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Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed
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Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
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Introduced by/introduzione di: Vlasta Polojaz
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Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
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Resnik,
S. et al. (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei
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Writings by:A.
Ambrosini, A. Bimbi, M. Ferri, G.
Gabbriellini, A. Luperini, S. Resnik,
S. Rodighiero, R. Tancredi, A. Taquini Resnik,
G. Trippi
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della Psicoanalisi
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Pagine/Pages: 156
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Silvio
G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
ISBN: 978-88-97479-03-1
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
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AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
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AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
Prezzo/Price: € 38,00
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 41,00
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
Prezzo/Price: € 34,00
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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Tante
sono le adolescenze quante le condizioni sociali, culturali e di
sviluppo individuale, e altrettanto vale per tutti i segmenti secondo
i quali suddividiamo lo svolgersi della vita.
Prenderò
in considerazione la situazione degli adolescenti che chiamiamo
‘minori stranieri non accompagnati’ (msna), guardando in
particolare alla capacità di resilienza psicologica che, come noto,
dipende sia dalla dotazione naturale plasmata dal contesto famigliare
e sociale di crescita sia dalle risposte che il soggetto riceve dal
contesto di accoglienza dopo gli eventi stressanti che lo hanno
riguardato.
Chi
sono i MSNA.
La
denominazione ‘minori stranieri non accompagnati’ è
sufficientemente evocativa di ciò che caratterizza questi
adolescenti. La definizione ufficiale tratta dalle Linee Guida sui
minori stranieri non accompagnati, emanate nel 2003 dalla
Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di
integrazione del Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali, recita così: ” Ai sensi
dell’articolo 1, comma 2 del D.P.C.M. n. 535/1999, per
minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello
Stato […] s’intende il minore non avente cittadinanza italiana o
di altri Stati dell'Unione Europea che, non avendo presentato domanda
di asilo, si trova per qualsiasi causa nel territorio dello Stato
privo di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri
adulti per lui legalmente responsabili in base alle leggi vigenti
nell'ordinamento italiano".
Va
da sé che questo essere privi di un legale rappresentante li rende
particolarmente
deboli
di fronte alle istituzioni. Vedremo più avanti come la questione del
rispetto dei diritti oltre
che un dovere rappresenti anche uno strumento di prevenzione e tutela
della salute mentale di questi ragazzi e più in generale di tutti i
bambini e gli adolescenti.
Parlando
di questi ragazzi non si può non fare riferimento alle loro risorse
interne che consentono di sopportare
e superare ostacoli materiali, paure e angosce non immaginabili
per chi
vive nei Paesi dell’Europa occidentale o nell’America del
Nord.
Alle
risorse interne fa da contraltare il sistema di accoglienza previsto
per loro, che sono minorenni, migranti e soli, dunque in una
situazione di particolare fragilità.
L’incrocio
fra progetto migratorio, risorse interne e sistema di accoglienza
determina l’esito del processo di integrazione di questi
ragazzi nei Paesi di accoglienza, un processo decisivo nella loro
adolescenza e in tutto il loro percorso di vita successivo.
In
questo confronto, la capacità di resilienza di questi ragazzi ha una
parte decisiva; il binomio resilienza – sistema di accoglienza sarà
quindi l’angolazione secondo cui trattare di questa adolescenza.
Resilienza
Il
termine resilienza è utilizzato in diverse discipline con il medesimo
sostanziale significato di capacità di adattarsi a forze esterne
deformanti, resistendo in questo modo ad esse senza cedimenti
strutturali.
In
psicologia si é affermato grazie agli studi di Garmezy ((1974)
dedicati ai bambini le cui condizioni di svantaggio li mettevano a
rischio di sviluppare gravi disturbi psicopatologici
e a quelli di Rutter (1979) sulla crescita dei bambini in
condizioni di povertà.
