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"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
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Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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L'occulto abita l'enigma
(la notte parla indirettamente), ragion d'essere del mistero.
La caverna è il luogo occulto e <<riservato>> che non parla mai
direttamente; la notte (nus) è muta come lo stesso mistero,
non parla, non vede, non sente ( muo ), ma trasmette...
Il mistero ed il mito, che dispiegano e tentano di svelare
l'enigma, costituiscono una mediazione tra la parola segreta (
muo ) ed il logos. Rodolfo Mondolfo1, il filosofo
italiano, ha scritto:
<< Il logos è
un'esistenza latente, a priori di ogni coscienza2>>.
L'occulto che sfugge alla
ragione, che scappa alla coscienza, che sia illimitato
(Milton) o più limitato (caverna), è una realtà presente,
pregnante, che esige un interlocutore per parlare. L'inconscio è
una verità del corpo e della natura, un linguaggio apparentemente
non aperto e parzialmente visibile alla luce della coscienza. Ma
la coscienza, come il corpo dell'uomo, è limitata: non si può
raggiungere la realtà <<assoluta>> dell'enigma, poiché essa resta
sempre una realtà mascherata. La presa di coscienza di ciò che
sfugge alla coscienza costituisce la realtà di un pensiero che non
può svelare tutto e che deve assumere su di sé la propria ambiguità
riflessiva e la propria incertezza metafisica.
L'idea di inconscio è presente
in tutte le culture, ma non necessariamente formulato in maniera
esplicita. L'inconscio non si esprime da se stesso, l'intuizione
inconscia non è sufficiente: è necessaria la coscienza per tale
formulazione.
Nell'allegoria platonica della caverna, l'idea di inconscio è
presente come una cosa nascosta dalla luce del giorno, dalla realtà
luminosa. Per l'uomo rinchiuso, prigioniero nella caverna sin
dall'infanzia, l'unico principio di realtà è quello dello spazio
interiore (della grotta), corpo opaco in cui egli vive all'interno
di un mondo di ombre che si proiettano sul muro. E' l'eidolon
(mondo delle idee) che rappresenta l'impronta oscura
dell'<<inconscio>> sostanziale.
Il mondo di fuori, della luce
che produce le ombre, non viene riconosciuto: quando il
prigioniero si gira per guardare l'entrata della grotta, la luce
lo acceca; la realtà esterna è troppo forte, intollerabile ed
incompatibile con la sua realtà quotidiana. la realtà esterna è
anche rumorosa. All'ingresso della caverna ci sono rumori, voci,
forse odori e tutti i <<prodotti>> della sensorialità umana
generata dagli uomini che passano il loro tempo con gli oggetti,
con gli idoli...Tutto ciò si estende, si espande, si proietta
interiormente a modo di una eco al fondo della caverna. Mentre
l'umanità rumorosa si proietta sotto forma di ombre sul muro, è il
doppio oscuro che diviene vivente. Francis MacDonald
Cornford3 nella sua traduzione inglese della
Repubblica di Platone, al capitolo 25, quello sull'allegoria
della caverna, scrive in una nota (pag. 223):
<<Un Platone moderno
comparerebbe la grotta ad un cinema 'underground' in cui il
pubblico guarda il gioco d'ombre parlando e facendo rumore (
Platone aveva egli stesso un gioco d'ombre che amava molto) come
se nell'allegoria si trattasse di una sorta di film sonoro e
parlante in anticipo sui tempi>>.
La coscienza del prigioniero non
ha scelto, si deve fare complice del mondo delle ombre, unica
realtà tangibile, familiare, immediata per lui. L'uomo <<ombroso>>
non sopporta facilmente il mondo della luce. E' una luce proibita?
inaccessibile? Uscire alla luce del giorno è una nuova nascita,
una vera nascita.
Se l'uomo non esce dalla sua
prigione, il suo corpo diviene ombra-tomba in una equivalenza
fonetica e protosimbolica: soma = il corpo, sema =
segno, tomba. Essere al mondo significa uscire dalla
grotta, verso l'aperto ( das Offen in Rainer Maria Rilke
nella sua <<ottava elegia>> duinese:
<<De tous ces yeux la créature
voit l'Ouvert. Seuls nos yeux sont retournés et posés autour
d'elle tels des pièges pour encercler sa libre issue>> 4
Per uscire, bisogna rischiare,
dice la poesia: guardare (regarder - uscire dalle proprie
difese- gardes ), misurare ... Ma per il neonato è un modo
di scoprire, di far apparire l'universo. Il mondo è ancora
inconcepibile per intero in quanto tale, quindi indefinito ed
illimitato finché egli arriva a concepire tali limiti. Sono stato
sempre colpito dall'etimologia del termine <<simbolo>> in cui
l'accento è stato sempre messo sul <<mettere insieme>> sum
in sumbolom, piuttosto che lanciarsi ( ballo ),
nascere al mondo per integrarsi all'esistenza.
La luce della coscienza sarebbe
in grado di superare l'entrata della grotta? Di guardare,
percepire soggettivamente la propria realtà interiore? I limiti
tra conscio e inconscio sono così netti?
Foto:
Leibniz
A proposito delle Impressioni
oscure della coscienza (Leibniz), si tratta di una
<<illuminazione>> fantasmatica, un certo grado di coscienza che
può condurre il prigioniero alla luce del giorno ed all'aperto:
das Offen. Per Maurice Blondel, il Vinculum substantiale5
di Leibniz deve servire da legame alle monadi6
di cui sono composti i corpi. Vinculum diviene
un'espressione adeguata per parlare del legame tra una natura ed
un'altra, un corpo ed un altro, una presenza ed un'altra. La
monade: Monas è una parola greca che significa unità ossia
ciò che è uno. Le monadi secondo Leibniz non hanno finestre
attraverso cui qualcosa vi possa entrare o uscire. In questo caso,
qual è il vinculum tra le monadi? Forse che la monade è una
cellula con la sua membrana con cui il contatto avverrà per
osmosi? |