ogni cosa è parte della stessa materia, della stessa natura, della stessa nazione. Charles rispose: "Fu solo quando Carlo V d'Austria salì al trono che ci fu riconciliazione e il regno fu unito".

Questo era il modo in cui Charles mi diceva che c'erano quattro Charles dentro di lui, ognuno onnipotente ed in disaccordo con i suoi simili. E' un'eccellente descrizione della spazializzazione del tempo interiore nella schizofrenia. Ma la ricomposizione del disaccordo e la lotta per il potere tra parti scisse dell'Io erano compiti molto difficili da portare a termine. Il paziente voleva che io fossi la persona che faceva questo, portare a termine la missione di riconciliazione di Carlo V.

Parlando del tempo e dello spazio interiore, un contemporaneo di Bleuler, P. Chaslin, era solito descrivere ciò come folie discordante. (1912:772). Quello che trovo particolarmente interessante è il fatto che egli intuisse che gli stati confusionali dovessero essere distinti dalla discordanza (1915:442). L'articolo di Herbert Rosenfeld sugli stati confusionali (1950) richiede delle modifiche in tal senso, in modo tale da riconoscere la differenza tra confusione e discordanza. 

  Foto: H. Rosenfeld

Rosenfeld afferma che gli stati confusionali possono anche essere un elemento positivo ed un tentativo di ripristinare l'unità quando, in casi come quello di Charles, l'integrazione è ancora impossibile. Uno stato intermedio di confusione dei "confini" è inevitabile.

Dissi a Charles che aveva ragione ad essere preoccupato sull'accordo ed il dialogo tra differenti parti vitali di sé. Aggiunsi che il suo suggerimento era che io come analista dovevo essere qualcuno come Carlo V, per aiutarlo a mantenere emotivamente ed "ideologicamente" l'unificazione del suo regno; mi stavo ovviamente riferendo al suo Io. "Non sono Carlo V" dissi, "ma forse noi due, lavorando insieme, possiamo riuscire a fare una qualche unificazione".

Seguì un silenzio, durante il quale Charles sembrava stare a pensare (forse le idee che fluivano nell'angolo della stanza erano tornate al suo spazio mentale). Egli si toccò il naso e disse: "Ho preso il raffreddore, ho un naso che cola". Rivolse lo sguardo ad un libro, quindi ad un altro: guardare qualcosa era il suo modo di creare un contatto coi miei pensieri trasformati in un oggetto attraente - la mia libreria. Fissava intensamente un libro intitolato Mental Health, e dopo una pausa disse: "E' difficile, la salute mentale". Tutto ciò mi sembrò veramente significativo: il compito terapeutico era molto arduo per me, ma ancora di più per lui. Commentai: "Senti di aver bisogno talora di rafforzarti, di metterti addosso una corazza per rimanere solido. Se l'armatura si squarcia, la durezza potrebbe sciogliersi e tutto ti sfuggirebbe; allora tutta la solidità verrebbe persa".

Nella successiva seduta, dopo uno o due minuti di silenzio, Charles girò la testa verso la tenda bianca della finestra. Gli chiesi se potesse vedere qualcosa, ed egli rispose: "Sì, la zampa di una gallina". Usando gli strumenti a nostra disposizione, chiesi a Charles di disegnare la zampa di una gallina. In realtà ciò che disegnò era la gamba di un tavolo; glielo feci notare. Sua madre mi aveva detto che quando erano arrivati nella nuova casa a Parigi, Charles aveva trovato un tavolo in una discarica di rifiuti e lo aveva riparato.

Subito dopo ciò, gli occhi di Charles si spostarono sulla sedia posta vicino alla tenda. Voleva disegnarla. Si sentiva decisamente a suo agio con  oggetti come i mobili. Fece un eccellente schizzo [3] e molto dettagliato della sedia, che in realtà è un'entità notevolmente antropomorfa. Ne fece un eccellente disegno, tranne che per il fatto che essa aveva solo una gamba: in altre parole, un'immagine in parte mutilata del suo essere reificato. Così, avevamo una gamba da tavolo senza un tavolo ed una sedia con una sola gamba. Ad un livello teorico, potremmo chiederci se questi sono oggetti parziali o frammenti di oggetti di una esistenza devitalizzata. La natura del materiale (il legno) è più caldo ed umano del metallo dell'armatura.