Questi
studi mostrarono come una gran parte dei bambini che vivevano in
condizioni di rischio evolutivo si sviluppavano senza mostrare danni o
disturbi psicologici, anzi, talvolta diventavano adulti
particolarmente dotati e capaci, tanto che J. Anthony (1974) utilizzò
l’espressione “bambini
invulnerabili”per definirli, anche se, come vedremo, nel libro
pubblicato con B. Cohler (1987), evidenzia i danni presenti nella
struttura di personalità di questi soggetti.
Tra
le tante formulazioni disponibili del concetto di resilienza
psicologica, si possono citare quella di Luthar (2003) che la
definisce “un processo dinamico che porta ad un adattamento positivo
nel contesto di avversità significative” e quella di Rutter (2007)
che parla di “un concetto interattivo che deriva dalla combinazione
di esperienze di rischio gravi con una crescita psicologica
relativamente positiva a dispetto di tali esperienze” .
Se
pensiamo alle condizioni di vita che spingono questi ragazzi stranieri
a lasciare, da soli, i loro paesi e a ciò che devono affrontare nel
viaggio clandestino per arrivare in Europa, la questione delle loro
capacità di superare rischi e difficoltà oggettivi, paure e angosce,
e di mantenere un equilibrio accettabile fra speranze e delusioni, in
una parola, la loro capacità di resilienza, appare decisamente
critica.
Va
ricordato che la resilienza non è una capacità immutabile, ma si
modifica nel tempo in
relazione
all’esperienza: se questa favorirà il germogliare e
l’irrobustirsi di fattori protettivi, crescerà la capacità di
resilienza.
Questa
caratteristica fa assumere una speciale importanza,
nel caso dei msna, al sistema di accoglienza. Se consideriamo
le tre fasi secondo le quali si articola il percorso di accoglienza di
questi minori, emerge chiaramente come in ciascuna di esse siano
presenti gli elementi e le occasioni che gli operatori che si occupano
di loro possono cogliere per favorire lo sviluppo di queste capacità
di resilienza: tamponando le ferite psicologiche subite durante il
viaggio, come accade all’arrivo nel nostro Paese e durante il primo
periodo immediatamente successivo ad esso;
facilitando le capacità di adattamento al sistema di vita
delle comunità in cui i ragazzi sono accolti nelle settimane
successive all’arrivo; sviluppando
le competenze e la sicurezza interiore necessarie per proseguire sulla
strada della autonomia personale, lavorativa e sociale nel periodo che
li separa dal compimento della maggiore età.
I
fattori protettivi si possono raggruppare in tre categorie generali
(Diavoletto A., 2013) a seconda che attengano al soggetto, al suo
gruppo famigliare, al contesto ambientale.
Tra
le caratteristiche personali di particolare importanza in età
adolescenziale sono l’autostima, la fiducia nella proprie capacità
e il sentimento di poter avere il controllo sulla propria vita;
fattori che nella loro genesi primaria rimandano al binomio
soddisfazione dei bisogni – sicurezza di sé di cui scrive Sullivan
(1972) a proposito della prima relazione madre –bambino, ma che nel
corso dello sviluppo sono fortemente condizionati dagli eventi di
vita. Sotto questo profilo ciò che affrontano i msna, e tutti i
migranti clandestini, durante
i loro viaggi per giungere in Europa, rappresenta sicuramente
una prova estrema per le caratteristiche soggettive menzionate
(autostima, fiducia nella proprie capacità, sentimento di poter avere
il controllo sulla propria vita) dalla quale esse possono essere
confermate sino alla distorsione onnipotente o lese sino
all’irreparabile.
I
fattori protettivi ambientali sono
fondamentalmente rappresentati dalle relazioni sociali e dai sistemi
di sostegno, organizzati o informali. Tra i primi rivestono
particolare importanza i Servizi sociali, quelli educativi
e quelli sanitari che con i loro interventi mirano ad
interrompere o ad attenuare la catena negativa dei fattori di rischio
a cui è esposto il soggetto e a promuoverne le sue capacità di
recupero e ad attivare reti di sostegno. La fondamentale importanza
che i Servizi rivestono come fattori di resilienza, si accompagna ad
una pari responsabilità che la riduzione delle risorse pubbliche e la
burocratizzazione dei Servizi stessi tendono a scaricare sul singolo
operatore. Una discussione su questa dinamica perversa sarebbe quanto
mai proficua.
