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Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività
Mind Sciences, Philosophy, Psychotherapy and Creativeness 

  Numero 4, anno II, giugno 2005 
UN CONTRIBUTO AD UNA CORNICE TECNICA DI RIFERIMENTO

 

di Anne-Marie Sandler

 

Anne-Marie  Sandler, nata a Ginevra, è stata  allieva ed assistente di Jean Piaget. Giunta in Inghilterra, intraprese il training di psicoanalisi infantile con Anna Freud, completando poi il training anche con pazienti adulti alla British Psychoanalytical Society, nella quale è tuttora analista didatta. E' stata presidente della British Psychoanalytical Society, nonché della European Psychoanalytical Federation, e vice-presidente della International Psychoanalytical Association. E' stata anche Direttore dell'Anna Freud Centre. Molti dei suoi lavori sono stati scritti in collaborazione con suo marito, Joseph Sandler, recentemente scomparso. Tra essi ricordiamo il libro Internal Objects Revisited (1998).   

 

 

Foto: Anne-Marie Sandler ad un seminario dell'ottobre 2004 a Milano.

Questo articolo, è comparso in inglese nel libro "Being Alive. Building on the work of Anne Alvarez", un volume collettivo curato da Judith Edwards ed edito nel 2001 da Brunner-Routledge in onore di Anne Alvarez. Si ringrazia Anne-Marie Sandler per aver autorizzato la traduzione in italiano (curata da Giuseppe Leo) e la pubblicazione di questo articolo sulla rivista "Frenis Zero. Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività".

PREMESSA DELL'AUTRICE.

Quando qualche tempo fa a mio marito ed a me fu chiesto di contribuire  ad un 'Festschrift' in onore di Anne Alvarez, eravamo al contempo commossi e contenti. Avevamo sempre ammirato il suo entusiasmo, il suo talento clinico così come il suo interessi per gli aspetti teorici. Sentimmo che colleghi che fossero capaci di scrivere in maniera così chiara e con una tale lucidità e, soprattutto, che sapessero pensare in modo veramente indipendente, fossero estremamente rari. Anne ci sembrò una tale persona. 

 

  Foto: Anne Alvarez ad un Congresso a Roma nel settembre 2004

Quando più recentemente il contatto fu rinnovato in vista del lavoro  per questo libro, decisi di ri-elaborare un articolo scritto congiuntamente che il mio ultimo marito ed io avevamo appunto destinato a questo volume. In esso tentiamo di presentare una cornice teorica di riferimento che pensiamo illustri e contenga il modo in cui attualmente lavoriamo in analisi con gli adulti o i bambini. Purtroppo, limiti di lunghezza non mi permettono di includere materiale clinico aggiuntivo.

  

Partendo dal vantaggio di parlare oggi, possiamo vedere che i conflitti all'interno della "British Society" sono significativamente diversi da quelli che erano qualche decennio fa, anche se essi sono, in un certo senso, derivati da conflitti del passato. Pertanto i Kleiniani non pongono la stessa enfasi sull'interpretazione delle angosce profonde ed i Freudiani contemporanei sono molto più sensibili alle sottigliezze del transfert di quanto lo fossero anni fa. E certamente entrambi i gruppi hanno influenzato gli Indipendenti, che rappresentano uno spettro molto ampio di vedute, ed a loro volta i membri di entrambi i gruppi si sono resi sempre più consapevoli dei fattori interpersonali provenienti dai teorici delle relazioni oggettuali del gruppo degli Indipendenti. Ci sono pochi dubbi che molto dell'impeto di questa fecondazione crociata sia venuto dalla discussione sistematica del materiale clinico, mentre i fini dettagli della teoria psicoanalitica avevano un posto secondario.

Nonostante il fatto che si siano verificati cambiamenti nella teoria e nella tecnica nella 'British Society' come risultato dei diversi gruppi che sono stati insieme sotto lo stesso tetto, ci sono ancora sostanziali differenze tra le teorie professate dai membri di questi gruppi. Ancora i membri sono chiusi nella loro valutazione di quanto costituisca un buon lavoro clinico analitico. Ciò implica che c'è una sottostante teoria o sistema di teorie in relazione alla pratica clinica psicoanalitica, un corpo di teorie  essenzialmente inconscio, ossia privato o latente che può essere una base per una comprensione comune ed una comunicazione, anche se le teorie cosiddette pubbliche non possono mostrare le stesse corrispondenze.

