A.S.S.E.Psi.
web site (History of Psychiatry and Psychoanalytic Psychotherapy
)
A.S.S.E.Psi.NEWS
(to subscribe our monthly newsletter)
Ce.Psi.Di. (Centro
di Psicoterapia Dinamica "Mauro Mancia")
Maitres
à dispenser (Our reviews about psychoanalytic congresses)
Biblio
Reviews (Recensioni)
Congressi
ECM (in italian)
Events
(our congresses)
Tatiana Rosenthal
and ... other 'psycho-suiciders'
Thalassa.
Portolano of Psychoanalysis
PsychoWitz - Psychoanalysis and Humor (...per ridere un po'!)
Giuseppe Leo's Art
Gallery
Spazio
Rosenthal (femininity and psychoanalysis)
Psicoanalisi
Europea Video
Channel
A.S.S.E.Psi. Video
Channel
Ultima uscita/New issue:
"Essere bambini a Gaza. Il trauma
infinito"
Authored
by/autore: Maria Patrizia Salatiello
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Mediterranean
Id-entities
Anno/Year:
2016
Pagine/Pages:
242
ISBN:978-88-97479-08-6
Psychoanalysis,
Collective Traumas and Memory Places (English Edition)
Edited
by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di:
R.D.Hinshelwood
Writings by/scritti di: J. Altounian
W. Bohleber J. Deutsch
H. Halberstadt-Freud Y. Gampel
N. Janigro R.K. Papadopoulos
M. Ritter S. Varvin H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Mediterranean
Id-entities
Anno/Year:
2015
Pagine/Pages:
330
ISBN:978-88-97479-09-3
"L'uomo
dietro al lettino" di
Gabriele Cassullo
Prefaced
by/prefazione di: Jeremy
Holmes
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Biografie
dell'Inconscio
Anno/Year:
2015
Pagine/Pages:
350
ISBN:978-88-97479-07-9
Prezzo/Price:
€ 29,00
Click
here to order the book
(per Edizione
rilegata- Hardcover clicca qui)
"Neuroscience
and Psychoanalysis" (English Edition)
Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Georg Northoff
Writings by/scritti di: D. Mann
A. N. Schore R. Stickgold
B.A. Van Der Kolk G. Vaslamatzis M.P. Walker
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 300
ISBN:978-88-97479-06-2
Prezzo/Price: € 49,00
Click
here to order the book
Vera
Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed
educazione"
Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Alberto Angelini
Introduced by/introduzione di: Vlasta Polojaz
Afterword by/post-fazione di: Rita Corsa
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 248
ISBN:978-88-97479-05-5
Prezzo/Price: € 29,00
Click
here to order the book
Resnik,
S. et al. (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei
sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica"
Writings by:A.
Ambrosini, A. Bimbi, M. Ferri, G.
Gabbriellini, A. Luperini, S. Resnik,
S. Rodighiero, R. Tancredi, A. Taquini Resnik,
G. Trippi
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della Psicoanalisi
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 156
ISBN:978-88-97479-04-8
Prezzo/Price: € 37,00
Click
here to order the book
Silvio
G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
ISBN: 978-88-97479-03-1
Prezzo/Price:
€ 39,00
Click
here to order the book
AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
Prezzo/Price:
€ 39,00
Click
here to order the book
AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
Prezzo/Price: € 23,00
Click
here to order the book
AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
Writings by: A.
Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
Prezzo/Price: € 39,00
Click
here to order the book
AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
Prezzo/Price: € 19,00
Click
here to order the book
AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
Prezzo/Price: € 38,00
Click
here to order the book
"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
Prezzo/Price: € 25,00
Click
here to order the book
"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
Prezzo/Price: € 18,00
Click
here to order the book
"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
Pages: 520
Prezzo/Price: € 41,00
Click
here to have a preview
Click
here to order the book
"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
Prezzo/Price: € 34,00
Click
here to order the book
"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
Click here to order the
book |
La
letteratura delle correlazioni fra trauma e dati neurobiologici è
ormai molto vasta: così come in ambiti sempre più vasti, non vi è
più una contrapposizione fra neuroscienze e psicoanalisi, bensì
tentativi sempre più frequenti di mettere a confronto i dati delle
due discipline.
