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Approccio psicomotorio nel Disturbo Multisistemico dello Sviluppo: nostra esperienza.  

 

di L Piscitelli*,  MP Girardi**,  D. Lauria**, M. Ventura**, A. Chindemi*

 

* Ospedale “F. Miulli” – Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile - Acquaviva delle Fonti (Bari); ** ASL BA 03 - Servizio di Riabilitazione di Acquaviva delle Fonti (Bari) ITALY

 

Le gravi difficoltà nella relazione e nella comunicazione, associati a una problematica regolazione dei processi fisiologici, sensoriali, attentivi, motori, cognitivi, somatici ed affettivi, osservati nei primi tre anni di vita, non inquadrabili come Disturbo Autistico secondo i criteri del DSM IV1, possono essere inquadrati nell’ambito dei Disturbi Multisistemici di Sviluppo (DMSS) (0-3 Diagnostic Classification of Mental Health and Developmental Disorders of Infancy and Early Childhood2).

            Possono essere differenziati tali disturbi in 3 patterns A, B, e C di gravità decrescente, sulla scorta dei seguenti parametri: relazione-interazione, affettività, comunicazione e linguaggio, elaborazione dell’input sensoriale, adattamento. (fig. 1)

                                            

Fig 1: SOTTOTIPI DEL DMSS

I DMSS si collocano a cavallo tra i disturbi della regolazione e i disturbi pervasivi dello sviluppo (DPS). (fig.2) Si tratta di disturbi che pur essendo posti tra i disturbi della comunicazione e della relazione, assieme ai DPS, in realtà in realtà sono proposti come continui con i disturbi della regolazione (DR) per quanto riguarda gli aspetti fisiopatogenetici. In essi il disturbo della regolazione dei processi fisiologici (sensoriali, attentivi, motori, cognitivi, somatici ed affettivi), viene posto infatti come primario rispetto al disturbo della relazione e della comunicazione, il quale verrebbe trascinato in via secondaria dalle difficoltà di regolazione. Per tale suo carattere secondario, il disturbo della relazione e della comunicazione è più flessibile e responsivo al trattamento rispetto a quanto avviene nei DPS. Le basi biologiche del disturbo sarebbero collocate pertanto  a livello dei sistemi addetti alla regolazione (sistema libico, ipotalamo, amigdala, corteccia orbitofrontale) piuttosto che a quelli connessi con le competenze  sociali.  Questa ipotesi suggerisce che le basi biologiche dei DMSS siano da ricercare  a livello dei sistemi deputati alla regolazione degli stati affettivi e cognitivi del sé.

            Tali difetti rendono questi bambini perplessi, confusi, frustrati ed è come se minassero alla base le competenze comunicative ed interattive dei genitori i quali hanno bisogno di segnali dei loro figli per poter sviluppare le proprie competenze genitoriali, tanto quanto i figli hanno bisogno di segnali adeguati dei propri genitori. Vengono così a mancare quelle interazioni positive basate su meccanismi di feed-back che sono indispensabili per lo sviluppo delle competenze sociali  dei bambini in specie in alcuni periodi critici dello sviluppo, fra i 2-3 mesi,  7-9,  12-13, ed i 18-20 mesi, periodi  nei quali la maturazione geneticamente determinata si realizza attraverso l’esperienza consentendo la riorganizzazione qualitativa delle capacità biologiche, cognitive affettive e sociali.

Il riconoscimento tempestivo di difficoltà di regolazione del b. e l’intervento precoce attraverso un ambiente reso più idoneo a superare tali difficoltà,  può infatti condizionarne l’espressività genica e indurre la differenziazione neuronale in una direzione piuttosto che in un’altra. Non bisogna dunque incorrere nell’errore di considerare i DMSS come dei DPS sottosoglia  o parziali, ma considerarli piuttosto come dei DR che comportano importanti difficoltà nell’ambito delle condotte sociali e comunicative tanto da farli assomigliare ai DPS. Infatti il termine multisistemico nella concezione originaria della classificazione diagnostica:0-3, si riferisce proprio ai vari sistemi di processazione, relativi all’interazione di molteplici apparati sensoriali e sensomotori primariamente coinvolti dal disturbo.

