Presentation   News Events   Archives    Links   Sections Submit a     paper Mail

FRENIS  zero 

Scienze della Mente, Filosofia, Psicoterapia e Creatività

  Home Frenis Zero

        

 

 

 

    "L'ENIGMA DELLA LIBERTA'"

 

 

 Commento al film The Passion di Santa Fizzarotti Selvaggi

 

 

La sofferenza per molti credenti resta un mistero inspiegabile. Ciò che pone serie sfide al nostro credere e al nostro dono è la sofferenza dell’innocente.

                                                      Mons.  Nicola Girasoli
 

 

                             

 

Non si tratta di esegesi  biblica su un Film che  rivisita  il senso profondo della Passione di Cristo, bensì di una riflessione, un commento per quanto possibile a giusta distanza, sulle emozioni suscitate dalla visione della rappresentazione di un evento terrifico che, proprio perché tale, racchiude la possibilità del riscatto. 

E’ sufficiente ricordare la metafora dell’anatra selvatica utilizzata da Marion Milner per comprendere che per risalire a volte bisogna toccare il fondo.

Gibson  rompe gli schemi dell’ordinario, della crocifissione mediata dalla stessa rappresentazione figurale e apre nuovi orizzonti che  ci conducono alla radice del dolore. Sono poche le immagini che ci consentono  di respirare, quasi di prender fiato, come se  noi stessi fossimo lì  al fianco  del Cristo a flagellarlo, a violarlo, a crocifiggerlo e al medesimo tempo a soffrire empaticamente con Lui.   Dinanzi alla sofferenza dell’Innocente si pone l’enigma della libertà  e delle scelte.

Si tratta dell’ ambivalenza dell’essere umano.

In ogni caso ci sembra che il tema dominante dell’intera narrazione Filmica  sia  la possibilità di una rigenerazione che attraverso la  totale disponibilità materna  di Maria conduce alla Pasqua, ovvero alla liberazione dalle tenebre che sempre abitano la nostra mente.   E’ la madre, biologica, simbolica o adottiva, che ci accudisce , ci  rasserena,  ci rischiara la notte popolata di angosce,  ci accompagna  lungo la metaforica strada del Golgota.  Si tratta dell’effettiva capacità di condividere i problemi dell’Altro  attraverso un Amore ( Agape) che non è  un valore astratto poiché si incarna in ciascun  individuo facilitando la capacità di tollerare la sofferenza generata dalla sua  stessa fragile condizione, determinando la liberazione dalle condizioni di dipendenza e talora asservimento da quelle dimensioni difficili  che imprigionano il cuore e la mente.

L’incontro con il Cristo è l’incontro con l’Altro, con il Suo mistero per noi sempre imperscrutabile. Un Altro senza il quale non è possibile riconoscersi come uomini.

Un Altro che  nel suo viaggio terreno partecipa pienamente  alla realtà umana. E’ proprio la Pasqua, infatti , a rendere  pensabile l’impensabile , vale a dire la Morte,  ed è l’ Amore che ci permette di affrontarla certi di rimanere nella Memoria di coloro che ci hanno conosciuto e amato. In tal senso è possibile valicare la porta del Tempo che ci rende, in qualche modo, all’eternità.

Nel Film  The passion, il volto di Maria è sempre estremamente composto , ma non per questo privo di espressione, di quella parola silenziosa che solo una Madre può pronunciare . Il Cristo Gesù,  prigioniero nei sotterranei del Tempio, ode il suo respiro leggero e a sua volta le fa sentire il proprio suo respiro per rassicurarla . Il respiro della Madre e il respiro del Figlio sono all’unisono fin dall’alba dei secoli, sin da quando la vita  germoglia e si sviluppa in utero, nella mente e nel cuore materno. Ed è quel respiro che ci evoca il primo sguardo rivolto  al mondo, alla realtà esterna che  si radica in noi destando emozioni e sentimenti di meraviglia e di speranza per ri-creare quell’ Armonia alla quale  tendono tutti gli esseri umani con varie modalità. Un silenzio adorante si distende sul volto materno e verginale di Maria che, cosciente in attesa del Golgota, sapeva di esistere con il Figlio all’interno di una unione intima che solo le madri conoscono.