Tra
i sistemi informali, nel caso dei msna, ha grande importanza il gruppo
dei connazionali, come fu nel caso di Mudassar, di cui si parla nel
libro citato nel prossimo paragrafo. Era un ragazzino minuto, quasi
imberbe, ma che già aveva diciassette anni e mezzo quando arrivò in
Italia, e proprio perché mancavano soltanto sei mesi al compimento
della maggiore età dovette fare in gran fretta, troppo in fretta, il
percorso di autonomia: dalla alfabetizzazione alla formazione
lavorativa, al lasciare la comunità. Considerando la condizione di
estrema fragilità personali e del percorso, il Servizio Sociale, pur
con le risorse economiche al lumicino, riuscì a ad assegnarli per tre
mesi dopo il compimento del diciottesimo anno, un educatore di
riferimento che lo aiutasse nella ricerca di un posto di lavoro e nel
disbrigare le necessità della vita quotidiana; per l’alloggio, gli
fu trovato un letto di fortuna presso una parrocchia e poco dopo si
trasferì presso un
connazionale. Passati i tre mesi di sostegno da parte
dell’educatore, Mudassar, come abbiamo scritto nel libro citato,
“si trovò senza più alcuna rete di protezione e come un corpo che
cade senza protezione, è sparito”. In realtà, nella ricerca che
abbiamo condotto per verificare la situazione dei ragazzi la cui
storia avevamo raccontato, abbiamo scoperto che Mudassar aveva trovato
lavoro in un ristorante gestito da un connazionale e che il gruppo dei
connazionali lo aveva accolto, sostenuto e protetto consentendogli di
acquisire una autonomia che nessuno avrebbe immaginato possibile.
Un
libro dedicato ai minori stranieri non accompagnati
In un libro pubblicato poco più di un anno fa, intitolato
“Cercare un futuro lontano da casa” (Rigon G, Mengoli G., 2013),
sono state presentate le storie di 10 adolescenti giunti in Italia
come minori stranieri non accompagnati. [1]
Il
mio incontro con i minori stranieri non accompagnati
nasce dalla consulenza che presto ad una cooperativa che
gestisce il Centro di Prima Accoglienza dove vengono ricevuti questi
ragazzi appena entrano in contatto con la Polizia e il Servizio
Sociale e dove
restano per circa due mesi per passare poi a comunità cosiddette di
“ seconda accoglienza” dove portano avanti il percorso di
scolarizzazione, formazione e inserimento lavorativo.
Ricordo
che l’impatto ai primi incontri fu molto forte. Come scritto nel
libro sopra citato (pg12) “ … i loro visi tesi, i corpi che si
muovono a scatti, gli sguardi quasi mai diretti, trasmettono
un’ansia, una insicurezza, un allarme, che ti investono con violenza
nel profondo suscitando una reazione di pudore, quasi una vergogna che
viene dalla sensazione di non poter fare qualcosa subito per alleviare
quella sofferenza”
Nel mio frequentare la comunità, anche al di fuori del lavoro
professionale, ho potuto ascoltare le loro storie raccontate dagli
educatori; storie con brutti finali come il carcere o la droga, oppure
positivi, con il lavoro e l’inserimento sociale seppure parziale,
oppure ancora, incerti come quello di Amhed, proveniente dal Marocco,
che aveva sempre un problema da risolvere; e che problemi!
Per primo quello di essere in comunità come misura alternativa
dopo essere stato arrestato per spaccio, poi quello di aver fornito un
nome falso al momento dell’arresto, quindi si scoprì che era
analfabeta nella sua lingua e dunque aveva grandi difficoltà sul
lavoro, e ancora la dipendenza dal gioco, e ancora … eppure fu
capace di superare tutti questi ostacoli, ma sempre uno nuovo se ne
presentava tanto da far temere che non ce l’avrebbe fatta.
