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Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività

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     "FREUD & TAUSK"

 

 di Paul Roazen

 



            

 

 

 

 
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"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini"

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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Vorrei considerare per un momento Victor Tausk e l'episodio della sua morte come l'esempio di una persona, entrata nella vita di Freud, sulla quale mi è capitato di ragionare diffusamente. In quanto leader del movimento psicoanalitico, Freud tendeva a sollecitare nei suoi allievi un'ampia gamma di emozioni molto intense, spesso in persone che venivano attratte nel suo campo di indagine a causa delle loro difficoltà personali irrisolte. Tausk era stato appunto un uomo che aveva cercato, e ricevuto, l'assistenza di Freud: aveva poi finito per decidere di entrare nella facoltà di Medicina sull'onda della decisione di divenire a sua volta analista; e di fatto, Tausk fu uno dei primi analisti a mostrare interesse nel progetto che mirava a estendere le intuizioni di Freud al campo della psichiatria e all'area delle psicosi. Nonostante la dimensione notevole che Tausk era riuscito a raggiungere, alla fine del 1918 Freud, dopo aver rifiutato diverse volte le ripetute richieste di Tausk di entrare in analisi personale con lui, decise infine di inviarlo a una sorta di ultima arrivata nel mondo della psicoanalisi, Helene Deutsch, che Freud aveva da pochissimo tempo iniziato ad analizzare di persona.

Tutta questa triangolazione tra Freud, Tausk e Helene Deutsch deve aver finito probabilmente per esacerbare i problemi di Tausk anche se è possibile concedere a Freud il beneficio del dubbio e pensare che egli abbia comunque cercato di fare del suo meglio, pur mantenendosi a distanza di sicurezza, per cercare di aiutare questo suo allievo sicuramente molto disturbato. Oggi sappiamo che lungo tutto il corso della sua carriera di analista Freud si era ritrovato spesso in situazioni in cui raggiungeva un livello di intimità e di immedesimazione di una tale intensità che si ha ragione di chiedersi come mai egli potesse continuare a essere così ambizioso da pensare di potersi comunque mantenere nella possibilità di capire in qualche modo cosa diavolo stava succedendo alle persone da lui analizzate. Esistono anche altri gruppi di intellettuali moderni che hanno manifestato la tendenza a scambiare livelli molto elevati di intimità in un modo che, ai nostri occhi, sembra quasi non umano (per non dire osceno). Sto pensando, ad esempio, al circolo di persone che si riunivano attorno a Jean-Paul Sartre e a Simone de Beauvoir, una vicenda che la de Beauvoir finì anche per raccontare in forma romanzata nel suo L'invitata del 1943 (ma anche il gruppo inglese di Bloomsbury aveva manifestato una serie di comportamenti simili). L'abitudine di certi intellettuali di dormire insieme e di scambiare con gli amici e le amiche più intimi i dettagli delle proprie situazioni non differisce più di tanto dalla condizione di Freud, che aveva in analisi Helene Deutsch mentre questa aveva in analisi Tausk.

Vengono in mente subito tantissime altre situazioni della storia della psicoanalisi in cui questa vischiosità di atteggiamenti si è andata verificando: 1) Freud che analizza sua figlia Anna; 2) Freud che analizza contemporaneamente Sandor Ferenczi e la sua figliastra, con la quale Ferenczi stava avendo una storia; 3) Freud che analizza contemporaneamente Ruth Brunswick, suo marito Mark e suo cognato David; 4) Anna Freud che analizza i figli della sua più cara amica, Dorothy Burlingham. La lista potrebbe essere prolungata quasi all'infinito, potendo ad esempio arrivare a comprendere Erich Fromm che analizza la figlia della sua amante Karen Horney. La storia dei primi anni della psicoanalisi trabocca di esempi di questo genere, cioè di veri e propri casi di violazione dei “normali” confini terapeutici. Al di là di quali fossero le regole di distacco e di neutralità che Freud poteva cercare di stabilire per gli altri, per quanto riguardava invece se stesso e la cerchia dei suoi favoriti egli sembra aver pensato di trovarsi in un certo qual modo al di là dei limiti convenzionali del bene e del male. La situazione messa in piedi tra Freud, Helene Deutsch e Tausk non aveva funzionato e Freud diede quindi a Helene la consegna di interrompere o la sua analisi con Freud o il suo trattamento di Tausk, il quale era travolto dalla rabbia verso la sua analista per la competizione che era stata messa in atto nei confronti di Freud (Helene, dopo aver riempito ogni sua singola seduta di analisi con Freud di notizie sul suo lavoro con Tausk, aveva finito per considerare un ordine quello di portare a termine la sua analisi con Tausk). Alcuni mesi più tardi, subito prima di uccidersi, Tausk spedì a Freud un lettera di commiato dalla vita, in cui gli segnalava di sentirsi in pace verso di lui: 