Per
quel che riguarda il primo punto e nel prenderne in esame gli elementi
più significativi, mi avvarrò innanzitutto degli studi di Emanuela
Mundo, che nel 2009 ha pubblicato un libro dal titolo “Neuroscienze
per la psicologia clinica”(Mundo, 2009). Un lungo capitolo è
dedicato al substrato neurobiologico del trauma in generale e del
disturbo post-traumatico da stress in particolare.
L’autrice
scrive che, da un punto di vista neurobiologico, tanto più grave e
protratto è lo stimolo tanto più gravi e prolungate ne saranno le
conseguenze, poiché il neurosviluppo, nelle sue componenti di
neurogenesi, migrazione, differenziazione, apoptosi, sinaptogenesi,
plasticità sinaptica, mielinizzazione, è nel suo pieno rigoglio.
Schore (2002) ha trovato che le aree cerebrali coinvolte da eventi
traumatici nell’infanzia sono quelle del sistema limbico di destra.
Per
altri autori, come Teicher (2000), è danneggiato il corpo calloso che
assicura la connettività fra i due emisferi.
Alcuni
ipotizzano che un trauma precoce non solo influisca negativamente sui
processi di integrazione funzionale fra i due emisferi, ma promuova
anche una lateralizzazione emisferica, che potrebbe dare ragione, su
base neurobiologica, dell’utilizzo, da parte del paziente
traumatizzato, di meccanismi di "splitting" a scopo
difensivo.
De
Bellis e collaboratori (2001) affermano che, anche se alcune aree sono
più danneggiate di altre dall’insulto traumatico, lo sono tutte le
aree cerebrali. Gli studi di De Bellis riguardano bambini e
adolescenti maltrattati, che presentano volumi cerebrali ridotti,
atrofia cerebrale e ventricoli laterali più ampi rispetto ai soggetti
di controllo. Gli effetti sulle diverse aree cerebrali sono mediati
dai neurotrasmettitori, dai fattori neurotrofi e da fattori ormonali.
Nell’adulto
invece le alterazioni morfo-funzionali riguardano soprattutto le
strutture limbiche.
Il
sistema neurobiologico, che è uno dei principali substrati
dell’interazione fra eventi ambientali e modificazioni
neurobiologiche, è l’asse ipotalamo- ipofisi-surrene (HPA).
Vediamo
cosa accade: quando uno stimolo ansiogeno e stressante agisce, le
fibre nervose che provengono dai nuclei dell’amigdala e che
convergono sul nucleo paraventricolare dell’ipotalamo stimolano l’increzione
di una sostanza, il fattore di rilascio della corticotropina (CRF), il
quale, a sua volta, stimola la liberazione di ormone corticotropo
(ACTH) da parte dell’ipofisi anteriore, e di ormoni glucocorticoidi
liberi da parte
della corteccia del surrene. L’aumento dei livelli plasmatici
di glucocorticoidi in presenza di stress consente all’organismo di
far fronte ad esso mediante meccanismi di regolazione di diverse
funzioni fisiologiche (tra cui la pressione arteriosa e la frequenza
cardiaca). Abbiamo comunque la possibilità di limitare tali risposte
allo stress attraverso un meccanismo di tipo feedback negativo: i
glucocorticoidi, infatti, agiscono sia a livello ipofisario, sia a
livello ipotalamico inibendo il rilascio di CRF e ACTH. Siamo quindi
di fronte a una complessa serie di eventi, che può essere alterata a
seguito di eventi stressanti e/o traumatici, a diversi livelli.
Individui
con una lunga storia di grave disagio sociale e familiare hanno un
aumento della reattività dell’HPA, che genera uno stato di
aumentato "arousal" (ipervigilanza ed equivalenti
psichici e fisici d’ansia), anche in assenza di stimolo specifici.
Soggetti
con disturbo borderline di personalità e un’anamnesi positiva per
eventi traumatici presentano un HPA particolarmente sensibilizzato a
livelli di ACTH e cortisolo molto aumentati. La mancata regolazione o
l’inadeguato funzionamento dell’HPA ha delle conseguenze sulla
struttura e sulla funzione cerebrale. Elevati livelli di
glucocorticoidi hanno un effetto neurotossico, attraverso diversi
meccanismi: accelerata perdita di neuroni, inibizione della neuro-
genesi e alterazioni della mielinizzazione.