Il
libro nasce dal bisogno di far conoscere questa realtà, per lasciare
traccia di queste vite ignorate, vite degli ultimi, racchiuse in poche
righe, piccole biografie di una parte di vita.
Alì,
che veniva dalla Somalia dove era stato costretto dalle milizie
Shabaab a combattere e da un lungo, pericoloso viaggio attraverso
Kenia, Sudan e Libia, al
momento di lasciare quest’ultimo Paese
verso Lampedusa, aveva detto al suo compagno di avventura
:” Non andiamo con la stessa barca, perché spesso le barche
affondano , e uno di noi deve sopravvivere per raccontare
dell’altro, per raccontare di noi”
Il
libro è stato anche il nostro modo di realizzare il desiderio di Alì
e di ricordare tutti coloro che sono morti perché le barche sono
affondate, e ciò vale anche per questo scritto.
Si
calcola che siano 1600 nei primi 4 mesi del 2015 i migranti affogati
nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere l’Europa e che siano
stai ben3500 nel corso dell’anno in cui è stata operativa la
missione Mare Nostrum, dall’ ottobre 2013 al novembre 2014. La
tragicità di questa situazione che i numeri appena citati documentano
è confermata da quanto scrive una bambina di 11 anni proveniente dal
Gambia e scampata al naufragio del barcone nel quale sono invece
periti la sorella e il fratello[2]
:
“Vengo
dal Gambia e ho attraversato il mare per venire in Italia. Molte
persone sono morte, i miei
amici, mia sorella e mio fratello sono morti fra le onde per arrivare
in Italia.
Vi
supplico, fratelli e sorelle, basta arrivare in questo modo.
Vi
prego, vi prego, vi prego.
Vi
dico questo perché so cosa ho visto e ho visto molte cose che non
posso raccontare.
Quello
che posso dire a chi di voi sta per arrivare è: non fatelo, per
favore, fratelli e sorelle”.
Il
sistema di accoglienza
Cogliendo
l’occasione di questo articolo possiamo chiederci se nell’arco di
tempo trascorso dalla pubblicazione del libro – un anno e mezzo,
come detto - i bisogni di questi ragazzi e i problemi che essi ci
pongono sono cambiati e come, e se sono cambiate le risposte ad essi.
Quali
erano i problemi e i sottostanti bisogni evidenziati nel libro?
-
migrazioni clandestine lunghissime e drammatiche, nelle
quali è spesso messa a rischio l’incolumità fisica, psicologica e
morale di questi adolescenti. Cito anche il rischio di ledere la
dimensione morale di questi ragazzi e ragazze costretti a subire abusi
fisici e sessuali o ad assistere, impotenti, alle violenze inflitte a
chi con loro condivide la migrazione.
-
normativa nazionale che contrastava l’accoglienza dei
migranti e rendeva difficile l’inserimento lavorativo e sociale di
questi ragazzi, perché prevedeva che per ottenere il permesso di
soggiorno essi, al compimento del 18° anno di età, avessero già
trascorso 3 anni in Italia e che per 2 di questi fossero stai in una
comunità. In assenza di questi requisiti, non veniva concesso il
permesso di soggiorno e la persona diventava un clandestino.
-
questa sorta di “ghigliottina della maggiore età” troncando il
percorso di integrazione vanificava
anche il lavoro di accoglienza fatto sino a quel momento, e
trasformando quelle persone in clandestini, facilitava il loro
passaggio sulla strada della devianza e della delinquenza.
-
per la stessa ragione c’era grande difficoltà ad
assicurare interventi educativi qualificati per tutti questi ragazzi e
cure specialistiche tempestive e continuate nei casi in cui la
sofferenza psichica travalica il limite della sintomatologia.
-
infine, ed è questa la radice di molti dei problemi ora
elencati, mancava una legge quadro che regolamenti come ordinario il
flusso migratorio; il fenomeno migratorio; di conseguenza, esso viene
trattato come un fenomeno emergenziale con le
note pesanti ricadute sul piano delle risorse disponibili per
rispondere ai bisogni.