Lasciatemi dire poche parole su questo punto delle teorie pubbliche e private. Qualche anno fa, in un articolo sulla relazione tra concetti psicoanalitici e pratica psicoanalitica, mio marito  propose il suo punto di vista per cui 

<<Con un'esperienza clinica crescente l'analista, diventando più competente, costruirà in maniera preconscia (descrittivamente parlando, inconscia) un'intera varietà di segmenti teorici che si riferiscono direttamente al suo lavoro clinico. Essi sono i prodotti di pensiero inconscio, sono teorie molto parziali, modelli o schemi... Il fatto che si possano contraddire tra di loro non è un problema. Coesistono felicemente per tutto il tempo in cui sono inconsci. Non appaiono alla coscienza finché sono consoni con ciò che ho chiamato teoria ufficiale o pubblica, e possono essere descritti con parole adatte. Tali teorie parziali possono rappresentare meglio (cioé in maniera più utile ed appropriata) le teorie di quanto lo facciano quelle ufficiali, ed è probabile che molte importanti aggiunte alla teoria psicoanalitica siano accadute poiché sono maturate delle condizioni che hanno permesso che queste teorie parziali preconsce arrivassero ed emergessero in una modalità socialmente accettabile per la psicoanalisi>>

(Sandler, 1983)

Foto: Joseph Sandler

 

In questo capitolo spero di presentare una cornice teorica di riferimento che emerga dal lavoro congiunto con mio marito sulla base dell'esame di ciò che realmente facciamo quando lavoriamo con i nostri pazienti in analisi e l'atteggiamento tecnico che assumiamo in supervisione e nei seminari di discussione dei casi.

Molto brevemente, inizierò a descrivere il bisogno di riassorbire in maniera molto esplicita la dimensione topografica (quella che adoperiamo  tutto il tempo, e cioé la dimensione di profondità rispetto alla superficie) nella nostra cornice teorica di riferimento, allo stesso modo in cui adottiamo un punto di vista essenzialmente evolutivo nel pensare alla tecnica. In questo contesto 'evolutivo' ci si riferisce sia allo sviluppo a partire dall'infanzia alla prima fanciullezza, latenza, adolescenza, età adulta ed avanzata sia anche al processo evolutivo interno rispetto al movimento dalla profondità alla superficie, dal primitivo al più sofisticato, che continua costantemente nel presente. Dopo alcuni commenti sui concetti dell'inconscio e del preconscio come sono stati formulati nella teoria topografica di Freud, mi riferirò ad una distinzione che mio marito ed io abbiamo suggerito tra ciò che può essere chiamato l'inconscio passato e l'inconscio presente. L'inconscio presente assomiglia in qualche modo al sistema Pcs. ('preconscious')  di Freud, ed ha anche delle caratteristiche dell'Io inconscio  della sua teoria strutturale. Ciò che verrà enfatizzato rispetto all'inconscio presente è il fatto che i suoi contenuti non sono liberamente accessibili alla coscienza. 

Sebbene  questi contenuti siano il prodotto di processi difensivi ed adattativi, essi sono ancora soggetti ad un'ulteriore censura prima che sia concesso loro l'accesso alla consapevolezza conscia. L'area di questa censura, che è correlata a ciò che Freud chiamò la censura secondaria, tra il preconscio ed il conscio, può essere considerata come il 'focus' primario del nostro lavoro analitico.

L'inconscio passato può essere visto come 'il bambino che c'è dentro' ('the child within') ed è molto diverso dal sistema Ucs.('unconscious')  della teoria topografica, ed ugualmente molto diverso dall'Id. Questo 'bambino che c'è dentro' (l'inconscio passato) può essere concepito come strutturante, come quello che dà forma ad ogni contenuto intrapsichico che proviene dal profondo - in particolare i desideri inconsci e le fantasie di desiderio. Questo contenuto inconscio allora viene  modificato nell'inconscio presente nel momento in cui si muove dal profondo alla superficie. Spero che ciò che  questo significa diverrà più chiaro in seguito, dato che ha delle importanti implicazioni tecniche.

Vorrei sottolineare che ciò che si sta descrivendo in questo capitolo non è una teoria intesa a rimpiazzare altre teorie, ma piuttosto una cornice di riferimento volta a  completare altri modelli psicoanalitici del funzionamento mentale. E' una cornice di riferimento finalizzata specificamente a cercare di ridurre il divario tra teoria e pratica. E', naturalmente, inevitabile che nel cercare di far ciò indicherò un piccolo numero di problemi concettuali e di contraddizioni che hanno impacciato le nostre teorie psicoanalitiche sin dai tempi di Freud in poi.