Charles studiò la sedia con grande interesse, e fece dei commenti che mi sembravano pieni di acume: "La sedia è molto utile per la dispersione". Interpretai ciò nel senso che in quel particolare momento la sedia poteva dargli un rifugio ed essere un posto di quiete per i suoi sentimenti "in movimento" e "dispersi" di un'esistenza frammentata. Quindi egli guardò alla forma della sedia - geroglifico sarebbe una parola adatta a descriverla - e sembrò affascinato dal linguaggio della sedia. La sedia gli parlava in una modalità cuneiforme. Egli si stava cimentando con l'ermeneutica, cercando di decifrare l'oggetto, di fare in modo che esso gli parlasse. "Probabilmente c'è una filigrana", disse. "C'è una sorta di logica nella scrittura". Nel suo stato reificato Charles aveva messo se stesso e tutti i suoi frammenti in una sedia non finita, incompleta allo stesso modo in cui egli si sentiva a quel punto, senza alcuna gamba per tenersi in piedi - fluttuando a mezz'aria tra le nuvole. Pensai che era davvero logico per qualcuna delle sue idee erranti di sistemarsi in questa sua "casa per viverci", cioé il suo corpo e la sua mente. Gli feci notare che nel suo disegno la sedia non aveva la sua piena dotazione di gambe, una delle quali sembrava essere presente nello schizzo che precedentemente aveva fatto.

Charles lanciò un'occhiata alla mia lampada e decise di disegnarla; in realtà disegnò solo una parte della lampada. Questo era il suo modo di diventare familiare con i mobili testimoni del nostro lavoro sul campo (field-work). Gli oggetti nella stanza stavano diventando attori nel dramma man mano che esso si svelava, il dramma dei multipli significati del transfert. Percepii anche che disegnare solo parte della lampada significasse che egli poteva percepire solo una piccola parte della realtà, o una proiezione di un'immagine incompleta o danneggiata e mutilata del suo corpo-mente. Ciononostante, c'era un piccolo barlume di luce nel suo mondo che poteva essere proiettato sugli oggetti reali. L'anatomia di un paesaggio viene incontro alla fisiologia dell'occhio con cui lo guardiamo; noi soffiamo la vita in esso con il nostro pensiero. L'uomo è un creatore di fantasie e di nuove "realtà"; sono esse che rendono viva la realtà e significativo lo habitat umano. Talora nella frammentazione di una crisi psicotica, la realtà può esplodere. Charles mi stava mostrando tanto i frammenti quanto i suoi tentativi di vivere insieme, nello stesso spazio, con quelli che aveva proiettato nei miei mobili e nel mio spazio. Quello che egli aveva percepito essere parti del mio spazio personale interiore stava creando un contatto con i frammenti proiettati del suo corpo-mente che erano rimasti dentro il suo territorio dopo la catastrofe.

Dopo un'altra pausa, Charles volle fare un altro disegno: uno schizzo approssimativo di un tiro alla noce di cocco con un uomo di mezza età che prende la mira. Accanto c'è un albero dall'aspetto misero che potrebbe rappresentare qualcuno che alza le mani come per implorare aiuto; c'è anche l'idea di portare un pesante carico. Questo era il modo di Charles di esprimere il suo bisogno di aiuto ed il suo sentimento di pesantezza, un tipico aspetto della melanconia; tali pazienti portano un pesante carico sulle loro spalle, un accumulo di cose che trovano insopportabile.

    Fetti, "Malinconia" (XVI sec.)

Ogni volta che si sentiva infreddolito o impaurito, Charles cercava di avvicinarsi alla sorella minore, con la quale aveva un rapporto notevolmente erotizzato ma vivo. Quando era un ragazzino, gli piaceva dormire nel letto della sorella; questo richiama alla mente l'angolo della stanza che voleva fissare - forse significava per Charles qualcosa di caldo ed eccitante. La mia ipotesi era che Charles traeva un grande piacere dall'essere attratto da un angolo che lo riscaldava, lo conteneva, soffiava vita in lui -  forse perché vi  cercava il pube della sorella, l'angolo tra le sue gambe. La madre lo aveva visto svariate volte cercare di avvicinarla e toccarla tra le cosce. Quando gli dissi che forse lui stava cercando calore e conforto, egli rispose "Trovo gli angoli molto interessanti, mi interessa la geometria". Ed io "Sì, ma una geometria vivente", dato che egli aveva ovviamente tradotto la mia interpretazione in termini di geometria piana, euclidea. Forse quello che la madre aveva detto era stato sperimentato da Charles sotto forma di angoli appuntiti persecutori.