A
proposito dei rapporti fra
neuroscienze e psicoanalisi particolarmente
interessante è lo scritto di Juan Carlos Tutté (2004), dal titolo
"Il concetto di trauma psichico", nel quale prende in esame
le ricerche più recenti nel campo delle neuroscienze, soprattutto gli
studi sulle strutture encefaliche, che stabiliscono una correlazione
fra il trauma e lo stress, da una parte, e le emozioni e la memoria
dall'altra. Gli studi sull’interrelazione di fattori come le
operazioni del sistema nervoso autonomo, la regolazione cerebrale ed
extra-cerebrale delle secrezioni interne, la loro azione in aree
specifiche del cervello, che coinvolgono i sistemi limbici (amigdala e
ippocampo), il sistema corticale orbito-frontale, l’ipotalamo e
l’asse ipotalamo-ipofisi-surrenale, testimoniano i progressi fatti
in questo campo. In tutte queste ricerche un posto rilevante spetta
alle funzioni e ai processi della memoria e delle emozioni. In
particolare, un assunto fondamentale in questo saggio (Tutté, 2004)
per quanto riguarda la memoria è che ci sono differenti sistemi di
memoria. Tutté si rifà agli studi di Davis (2001), che sottolinea
una differenza, molto pertinente per il lavoro analitico, fra memoria
dichiarativa e memoria procedurale. Questi sistemi differiscono nelle
strutture neurologiche che li sottendono, nei principi operazionali e
nel tipo di informazioni che processano.
Le
forme di memoria, che chiamiamo dichiarative, sono rappresentate da un
sistema che dapprima le processa o le codifica e poi le archivia in
qualche forma accessibile per un uso futuro e infine le recupera a
richiesta, attraverso l’elaborazione in una forma più o meno
dettagliata. In antitesi, Davis usa il termine di memoria procedurale
per riferirsi alla memoria non dichiarativa.
Oggi
non vi è alcun disaccordo sul fatto che vi è una netta differenza
fra ciò che può essere pensato, rappresentato in immagini o messo in
parola e ciò che è inscritto in termini di procedure cariche di
affetto o schemi affettivo-motori. Ciò che è interessante per gli
psicoanalisti a proposito di quello che abbiamo appena discusso è la
forma nel quale i "link" sono iscritti, in
particolare le relazioni affettive automatiche che un bambino molto
piccolo può avere nel suo mettere in relazione l’altro
significante. queste
reazioni sono legate alle esperienze emotive “imparate” attraverso
esperienze precoci e ripetute, accumulate attraverso il tempo nel
corso della vita. Davis riprende quei concetti di Stern (2004) che
sono correlati con la conoscenza relazionale implicita. E fa
riferimento, specialmente, all’influenza che le memorie implicite o
non dichiarative hanno sui “modi di essere con gli altri”,
caratteristici di ogni individuo, ed anche sui modi di relazionarsi
con se stesso: queste modalità hanno origine nella prima infanzia e
diventano più mature e complesse man mano che il cervello maturo e il
dominio dell’intersoggettività si espande. Queste "modalità
psichiche di essere" sono pure inconsce e, come Davis (2001)
afferma, esse operano al di fuori della consapevolezza
dell’individuo, ma non sono rimosse cioè non sono dinamicamente
inconsce. In altre parole esse non possono essere esplicitamente
“dichiarative”.
Per
contrasto le cosiddette memorie procedurali, considerate per ora
un’area matura per l’esplorazione, sono altamente rilevanti, poiché
esse possono essere le depositarie di forme di traumi precoci che non
sono disponibili per la memoria verbale. La caratteristica di
base che la memoria non dichiarativa o procedurale ha di
specificamente notevole è che non consente un ricordare cosciente:
nessuna esperienza conscia della memoria è possibile, sebbene sia
dimostrabile che le esperienze passate siano conservate qui. Così può
esistere un inconscio che non è il risultato della rimozione di un
affetto, ma è, come molti autori suggeriscono, organizzato nella
forma di procedure automatiche su come relazionarsi all’altro e al
mondo, inscritto come memoria procedurale.
