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Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte
Psychoanalysis applied to Medicine, Pedagogy, Sociology, Literature and Arts

 

 Sede redazionale: Ce.Psi.Di. (Centro Psicoterapia Dinamica "Mauro Mancia"), via Lombardia, 18 - 73100 Lecce   tel. (0039)3386129995 fax  (0039)0832933507

Direttore Responsabile: Giuseppe Leo

Direttore Editoriale: Nicole Janigro

Board scientifico: Leonardo Ancona (Roma), Brenno Boccadoro (Ginevra), Marina Breccia (Pisa), Mario Colucci (Trieste), Lidia De Rita (Bari), Santa Fizzarotti Selvaggi (Carbonara di Bari), Patrizia Guarnieri (Firenze), Massimo Maisetti (Milano), Livia Marigonda (Venezia), Predrag Matvejevic' (Zagabria), Franca Mazzei (Milano), Salomon Resnik (Paris), Mario Rossi Monti (Firenze), Mario Scarcella (Messina).

Rivista iscritta al n. 978 Registro della Stampa del Tribunale di Lecce

ISSN: 2037-1853

Edizioni Frenis Zero

  Numero 14, anno VII, giugno 2010

"Cinema, autentica passion...!"

 

   DI COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO D'AMORE?

 

 

  di  Pietro Roberto Goisis

 

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pietro Roberto Goisis è medico, psichiatra, psicoanalista, Membro Ordinario della SPI., esperto qualificato IPA nell’analisi dei bambini e degli adolescenti. Lavora da molti anni in ambito universitario, clinico e privato come terapeuta di adolescenti e adulti. E' stato responsabile della Unità Didattica Adolescenti del Centro di Psicologia Clinica della Provincia di Milano diretto da G.C. Zapparoli. Lì ha iniziato la collaborazione con T.L.Senise. Conduttore di numerose attività formative sull'adolescenza presso istituzioni, servizi pubblici, associazioni e scuole di psicoterapia. Professore a Contratto presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È stato coordinatore dell’Osservatorio di Psicoanalisi del Bambino e dell’Adolescente del C.M.P. Cesare Musatti.  E’ Responsabile dello Spazio Cinema del sito web della SPI. Relatore in vari convegni e congressi nazionali ed internazionali. Ha pubblicato differenti contributi su riviste e libri. Curatore con altri di "Il contributo della psicoanalisi alla cura delle patologie gravi in infanzia e in adolescenza" (2000); autore con G. Gorla di "Uno spazio per Tommaso Senise. L'attualità di una metodologia di intervento con gli adolescenti"(2002) e con S. Bonfiglio Senise di "Essere adolescenti oggi", Quaderni del Centro Milanese di Psicoanalisi n° 12 (2009).

 

IL FILM:

ONCE - John Carney, Irlanda 2006, 91 min.

 

Cinema e psicoanalisi…ma perché mai uno psicoanalista sceglie di parlare proprio di un film “musicale” in un numero della rivista che si occupa di questo tema?

Prendiamo un passpartout, fa sempre comodo…Se in un ambito di cinema “colto” si dice Francois Truffaut, tutti stanno zitti, non parla più nessuno! Proprio lui, in un film sull’amore, “La signora della porta accanto”, faceva dire a Matilde, interpretata non a caso da Fanny Ardant, la sua compagna in quel momento, queste parole: “Le canzonette sono quelle dicono la verità, e più sono stupide più dicono la verità”.

Per maggiore sicurezza, sono andato a frugare in un sito che si chiama Mymovies che raccoglie tutte le recensioni che sono state pubblicate su un certo film oltre ad uno spazio dove mettere il proprio commento. Sono andato a leggere tutte le recensioni su questo film e ho scoperto che su 15 recensioni pubblicate, 13 erano assolutamente entusiastiche. Ho pensato che se dei critici cinematografici, gente di un certo spessore abituata a vedere ore e ore di film, hanno apprezzato il film così tanto da lasciarsene prendere (parlavano tutti di emozioni) ho detto: “via, possiamo, forse sono autorizzato a parlarne”. Inoltre, mi è capitato frequentemente di commentare film impegnativi…e quindi…

Due parole sul film, quindi.

Sulla trama, giusto per iniziare, molto semplice, in realtà.

Lui è un cantautore di Dublino che di giorno lavora aggiustando aspirapolvere e di sera suona per le strade della città. Lei una ragazza ceca che suona il piano ogniqualvolta ne ha la possibilità, alternando strani lavori per prendersi cura della madre e della figlia. I due si incontrano, e lavoreranno assieme per scrivere e registrare un disco: ed attraverso le canzoni, si confesseranno l’amore nato tra di loro. Si potrebbe parlare di un film musicale, dato che le canzoni ci accompagnano per tutto il tempo della visione.

