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Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte

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     Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione

Numero 18, anno IX, giugno 2012

 

 

"L’approccio psicodinamico nella terapia riabilitativa dei bambini diversamente abili e nell’intervento con le famiglie

   di Giuliana Scarselli

 

 

 

 


Questo testo è stato presentato al convegno "Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione"(Lecce, 12 maggio 2012), organizzato  dalla rivista Frenis Zero. L'autrice è psicologa e psicoterapeuta di formazione psicoanalitica, consulente presso l'O.S.M.AI.R.M. di Martina Franca (Taranto).

 

            

 

   

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

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AA.VV., "Lo spazio  velato. Femminile e discorso psicoanalitico"                             a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Collana: Confini della psicoanalisi

Anno/Year: 2012 

Writings by: A. Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B. Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S. Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L. Tarantini, A. Zurolo.

 

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Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-97479-01-7

Anno/Year: 2011 

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

Preface: Alberto Angelini

ISBN: 978-88-903710-5-9

Anno/Year: 2011 (2nd Edition)

Prezzo/Price: € 18,00

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"Psicoanalisi e luoghi della negazione" a cura di A. Cusin e G. Leo (Editors)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian,  A. Cusin, N. Janigro, G. Leo, B.E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini Scalmati, G. Schneider, M.  Šebek, F. Sironi, L. Tarantini.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-4-2

Anno/Year: 2011

Pages: 400

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"Lebensruckblick"

by Lou Andreas Salomé

(book in German)

Author:Lou Andreas Salomé

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-97479-00-0

Anno/Year: 2011

Pages: 267

Prezzo/Price: € 19,00

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"Psicologia   dell'antisemitismo" di Imre Hermann

Author:Imre Hermann

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-903710-3-5

Anno/Year: 2011

Pages: 158

Prezzo/Price: € 18,00

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

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Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 30,00

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"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

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ISBN: 978-88-340155-7-5

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"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

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L’esperienza si riferisce alla mia attività di psicologa-psicoterapeuta, di formazione psicoanalitica, all’interno di un ambulatorio riabilitativo per bambini disabili.

Un luogo quindi molto diverso dai Servizi di Igiene Mentale, in quanto connotato:

·        dal trattamento rivolto ai minori e quindi dalla presa in carico anche delle famiglie e dei genitori in particolare;

·        dall’eterogeneità delle patologie e delle problematiche della disabilità;

·        dalle funzioni diversificate di operatori con formazioni diverse all’interno di uno stesso ambulatorio. Figure tutte ugualmente importanti e funzionali alla crescita del bambino (assistente sociale, educatore, fisioterapista, terapista della riabilitazione, neurologo, neuropsicomotricista, neuropsichiatra infantile, logopedista e psicologo) caratterizzate da specificità di trattamento, ma accumunate da un’unica finalità: il recupero dei piccoli pazienti negli ambiti senso-motorio, comportamentale, cognitivo, comunicativo-linguistico e psico-sociale con particolare riferimento all’area dell’autonomia e dell’inserimento scolastico.

   L’istituzione riabilitativa del bambino diversamente abile fa riferimento inoltre a un’estrema diversificazione degli studi  sull’argomento, quanto a:

·        impostazione teorica,

·        scelte metodologiche,

·        campi di ricerca e di intervento  che a loro volta sono riferiti:

1.  alle molteplici tipologie di disabilità e di patologie correlate: ritardo mentale (lieve, medio, grave, gravissimo), disturbi dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia ecc), disturbi delle capacità motorie, della comunicazione ( riferito all’ espressione del linguaggio,  misto dell’espressione e della ricezione del linguaggio, della comunicazione non altrimenti specificato, mutismo elettivo, selettivo ecc.), disturbi pervasivi dello sviluppo   (autismo, sindrome di Rett, di Asperger ecc.) disturbi da deficit di attenzione e da comportamento dirompente (ADHD con sottotipi per puntualizzare la sintomatologia prevalente), pluriminorazioni, disabilità uditive, visive, disturbo da ansia di separazione, sindrome di Down,ecc.

2.  alla focalizzazione sugli effetti prodotti su una data  area di sviluppo (attenzione, memoria, linguaggio ecc.),

3.  alle numerosissime teorie dell’apprendimento, dello sviluppo sociale e dell’inserimento scolastico correlate alla disabilità.