E' utile iniziare col considerare il concetto solitamente riferito come 'l'inconscio'. Sin da ora dobbiamo tutti essere consapevoli della distinzione concettuale  tra il sistema Ucs.  della teoria topografica e la più estesa nozione descrittiva del termine, qualcosa che possiamo chiamare l'inconscio "descrittivo", un termine che, nella teoria topografica di Freud, si riferiva sia al sistema Ucs. (l'Ucs. dinamico) che al Pcs. La mancanza di distinzione tra Inconscio dinamico ed il concetto descrittivo è stata fonte di confusione senza fine, e sebbene molti sperassero che la teoria strutturale avrebbe eliminato il problema, la nozione de 'l'inconscio' non è scomparsa, ed è rimasta come un nome che si riferisce a tutto ciò che è, descrittivamente parlando, inconscio. Un'uguale  fonte  di confusione è esistita a partire dagli inizi rispetto al sistema Pcs. ed ai processi mentali preconsci. Questi processi mentali furono considerati come se il loro contenuto fosse facilmente accessibile alla coscienza mentre al contempo erano descritti come appartenenti all'inconscio. A causa di questa confusione diversi autori raccomandarono l'abbandono del termine 'preconscio' a motivo della sua ambiguità.

Questo suggerimento non apparve convincere Anna Freud, che commentò alcuni anni dopo che

<<Appartengo definitivamente a coloro che si sentono liberi di ricorrere agli aspetti topografici ogniqualvolta sia conveniente e di lasciarli da parte e di parlare in modo puramente strutturale quando ciò sia conveniente... una tale mia cattiva abitudine di vivere tra queste due cornici di riferimento - quella topografica e quella strutturale - è molto da raccomandare in quanto semplifica enormemente il pensare, e semplifica la descrizione quando necessario ... Ho cercato di mantenere quello che è stato perduto [con la teoria strutturale] ritornando quando lo sento necessario alla prima [cioé alla teoria topografica], poiché siamo andati molto bene con la prima per molto tempo.

(Freud, 1985:31)

L'uso di Anna Freud dei due modelli psicoanalitici della mente non la rende un'eclettica. Invece, credo che la sua posizione abbia molto più senso dell'idea che bisognerebbe usare solo un modello del funzionamento mentale. Coloro che criticano i cosiddetti teorici a due binari oppure a molti binari hanno, dal mio punto di vista, sostenuto   modelli alternativi o supplementari,  teorie o cornici di riferimento in maniera occulta; cioè, questi sono usati da loro in maniera inconscia. Un solo esempio di ciò è il modo in cui noi come psicoanalisti per la maggior parte ci muoviamo in maniera inconscia tra una visione intrapsichica ed un'altra interpersonale, senza renderci conto che stiamo cambiando le nostre cornici di riferimento. Una teoria è buona se lavora nel modo in cui è stata intesa, ma ci sono molti tipi di lavoro che siamo chiamati a fare come analisti. Un approccio a binario singolo, se è pensato che debba essere comprensivo e strettamente aderente, sarebbe di necessità severamente limitante, e le richieste ad esso sottoposte devono inevitabilmente portare al suo fallimento, proprio allo stesso modo in cui la teoria topografica è crollata ed il modello strutturale sta mostrando segni di invecchiamento. L'approccio che assumerò in questo capitolo consiste nel fatto  che, ai fini della psicoanalisi clinica, i modelli teorici che abbiamo e con cui lavoriamo necessitano di essere complementari - non da sostituire l'uno con l'altro - grazie all'aggiunta di una cornice di riferimento orientata in senso tecnico.

In maniera molto chiara un punto di vista topografico è inerente al nostro pensare clinico, un punto di vista che sembra esser stato perso nella teoria strutturale di Freud. Non possiamo lavorare in senso psicoanalitico senza far uso di nozioni superficie e di profondità, del movimento dalla profondità alla superficie. Sembra come se le nozioni di inconscio e di preconscio siano qui per esserci, ma necessitino di qualche aggiustamento se non vogliamo ricorrere alla teoria topografica con tutte le sue connesse difficoltà.

Quali sono questi aggiustamenti? Considerare il termine descrittivo "preconscio", riferentesi al contenuto nel sistema Pcs., localizzato appena al di sotto della coscienza. Credo che sia  generalmente non considerato che Freud usasse il termine "preconscio" in una varietà di modi molto diversi. Il primo è in riferimento ad un sistema psichico che tende a funzionare secondo il processo secondario, cioé a far uso dei processi di pensiero formale di complessità maggiore o minore. Poi, esiste il significato descrittivo di "preconscio", riferentesi al contenuto mentale che è prontamente accessibile alla coscienza (questo è forse  l'unico significato in cui sarebbe utile mantenere il termine "preconscio"). Ma c'è un terzo significato in cui il termine era usato da Freud, quello che non si adatta con l'uso più generale del termine ma che è  di estrema importanza. E' il concetto di contenuto preconscio che non è liberamente accessibile alla coscienza. Come Freud lo ha definito nel 1900 nella "Interpretazione dei Sogni" 

<<Il secondo agente (il Pcs) non consente che passi nulla senza esercitare i suoi diritti e operando tali modificazioni nel modo in cui pensa sia opportuno in quel pensiero che sta cercando di essere ammesso alla coscienza>>.