Le
memorie appaiono come se fossero decontestualizzate, dissociate o
scisse, nel senso che esse rimangono intatte, ma non elaborate ("worked
through"), sebbene influenzino sia il comportamento sia la
disposizione emotiva. Così le evidenze suggeriscono che le memorie
procedurali sin da un’età molto precoce tendono a esistere nelle
forme di "pattern" di comportamento destinate a
essere ripetute più tardi nella vita: ed è così che esse diventano
manifeste nella relazione del paziente con l’analista nel transfert.
Ed è per questo che nel corso del trattamento analitico tali memorie
non sono recuperate come memorie dichiarative, né possono essere
decodificate dalla narrazione del paziente, ma appaiono soltanto nelle
forme di "acting out" all’interno della relazione o
come "enactment". Ciò non vuol dire avere a che fare
con una memoria rimossa dalla censura, bensì con qualcosa che esiste
nelle forme di procedure su come "essere con" e reagire
all’altro. Di conseguenza è possibile dedurre con un alto grado di
probabilità che i bambini potrebbero immagazzinare un’esperienza
che essi sarebbero in seguito incapaci di evocare. Ciò che è degno
di nota qui è che un trauma precoce può alterare le normali
operazioni del sistema mnestico.
Fonagy
e Target (1997) citano il punto di vista di Allen (1995) che scrive
che la memoria implicita può avere un ruolo chiave da giocare nel
mediare i sintomi del PTSD: egli cita l’evidenza psicologica a
supporto di questo argomento e suggerisce che le parti relativamente
primitive del sistema nervoso, come l’amigdala e l’ippocampo,
possono essere coinvolte nel mediare le memorie di queste esperienze.
In questo modello le memorie traumatiche ritornerebbero principalmente
attraverso il sistema sensoriale, nella forma di sensazioni
cinestetiche, olfattive, tattili o di immagini visive,
decontestualizzate e senza nessun significato apparente. Sia le
proprietà, relativamente semplici, di questo sistema mnestico sia le
iscrizioni (che sono immagazzinate) ritornano nel medesimo modo in cui
erano state codificate (ad esempio, ciò che era stato odorato torna
come un odore, ecc.). Ciò riporta alla memoria le parole di Botella e
Botella (1977) secondo cui se c’è memoria nelle nevrosi
traumatiche, questa può essere concepita come una memoria sensoriale,
data da tracce percettive che non hanno acquisito lo stato
rappresentazionale di tracce mnestiche. Lo stesso accade con i traumi
dell’infanzia che non possono essere integrati nella rete
rappresentazionale delle nevrosi infantili.
In
accordo con Allen (1995), Tutté (2004) pensa che il ritorno della
memoria sia accompagnato da reazioni emotive intense (paura e rabbia)
ed anche da immagini ("flashback" e incubi) in quegli
individui che hanno sofferto esperienze intensamente traumatiche.
Pally
(1998) concorda con alcune di queste idee, soprattutto quando
riguardano le reazioni emotive. Nel suo articolo “Elaborazione
emotiva: la connessione mente-corpo”, ella cerca di gettare luce sui
circuiti delle emozioni nel cervello e mostra come essi si applichino
ad un’ampia varietà di materiale clinico rilevante: angoscia,
condizioni psicosomatiche ed anche attaccamento e comunicazione non
verbale. Riguardo alle strutture encefaliche coinvolte, Pally nota
che, oltre al suo ruolo nelle memorie, l’ippocampo regola anche
l’eccitamento emotivo: appare più probabile che ciò che è
riferito dagli analisti come “affetto” non sia proprio uno stato
mentale, ma un complesso stato psico-biologico. L’amigdala e
l’ippocampo giocano anche altri importanti ruoli. Pally suggerisce
che l’amigdala sia probabilmente il centro dell’angoscia umana:
ella nota che durante lo stress l’ippocampo può essere alterato o
anche danneggiato, mentre l’attività dell’amigdala può
aumentare. Le cellule dell’ippocampo possono mostrare un’attività
diminuita e persino diventare atrofiche durante lo stress, portando a
disturbi nell’attenzione e nella memoria.
Nello
stesso campo Olds e Cooper (1997) riconsiderano una ricerca sul
funzionamento dell’ippocampo e sugli effetti dello stress in
quest’area del cervello, valutano poi l’importanza di questa
informazione per gli analisti,
che fa sì che questi stessi possano capire meglio il ruolo che
i costrutti giocano nei processi che non possono essere mai
rappresentati, proprio perché la memoria ha operato sotto trauma e
stress.