 

   Un quadro quindi estremamente complesso, all’interno del quale l’orientamento comportamentista con le tecniche di condizionamento e l’orientamento cognitivista, oltre ai tests psicometrici per la valutazione dello sviluppo delle varie aree nel bambino, sicuramente prevalgono.

 

   La prospettiva psicodinamica si costituisce come intervento globale sul bambino e non solo sulla sua patologia, cercando di costituire una relazione che permetta il dispiegamento delle potenzialità individuali del piccolo paziente, al fine di contenere le inadeguatezze e far fronte alle richieste esterne. L’obiettivo diviene quindi quello di prendersi carico del bambino, programmando un intervento che non sia settoriale e che non si ponga come risposta sintomatica, ma che promuova la formazione integrale della personalità e tenti di restituire alle famiglie un quadro rispettoso dell’individualità di ciascun membro della famiglia stessa.

 

Si tratta di far riferimento pertanto ai contributi teorici e alle indicazioni che vengono forniti dal metodo psicoanalitico che pone in primo piano l’osservazione, l’analisi degli aspetti connotanti la relazione, il condizionamento dell’ambiente e le problematiche evolutive.

 

   L’assunzione di un punto di vista o per dirla con Bion (1970) di un “vertice” psicoanalitico nell’osservare la realtà della vita riabilitativa quotidiana, permette non solo di accorgersi meglio di tutta una serie di fenomeni e dinamiche che accadono all’interno dei box di terapia e nella relazione tra paziente/ famiglia e operatore, ma soprattutto permette di promuovere un modo diverso di approccio alla sofferenza e alla gestione dell’intero iter riabilitativo.

   L’assunzione di un vertice di tal fatta diventa anche un prerequisito per realizzare la formazione di operatori finalizzata a sviluppare la loro professionalità - non solo nella dimensione tecnico-operativa che è necessaria, indispensabile e indiscutibile, ma di per sé non sufficiente all’esecuzione del compito - ma soprattutto nella dimensione di lettura dei bisogni profondi del bambino e dei fattori emotivi che entrano a costituire i processi di percezione e di pensiero della sua “realtà psichica” secondo l’accezione kleiniana (1921-1958) e che non possono pertanto essere ignorati da tutti coloro che hanno responsabilità nel campo educativo-formativo e sanitario.

   Nello svolgimento della professione va quindi privilegiata l’osservazione intesa in senso bioniano, l’ascolto e la relazione, accompagnati dalla riflessione transferale e controtransferale.

 

   Il bambino solitamente giunge al nostro ambulatorio con una diagnosi dinamica a cui segue da parte nostra un’attenta osservazione e un progetto riabilitativo individualizzato con la previsione degli obiettivi da raggiungere.

   La mia figura ha la funzione di seguirlo con i suoi genitori fin dall’ingresso e accompagnarlo per tutto l’iter riabilitativo, operando da collegamento tra la famiglia, i diversi operatori della riabilitazione e la scuola, seguendo contemporaneamente il suo sviluppo psicologico e cognitivo.

   L’approccio di tipo psicodinamico considera la famiglia come protagonista di un processo di adattamento, oltre che vittima di una situazione stressante per cui la colloca a pieno titolo nel processo terapeutico sia per quanto riguarda i supporti psicologici di cui necessita, sia per quanto riguarda l’attivazione delle risorse di cui è portatrice. Il rapporto con i genitori pertanto, fin dal primo colloquio e nei successivi incontri all’inizio della terapia riabilitativa, è centrato sull’assistenza in funzione dell’elaborazione del lutto e del ritiro degli investimenti emotivo-affettivi per la perdita del bambino immaginario, in funzione della costruzione di una relazione che rimetta la mamma in contatto con il suo bambino.

   L’intervento iniziale con i genitori si prefigge pertanto di operare il passaggio dall’espulsione verso l’accettazione.

 

   Nel 1911 Karl Abraham (1914) definì il lutto un’ “emorragia interna” e spinse Freud a lavorare sul problema. Per Freud  (1915), quello che viene definito il lavoro di lutto, è indispensabile per riacquistare un equilibrio, ma può solo iniziare dopo la fine delle fasi del rifiuto e della collera che avvengono successivamente alla perdita.