Nel suo lavoro del 1915 su "L'inconscio" Freud fa una serie di ulteriori riferimenti ad una censura che si situa tra il preconscio e la coscienza. Egli parla lì, ad esempio, di una "nuova frontiera di censura", e dice che <<Si potrebbe supporre che nel corso dello sviluppo individuale la censura avesse fatto un passo avanti.... nel trattamento psicoanalitico l'esistenza di una seconda censura, situata  tra i sistemi Pcs e Cs è provata senza dubbi>>.

Freud qui postula una seconda censura in aggiunta a quella che aveva visto esistere tra i sistemi Ucs. e Pcs. nella sua teoria topografica, e per tutto il tempo in cui saremo all'interno del nostro modello continueremo a riferirci ad essa come la seconda censura, sebbene ora diremmo che è utile considerarla come posta tra l'inconscio presente e la coscienza.

Oramai si è avuta l'impressione che si sia  sostenuto un ritorno al modello topografico di Freud del 1900 o del 1915. Lasciatemi scacciare via quest'impressione dicendo che ciò che viene qui proposto è una visita anziché un ritorno permanente, una visita finalizzata a recuperare, per usare le parole di Anna Freud, ciò che è stato perso con la teoria strutturale.

Tutti gli analisti praticanti devono essere attenti nei confronti della resistenza alla consapevolezza conscia che la gente ha rispetto ai pensieri preconsci, impulsi e sentimenti o, come preferisco dire, ai contenuti dell'inconscio presente. E' clinicamente opportuno descrivere questa resistenza come dovuta ad una censura che ha come sua fondamentale motivazione l'evitamento dei sentimenti consci di vergogna, di disagio e di umiliazione. In termini evolutivi ciò può essere legato in primis con la fase della sostituzione di fantasie consce per gioco, e poi col bisogno di tenere tali fantasie segrete. Ciò che accade allora è stato descritto in questo modo:

<<Come il bambino sviluppa una crescente capacità di anticipare le reazioni degli altri in grado di  provocare vergogna ed umiliazione (con tutte le aggiunte che egli ha fatto alle sue aspettative provenienti dalle proprie proiezioni), così egli diventerà il proprio pubblico disapprovante e continuamente internalizzerà la situazione sociale nella forma della seconda censura. Il solo contenuto che sarà accettabile sarà consentito attraverso la coscienza. Deve essere plausibile e non ridicolo o "stupido". In un certo senso la seconda censura è molto  più di una censura narcisistica rispetto alla prima, ma il narcisismo coinvolto spesso tende a centrarsi intorno a timori di essere deriso, di essere creduto stupido, pazzo, ridicolo o infantile- essenzialmente timori di essere umiliato>>. (Sandler &  Sandler, 1988).

Quella parte dell'inconscio a cui possiamo fare riferimento come inconscio presente può essere pensato come avente un tipo molto differente di organizzazione funzionale da quella del sistema Ucs.; e cioé, l'inconscio dinamico della teoria topografica di Freud. In molti aspetti l'inconscio presente rassomiglia al Preconscio del modello topografico o dell'io inconscio della teoria strutturale, ma  differisce dall'io strutturale nell'avere una dimensione di profondità. I contenuti dell'inconscio presente sono accessibili in analisi se possiamo verbalizzare il contenuto latente più prossimo alla superficie, dando le nostre interpretazioni in un modo tale come per rendere il contenuto latente sintonico alla coscienza, e cioé accettabile dalla coscienza.