Charles spesso parlava di laghi e di una casa che era stata distrutta, una casa con paludi tutt'intorno. Ciò per me significava un posto in cui era impossibile trovare una solida stabilità; quindi il suo sentimento che era difficile stare ritto sui propri piedi ed essere se stesso. Egli era una casa vuota che era stata rasa al suolo, per essere inghiottita dalle sabbie mobili della madre-terra, il caos.

In un altro momento, Charles disegnò un auto che faceva retromarcia e cozzava contro un albero. Era l'auto della madre che egli aveva preso e con cui aveva avuto un incidente. Secondo la madre, questo episodio corrispose al periodo in cui Charles iniziò a isolarsi dal mondo esterno, quando cominciò per la prima volta a sentirsi diverso e frammentato. Entrando nell'auto della madre o nella sorella che somigliava molto alla madre, la sua piccola mummia implica a mio avviso un'identificazione proiettiva patologica (Klein, 1955).

  M. Klein

 La Klein, ispirata dal romanzo dello scrittore francese Julian Green intitolato If I were you, descrive le sfortunate avventure di Fabien Especel che, infelice ed insoddisfatto di se stesso, del suo aspetto, cercò di diventare - mediante l'identificazione proiettiva - un personaggio ideale. Charles voleva diventare un computer, una sedia attraente anche se incompleta, una gamba di un tavolo, il grembo della madre, ed un re vittorioso. La sua schizofrenia consiste nel diventare un personaggio o un oggetto ammirato, mentre contemporaneamente perde se stesso come persona, come creatura vivente reale ed autentica. Uno dei maggiori problemi nel trattamento dei pazienti psicotici è l'abbandonare la loro magica e potente identificazione proiettiva e lo status di essere un oggetto delirante ma ammirato. Gestire la perdita della capacità di trasformare la realtà in una versione idealizzata e virtuale è un'esperienza molto dolorosa. Significa, come dice la Klein, avere a che fare con il "lutto e la melanconia". Io chiamo questo fenomeno "depressione narcisistica", la perdita dell'io ideale e dell'ideale dell'io idealizzato ma delirante. Diventare se stessi implica un passaggio per un lutto doloroso in cui il sé ed il suo oggetto ideale diventano "sgonfi", causando perciò molta delusione. Ho cercato di sviluppare il concetto di "depressione narcisistica" , in cui la "disillusione del delirio" ha più a che fare con l'io anziché con l'oggetto, in diversi miei scritti (Resnik, 1986: 54; 1987:85; 1995:95; 2001:226).

Diventare se stesso, rientrare dalle identificazioni proiettive patologiche implica l'essere fuori nel mondo. Ciò significa aver a che fare con gli spazi aperti e col tempo vissuto. I pazienti psicotici sono affascinati dal mondo esterno, ma sono terrorizzati all'idea di essere fuori in un modo catastrofico: in frammenti e pezzetti, in una modalità frutto di un'esplosione. Questa paura ontologica del mondo aperto si manifesta nel sé con grave agorafobia ed una drammatica incapacità ad affrontare gli spazi aperti. Questo è uno dei motivi per vivere nel corpo di un altro, attraverso delle identificazioni proiettive estremamente potenti.

Nel transfert incontriamo questo genere di fenomeno in un modo personale (nel contro-transfert) quando qualcuno "si ficca in noi". Charles penetra in me o in parti del mio corpo così come lo fa con l'auto, con la regione pubica della sorella, con gli abiti della madre o della sorella. Egli ricordava il modo in cui, da ragazzino, amava indossare il costume da ballo della sorella; potremmo considerare ciò come un suo bisogno di trovare uno spazio per se stesso dentro l'essere-vestito della sorella.