            Benché la distinzione in termini patogenetici dei DMSS rispetto ai DPS sia chiara, la differenziazione dal punto di vista clinico è meno agevole. L’impegno nella diagnosi precoce, spostata dai 3 anni che si riteneva necessario attendere per riconoscere le caratteristiche conclamate dell’unico e tipico disturbo autistico descritto da Kanner, all’attuale 2° anno di vita, nella prospettiva di anticiparla al 1° anno di vita, ha portato al concetto prima di DPS ed attualmente a quello di spettro autistico3. Inoltre si è visto che spesso bambini con caratteristiche autistiche diagnosticate a 18 mesi, escono poi da tale area, così come al contrario, ci sono bambini non riconosciuti come autistici a quell’età, che poi entrano nell’ambito dell’autismo quando vengono ad  una valutazione verso i sei anni. Ciò pone il problema della non immutabilità e permanenza nel tempo delle caratteristiche base dell’autismo, criterio considerato ancora valido per i casi più gravi e per quelli diagnosticati dopo i tre anni.

            Dal punto di vista diagnostico ciò che rende peculiare i DMSS è che i disturbi della regolazione e della processazione tipici dei DR, sono sempre associati ai disturbi della comunicazione e della relazione e, nel contempo, i disturbi sociali e comunicativi lasciano intravedere alle loro spalle un disturbo di processazione primario.

Quindi tre sono i criteri diagnostici dei DMSS, secondo la Classificazione diagnostica Zero-to-Three2:

1)     significativo difetto, ma non perdita, delle capacità di formare e mantenere relazioni emotive e sociali con il caregiver primario, (ad es. emerge un rapporto emotivo con piacere e calore nel rapporto con l’altro, sebbene lo scambio sociale gestuale sia ritardato in modo significativo);

2)     significativo difetto nel formare, mantenere e sviluppare le capacità comunicative (compresa la comunicazione gestuale preverbale e la comunicazione verbale e non verbale di tipo simbolico);

3)     significativa disfunzione dei meccanismi di processazione uditiva (percezione, comprensione ed articolazione), di processazione di altri apparati sensoriali (ipo-iperreattività visiva, tattile, propriocettiva e vestibolare) e della pianificazione motoria).

            In tutti e tre i criteri che riguardano la relazione, la comunicazione e la regolazione esiste un difetto, una disfunzione ma non una perdita.  Questo criterio è centrale in quanto implica una maggiore facilità di recupero dei DMSS che se precocemente trattati, mostrano un graduale miglioramento delle capacità relazionali e comunicative prima, cui seguono importanti progressi sul piano dello sviluppo linguistico e cognitivo.

 

Fig 2: interrelazione tra i diversi DMSS (da F. Muratori et al.in: manuale di psicopatologia dell’infanzia) 4

 

 

La letteratura degli interventi terapeutici nei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo indica la validità degli interventi interattivi5 e fra questi l’approccio psicomotorio6. Rispetto ad altri approcci di tipo comportamentale, nella filosofia di questo tipo di intervento è  implicita l’importanza della dimensione emozionale e relazionale in cui si realizza l’agire del bambino. Le diverse aree dell’emotività, delle funzioni cognitive e delle competenze comunicative infatti, evolvono influenzandosi reciprocamente in un sistema dinamico aperto dove non è possibile dire quale delle modifiche dei singoli componenti sia maggiormente determinante per il suo realizzarsi. In questa prospettiva l’intervento si caratterizza come “centrato sul bambino” per favorire la sua libera espressione, la sua iniziativa, la sua partecipazione. L’ambiente pertanto non costituisce solo uno spazio fisico in cui inserire rigidi programmi di intervento, ma ha una valenza “terapeutica” in quanto luogo privilegiato di interazione, di scambio e di conoscenza che rappresenta la premessa indispensabile per attivare l’espressività, l’iniziativa e la partecipazione del bambino e favorire quindi una proficua  utilizzazione dell’apporto esperenziale. Peraltro, in accordo a questa inscindibilità fra cognitivo, emozionale e comunicativo, il ruolo degli operatori nella realizzazione del progetto diventa critico proprio per il loro modo di porsi e relazionarsi.