   L’approccio di tipo psicodinamico con i genitori nel primo colloquio e la successiva assistenza all’interno di un contesto riabilitativo, non può quindi prescindere dal sostegno alle famiglie in tal senso.

   La nascita di un bambino diversamente abile si viene a configurare come un evento che mette a dura prova le capacità emotivo-affettive dei genitori e del nucleo famigliare che gli si stringe attorno. Ha inizio così un lavoro di “elaborazione del lutto” che richiede grandi risorse interiori per rinunciare alla perdita di quel bambino sano immaginato nei nove mesi di gravidanza e accettare quel bambino che è “diverso” dagli altri, che ha bisogno di molte cure che si teme di non essere in grado di dargli in modo adeguato.

   Alla prima fase di shock in cui oppressione, incredulità, intontimento e senso di impotenza si susseguono senza tregua di fronte alla sentenza lapidaria e a volte crudele di alcuni medici, segue dopo non molto il rifiuto, il diniego della realtà.

   Il processo di accettazione del proprio figlio affetto da disabilità passa poi attraverso l’ambivalenza, il senso di colpa e la rabbia.

   Solo a poco a poco si fa spazio il dolore e la depressione per l’evento. E’ lì che si deve “elaborare” il lutto, che si devono cioè ritirare gli investimenti emotivi e affettivi messi in campo con l’idea di un bambino immaginario, pieno di virtù e di grazia, e spostarli sul proprio bambino, che stenta a diventare oggetto di investimenti equivalenti.

   Ed è dal magma confusivo di tutti questi sentimenti messi in campo, dall’assenza di speranza, dalla perdita dell’immaginario, dal vuoto progettuale, dallo spostamento degli investimenti, che si fa spazio la speranza, la riconquista di un rapporto d’amore, alla scoperta di una strada diversa, ma già percorsa da altri, alla ricerca di compagni di viaggio che possano aiutare i genitori in un momento in cui si sentono soli e disperati e in cui è necessario mettere in campo un enorme impiego di energia che comporta la costituzione di un autentico, adeguato amore per un figlio svantaggiato. 

   Infatti tale amore non è, come comunemente si pensa, scontato, obbligatorio o spontaneo, ma è il frutto di una lunga e faticosa elaborazione, caratterizzata da notevoli conflitti interiori, dovuti alla lotta di sentimenti contrapposti, giocati tra la tenerezza e il bisogno d’amare, la rabbia, il rifiuto e l’impotenza.

Solo attraverso queste tappe si giunge al patteggiamento con la realtà, alla riorganizzazione della propria vita, fino all’accettazione e all’adattamento.

   Antonella, mamma di Giampiero e Michelangelo mi ha sorpreso con una frase bellissima: “Quando è nato Michelangelo, il mio secondo bambino, ho fatto fatica ad adattarmi a lui, perché Giampiero, il mio bambino Down, era la mia normalità. E ancora oggi mi sembra più facile comunicare con lui.”

 

   Da qui dunque inizia il viaggio dedicato alla scoperta di un figlio con funzioni biologiche imperfette, ma con tutti i bisogni di normalità nella sfera educativa, affettiva ed esperienziale, inizia qui il percorso alla ricerca di aiuti, attenti e misurati, esterni alla famiglia, rivolti alla crescita del proprio figlio nel riconoscimento delle sue difficoltà, dei suoi limiti, ma anche delle sue potenzialità.

   Solo il superamento del diniego della realtà, permetterà di procedere in tal senso.

 

   Si è ristabilita così quella relazione fondamentale di contenimento (holding) madre-bambino di cui parla Winnicott (1965) che sarà il prototipo di tutte le successive relazioni, compresa quella con il terapista della riabilitazione.

   La mediazione materna serve dunque a modulare il rapporto tra il bambino e il mondo esterno ed è il punto di partenza per il suo futuro sviluppo.

   Attraverso l’esplorazione psicoanalitica della relazione neonatale madre-bambino si osserva e scopre pertanto che è solo all’interno di una relazione tra menti che si realizza la crescita della personalità. La buona madre è colei che è capace di contenere l’angoscia del bambino, di fungergli da supporto mentale nel momento in cui cresce, di sostenere le sue vicissitudini emotive, restituendogli una risposta bonificata dall’angoscia e costituendosi come mente che pensa e che riesce a offrire speranza e fiducia ( Cfr. Blandino - Granieri, 1995).

