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Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività

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     "Il mito della caverna"

 

 di Salomon Resnik

 



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Il presente  testo è tratto da S. Resnik, "Biographie de l'Inconscient", Dunod, Paris, 2006 , ISBN 2-10-050527-0 . La traduzione in italiano è di Giuseppe Leo.

 

 

 
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"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini"

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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L'occulto abita l'enigma (la notte parla indirettamente), ragion d'essere del mistero. La caverna è il luogo occulto e <<riservato>> che non parla mai direttamente; la notte (nus) è muta come lo stesso mistero, non parla, non vede, non sente ( muo ), ma trasmette... Il mistero ed il mito, che dispiegano e tentano di svelare l'enigma, costituiscono una mediazione tra la parola segreta ( muo ) ed il logos. Rodolfo Mondolfo1, il filosofo italiano, ha scritto:

 

<< Il logos è un'esistenza latente, a priori di ogni coscienza2>>.

L'occulto che sfugge alla ragione, che scappa alla coscienza,  che sia illimitato (Milton) o più limitato (caverna), è una realtà presente, pregnante, che esige un interlocutore per parlare. L'inconscio è una verità del corpo e della natura, un linguaggio apparentemente non aperto e parzialmente visibile alla luce della coscienza. Ma la coscienza, come il corpo dell'uomo, è limitata: non si può raggiungere la realtà <<assoluta>> dell'enigma, poiché essa resta sempre una realtà mascherata. La presa di coscienza di ciò che sfugge alla coscienza costituisce la realtà di un pensiero che non può svelare tutto e che deve assumere su di sé la propria ambiguità riflessiva e la propria incertezza metafisica.

L'idea di inconscio è presente in tutte le culture, ma non necessariamente formulato in maniera esplicita. L'inconscio non si esprime da se stesso, l'intuizione inconscia non è sufficiente: è necessaria la coscienza per tale formulazione.

Nell'allegoria platonica della caverna, l'idea di inconscio è presente come una cosa nascosta dalla luce del giorno, dalla realtà luminosa. Per l'uomo rinchiuso, prigioniero nella caverna sin dall'infanzia, l'unico principio di realtà è quello dello spazio interiore (della grotta), corpo opaco in cui egli vive all'interno di un mondo di ombre che si proiettano sul muro. E' l'eidolon (mondo delle idee) che rappresenta l'impronta oscura dell'<<inconscio>> sostanziale.

Il mondo di fuori, della luce che produce le ombre, non viene riconosciuto: quando il prigioniero si gira per guardare l'entrata della grotta, la luce lo acceca; la realtà esterna è troppo forte, intollerabile ed incompatibile con la sua realtà quotidiana. la realtà esterna è anche rumorosa. All'ingresso della caverna ci sono rumori, voci, forse odori e tutti i <<prodotti>> della sensorialità umana generata dagli uomini che passano il loro tempo con gli oggetti, con gli idoli...Tutto ciò si estende, si espande, si proietta interiormente a modo di una eco al fondo della caverna. Mentre l'umanità rumorosa si proietta sotto forma di ombre sul muro, è il doppio oscuro che diviene vivente.  Francis MacDonald Cornford3 nella sua traduzione inglese della Repubblica di Platone, al capitolo 25, quello sull'allegoria della caverna, scrive in una nota (pag. 223):

<<Un Platone moderno comparerebbe la grotta ad un cinema 'underground' in cui il pubblico guarda il gioco d'ombre parlando e facendo rumore ( Platone aveva egli stesso un gioco d'ombre che amava molto) come se nell'allegoria si trattasse di una sorta di film sonoro e parlante in anticipo sui tempi>>.

La coscienza del prigioniero non ha scelto, si deve fare complice del mondo delle ombre, unica realtà tangibile, familiare, immediata per lui. L'uomo <<ombroso>> non sopporta facilmente il mondo della luce. E' una luce proibita? inaccessibile? Uscire alla luce del giorno è una nuova nascita, una vera nascita.

Se l'uomo non esce dalla sua prigione, il suo corpo diviene ombra-tomba in una equivalenza fonetica e protosimbolica: soma = il corpo, sema = segno, tomba. Essere al mondo significa uscire dalla grotta, verso l'aperto ( das Offen in Rainer Maria Rilke nella sua <<ottava elegia>> duinese:

 

<<De tous ces yeux la créature voit l'Ouvert. Seuls nos yeux sont retournés et posés autour d'elle tels des pièges pour encercler sa libre issue>> 4

Per uscire, bisogna rischiare, dice la poesia: guardare (regarder - uscire dalle proprie difese- gardes ), misurare ... Ma per il neonato è un modo di scoprire, di far apparire l'universo. Il mondo è ancora inconcepibile per intero in quanto tale, quindi indefinito ed illimitato finché egli arriva a concepire tali limiti. Sono stato sempre colpito dall'etimologia del termine <<simbolo>> in cui l'accento è stato sempre messo sul <<mettere insieme>> sum in sumbolom, piuttosto che lanciarsi ( ballo ), nascere al mondo per integrarsi all'esistenza.

La luce della coscienza sarebbe in grado di superare l'entrata della grotta? Di guardare, percepire soggettivamente la propria realtà interiore? I limiti tra conscio e inconscio sono così netti?

Foto: Leibniz

A proposito delle Impressioni oscure della coscienza (Leibniz), si tratta di una <<illuminazione>> fantasmatica, un certo grado di coscienza che può condurre il prigioniero alla luce del giorno ed all'aperto: das Offen. Per Maurice Blondel, il Vinculum substantiale5 di Leibniz deve servire da legame  alle monadidi cui sono composti i corpi. Vinculum diviene un'espressione adeguata per parlare del legame tra una natura ed un'altra, un corpo ed un altro, una presenza ed un'altra. La monade: Monas è una parola greca che significa unità ossia ciò che è uno. Le monadi secondo Leibniz non hanno finestre attraverso cui qualcosa vi possa entrare o uscire. In questo caso, qual è il vinculum tra le monadi? Forse che la monade è una cellula con la sua membrana con cui il contatto avverrà per osmosi?

 

 
   
 

 

 
   
   
 

 

 

 

 

   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
Note:
 


1) R. Mondolfo, "La comprensione del soggetto umano nell'antichità classica", Firenze, La Nuova Italia, 1958.

2) Comunicazione personale in occasione del suo 98° compleanno a Buenos Aires.

3) F. MacDonald Cornford, "The Republic of Plato", Oxford, Clarendon Press, 1955.

4) R. M. Rilke, <<Huitième élégie>>, Elégie du Duine, trad. di F.-R. Daillie, Orphée. Nell'originale: <<Mit allen Augen sieht die Kreatur das Offene. Nur unsre Augen sind wie umgekehrt und ganz um sie gestellt als Fallen, rings um ihren freien Ausgang>>

5) A. Boehm, "Le <<Vinculum substantiale>> chez Leibniz", Paris, Librairie Vrin, 1962.

6) Monade è, nella filosofia di Leibniz, una sostanza semplice, attiva, indivisibile, il cui numero è infinito e di cui tutti gli esseri sono composti. Giordano Bruno utilizza il termine <<monade>> come espressione del minimo - entità indivisibile - elemento di ogni cosa ( un atomo spirituale secondo Leibniz).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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