            Partendo da questi presupposti abbiamo ritenuto valido l’approccio psicomotorio anche nella presa in carico dei DMSS e qui portiamo una nostra esperienza.

 

NOSTRA ESPERIENZA

 

 

Nel corso degli ultimi 8 anni, abbiamo avuto modo di osservare e prendere in carico terapeutico, 13 bambini (9 maschi e 4 femmine) che, nei primi 3 anni di vita, hanno manifestato, con diversa gravità ed intensità, la tendenza all’isolamento, l’evitamento dello sguardo, l’assenza del linguaggio e dei segni deittici, stereotipie mimiche e gestuali, unitamente a difficoltà nell’elaborazione degli input sensoriali e disturbi del comportamento: 3 bambini rientravano nel pattern A, 6 nel pattern B e 4 nel pattern C.

            L’approccio terapeutico psicomotorio, per un periodo di circa 2-8 anni, si è svolto sempre in presenza di almeno uno dei genitori, con i quali si é sempre condiviso il progetto terapeutico. Questo è partito innanzitutto dall’attenta osservazione del b. rispetto alle sue abilità già acquisite, quelle emergenti e quelle totalmente deficitarie ed è stato orientato a:              

 

a)     lavorare sulle difficoltà di regolazione e sulle difficoltà di comunicazione associate;

b)     sviluppare un senso di sé integrato, cioè come individuo in grado di interagire con una propria e specifica intenzionalità;

c)     porre attenzione allo sviluppo di funzioni  linguistiche, motorie e cognitive non frammentarie ma interagenti ed integrate fra loro;

d)     fornire un contesto di mediazione dei movimenti non finalizzati del bambino per trasformarli in azioni significative;

e)     aiutare il bambino a mettere a fuoco i dati percettivi, per cogliere invarianze dal flusso continuo degli eventi;

f)      stimolare la comparsa di motivazioni, aspettative ed intenzioni comunicative;

g)     facilitare la comparsa del gioco simbolico;

h)     mandare in estinzione i comportamenti aggressivi, fornendo occasioni di contenimento;

i)      facilitare il riconoscimento delle coloriture emozionali delle esperienze.

 

            Nel corso della seduta riabilitativa si tende, in specie nel b. più piccolo, a sviluppare l’intersoggettività primaria e secondaria: attivazione dell’ interesse per il viso umano, capacità di alternanza nei turni, orientamento, gesto indicativo, risposta al nome, attenzione ed emozione  condivisa, gioco funzionale.

L’approccio interattivo prevede la strutturazione dello spazio, del tempo e della organizzazione dei materiali. È  importante infatti che il  percorso di intervento si svolga organizzando uno spazio in cui creare una alleanza di gioco tra adulto ed il bambino: in questo spazio l’atteggiamento è di attenzione ai suoi desideri, ai suoi interessi ed alle sue attività. È importante inoltre offrire un ambiente-gioco prevedibile e costante nel quale i tentativi di interazione sociale potranno ripetersi in equilibrio fra novità e ripetizione, ma molto spostato verso la ripetizione. La comprensione può essere facilitata da un modo di parlare molto chiaro e semplice con parole direttamente legate a quello che si fa ed a quello che si sta usando. È  fondamentale inoltre, date le difficoltà del bambino, proporgli inizialmente solo ciò che comprende e sa fare, in modo da consentirgli di raggiungere soddisfazioni e successo evitando confusione, ansia, tendenza al ritiro ed isolamento.

            L’osservazione diretta e continua del bambino potrà mettere in evidenza  quali elementi di stimolo sono presenti negli oggetti amati e se ne potranno introdurre altri: ad esempio se il b. ama il colore ed il movimento presenti nel materiale che lo ha colpito maggiormente (ad es colori e bolle di sapone), sulla scorta di questi dati se ne possono introdurre altri con tali caratteristiche.