 

La ringrazio per tutto il bene che mi ha fatto. Lei ha fatto davvero tantissimo per me e ha dato un significato agli ultimi dieci anni della mia vita. Il Suo lavoro è sincero e immenso. Me ne vado da questa vita forte della consapevolezza di essere stato uno di coloro che hanno potuto assistere al trionfo di una delle più grandi idee prodotte dal genere umano.

 

La devozione di Tausk verso Freud e il sacrificio della sua stessa vita costituiscono una testimonianza tragica del pedaggio che doveva essere pagato per il successo degli insegnamenti di Freud. Paul Federn, a sua volta un analista e un caro amico di Tausk, un uomo dotato di una visione pressoché illimitata di ciò che la psicoanalisi avrebbe potuto dimostrarsi in grado di compiere, convinto com'era che essa sarebbe stata presto estesa al trattamento degli psicotici, finì comunque, all'epoca del suicidio di Tausk, per addebitare in privato a Freud la morte di Tausk. 

Ecco cosa scrive Federn alla moglie di Tausk: 

 

La motivazione della sua morte è stata il voltafaccia al quale Freud lo ha sottoposto. Mi è dispiaciuto così tanto per lui (..) Se Freud gli avesse dimostrato almeno un minimo interesse umano, e non un generico riconoscimento e sostegno, forse suo marito avrebbe potuto continuare a sopportare ancora per un po' la sua esistenza da martire (..) Ma Freud non ha mostrato per lui nemmeno un centesimo della gentilezza che è in grado di mostrare: voglio dire che Freud possiede così tanto amore per le persone che è certamente capace di mostrarsi molto gentile, ma invecchiando è diventato sempre più duro. Sarà per sempre la nostra vergogna non aver saputo tenere Tausk ancora con noi. (N.d.A.: In una traduzione più letterale, al posto dell'aggettivo “gentile” che compare nella lettera di Federn si potrebbe inserire “buono”).

 

La reazione di Freud alla morte di Tausk ci dimostra come egli si sentisse nel pieno di una tragedia umana, il che dovrebbe spingerci ad astenerci dall'imporre alla valutazione di questo episodio un atteggiamento censorio. L'autodistruzione di Tausk costituiva l'atto centrale di un racconto che si era andato costruendo per anni: la presa di distanze da parte di Helene Deutsch rispetto alle sue responsabilità terapeutiche, così come l'incapacità di Freud di reagire alla morte di Tausk se non con una sensazione di sollievo collegata al fatto che egli si fosse infine levato di torno, sono soltanto aspetti marginali di tutta questa storia. Continua comunque a colpirci la lettura di ciò che Freud scriveva sulla morte di Tausk a Lou Andreas-Salomé, che in passato era stata intima amica di Tausk (e prima che di lui, anche di Nietsche e di Rilke): “Devo confessarLe che non ne sento affatto la mancanza: già da tempo lo consideravo una persona del tutto inutile, anzi una minaccia per il futuro della disciplina” (v. Roazen, 1969). Queste righe erano state espunte dalla prima pubblicazione della corrispondenza tra Freud e Lou Andreas-Salomé e sono state reintrodotte nel carteggio soltanto dopo che io, per primo, le ho pubblicate per iscritto nel mio volume del 1969. 