È un film irlandese, costato 180.000 euro (quasi nulla se si pensa ai budget medi dei film) e girato in soli 17 giorni. Negli USA al box office del 2008 aveva già incassato 10 milioni di dollari, senza parlare degli incassi in Europa. Perché gli Stati Uniti? Perché è stato presentato al Sundance Film Festival dove ha vinto un premio dal pubblico e poi l’Indipendent Spirit Award in un altro festival; ha vinto l’Oscar 2008 per la miglior canzone (che poi è quella finale, Falling down), e quindi è una specie di piccolo miracolo. Per essere onesti, non è un capolavoro, ha tanti limiti, è po’ lentino, un filo melenso, però a me è piaciuto e mi ha aperto dei files di collegamento interno. Da tempo, poi, mi piace andare a conoscere cosa sta dietro a queste piccole realtà cinematografiche. Ho scoperto che è un progetto del 2005, girato nel 2006, nel quale non c’è nessun attore professionista. Il protagonista è un vero musicista, la voce solista di un gruppo irlandese che si chiama The Frames che è stato attore in un altro film musicale sulle band irlandesi che si chiama The Commitments; è un grande amante di cinema e ha un rapporto molto stretto con il regista che è stato per un breve periodo di tempo il bassista dei The Frames. La protagonista è una vera musicista, una ragazza ceca che all’epoca delle riprese aveva 17 anni e che nella realtà ha una collaborazione col musicista nella sua band.

Nei titoli di coda si può fare attenzione a due cose molto carine: una è che le canzoni sono state scritte e cantate dai due protagonisti, quindi che la colonna sonora è cantata veramente da loro e credo che questo sia uno dei punti di forza. È un film che ha fortemente voluto il regista e che ha voluto girare insieme al musicista, il quale ha scritto appositamente le canzoni per il film, incastrandole nella storia. Credo che questo sia un primo tema che possiamo trattare a proposito di amore; penso che si senta l’identificazione profonda del regista nella storia e nel personaggio e penso che questo dia una dimensione molto vera e autentica al film che alla fine lascia un senso di piacere, di contentezza di serenità e di condivisione. Non è un film facile, perché i film musicali spesso fanno scappare molte persone, ma questo è un musical molto atipico in quanto le parola delle canzoni sono portanti all’interno della storia e i testi possono essere considerati come dialoghi.

L’altra cosa molto particolare dei titoli di coda è che i protagonisti non hanno un nome. Di fianco al nome dell’attore c’è scritto “guy” e a quello dell’attrice “girl”: c’è qualcosa nell’indefinitezza del senza-nome che mi fa pensare a un messaggio di universalità che può valere un po’ per tutti.

Altro piccolo particolare della storia e che è girata con un cast tutto di amici, “di cui fidarsi” come diceva il regista e la fiducia è già qualcosa che ha a che fare con l’amore, in quanto presupposto indispensabile perché si possa sviluppare un sentimento amoroso.

Infine, ultimo particolare sul film, è stato distribuito in Italia dalla Sacher, la casa di distribuzione di Nanni Moretti, che non ha distribuito tantissimi film, ma li sceglie sempre di qualità, in genere di qualche film italiano da sostenere, o di registi iraniani, per capire… La scelta di un “duro” come Moretti di distribuire questo film mi è sembrata un’altra cosa significativa! È sicuramente un film, secondo me, coraggioso e il coraggio mi ha fatto pensare allo spirito adolescenziale che mi sembra lo attraversi ampiamente. Sappiamo tutti che l’adolescenza, oltre a essere il tempo delle mele, è anche il tempo dell’amore. Ecco un altro dei motivi che mi porta a parlarne.

 

Qualche pensiero ora sui temi di cui parla il film e di cosa mi ha suscitato...

Il film mi ha fatto sentire tanti pensieri attorno all’amore, attorno a quella forma di amore che sono le passioni. Mi sembra, infatti, permeato di passione! C’è la passione di chi l’ha voluto realizzare, la passione per la musica, per l’amicizia, per i rapporti interpersonali, per il proprio lavoro, per le proprie idee. È un amore molto semplice, naturale, spontaneo. È forse l’amore per il lasciarsi andare, per la naturalezza, per il vivere le cose come capitano senza progetti, anche se poi c’è una determinazione molto forte nella storia del musicista. È sicuramente un film sulle emozioni e anche chi non ama tantissimo il genere musical non può non essersi emozionato in certi passaggi, brani o momenti del film. Anche le emozioni sono un requisito indispensabile per l’amore: senza la capacità di provare emozioni non possiamo assolutamente conoscere i sentimenti che ruotano attorno all’amore.