   Le suggestioni offerteci dalla psicoanalisi per la relazione madre-bambino sono utilizzabili anche per gli operatori che lavoreranno con il piccolo paziente. Si può dire infatti che l’attività riabilitativa (così come Blandino e Granieri (1995) ci suggeriscono per tutte le attività di apprendimento) deve costituire uno spazio fisico, emotivo e mentale in cui il bambino si possa muovere per esprimere le sue paure e le sue ansie ed elaborarle attraverso l’operazione di contenimento che farà anche l’operatore, il quale si dovrà muovere tra la realtà interna e la realtà esterna del minore.

   Infatti il modo di svolgere costruttivamente il proprio compito riabilitativo si realizza in un effettivo incontro tra menti - come sostiene Bion (1967)- in una relazione di reciprocità in cui l’operatore si fa carico delle fantasie, delle paure, dei desideri e delle preoccupazioni  proprie e del bambino.

   Possiamo perciò osservare che il processo di costituzione del pensiero e della mente devono costituirsi in un rapporto tra un contenitore e un contenuto, nel senso che l’adulto può offrire al bambino una mente ricca di funzioni introiettive, cioè capace di pensare alla propria esperienza emotiva e apprendere da essa per poi offrire tale esempio al bambino affinché egli sia in grado di sostenere la propria autostima nel momento in cui l’apprendimento gli richieda di operare il passaggio doloroso dalla “destrutturazione” del proprio sapere alla “strutturazione” del nuovo sapere.

   L’attività riabilitativa è quindi tale quando, insieme alla crescita del paziente, vi è quella dell’operatore.

   Così, come un’attività di apprendimento da parte del piccolo paziente implica sempre il confronto con il nuovo e con ciò che è sconosciuto, anche l’attività del riabilitatore “….si deve confrontare con il nuovo e lo sconosciuto, e come tale è ansiogena e frustrante quando è davvero incisiva e innovativa e promuove l’apprendimento dall’esperienza” (Cit. Blandino- Granieri, pag. 15 ).

   La relazione con il bambino da riabilitare pertanto - in un’ottica psicoanalitica - non è solo un fatto cognitivo o meramente teorico o tecnico, ma è sempre un fatto emozionale e relazionale che rimanda a elementi primari, a stati infantili della mente e la funzione dell’operatore non è solo quella di lavorare sugli aspetti riabilitativi, ma soprattutto di ascoltare, riconoscere, accogliere e raccogliere questi elementi in modo da trasformare gli ostacoli in fattori promozionali della crescita del bambino (Cfr. Blandino, Granieri, 1995).

 

   Ogni paziente è diverso da un altro, pur avendo anche la stessa patologia, per cui il riabilitatore deve abbandonare ogni valigetta precostituita e viaggiare, sapendo qual è il punto di partenza (e qui si sottolinea l’importanza di una diagnosi corretta), avendo una meta, ma costruendosi il percorso non privo di difficoltà o di arresti, armato di capacità tecnico-teoriche, ma anche di pazienza, di creatività e di sopportazione alla frustrazione. “E’ insomma un modo di far tesoro” (…. ) “della posizione freudiana che distingueva tra il bronzo della psicoterapia e l’oro della psicoanalisi, in quanto la prima procede, come la pittura ‘per via del porre’, mentre la psicoanalisi  procede come la scultura ‘per via di levare’.” ( Cit. Blandino-Granieri, 1995, pag.17), cioè dovrebbe preoccuparsi di rimuovere gli ostacoli (interni) al recepimento dei contenuti prima ancora che trasmetterli.

 

   Ogni piccolo diversamente abile ha un suo sviluppo personale e diversificato: potrà imparare a guardare, a sorridere, a controllare i suoi movimenti come afferrare, stare seduto, fare i primi passi o a parlare con tempi propri in ragione della patologia e della variabilità del ritardo mentale difficilmente prevedibile e che potrà configurarsi nel tempo come lieve, medio o grave rispetto agli altri bambini della stessa età e che condizionerà competenze come l’attenzione, la memoria, il pensiero, l’elaborazione dei concetti, la risoluzione dei problemi, lo sviluppo del linguaggio e le capacità di letto-scrittura.