Lou Andreas Salomé in un ritratto

Nella sua commemorazione ufficiale di Tausk, Freud si mostra invece quasi adulatorio: “Nella storia della psicoanalisi e delle sue prime lotte la figura di Tausk sarà certamente ricordata con onore” (Freud, 1919, p. 135). Che cosa stava facendo Freud, che da un lato dava alle stampe un elogio pubblico della figura di Tausk (pur esprimendo alcune riserve a proposito di qualche suo lavoro) e contemporaneamente scriveva di lui con una tale freddezza a Lou Andreas-Salomé? Le persone con cui Freud corrispondeva hanno conservato per anni tutte le sue lettere, un'ipotesi su cui Freud amava scherzare, considerandola un'ottima idea, durante gli anni della sua adolescenza, e nel caso di Lou, troviamo una persona che ha conservato anche una copia delle lettere da lei inviate a Freud. Ma Freud aveva anche pubblicato uno scritto in onore del cinquantesimo compleanno di Ernest Jones pur continuando, in privato, a esprimere tutto il suo disappunto nei confronti di Jones; e anche il suo scritto commemorativo nell'occasione della morte di Ferenczi suonava una musica del tutto diversa da quella che Freud esprimeva nelle sue annotazioni private indirizzate a Jones quando Ferenczi era ormai nei suoi ultimi giorni di vita. Freud faceva parte di un mondo in cui queste diverse sovrapposizioni di significati potevano essere considerate del tutto norma li, anche se quando le riconsideriamo noi, dalla nostra prospettiva attuale, possiamo fare molta fatica a tollerarne tutte le discrepanze. 

Nel caso di Tausk, così come in quello di altre calamità verificatesi nel corso della carriera di Freud, veniva perduta una vita umana nel percorso di Freud verso il suo storico “trionfo”. Credo sia una componente ineliminabile della tragedia il fatto che ciascuna delle figure che vi sono coinvolte non possano fare a meno di agire così come agiscono e non possano fare altro che rimanere cieche davanti alle conseguenze delle loro stesse azioni. La tragedia può anche non essere “bella”, e di certo non rientra in quella che William Dean Howells chiama la parte “sorridente” della vita, ma rimane pur sempre una componente intrinseca dell'esistenza umana. Shakespeare è il maestro universale che meglio di ogni altro è stato capace di descrivere queste esperienze dolorose dell'essere umano. Non è stato certo facile per il principe Hal sbarazzarsi di Falstaff nella sua scalata verso il trono. Lear ci commuove per la natura così chiaramente drammatica della sua condizione. E lo stesso vale per Otello, per Macbeth e per tanti altri personaggi di tante altre tragedie. 

A Freud non è capitato soltanto di prendere parte attiva a queste tragedie che si verificavano all'interno dello stesso movimento da lui fondato, ma ha anche teorizzato l'inevitabilità di questi conflitti tragici nella vita delle persone. Una delle reazioni più comuni dell'opinione pubblica davanti alla descrizione del dilemma conflittuale di cui ci parla Freud è quella di respingerla: Freud infatti ci dice che dobbiamo pagare un prezzo per ciascuna delle nostre conquiste e che ogni nostro successo fonda le sue basi su qualche perdita. Gli americani, tutt'al contrario, hanno sempre mostrato la peculiarità di credere che tutte le cose buone abbiano la tendenza a raggrupparsi insieme e che possano avvenire in assenza del minimo costo morale. La Dichiarazione di Indipendenza ha definito in termini inequivocabili il diritto di ciascun cittadino alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità, e i nostri ideali nazionali sembra no intrinsecamente coerenti con questi dettami. 

E dunque, quando un'autrice freudiana come Helene Deutsch descriveva l'esistenza di un conflitto tra maternità e sessualità, la cosa suonava offensiva alle orecchie di coloro che si battevano in difesa della possibilità di giungere al pieno compimento dell'emancipazione femminile. Per un europeo è molto più facile rendersi conto del modo in cui i valori tendono a stare in conflitto l'uno con l'altro. In questi ultimi anni, i sostenitori entusiasti delle sorti magnifiche e progressive della psicofarmacologia hanno mostrato la forte tendenza a sottostimare i costi umani presenti nell'atto di assumere una pillola. Freud continua sempre a ripeterci che, da un punto di vista morale, non esiste nulla di paragonabile a un'azione libera.

 

 

 
   
   
   
   
   
   
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

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