Sicuramente, ed è un'altra delle mie piccole passioni oltre al cinema, è un film che risveglia in tutti noi qualcosa che ha a che fare col nostro passato adolescenziale o magari di quel passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta dove succede che noi abbandoniamo un po’ le nostre emozioni e dove il “lasciarsi andare” tende un po’ a spegnersi e la dura realtà della vita ci fa un po’ perdere questi aspetti della nostra persona. Mi pare davvero che questo film, come diceva Lodoli, sia “un tuffo nel batticuore della giovinezza” e lo faccia sentire a tutti. Ha scritto un critico che solamente chi non ha un cuore potrebbe non aver amato questo film e non esserne stato preso. Mi è sembrato un film con dei rimandi certamente chapliniani: la venditrice di rose ci fa sicuramente pensare alla fioraia cieca di Chaplin. Tutti i personaggi, forse, sono piccoli personaggi chapliniani per la mitezza, l’umiltà e la serenità con la quale gestiscono la loro esistenza.

Un’altra cosa che mi è sembrata piena di amore in questo film è la tolleranza: ci sono gli immigrati, i diversi, il tossicomane all’inizio (abilissimo e canaglia) che però mi pare venga trattato con accondiscendenza e tenerezza, tanto è vero che suscita ilarità, che in questo caso è un sentimento di vicinanza. Anche la tolleranza e la solidarietà tra le persone è un’altra forma di amore, una declinazione sotto cui l’amore può presentarsi.

C’è un altro tema che mi è sembrato forte. Il protagonista ha bisogno di ispirazioni, qualcuno che lo deve ispirare nello scrivere le canzoni e mi pare che quello che la ragazza gli dice nei primi momenti del loro incontro è che ci vuole l’amore impossibile, il muro contro cui confrontarsi per poter avere ispirazione, oppure ci sono quelle scene molto belle anche dal punto di vista cinematografico quando lui compone la canzone guardando i video dell’incontro e dei momenti belli vissuti insieme alla  compagna che poi l’ha tradito e lasciato. In quelle immagini non poteva mancare Venezia, in questo senso il film ha degli aspetti sicuramente scontati, però penso faccia parte un po’ dell’immaginario di tutti noi. Uno pensa a un momento romantico…ecco si pensa al Ponte dei Sospiri!

Un altro aspetto piacevole è che le canzoni non sono mai tagliate, vengono cantate tutte, magari in certi punti si sovrappongono alle immagini, ma è come se davvero le passioni dovessero essere vissute fino in fondo.

Ora, siccome scrivo qui anche perché faccio lo psicoanalista, devo dire qualcosa anche da questo punto di vista. Non voglio passare per una sorta di personaggio “poliannesco” che vede tutto il mondo bello, felice e allegro. L’amore, lo sappiamo bene, non è solamente rose e fiori, non è solamente dolcezza e cortesia; nell’amore, o nella cattiva interpretazione dell’amore, si compiono efferatezze tremende e ci sono situazioni molto drammatiche; così come sappiamo bene che l’uomo non è fatto solamente di sentimenti belli ,puliti e piacevoli: l’uomo sa anche essere profondamente cattivo.

Sicuramente per me averlo visto per la prima volta verso l’inizio dell’estate, stanco dopo una giornata di lavoro e desideroso di vacanze, mi è servito anche per staccare un po’, per poter avere una visione un pochino più serena e ottimista delle cose che succedono. L’amore, per come l’ho sentito io in questo film, è declinato soprattutto sul versante delle relazioni. Noi psicoanalisti conosciamo delle relazioni amorose soprattutto le difficoltà e le fatiche. Sentiamo parlare della crisi nelle relazioni ogni giorno, per molte ore al giorno. Per fare un esempio, in questi ultimi due anni noi psicoterapeuti abbiamo avuto una sorta di riscatto narcisistico televisivo/cinematografico grazie ad una fiction israeliana/americana, si chiama “In treatment”, nella quale il protagonista è uno psicoterapeuta al lavoro che incontra un paziente differente per i primi quattro giorni della settimana e poi va anche lui a occuparsi dei fatti suoi l’ultimo giorno. È un prodotto veramente piacevole, e mi sono reso conto guardandolo un po’ per piacere, un po’ per curiosità professionale, che il terapeuta incontra quattro situazioni cliniche dal lunedì al giovedì, e che in ognuna c’è qualcosa che ha a che fare con difficoltà nelle relazioni affettive. Nella prima serie, la paziente del lunedì ha un transfert erotico nei confronti del suo terapeuta, il paziente del martedì ha una crisi coniugale, la ragazzina che viene il mercoledì ha una situazione affettiva con suo allenatore, il giovedì arriva una coppia che è in crisi e il venerdì il terapeuta va a parlare dei propri problemi con la sua compagna alla supervisore o terapeuta che l’aiuta. Si parla sempre di questo insomma, siamo sempre in ballo con questioni amorose o di difficoltà nell’amore.