 

 

 

Tabella 1: nostra casistica

 

 

 

Pattern

Nome

sesso

inizio terapia*

durata terapia*

relazione ed interazione **

 

Affettività **

comunicazione

gestuale **

comunicazione

verbale **

input

sensoriale **

adattamento **

gioco **

A

GM

M

4.2

4

-/+

+/++

+/+++

assente

+

++

assente

GV

M

2.7

6.6

+/++

+/++

-/+++

assente

+/+++

-/++

-/+

MD

F

3.3

2.8

+/++

+/++

assente

-/+

-/+

-/+

assente

 

B

CGF

M

5.9

4.6

+/++

++/+++

+++/++

-/++

+/++

+/++

+/++

DI

F

1.10

8

+/+++

+/+++

-/+++

-/+++

+/++

-/+

-/++

DM

M

4.7

8

+/++

+/++

++/+++

-/+++

-/+++

+/+++

-/++

LD

M

4.7

6

+/++

+/++

+/+++

+/++

+/+++

-/++

assente

MS

M

3.3

4.2

+/++

+/++

+++

-/++

+/++

-/++

-/+

CM

F

3.1

1.3

+/+

+/+

+/++

-/+

+/++

+/++

+/++

C

CGL

M

3.9

3

+/+++

+/+++

+/+++

-/+++

+/+++

-/++

-/++

MG

M

2.5

2.4

+/+++

+/+++

+/+++

+/+++

+/+++

+/++

-/+

GR

F

4.10

3.4

+/+++

++/+++

++/+++

++/+++

+/++

+/+++

+/+++

MM

M

4.6

1.6

+/++

+/++

++/+++

++/+++

++/++

+/++

+/+

 

 

 

  * anni. mesi                                                  

**  prima/dopo approccio terapeutico.

                                                                                                                                                                                                                                                                               

 

                     

 

               

 

Come si evince dalla tabella 1, il trattamento ha consentito un recupero della comunicazione interpersonale, anche verbale in 10 bambini con i pattern B e C, solo o prevalentemente mimico-gestuale negli altri 3, con il pattern A.

            Il trattamento è stato sospeso in una bambina con pattern C per una pressoché completa normalizzazione del quadro clinico; restano una certa difficoltà in termini di flessibilità del pensiero e di agile adattamento ai sentimenti degli altri in specie dei pari nel gruppo, per cui la b. non riesce ad inserirsi pienamente ed autonomamente. Attualmente sta seguendo un programma psicoeducativo volto a migliorare le funzioni cognitive e ad aumentare la propria autostima e capacità propositiva.

           

            

                 

                 

CONCLUSIONI

           

 

   Nell’ambito dello spettro autistico la ricerca scientifica sta cercando di riconoscere diversi sottotipi. I DMSS collocandosi per la loro fisiopatogenesi  a cavallo fra i DR ed i DPS, offrono una maggiore mobilità e potenzialità nelle varie aree problematiche con possibilità di maggiore recupero in specie nei disturbi della comunicazione rispetto alla socializzazione. Il loro riconoscimento precoce ed una tempestiva presa in carico abilitativa psicomotoria, ne migliora comunque notevolmente la prognosi.

 

 Bibliografia:

                  1.        American Psychiatric Association. Diagnostic and statistical manual of mental disorders, IV ed. (DSM IV). Washington, 1994.

                  2.        DIAGNOSTIC CLASSIFICATION 0-3 – Diagnostic Classification of Mental Health and Developmental Disorders of Infancy and Early Childhood. 2nd Edition. ZERO-TO-THREE/National Center for Clinical Infant Programs, 1994.

                  3.        Rapin I. The Autistic-Spectrum Disorders. N Engl J Med 2002, 374: 302-303.

                  4.        F Muratori, A Cosenza, B Parrini. Disturbi Multisistemici dello Sviluppo. In: Manuale di Psicopatologia dell’Infanzia a cura di M Ammaniti, Raffaello Cortina Editore, pp 345-363, 2001.

                  5.        Levi G., Bernabei P., Frolli A., Grittani S., Mazzoncini B., Militerni R., Nardocci F. Linee Guida per il trattamento dell’Autismo, Gior  Neuropsich Età Evol 2005; 25 (suppl 1): 53-87.

           6.     R Militerni. L’approccio psicomotorio ai disturbi pervasivi dello sviluppo. Gior Neuropsich Età Evol 1999, 20: 284-290.

 

Nota iconografica:

le foto che illustrano questo articolo si riferiscono all'opera di Peter Land "Playground", presentata nel Padiglione Scandinavo alla Biennale Arte 2005 di Venezia. Per un approfondimento vai a "I giardini della Biennale"  

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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