Che
cosa è cambiato oggi?
-
Le migrazioni clandestine restano drammatiche e spesso
tragiche; ciò che è cambiato è l’aumento esponenziale del flusso
migratorio. Ormai da mesi le cronache registrano l’arrivo
giornaliero di centinaia di immigrati; i dati riportati sopra dicono
la dimensione del fenomeno, ormai tale da aver assunto rilevanza
politica a livello europeo e anche dell’ONU; se pure vi é ormai
accordo nel considerare permanente e non contingente il fenomeno, non
vi è invece convergenza –e forse, a monte, non vi é la volontà
politica di trovarla – sulle possibili soluzioni: si va da ipotesi
puramente difensive e militari a quelle più aperte verso la
realizzazione di corridoi umanitari. Il risultato nella realtà è lo
stallo, che consente di proseguire una situazione da tutti definita, a
parole, vergognosa e intollerabile.
-
Con la cosiddetta “Operazione Mare Nostrum”
la risposta del Governo italiano si è invertita rispetto al
tempo delle migrazioni dei ragazzi di cui si parla nel libro; si è
passati infatti da un atteggiamento imperniato sul respingimento ad
uno aperto all’accoglienza. L’importanza
di ‘Mare Nostrum’ –
operazione dichiaratamente umanitaria e non soltanto militare - stava
nello svolgere un intervento di
ricerca attiva dei migranti estesa in profondità nel Mediterraneo
realizzando verso sud un primo abbozzo di un possibile “canale
umanitario” che tutelasse il più possibile la vita dei migranti. La
riduzione dell’area di intervento in mare che si è
realizzata con l’attuale progetto denominato Triton
in capo all’ Unione Europea, si è purtroppo dimostrata
insufficiente rispetto al
bisogno, come tragicamente dimostrato dall’ immediato aumento dei
migranti morti.
-
La normativa non prevede più l’obbligo dei tre anni
di presenza in Italia e due anni di formazione e per rilasciare il
permesso di soggiorno:
-
Questo ha ridotto il
fenomeno della clandestinità e ha reso più facile la continuità di
cura che è sancita come diritto dalla Convenzione ONU sui Diritti
dell’ Infanzia (CRC, New York 1989), ratificata dal nostro
Parlamento nel 1991.
-
Manca ancora, ma è in via di approvazione alla Camera,
una Proposta di Legge (prima firmataria Sandra Zampa) che
permetterebbe di passare da una gestione emergenziale ad una ordinaria
della immigrazione minorile, prevedendo per questo anche la dotazione
di un fondo economico specificamente dedicato.
A
livello locale, cominciano a definirsi alcune esperienze qualificate
di sostegno sociale e sanitario e di intervento educativo
a favore di questi minori. Come esempio, può essere
interessante segnalare quanto realizzato a Bologna in campo sanitario.
Sulla base di una analisi dei dati relativi alla utenza di minori
stranieri e della propria organizzazione (Martelli M., Magnani G.,
Costa S. 2011), il Servizio
il Servizio di Neuropsichiatria Infantile ha attivato un ambulatorio
dedicato ai minori stranieri, compresi quindi i msna,
condotto da una neuropsichiatra infantile con formazione
transculturale e da una psicologa, che garantisce anche una attività
di consulenza presso
l’Agenzia Sociale del Comune che si occupa di questi ragazzi .[3]
La
Guida di Terre des Hommes
Tra
le iniziative che ci aiutano a rispondere sempre meglio alle questioni
che ci pongono i MSNA, va segnalata la pubblicazione recente curata da
Terre des Hommes (2014) di una “Guida psicosociale per operatori
impegnati nella accoglienza dei minori stranieri non accompagnati”
La Guida presenta sinteticamente i punti di carattere generale
(chi sono i msna, entità e qualità della loro migrazione, la
normativa che li interessa, …) e si concentra sulla loro accoglienza
nelle comunità di prima e di seconda accoglienza, una occasione di
particolare importanza, come discusso più sopra, per favorire lo
sviluppo delle capacità di resilienza di questi ragazzi. [4]
MSNA,
Resilienza, Diagnosi
A distanza di due anni , abbiamo riconsiderato le condizioni di
alcuni quei minori – quelli di cui abbiamo ancora notizia -
evidenziando in particolare quelli che possono essere
considerati
i loro punti di forza per fronteggiare
difficoltà, ostacoli e delusioni nel loro percorso di sviluppo
e integrazione.