   E’ importante che il lavoro con le diverse figure riabilitative sia precoce e costante con l’obiettivo di sostenere, valorizzare e aumentare le competenze e le propensioni dei piccoli pazienti, oltre a migliorare la loro autonomia e la loro interazione con l’ambiente circostante, base su cui il bambino costruisce il proprio Sé, formato - come sostiene la Jacobson (1964) - dalle caratteristiche, potenzialità, capacità, pregi e difetti dell’Io fisico e psichico.

 

   I genitori, partecipando ad alcune sedute di attività riabilitativa con i terapisti, impareranno cosa fare in alcuni momenti della loro giornata a casa, senza però correre il rischio di ossessivizzare il bambino e pretendere troppo da se stessi e da lui, ma provando piacere, soprattutto nel contatto corporeo. La comunicazione corporea, verbale o sensoriale con il proprio figlio permetterà loro di situarsi in un rapporto profondo con lui, di sfruttare a fondo le sue potenzialità, rispettando al tempo stesso la sua autonomia e libertà e cercando contemporaneamente per sé una controparte di gratificazione e di valorizzazione.

   Bisogna pertanto diffidare di quelle tecniche di riabilitazione che non mirano allo sviluppo dell’autonomia, ma che anzi fomentano la dipendenza reciproca madre-figlio, chiudendo la coppia in un rapporto fusionale e accentuando il legame di dipendenza reciproca, con la richiesta alla madre di una presenza continua per la riabilitazione del proprio figlio.

   Alcuni genitori si sono trovati in gravi difficoltà, avendo fatto esperienze di questo genere: è quindi importante aiutare tutti i membri della famiglia a ritagliarsi degli spazi, ad aiutare il bambino a operare- in ragione della patologia- il processo di “separazione-individuazione” dalle figure genitoriali di cui ci parla la Mahler (1975), attraverso un rapporto di fiducia e di cooperazione con gli operatori, a condizione ovviamente che, chi si occupa del loro bambino, sappia loro infondere la necessaria fiducia. Si raggiungerà così nel tempo un rapporto con il proprio figlio di sana autonomia, con piccole dipendenze e appropriate protezioni. Le aspettative dei genitori sono quelle di essere capiti, aiutati e sostenuti dagli operatori, senza essere destituiti dal ruolo genitoriale.

 

   Il percorso non sarà sempre facile e privo di ostacoli, ma inserito in una situazione familiare, affettiva ed educativa adeguata, accompagnato da una buona integrazione scolastica con una programmazione individualizzata e un polo riabilitativo che riesca a far da ponte tra scuola e famiglia, ogni bambino potrà in molti casi imparare ciò che è necessario per avere una vita relativamente autonoma e soddisfacente, sempre ovviamente in relazione alla gravità della patologia.

 

   Accompagnare i nostri ragazzi disabili nella loro crescita, significa imparare a percorrere una strada certo più difficile e problematica, ma anche ricca di gioie e scoperte, significa costruire un filo, una trama, la loro storia appunto, sospinti dalla forza del loro desiderio, muovendosi attraverso gli ostacoli delle loro paure, confortati dal senso e dalla forza dell’attaccamento alla vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Bibliografia

 

Abraham K. (1914) Dementia Praecox oder Gruppe der Schizophrenien. Tr.it. in “Opere” Vol. I e II, Bollati Boringhieri, Torino 1987.

Bion, W.R. (1967) Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico.Tr. it. Armando, Roma 1979.

Bion, W.R. (1970) Attenzione e interpretazione. Tr. it. Armando, Roma 1973

Blandino, G. Granieri, B. (1995) La disponibilità ad apprendere. Milano, Raffaello Cortina.

Freud,S. (1915) Trauer und Melancholie. Trad.it. in “Opere”, Vol.VIII, Boringhieri, Torino (1976).

Jacobson, E.(1964) “Il Sé e il mondo oggettuale” Martinelli Editore, Firenze 1974

Klein, M. “Scritti” (1921-1958) Trad. it. Boringhieri, To 1978

Mahler, M. (1975) “La nascita psicologica del bambino. Simbiosi e individuazione” Trad.it. Bollati Boringhieri, Torino 1978

Winnicott, D.W. (1965) Sviluppo affettivo e ambiente. Tr.it.Armando, Roma 1968

 
 
 
 
   

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
 

 

   
   
 

 

   
   
   
 

 

   
   
   
   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

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