Durante le vacanze pasquali, Charles andò  a passarle nel suo Paese d'origine - era quindi uscito all'aperto, verso gli spazi geografici vasti ma pieni di vita, in cui il tempo, il tempo vissuto, diviene parte del paesaggio. Quando fece ritorno in Francia, divenne consapevole della frontiera - aveva dimenticato il passaporto. "Come si chiama?" gli fu chiesto al confine. Fu incapace di rispondere, ma ricordò che nella sua borsa aveva un regalo che a sua madre era stato chiesto di comprare per lui - si chiamava "Nobrium". Questo fu il solo "nome" che egli riuscì a dare - come se la sua identità divenisse equivalente al nome "Nobrium", con la sillaba iniziale "no". A partire da "brium", Charles l'associò (nella seduta successiva) a "brio", che in spagnolo sta per "vigore" e "coraggio", - senza alcuna rappresentazione materna, egli non aveva alcun "coraggio", egli era s-coraggiato e non aveva identità. In realtà, il prodotto farmaceutico Nobrium significava che la sua sola identità non ("no") era dentro se stesso ma soprattutto dentro sua madre in quel momento. Egli stesso era sia il Re di Spagna, una "personalità" reale, ma anche come persona egli era ancora un pezzo di sua madre (o, in un modo reificato, del tavolo o della sedia), come se stesse vivendo dentro il territorio del transfert materno nel setting analitico (era sempre molto depresso durante le interruzioni dell'analisi).

Era molto sconvolto quando dalla frontiera spagnola tornò a Parigi - il padre aveva contattato qualcuno all'Ambasciata e tutto si chiarì; egli disse che mi telefonò, ma che io non c'ero - io stavo infatti aspettandolo nella stanza di consultazione. Andò a casa, rattristato dalla perdita di identità di cui aveva sofferto alla frontiera, bevve l'intero flacone di Nobrium insieme ad altri farmaci, "Coricydin" e "Haldol", ed andò a letto. Fortunatamente, la madre chiamò gli infermieri giusto in tempo, e fu trasportato ad un centro per la disintossicazione da farmaci. Andai a trovarlo lì, era ancora in stato soporoso; quando si svegliò, disse, in modo confuso- "Ho attraversato il Mar Rosso. Tu sei Mosé?" "No" risposi "Stai confondendo due personaggi biblici - Io sono Salomon!" Ma mi fa piacere che tu sia sveglio" "Sì, grazie a Dio" rispose. Stava cercando di pensare - quando gli feci la domanda, disse che stava pensando ad un altro farmaco chiamato Surmontil. Gli dissi che avrei cercato di aiutarlo a "surmonter" ("superare") il suo stato attuale. Parlare di Mosè e del Mar Rosso implica la presenza di un "gap" rispetto alla realtà, in cui solo Mosé/Salomon/Carlo V potrebbe aiutarlo ad attraversarlo.

Il giorno seguente, tornai a dargli una seduta. Era più sollevato, e disse "Stavo proprio uscendo dalla caverna e vidi Polifemo. E vidi una donna morente". Dissi a Charles che egli si sentiva come Ulisse, cercando di salvare sua madre dal Nobrium. Egli era ancora dentro sua madre, dentro la caverna materna, in un posto tra il morire ed il tornare in vita. La vita divenne molto importante per lui, come l'ombra di Polifemo. Essere vivo divenne un'esperienza gigantesca, fuori da ogni proporzione. E' come un rinascere in tutto e per tutto.

Lasciò l'ospedale e fu ammesso in un'unità psichiatrica per adolescenti. Una somministrazione non coordinata di due farmaci, che invece dovevano essere meglio dosati, gli procurò un innalzamento della pressione arteriosa ed una paralisi muscolare. Egli disse:" Il mio corpo sta cambiando. Sono avvelenato, sono diventato una macchina infernale paralizzata" -o piuttosto, come vedemmo in seguito, egli era imprigionato dentro questa macchina. Il farmaco (medication) divenne infernale poiché lo tramutò in una macchina, tanto stupida quanto quella con cui era così arrabbiato all'inizio della sua malattia.

Il giorno seguente fece uso di una soluzione psicotica - egli si tramutò in una lavatrice (washing machine). Gli dissi che aveva bisogno di essere di nuovo pulito grazie ad una sorta di auto-analisi/lavaggio - ma non in un modo così meccanico; forse aveva bisogno di ritornare alle sue sedute e di accettare  l'analista non come una macchina ma come un essere umano reale. Egli tornò alla mia stanza di consultazione e disse: "Batman mi ha salvato - mi ha tolto dalla lavanderia". Pensai alla relazione fonetica tra "batman" e "bath-man" - questa è ciò che chiamo un'equazione fonetica o proto-simbolica. 