E’
evidente che tutti questi
ragazzi hanno dimostrato di essere forti
avendo superato mille pericoli, paure e violenze, e al tempo stesso tutti
sono fragili
per i segni che si portano dentro
a seguito di questa esperienza.
C’è
dunque bisogno di supportare quelle fragilità per tutti questi
adolescenti; perché tutti, come detto, hanno subito il trauma di una
migrazione clandestina, forzata e violenta.
Questo
si può fare, a mio giudizio, qualificando la competenza psicologica
degli educatori che li accolgono; il che non significa, ovviamente,
trasformare gli educatori in psicologi, né, tantomeno, significa
psicologizzare il problema. Significa medicare le ferite con gli
interventi adeguati. La Guida di Terre des Hommes parla anche di
questo (pgg. 28 – 33), e ad essa rimando per la trattazione
specifica che di questo punto ho svolto in quel testo.
C’è
bisogno di curare la psiche questi ragazzi quando le ferite sono
gravi, quando il loro
malessere
supera una certa soglia e diventa una condizione patologica; è
necessario allora prevedere (e provvedere!) l’intervento dello
psichiatra dell’età evolutiva.
Possiamo
dunque leggere la forza che dimostrano questi adolescenti come una
manifestazione della loro capacità di resistere agli eventi
stressanti e di superare le prove più difficili, in altre parole
della loro capacità di resilienza.
Questa
capacità talvolta è tale che si potrebbe guardare ad alcuni
di questi ragazzi come a “bambini invulnerabili” secondo il
titolo del libro di Anthony e Cohler (1987) ricordato più sopra.
Questi
Autori ci hanno però mostrato come dietro ai brillanti risultati di
adattamento e
di
successo sociale che i bambini cosiddetti invulnerabili conseguono da
adulti, ci sia spesso una struttura di personalità che è invece
vulnerabile o alterata.
A
maggior ragione ciò si può pensare sia vero per quei soggetti che,
pur avendo sostanzialmente superato in maniera positiva pesanti
avversità, mostrano
qualche difficoltà di adattamento.
Una
valutazione di tale condizione, di come essa sia organizzata nella
singola persona, può essere svolta solo attraverso una diagnosi di
struttura.
Con
questo termine intendiamo la valutazione clinica che ci consente di
ipotizzare l’organizzazione e la dinamica del funzionamento psichico
dell’individuo. (Freud S., 1923), differenziandosi in questo dalla
diagnosi descrittiva.
Come
ho avuto modo di richiamare in altra occasione (Rigon, 2011), va
sottolineato come la diagnosi strutturale debba comprendere anche una
valutazione delle capacità del soggetto e non solo dei suoi deficit,
limitazioni o insufficienze, ma anche delle sue
positive capacità di fronteggiare l’angoscia e di dare
soluzione ai conflitti, ovvero, dei suoi punti di forza.
Questa
valutazione, che definisco “diagnosi in positivo”, va svolta, a
mio parere, in tutti i casi per i quali siamo chiamati a formulare una
diagnosi, ma diviene assolutamente necessaria nel momento in cui
dobbiamo valutare la capacità di resilienza del soggetto.
Discutendo
di valutazione diagnostica può essere utile ricordare che la diagnosi
clinica è cosa diversa dalla classificazione diagnostica, così come
I trattati di psicopatologia sono cosa diversa dai manuali di
classificazione diagnostica.