L’ultima cosa che voglio raccontare è nata dal fatto che quando è finito il film, la prima volta che l’ho visto, devo confessare che a me è dispiaciuto come è finito. Ho pensato che mi sarebbe piaciuta l’idea che nascesse una bella storia tra i due musicisti: avevano fatto musica assieme, prodotto un disco, tutto andava a posto, lui era anche pronto a fare da papà alla bambina di lei, e invece tutto finiva diversamente.

In realtà, quando poi ho ripensato al film e l’ho rivisto ho avuto un’idea che mi ha fatto sentire questo finale molto più piacevole.

Perché?

Io ho un po’ questa fissazione, di cercare di trovare qualcosa che riguarda il mio mestiere in tutte le cose che vedo, quando queste mi toccano. Provo quindi a raccontare, dal mio punto di vista, in che cosa questo film, secondo me, parla anche di noi, del nostro lavoro, del lavoro degli psicoanalisti. Intanto c’è una scena iniziale nella quale lui fa il riparatore di aspirapolvere e lei ha un aspirapolvere rotto che gli porta affinchè lo ripari. Mi sembra che questa sia, tra le tante metafore dello psicoanalista, una metafora originale, perché se si incontrano una che ha un aspirapolvere rotto e uno che gli aspirapolvere li ripara, mi pare che sia già una buona ragione di trovarsi. Poi c’è un’altra metafora, quella del traghetto, che a noi psicoanalisti piace molto. La ragazza è quella che ha maggiormente una funzione da traghettatrice nei confronti dell’altro; è lei che, anche mettendo una barriera nei confronti di un coinvolgimento tra i due che vada oltre l’amore platonico, permette che lui traghetti verso Londra, per tornare ai suoi progetti, al contatto con una donna che gli è rimasta nella mente. Questo reincontro, in qualche modo, riattiva in lui il desiderio, che è qualcosa di profondamente differente dalla rabbia, di cui lui precedentemente era pervaso. Infatti, le canzoni all’inizio sono molto rabbiose, mentre, progressivamente, diventano sempre più dolci, man mano che lui sembra ritrovare un contatto col proprio mondo interno e con i propri sentimenti.

Lo stesso svolgersi della storia è una metafora, per me, della relazione psicoanalitica.

Spero di non dire cose scandalose se dico anche una cosa mia personale: in amore io sono e mi considero monogamo, però è possibile che abbia tradito innumerevoli volte. Senza entrare nel surreale o nel piano delirante, cosa può sostenere questa ipotesi? Il fatto che io faccio questo mestiere e in questo mestiere io incontro degli esseri umani, uomini e donne, con i quali instauro una relazione. Io penso che la relazione  terapeutica, oltre alla nostra capacità tecnica, a delle regole che ci siamo dati, a delle capacità di comprendere, sia, stringi stringi, un rapporto d’amore.

Di questo fatto io sono profondamente convinto!

Talvolta i pazienti mi chiedono: “ma lei mi vuole bene?”. Capita con gli adolescenti, soprattutto, e io rispondo, in genere, che se non gli volessi bene non potrei aiutarli. Credo quindi che la relazione terapeutica anche da parte dello psicanalista implichi un coinvolgimento. Sapete bene che è una delle emozioni più importanti in gioco: i pazienti spesso hanno dei trasporti emotivi molto intensi, si innamorano dei propri analisti e così via, ma anche gli analisti provano dei sentimenti e la relazione terapeutica è in qualche modo, non voglio essere frainteso, una “relazione amorosa”, nella quale i sentimenti sono molto intensi e passano con grande potenza tra l’uno e l’altro.

Quindi, nella relazione terapeutica, c’è qualcosa di molto simile a quello che accade nel film, nel senso che l’amore c’è e i sentimenti sono veri e forti, ma non vengono agiti. Ciò che quindi differenzia una relazione terapeutica condotta da un buon terapeuta che fa un buon lavoro insieme al suo paziente, è appunto quello di essere capaci di stare molto vicini sul piano affettivo ed emotivo, ma ovviamente avendo la capacità di mantenere la neutralità, l’asetticità e di non avere coinvolgimenti di ordine sessuale e anche affettivi che facciano perdere quelle che sono le necessità di una distanza, di una differenza, di una separazione.

Ecco perché, piano piano, mi è piaciuto come il film è finito. Tanto è vero che quando i due si salutano e di fatto si vedono per l’ultima volta, e lui le propone di nuovo un mezzo approccio e parlano anche esplicitamente del fatto che sarebbe molto bello fare l’amore, alla fine lei dice: “torniamo al lavoro”, che è un modo che riguarda anche l’incontro con i nostri pazienti.

Questo è ciò che il film “Once” ha suscitato in me, che mi ha toccato e per cui mi è sembrato che valesse la pena di parlare di un film leggero, ma non superficiale e su cui penso si possa anche riflettere insieme.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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