L’ippocampo
umano è immaturo nei primi due anni di vita, mentre l’amigdala è
completamente sviluppata. Alcuni ricercatori suggeriscono che quando
uno stress severo porta a un danno dell’ippocampo nell’adulto,
possono emergere paure della primissima infanzia, che erano contenute
nella memoria emotiva dell’amigdala.
Ritornando
al lavoro di Fonagy e Target (1997) vi si legge che i concetti di
Bowlby, che riguardano i modelli di funzionamento interno
dell’attaccamento, i quali sono costruiti sulla base delle
aspettative del “caregiver” sul comportamento e che si
crede si organizzino nel comportamento dell’individuo in tutte le
relazioni significative, potrebbero essere visti come un esempio di
memoria implicita. In accordo con Kandel (1999) si può affermare che
il lavoro di Anna Freud e di Harlow fu ampliato da Bowlby, che cominciò
a riflettere sull’interazione fra il bambino e i suoi “carer”,
in termini biologici.
Concludendo
la discussione su questo aspetto della memoria, è interessante notare
la sua relazione con il concetto di scissione.
Nella sua discussione sul lavoro di L. Weiskrantz “Memorie
dell’abuso o l’abuso della memoria”, Judith Trowell (1997), una
psicoanalista dell’infanzia e dell’adolescenza, sottolinea come a
causa dell’intervento
di meccanismi precoci, come la scissione, la proiezione,
l’identificazione proiettiva, la negazione, ciò che accade rimane
profondamente inconscio come un’esperienza inaccessibile al
pensiero, come se ciò che è stato scisso fosse stato incapsulato
come una bolla negata di esperienza, che rimane non integrata. Le
memorie scisse sono decontestualizzate, nel senso che rimangono
intatte ma senza essere elaborate ("worked through"),
influenzando sia il comportamento sia la disposizione emotiva. La
decontestualizzazione può essere di fondamentale importanza
nell’impedire la codifica simbolica degli eventi traumatici.
Tuttavia,
le memorie dissociate non sono perse per la coscienza. Christopher
Bollas (1987) le considera come non un pensiero sconosciuto, bensì
l’impensabile conosciuto: sostanzialmente ciò che è conosciuto, ma
che in qualche modo rimane al di fuori del pensiero.
Nell’articolo
"La psicodinamica degli attacchi di panico: una utile
integrazione di psicoanalisi e neuroscienze" De Masi (2004)
esamina la psicopatologia degli attacchi di panico mettendo a
confronto psicoanalisi e neuroscienze, ed alcuni dei suoi dati gettano
nuova luce sul trauma, soprattutto quelli che riguardano i circuiti
della paura e che affrontano il problema centrale della memoria
traumatica. L’autore si rifà alle ricerche di Joseph LeDoux (1996),
un neuroscienziato che ha identificato le vie inconsce della paura e
che ha proposto una classificazione, che dipende dalla loro relativa
semplicità o complessità.
è possibile identificare tre vie o, meglio, tre livelli della
paura:
1-
Il circuito primitivo della paura, che controlla un intero
repertorio di misure di emergenza, che permettono la messa in atto di
reazioni immediate, come l’attacco e la fuga. Si trova nella parte
più profonda del cervello, nelle strutture del sistema limbico, che
include il talamo, l’ipotalamo, l’ippocampo e l’amigdala.
Quest’ultima sembra essere il centro principale per il controllo dei
segnali di pericolo. Tutto il sistema limbico, e in particolare
l’amigdala, che è la prima ad essere attivata, seleziona soltanto i
segnali di paura più ovvi, oppure quegli stimoli incompleti che
possono essere associati a un danno. Essa fa partire quelle reazioni
ormonali e neurovegetative, che sono connesse alla difesa. è
la risposta attacco-fuga. L’adrenalina porta a un aumento della
frequenza cardiaca, del flusso sanguigno ai muscoli, ecc.. Il talamo
è il primo centro di decodifica per la corteccia e poi più tardi di
interpretazione dei segnali di paura. A livello del tronco encefalico
il "locus coeruleus" secerne noradrenalina, il che
permette una sensibilizzazione di quei punti chiave della corteccia
cerebrale, che garantiscono percezioni visive e memorie permanenti. La
noradrenalina accelera la reattività cerebrale, e quindi
un’eccessiva secrezione cerebrale di essa può sopraffare il
cervello, portando a panico e confusione, piuttosto che a vigilanza e
attenzione. La caratteristica del circuito principale della paura non
è tanto la precisione della sua reazione, bensì la velocità e l’inclusività
della sua reazione. Soltanto più tardi, sulla base
dell’informazione ricevuta dalla corteccia cerebrale, il circuito
primitivo della paura può riconsiderare le decisioni iniziali e
reagire in modo appropriato alla situazione di pericolo.