Si
direbbe un richiamo scontato, invece, va osservato che tale
distinzione viene molto
frequentemente trascurata tanto da confondere le due cose, e ciò
accade sia in psichiatria sia adulti che dell’ età evolutiva. E’
importante quindi che lo stesso Rutter
sia intervenuto di recente (2011) per confermare le ragioni e
il valore di tale distinzione.
Valutazione
diagnostica e classificazione diagnostica nascono da esigenze
contrapposte, clinica la prima, epidemiologica la seconda, ma
devono essere sempre contemplate entrambe. Diversamente,
infatti, avremmo una raffinata varietà
di descrizioni psicopatologiche mai però riconducibili ad un
profilo unificante indispensabile ad ogni ragionamento
clinico-epidemiologico. Viceversa, avremmo soltanto una somma delle
diverse malattie dalle quali è scomparsa la persona.
Si può quindi concordare con quanto scritto nella Introduzione
del Manuale Diagnostico Psicodinamico (2008, p. LVII) : “negli
ultimi vent’anni c’è stata una tendenza crescente a definire i
problemi della salute mentale sulla
base di sintomi, comportamenti e tratti direttamente osservabili,
mentre il funzionamento globale della personalità e i suoi livelli di
adattamento venivano osservati soltanto in via secondaria” (pg. LVII),
e in conseguenza di ciò, “la persona nella sua interezza è
divenuta dunque meno visibile dei
costrutti relativi ai diversi disturbi su cui i ricercatori possono
trovare un accordo.”
In
conclusione, riguardo alla resilienza, possiamo dire che un buon
lavoro svolto durante la permanenza dei ragazzi in comunità, mirato a
rassicurarli e a rafforzare i fattori protettivi (fiducia in sé e
nelle proprie capacità, fiducia negli altri,
riconsiderazione/rielaborazione dell’esperienza traumatica, …)
risulterà molto importante per aiutarli dopo il loro
diciottesimo anno, quando dovranno misurarsi con i passaggi più duri
del processo di integrazione: conquistare e mantenere un lavoro e una
casa.
Le storie dei msna ci
dicono che lavoro e casa possano essere passaggi così duri da causare
il crollo delle persone, come è successo ad
Arif arrivato dall’Afghanistan, dopo un viaggio tremendo,
come sono questi viaggi, durante il quale
era stato ferito da un proiettile in uno dei tanti passaggi di
frontiera e aveva perso quatto denti per le percosse ricevute dai
poliziotti di uno dei paesi che aveva attraversato.
Si
era rimesso, qui in comunità, e si era trovato modo di mettergli a
posto i denti mancanti. Arif aveva dimostrato grande capacità di
impegno nello studio e poi nel lavoro tanto che era stato assunto,
anche se con contratto rinnovato ogni sei mesi, e poteva permettersi
di pagare l’affitto di casa; aveva anche conquistato una ragazza
italiana che con orgoglio invitava a pranzo, assieme
alla madre, e cucinava per loro. Ma questo periodo di felicità
durò sino a quando l’azienda, a causa della crisi economica, non
gli rinnovò il contratto.
Si
diede un gran da fare Arif per trovare un altro lavoro; andò anche in
Germania e poi a Roma per questo, ma senza fortuna. Così, senza
lavoro, perse anche l’appartamento e si trovò sbandato. Gli fu
trovata una sistemazione di emergenza presso una comunità religiosa
che gli offriva un letto, i pasti e qualche lavoretto, cosa che gli
permetteva di ripagare in minima parte quanto riceveva, perché Arif
è fatto così – a proposito di carattere e resilienza -
una persona piena di dignità.
La
questione dei diritti dei minori
Quando
c’è stato bisogno ci siamo presi in cura questi ragazzi, come è
successo con alcuni di loro come Tuidul
del Bangladesh che viveva in un continuo stato di ansia perché
doveva mandare i soldi a casa per ripagare il debito fatto dai
genitori per il suo viaggio clandestino; o Hamin che non dormiva,
aveva malattie della pelle
e disturbi del comportamento; o Tarik che si tagliava nelle braccia e
nelle gambe e urlava, e non riusciva
a dormire perché ricordava che nella barca della traversata
verso Lampedusa chi si addormentava veniva gettato in mare
Ma
se curare é bene, ancor meglio
è prevenire.