L'inconscio presente può essere distinto dall'inconscio passato, una nozione che si può  ben provare essere la parte più controversa dell'argomento.Ma prima è necessario dire qualcosa di più circa il funzionamento dell'inconscio presente. Per motivi di opportunità farò riferimento alla fantasia inconscia, usando questo termine - per il momento essendo in ogni caso - come un opportuno rappresentante di tutti i pensieri, desideri, ed impulsi; e cioè, tutte le rappresentazioni mentali ed i loro stati emotivi di accompagnamento come esistono nell'inconscio presente. Quando le fantasie inconsce nascono nelle profondità dell'inconscio presente - fantasie che possono essere considerate, a vario grado, derivati dell'inconscio passato - esse devono essere trattate dalla persona del presente, al fine di mantenere l'equilibrio nel presente. Queste fantasie possono essere considerate come differenti in quanto a struttura rispetto alle fantasie della prima infanzia. Le fantasie nell'inconscio presente sono strettamente legate a rappresentazioni della persona attuale, e sono soggette a un più alto livello di funzionamento del processo secondario inconscio di quanto esista nell'inconscio passato. Perciò, i pensieri o le fantasie inconsce transferali esistono nell'inconscio presente, non nell'inconscio passato. Le fantasie o gli impulsi che nascono nell'inconscio presente, per il grado in cui stimolano il conflitto, disturbano l'equilibrio dell'inconscio presente, devono essere trattate, fuori dalla coscienza, e devono essere modificate, mascherate o represse. E' qui che entra in gioco l'intera gamma dei meccanismi di difesa, e tutte le varietà degli altri meccanismi compensatori e adattativi, tutti i tipi di formazioni di compromesso.

Tali meccanismi servono a mascherare la fantasia inconscia per mezzo delle manipolazioni del sè e delle rappresentazioni oggettuali come anche dei sentimenti coinvolti nella fantasia. Parti di questa rappresentazione del sè verranno scisse e dislocate a livello della rappresentazione oggettuale, e parti della rappresentazione oggettuale assorbite nella rappresentazione del sè. Tutto ciò è una riflessione di cosa possa essere considerato come la funzione stabilizzante dell'inconscio presente. Questa funzione coinvolge una risposta nell'inconscio presente ad ogni sorta di turbamento affettivo dell'equilibrio interno, qualsiasi possa essere la fonte di questi disturbi, senza alcuna importanza se essi provengano dal mondo esterno, dall'inconscio passato, oppure - come accade più spesso - da una combinazione dei due. La funzione stabilizzante lavora essenzialmente per mantenere l'equilibrio interno, per mantenere un senso di sicurezza ed integrità del sè, riorganizzando le rappresentazioni inconsce dal contenuto minaccioso, mediante l'uso di una varietà di misure difensive - essenzialmente misure per mezzo delle quali il contenuto inconscio viene trasformato. Queste difese possono essere ogni sorta di proiezione, di identificazione e di identificazione proiettiva, di spostamento, di esternalizzazione, come anche le inversioni da un tipo ad un altro.

Sebbene una fantasia inconscia colma di desiderio possa essere stata sostanzialmente modificata all'interno dell'inconscio presente al fine di renderla meno disturbante, meno conflittuale, il suo percorso verso la superficie,verso la consapevolezza cosciente, può essere ostacolato ancora dalla resistenza dovuta a ciò che possiamo considerare come l'operazione della censura tra l'inconscio presente e la coscienza. Al fine di passare la seconda censura, i prodotti della funzione stabilizzante devono essere ulteriormente modificati. Essi devono sottostare ad una sorta di revisione secondaria al fine di essere resi plausibili, non banali, non stupidi (ad eccezione forse di certe forme con permesso speciale come i sogni e le battute umoristiche, in cui le forme dell'irrazionalità sono permesse).

Così, ad esempio, un desiderio ostile verso l'analista proveniente dall'inconscio  presente può essere una fonte di conflitto, e può allora essere modificato dalla proiezione o da altri spostamenti all'interno del contenuto del pensiero o della fantasia inconscia. Verrà formato un pensiero o una fantasia revisionata. Ciò che questo significa è che la parte ostile della rappresentazione del sè può essere stata spostata sulla rappresentazione dell'analista, ed il risultato di ciò può essere il pensiero che l'analista sia ostile nei confronti dell'analizzando. La consapevolezza conscia di un tale pensiero, comunque, può incontrarsi con resistenze (è qui la nostra seconda censura). Il paziente può parlare, ad esempio, di qualcun altro che non piace ad un datore di lavoro, ma questa è una conseguenza delle angosce sociali inconsce che il paziente ha internalizzato, nella forma della censura, che non consentono il pensiero che l'analista sia ostile, per entrare nella coscienza. E' allora che il compito dell'analista, se capisce cosa sta succedendo, è quello di interpretare la fantasia inconscia che esiste appena sotto la superficie - il contenuto che l'analista sia ostile - in un modo tale da renderla accettabile al paziente, da renderla sintonica alla sua coscienza. Una volta che ciò è stato fatto, ed il paziente può accettare e tollerare il precedente pensiero transferale inconscio, ne dovrebbe derivare l'opportunità per il lavoro successivo di permettere che il pensiero transferale ostile originario divenga esso stesso accettabile alla coscienza. Sarebbe stato, naturalmente, un errore tecnico da parte dell'analista interpretare il pensiero ostile direttamente senza passare attraverso la tappa intermedia dell'interpretare ciò che era stato tenuto a bada dalla cosiddetta seconda censura.