2-
Il circuito razionale della paura è quello che va dalla
corteccia prefrontale al sistema limbico. Questo sistema è più lento
e più elaborato, ma permette una valutazione più attenta e
realistica della situazione generale, al fine di prendere decisioni e
determinare la risposta.
3-
Un ultimo circuito è quello riflessivo, caratterizzato dalla
consapevolezza di sé per mezzo della consapevolezza di essere
spaventato e delle ragioni di ciò. Quando un uomo vede un serpente,
il messaggio di pericolo arriva alla corteccia visiva occipitale
attraverso il talamo. Soltanto quando la corteccia ha riconosciuto lo
stimolo e la sua pericolosità, paragonandoli con le esperienza innate
o apprese, può essere inviato un messaggio all’amigdala. Questa
potrebbe quindi attivare quelle innervazioni automatiche
neurovegetative e biochimiche che producono le reazioni di paura,
necessarie per la sopravvivenza (aumento del battito cardiaco, della
frequenza respiratoria, della vigilanza, ecc.). Comunque la via
talamo-corteccia-amigdala, anche se è più discriminante e accurata
nel riconoscere il pericolo reale, è troppo lunga per garantire
sempre la sopravvivenza. Vi è quindi un collegamento diretto
all’amigdala, che permette reazioni immediate al pericolo in pochi
millisecondi. Prendiamo ad esempio la situazione di un uomo che
cammina di notte attraverso una foresta. Ogni rumore potrebbe evocare
in lui una reazione di allarme, stimolando quei segnali
neurovegetativi, che sono correlati alla paura. Soltanto più tardi
egli capirà che l’allarme era ingiustificato, che il rumore era
soltanto un innocuo fruscio di foglie. In questo caso il segnale di
allarme si era attivato attraverso la via più breve, quella che
conduce indietro all’amigdala. Questa seconda via, immune dal
controllo conscio, può essere problematica, poiché il riconoscimento
del pericolo in alcuni casi può essere falso, avendo luogo la
discriminazione soltanto a posteriori, dopo che il circuito
neurovegetativo della paura è stato già acceso. In altre parole, può
esserci un falso allarme, che è riconosciuto come tale soltanto dopo
che lo stimolo è stato esaminato dalla coscienza. è
interessante notare che l’iniziale riconoscimento dell’oggetto che
provoca angoscia ha luogo in prima istanza attraverso una via del
tutto inconscia, che evita ogni controllo razionale. Nei loro studi
sugli oggetti fobici Ohman et al. (1993; 1999) dimostrano che gli
stimoli che non sono percepiti a livello conscio, per esempio
attraverso la presentazione subliminale di sequenze fotografiche di
oggetti paurosi, possono anche provocare reazioni di allarme, ad
esempio aumento della conduttività elettrica della pelle, anche
quando non sono percepiti consciamente. Si può notare come anche in
condizioni normali, la percezione di oggetti pericolosi, come serpenti
o ragni, è più veloce della percezione di stimoli più neutrali,
come fiori o funghi. Gli individui fobici, inoltre, mostrano tempi di
reazione più corti di quanto non facciano i soggetti normali. Ciò
significa che la sensibilità fobica può intensificare la reazione di
paura in un modo più veloce e indiscriminato di quanto accada in
condizioni normali. In base a ciò che LeDoux ha discusso prima può
essere possibile suggerire che l’angoscia si blocca all’interno
del circuito primitivo della paura (limbico – amigdalico). Ciò
spiegherebbe perché si manifesta così improvvisamente e perché
fallisce nel discriminare pericoli reali da quelli immaginari.
Un
punto importante per l’argomentazione di De Masi (2004) è che il
sistema della paura può essere attivato da uno stimolo che non
necessariamente può coincidere con la reale esperienza di pericolo.