Prevenire
significa rispettare i diritti di questi adolescenti, che sono quelli
di tutti i ragazzi.
I
diritti dichiarati nella nostra Carta Costituzionale e nella
Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia sono un buon riferimento
per la tutela della salute mentale in età evolutiva. In esse è
sancito per tutti i minori il diritto alla accoglienza,
all’istruzione, alle cure, al ricovero in aree separate dagli
adulti.
In
particolare, per i minoro stranieri non accompagnati prevenire
significa:
-
Fare una buona accoglienza. Dal punto di vista della salute
mentale, questo significa assicurare una buona qualità
psicologica al lavoro degli educatori e la disponibilità di
tempestivi interventi psicologici e psichiatrici
qualificati in senso transculturale.
-
Ridare
loro l’adolescenza che non hanno avuto.
-
Assumere nei
loro confronti un punto di vista evolutivo e un punto di vista
transculturale.
Per
corrispondere a questi due ultimi punti, occorre conoscere di più le
caratteristiche individuali, sociali e culturali dell’adolescenza
che li caratterizzano..
Ci
occorrono per questa ragione studi e ricerche, oggi decisamente
carenti. Altrettanto vale per gli specifici fattori di rischio
evolutivo e per quelli di protezione che sono in campo nel caso di
questi ragazzi. Occorre, in sintesi, una apertura alla psicologia e
alla psichiatria transculturale, che è molto rara nel nostro Paese
per quel che riguarda gli adulti e praticamente assente per quel che
riguarda i bambini e gli adolescenti.
E’
facile immaginare che di fronte a quanto appena scritto su quanto
occorre fare per garantire i diritti di questi ragazzi, la risposta
delle istituzioni preposte a tradurre i diritti di principio in
pratica quotidiana, rispondano obiettando il costo degli interventi
conseguenti.
Dobbiamo
allora ricordare che quando si tratta di spese a favore dei bambini e
degli
adolescenti,
non si deve parlare di costi ma di investimenti.
Ormai
da molti anni assistiamo in Italia all’ affermarsi di “una
concezione della spesa sociale intesa esclusivamente come ‘costo’,
da rendere compatibile con le esigenze della finanza pubblica”
(Ascoli U., 2011). L’autore prosegue affermando che “siamo molto
lontani dal social investment
state in cui finalmente alcuni capitoli della spesa sociale, con
particolare enfasi sui servizi per l’infanzia, vengono identificati
come fattori strategici su cui investire per il futuro ‘nuovo
welfare state’ “. (ib.)
A
favore di un buon investimento, per qualità e quantità di risorse,
al fine di realizzare un buon lavoro con questi ragazzi, facilitando
il loro buon inserimento scolastico, lavorativo e sociale, sta il
fatto che in questo modo si evita che i loro percorsi di vita si
orientino e si strutturino nella devianza, con costi personali pesanti
per loro, e costi economici e sociali
altrettanto pesanti per la comunità.
[1]
Il
libro contiene dieci storie scelte per illustrare i diversi
aspetti della accoglienza e del percorso di integrazione di questi
ragazzi; a queste storie si aggiungono alcuni autorevoli commenti.
Il libro è stato scritto con Giovanni Mengoli, religioso
Dehoniano che dirige le comunità che
ospitano i minori stranieri non accompagnati. Le storie, tranne
una, sono state raccolte dal racconto degli educatori per non
obbligare i ragazzi a
rivivere vicende ed episodi tristi e dolorosi, spesso veramente
traumatici.
[4]
Chi
fosse interessato a riceverla, la può richiedere a Terre des
Hommes o la può scaricare
liberamente dal suo sito. www.terredeshommes.it
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