Nel lavoro molto attivo che si verifica continuamente nell'inconscio presente è coinvolto un' importante quantità di dialogo fantasmatico. Questo dialogo si può dire avvenga con gli oggetti introiettati (Sandler & Sandler, 1978), ma più precisamente sono dialoghi in fantasia con i rappresentanti degli oggetti introiettati nella sua vita fantasmatica inconscia. Vale la pena commentare il fatto che c'è sempre una pressione ad ancorare i pensieri o le fantasie di desiderio, che esistono nell'inconscio presente, alla realtà. In qualche modo cerchiamo di attualizzare le nostre fantasie inconsce piene di desiderio (Sandler, 1976a, 1976b), ma facciamo questo in un modo inconscio facendo un uso estensivo di ciò che è forse la funzione più sfruttata dell'apparato mentale - la razionalizzazione - al fine di rendere plausibili le nostre azioni implausibili nei confronti di noi stessi e degli altri. Abbiamo una pressione ad ancorare, ad esternalizzare, ad adattare le nostre fantasie inconsce alla realtà in un modo o nell'altro.

E' stato relativamente tardi nello sviluppo della teoria psicoanalitica che le difese cominciarono ad essere in modo esplicito collegate alle rappresentazioni del sé e dell'oggetto (Sandler & Rosenblatt, 1962), e questa comprensione è stata incrementata quando gli analisti vennero a capire quelle resistenze in cui lo spostamento difensivo tra rappresentazioni del sé e dell'oggetto si verificavano nel contesto generale del transfert. Sono tali spostamenti di rappresentazioni che si verificheranno nel processo di modifica difensiva di fantasie inconsce al fine di ripristinare il senso del soggetto di coesione e di integrità del sé.

Ho fornito un  profilo piuttosto vago del modo in cui l'inconscio presente funzioni. Forse sarebbe d'aiuto visualizzarlo come un io strutturale che ha una profondità, il quale abbia come fine principale quello della protezione della coscienza, che mantiene un equilibrio affettivo interno attraverso la soluzione dei conflitti e che ha stabilito una speciale censura in aggiunta alle difese utilizzate nella risoluzione del conflitto. Tale censura, che funziona appena al di sotto del livello della coscienza, serve a proteggere l'individuo dal contenuto mentale che potrebbe generare sensazioni consce di dispiacere, essendo tra queste predominanti quelle di vergogna, di disagio, di umiliazione ed altre forme di ansietà sociale internalizzata.

Quello a cui ho fatto riferimento come l'inconscio passato - ossia il bambino che c'è dentro - è molto differente, non solo dall'inconscio presente ma anche dall' Inconscio dinamico del modello topografico e dall'Id della teoria strutturale. Prima di continuare a descrivere l'inconscio passato, comunque, vorrei fare una o due osservazioni preliminari. La prima concerne la teoria psicoanalitica della motivazione, la seconda la presunta età dell'ipotetico bambino che c'è dentro.

La maggioranza di noi si rende conto che la teoria psicoanalitica della motivazione è di gran lunga più complessa di quanto si tese a  vederla in passato. Abbiamo accettato la visione che non tutti i desideri inconsci possano essere considerati come motivati da pulsioni istintuali in cerca di scarica. Neppure possiamo scansare questo punto riferendoci a pulsioni istintuali ed a loro derivati, come se l'intero comportamento teso a soddisfare i desideri fosse, in ultima analisi, alimentato da libido e da aggressività. Da un punto di vista clinico è della massima importanza riconoscere che l'ansietà, o ogni altro affetto spiacevole, possa essere una motivazione estremamente potente per un desiderio inconscio, a volte persino più potente delle stesse pulsioni istintuali. Inoltre, se una soluzione a qualche conflitto particolare è stata trovata nel corso dello sviluppo dell'individuo, forse - ma non necessariamente - una formazione di compromesso, la pressione a imporre quella soluzione acquisisce una qualità perentoria rispetto a simili conflitti (comparsi) in seguito. Così, ad esempio, se un bambino  effettivamente  gestisce un conflitto sulla separazione diventando appiccicoso, allora l'adattamento evolutivo nel bisogno urgente di essere adesivo avrà dietro di sè una forza potente rispetto alla temuta separazione. Naturalmente, una tale soluzione, un tale desiderio, che erano sintonici durante l'infanzia, possono diventare distonici più tardi nello sviluppo e creare ulteriore conflitto nel momento in cui questo nasce nell'inconscio presente - conflitto che  dovrebbe essere risolto in un modo nuovo, ad esempio essendo quello che respinge.