Certo, il primitivo circuito diencefalico è incapace di
discriminazione, ma può far partire le reazioni psicosomatiche che
seguono le vie neurovegetative e ormonali, anche in presenza di uno
stimolo specifico. De Masi (2004) si sofferma poi sul concetto di
memoria traumatica e prende come esempio una fobia semplice, che
potrebbe provocare un attacco di panico: una persona che è
terrorizzata nel prendere l’ascensore, poiché ha spesso immaginato
di essere in un ascensore che si blocca o cade (simile al panico
indotto dal volare). Una persona normale sa che gli incidenti aerei
possono accadere e che alcuni ascensori possono bloccarsi, ma egli
penserà che il suo aereo o il suo ascensore lo porteranno velocemente
dove intende andare. Il pensare positivo prevarrà. L’individuo
fobico, dall’altro lato, ha creato uno scenario catastrofico, che
diventa molto facilmente reale. Spesso immaginato, un tale scenario si
è impresso nella memoria, diventando così una memoria traumatica,
capace di produrre un senso di terrore. In questo caso la sua reazione
emotiva non è differente da quella di un individuo che è stato
traumatizzato di recente, o si è trovato in un pericolo reale e
giustamente ha paura che potrebbe accadere di nuovo.
Una
volta che il trauma è accaduto, è accompagnato da disturbi della
memoria e produce sia ipermnesia sia amnesia allo stesso tempo. LeDoux
(1996) afferma che la memoria inconscia della paura, stabilitasi
attraverso l’amigdala, sembra essere segnata in modo indelebile nel
cervello. La ragione di questa fissazione traumatica sembra dipendere
dal fatto che l’eccessiva stimolazione dell’amigdala interferisce
con il funzionamento
dell’ippocampo: questo, mandando stimoli alla corteccia
prefrontale, facilita la valutazione conscia e la rappresentazione
simbolica dell’esperienza. Le memorie traumatiche sono quindi
inscritte in modo indelebile nella memoria dell’amigdala, dove
rimangono come sensazioni attuali, somatiche e visive. Passaggi
successivi attraverso la corteccia prefrontale possono comunque
contribuire a un’alterazione delle caratteristiche concrete delle
memorie traumatiche e provocare una trasformazione del significato e
della valenza emotiva della memoria traumatica.
è
stato anche dimostrato che, in condizioni normali, stimoli
insignificanti non eccitano le cellule dell’amigdala a causa
dell’azione inibente del GABA. Quando la protezione del GABA
fallisce, ad esempio poiché l’amigdala è sovrastimolata, stimoli
non pericolosi ricevono le stesse risposte di eccitamento di quelli
pericolosi. LeDoux (1996) differenzia la memoria emotiva dalla memoria
dichiarativa di una situazione emotiva. La memoria dichiarativa di una
situazione emotiva riguarda il ricordo di elementi recuperabili
coscientemente.
La
memoria emotiva, dall’altro lato, riguarda la risposta emotiva
condizionata, che si era formata nel corso di quel particolare evento.
Una risposta emotiva può essere condizionata da un singolo evento,
come nel caso di vittime di violenza traumatica. Se un poliziotto è
ferito nel corso di una sparatoria, la sua memoria dichiarativa può
fornire tutti i dettagli necessari a elaborare quell’evento. La sua
memoria emotiva, tuttavia, non sarà attivata dalla narrazione, bensì
da un’improvvisa e intensa paura di genere associativo, per esempio
se al soggetto accade di ascoltare il rumore di una sparatoria. Se la
memoria emotiva è accompagnata dalla memoria dichiarativa
dell’evento originale, allora la persona può conoscere perché è
spaventata, altrimenti sarà inconsapevole del suo senso di terrore.
La
ricerca sulla natura della memoria traumatica indica che il trauma
inibisce la memoria dichiarativa, la sola capace di portare i ricordi
della coscienza, mentre non inibisce la memoria implicita o non
dichiarativa, che è il sistema della memorizzazione che controlla le
risposte senso-motorie, che sono apprese ma rimangono inconsce.
Noi
siamo ormai in possesso di sufficiente informazione per capire i
processi neurobiologici coinvolti nei disturbi della memoria
post-traumatica.
|