Il lavoro di Melanie Klein su "The Importance of Symbol Formation in the Development of the Ego”[4] ed il testo di Hanna Segal su "Notes on Symbol Formation”[5] giocano un ruolo importante nel mio successivo sviluppo del concetto di fenomeno proto-simbolico e pensieri simmetrici [6]. 

Da allora non seppi più nulla di lui per diversi anni. Recentemente mi ha telefonato chiedendomi come stavo. Ciò accadde anche con Brenda, una paziente che vidi nel 1958 vicino a Croydon - mi chiedeva quanti anni avevo e come stavo. Mi sento commosso da queste tracce di lunga durata di una relazione di transfert tanto intima in cui la 'medication' psicoanalitica così come quella farmacologica devono essere relazioni oggettuali intenzionali che dovrebbero lavorare insieme come membri della stessa comunità terapeutica. Comprendere l'inconscio può solo derivare da un'accurata esperienza psicoanalitica e da una ricerca emozionale - la sola cosa in cui i miei strumenti emozionali sono coinvolti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note:

 

[1]  P. Janet. (1919) Les médications psychologiques, Paris, diff. Masson, 1986, 1160p., (3 vol.) ;

[2] Negli anni  '70, ero colpito dal fatto che qualcuno dei miei pazienti schizofrenici, che ero solito vedere nei dintorni dell'ospedale, divenisse quasi un esperto di informatica - la loro capacità di identificarsi coi pensieri/sentimenti meccanici era stupefacente.  I loro sentimenti dolorosi venivano eliminati - eccetto quando la macchina non rispondeva esattamente a quanto essi volevano. Ciò avviene spesso - gli adulti possono agire proprio come bambini quando qualcosa va storto!

[3] Alcuni degli schizzi a cui mi riferisco si possono trovare nel mio libro  Mental Space (Resnik (1995)).

[4] Melanie Klein “The Importance of Symbol-Formation in the Development of the Ego” in “The Writings of Melanie Klein” London, The Hogarth Press, 1921-1945

[5] Hanna Segal “The Work of Hanna Segal” Jason Aronson, New York, London, 1981

[6] Relazione letta a Roma nel 2004 e scritta a  Parigi: « Multidimensionality, Symmetrical Thoughts and Delusions » in ricordo di Ignacio Matte Blanco autore di  « The Unconscious as Infinite Sets » Duckworth Ed. 1975

 

 

 Bibliografia:

Bleuler, E. (1911). Dementia Praecox or the Group of Schizophrenias. New York: International Universities Press (1950).

Chaslin, P. (1912). Elements de Sémiologie et Clinique Mentales. Paris: Asselin et Houzeau.

Chaslin, P. (1915). “La Confusion Mentale”. In Annales Médico-Psychologiques, 1915, 442.

Freud, S. (1915e) The Unconscious. Standard Edition, 14: 159.

Klein, M. (1955). “On Identification”. In The Writings of Melanie Klein, vol III; London: Hogarth (1975)

Minkowski, E. (1927). La Schizophrénie. Paris: Payot.

Minkowski, E. (1933). Le Temps Vécu.  Paris: Collection Evolution Psychiatrique

Moreno, J. (2002) Ser humano. La inconsistencia, los vinculos, la crianza. Buenos Aires: Libros del Zorzal.

Resnik, S. (1995). Mental Space. London: Karnac Books.

Resnik, S. (1986). L’Esperienza Psicotica. Torino: Bollati Boringhieri.

Resnik, S. (1987). The Theatre of the Dream. London: Routledge (2000).

Resnik, S. (2001). The Delusional Person. London: Karnac Books.

Resnik, S. (2003). “La Tyrannie de l’Objet Interne”. In Ciccone, A. (ed.) Le Lien Tyrannique. Paris: Dunod.

Rosenfeld, H. (1950). “Notes on the Psychopathology of Confusional States in Chronic Schizophrenias”. In Psychotic States – a Psycho-analytical Approach. London: Hogarth (1965).

Wallon, H. Les Origines de la Pensée chez l’Enfant. Paris: P.U.F. 4ème edition (1975).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

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