E', credo, un errore fondamentale considerare ogni desiderio inconscio come un desiderio istintuale o addirittura un derivato della pulsione. (Così, ad esempio, il bisogno prepotente di essere aderente ad un oggetto materno, o semplicemente a ciò che è familiare come risposta all'ansietà, non dovrebbe essere considerato come sempre motivato da una pulsione parziale orale o come una qualche forma di derivato della pulsione). La forza motivante è molto  più probabilmente l'ansietà. Questa visione in alcun modo sminuisce l'importanza delle pulsioni nello sviluppo e nel funzionamento in corso dell'individuo, ma la teoria psicoanalitica della motivazione non dovrebbe essere ridotta al funzionamento dell'Id.

Per quanto riguarda l'età del nostro ipotetico 'bambino che c'è dentro', suggeriremmo che esso va posto più o meno all'età di cinque anni, con un eccesso o un difetto di un anno. Le ragioni per ciò che potrebbe sembrare una scelta arbitraria sono le seguenti. L'età di cinque anni è più o meno quella a cui risale l'amnesia infantile, dovuta forse alla repressione massiccia responsabile della prima censura di Freud. Siamo  tutti consapevoli di quanto poco possa essere ricordato a partire dai primi quattro o cinque anni di vita. Ciò che ricordiamo o richiamiamo in analisi tende ad essere nella forma di frammenti isolati che sono stati rivisti nel processo del successivo ricordare - se essi hanno coerenza questa è stata solitamente aggiunta in seguito. In più, molto di quello che viene richiamato alla memoria proveniente dai primi anni di vita è stato acquisito di seconda mano.

L'età di cinque anni è quella in cui osserviamo seri tentativi di gestire il conflitto edipico, aventi come risultato importanti identificazioni ed altre introiezioni di figure significative nella vita del bambino. E' l'età in cui il livello cognitivo del bambino cambia radicalmente - nel modello di Piaget, dal pensiero pre-operazionale a quello operazionale. E' l'età in cui il bambino normalmente fa maggiori passi in avanti verso la separazione-individuazione. 

   Foto: Margaret Mahler

E, da ultimo ma non meno importante, è l'età in cui c'è un significativo sviluppo nel bambino della teoria della mente. Con ciò intendo il raggiungimento da parte del bambino della capacità di attribuire ad altri convinzioni, pensieri o sentimenti differenti dai propri (Mayes & Cohen, 1993), la capacità di mettere se stesso nei panni di un'altra persona, per così dire, senza perdere la consapevolezza dei propri sentimenti.

Non possiamo considerare questo bambino ipotetico come un bambino-Id, come un bambino guidato esclusivamente dagli istinti, la cui organizzazione psichica è dominata dal funzionamento del processo primario. E' un bambino che è passato attraverso importanti fasi evolutive, che possono o meno essere padroneggiate con successo, che può o meno aver avuto uno sviluppo deviante, le cui pulsioni istintuali devono sottostare a molte vicissitudini, il cui sviluppo cognitivo è stato contrassegnato da successive fasi di funzionamento del processo secondario, che ha delle risorse e delle vulnerabilità narcisistiche, che ha specifiche paure ed ansietà, che può aver raggiunto delle utili sublimazioni, e che ha escogitato una varietà di soluzioni al conflitto e di adattamenti al proprio specifico ambiente. E' un bambino che, soprattutto, è un bambino che si rapporta agli oggetti ('object-related'), che ha fatto significative identificazioni, un bambino con una vita fantasmatica profondamente influenzata da i suoi oggetti interni strutturati, compresi quelli che costituiscono il Super-Io. E' un bambino con specifici punti di forza e di vulnerabilità, che avrà una maggiore o minore tendenza a regredire di fronte al conflitto o a qualsiasi altra fonte di emozioni spiacevoli. E' un bambino da cui ci si aspetta di essere pronto per la scuola e capace di superare gli aspetti immaturi. E' uno specifico bambino - individuo con la propria personalità individuale che riflette lo sviluppo individuale.

Qual è allora la relazione del 'bambino che c'è dentro' con l'inconscio presente del bambino più grande o dell'adulto? In formulazioni precedenti si assumeva che gli impulsi e i desideri entrassero nell'inconscio presente provenienti dall'inconscio passato, e dovessero essere gestiti per mezzo della funzione stabilizzante, poiché essi possono non essere più opportuni, e quindi esplosivi. Un pò dopo mio marito ed io ponemmo la questione in modo alquanto differente. Quello che accade, crediamo, è che le iniziali reazioni o impulsi inconsci dell'individuo si formano come se la persona fosse un particolare bambino di cinque anni; e queste reazioni allora devono essere gestite nell'inconscio presente da parte della persona presente. Il 'bambino che è dentro' agisce come un modello, una organizzazione strutturante, un sistema di regole, per gli immediati sforzi e risposte inconsci che nel qui ed ora mette in atto l'individuo più grande. Potremmo persino essere tentati di chiamare ciò un agente psichico, una macrostruttura. L'impulso o il desiderio che nasce nelle profondità dell'inconscio presente non ha bisogno di essere considerato come quello che è stato sottoposto attraverso una censura a partire dal 'bambino che sta dentro'. La censura, se la si vuole chiamare così, ha luogo per tutto l'inconscio presente, con una censura finale o trasformazione difensiva - La seconda censura di Freud - che si verifica prima dell'ammissione alla consapevolezza conscia. Il desiderio inconscio che nasce nell'inconscio presente è modellato sulla base dei desideri del bambino interiore, ma gli oggetti coinvolti sono oggetti del presente. Questo può essere espresso in un altro modo in riferimento all'esempio da me citato in precedenza. Se un desiderio inconscio pieno di ostilità verso l'analista nasce nell'inconscio presente di un paziente, allora non si tratta di un desiderio di morte verso il padre spostato sull'analista nel transfert.  Piuttosto, è un impulso ostile che nasce nel qui ed ora nei confronti dell'analista, forse modellato sulla base dei desideri ostili del bambino interiore verso il padre. 

Comunque, non abbiamo solo a che fare con impulsi o desideri in questo contesto. Reazioni a stimoli ed a richieste del mondo esterno possono essere considerate  inizialmente risposte  come se da parte del 'bambino che c'è dentro' ('the child within' ), ma dato che le risposte nel presente, modellate sulla base dell'inconscio passato, sono azioni di prova trovate inappropriate al presente oppure minaccianti l'equilibrio dell'individuo, esse verranno difese e censurate, o inibite oppure si permette loro di procedere all'azione ed all'esperienza cosciente in una forma modificata. Tutto ciò accade, ovviamente, in modo estremamente rapido.

Ci si può ben chiedere cosa tutte queste idee abbiano a che fare con il lavoro analitico, e tenterò di fornire una parziale risposta. Il primo punto consiste nel fatto che il campo primario di azione nel rapporto analitico è situato intorno alla censura tra inconscio presente e coscienza. E' vitale che l'analista dia una priorità assoluta alla comprensione, e se possibile interpretare, a ciò che si sta sviluppando nel qui ed ora dell'analisi. Molto del materiale protetto nei confronti della seconda censura - se possiamo chiamarla ancora così - farà riferimento al transfert analitico, e l'interpretazione del transfert ha, naturalmente, priorità assoluta. Con questo non voglio dire che l'analista dovrebbe impegnarsi in interpretazioni compulsive del transfert, ma voglio dire che l'interpretazione permetterà che il materiale più intensamente oppresso dalle emozioni che è vicino alla superficie , ma evitato, divenga accettabile per l'analizzando.  Se, in certi casi, può essere necessario fare riferimento al passato prima di parlare del presente, allora ciò si dovrebbe fare allo scopo di mostrare al paziente ciò che sta accadendo nel presente. Se l'interpretazione del conflitto nel qui ed ora del paziente ha successo, ed il paziente è in grado di accettare l'aspetto di sé carico di desiderio (ma) censurato, respinto, allora abbiamo, naturalmente, l'opportunità  di ancorare la comprensione del paziente sia a costruzioni (cioé mostrando al paziente le sue modalità abituali di funzionamento) sia a ricostruzioni del passato. Ma qui dovremmo ricordare che la nostra conoscenza del 'bambino che c'è dentro' ('the child within') è basata quasi interamente su ricostruzioni informate. Ricostruiamo il passato, non lo scaviamo. E, lasciatemi aggiungere, della più grande importanza rispetto a tutto ciò è il bisogno di evitare la riduzione di ogni conflitto a conflitto tra pulsioni e difese, di evitare il riduzionismo semplicistico che è stato responsabile di analisi fatte così male in passato.

La cornice di riferimento delineata qui è, lo spero, un utile approccio allo sviluppo di una teoria della tecnica psicoanalitica. E' essenzialmente un approccio evolutivo alla tecnica, ma anche permette l'assorbimento della nostra accresciuta consapevolezza dell'importanza dell'interazione tra analista e paziente. E certamente ci sono molte direzioni in cui bisogna che sia elaborato ed esteso. La teoria psicoanalitica così come la pratica psicoanalitica è in uno stato di continuo sviluppo, e sono grata per l'opportunità che questa pubblicazione mi dà di cercare di contribuire alla dialettica di questo sviluppo.

 

 

   
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