In questo Film la figura femminile della Vergine Maria suscita grande rispetto e fiducia mentre evoca il senso e significato dell’amore.  L’ Angelo le disse: “ Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio , lo darai alla luce  lo chiamerai Gesù.”   ( Luca  1, 30-31)

 

Il “ Sì” della Vergine Maria, timoroso ma al tempo stesso trepidante, appare forte e coraggioso. Ineludibile. Di qui le domande  sul ruolo femminile oggi si fanno davvero pregnanti ed esigono risposte urgenti.

Quando il Cristo Gesù percepisce il respiro materno, si pone in ascolto dell’Umanità sofferente e con il suo respiro la sostiene.  

Il cammino dell’Uomo è difficile, disseminato di dolore e  disillusioni. Il tempo scorre veloce, quale soffio di vento mentre nel buio a tratti si accendono delle luci fugaci. Rimane la speranza che ci concede di intravedere nuovi orizzonti. La speranza è la password del futuro.

Il corpo di Gesù  diventa una unica piaga: Gibson si è rifatto all’Uomo della Sindone che appare senza pelle consapevole che “per le Sue piaghe siamo guariti.” Nel Film i silenzi si alternano alle grida di dolore che traducono le angosce di tutti noi in un mondo colmo di contraddizioni, di deliri e povertà.

Le radici dell’amore sono profonde per cui l’albero della creatività, della vita, darà  nuovi fiori, genererà frutti con semi fecondi rigenerati dalle lacrime del Cielo, così come ci suggerisce l’interpretazione di Gibson .  Lacrime che significano catarsi e rigenerazione in seguito  alla tragedia consumata sulla scena del Golgota.

 

Gesù agonizza  nel suo stesso sangue asciugato pietosamente da Maria e dalla Maddalena accompagnate e “ sostenute” dallo sguardo di Giovanni,  simbolo della continuità.

Nel Film , in realtà, non si assiste solo alla Passione, che  qualche giornalista ha definito eccessiva, bensì alla visione di quello che  è avvenuto sin dall’annunzio dell’Arcangelo Gabriele. 

Ma è stata la scelta  libera di Maria, di una donna, che ha consentito di cambiare l’ottica con la quale fino ad allora era stata vissuta e interpretata la storia umana.  Il “capro  sacrificale” dei cruenti riti tribali e/o dionisiaci attraverso  il sacrificio del Cristo ( l’Agnello) ha potuto trasformarsi in una metafora, in un simbolo in grado di evitare il passaggio all’atto e di utilizzare la parola quale unione con l’Altro per potersi sedere intorno alla mensa del Dialogo : l’ Eucaristia , quale comunione tra il visibile e l’invisibile, l’umano e il divino nella convivialità delle differenze.

Il Cristo ha sempre saputo che non gli  aspettava una vita facile e che avrebbe anche potuto scegliere altrimenti. Ma Egli non ha mai negato la sofferenza e il dolore cosa che oggi avviene sempre più spesso in nome della  cosiddetta “ qualità della vita”. E’ la sofferenza dell’esistere in quanto tale che ci fa evolvere, che apre nuovi spazi alla coscienza. La storia della vita è la storia della coscienza.

Le Sacre Scritture parlavano di Lui , sapeva di essere atteso, di essere il Figlio consustanziale al Padre, ma sapeva che soltanto attraverso la sofferenza esperita sul suo corpo - la sua umanità- avrebbe potuto testimoniare la nascita di un Uomo Nuovo.

Non è casuale che nella scena  nell’Orto del Getsemani si notino subito le gocce del Sangue di Cristo che lentamente cadono sulla Terra  mentre la luce della Luna  ( il materno) illumina il paesaggio notturno ( le tenebre della conoscenza). Il Cristo trema non solo per lo scempio che avrebbero fatto del Suo corpo, della Sua carne, del Suo sangue, ma dello scempio  che si sarebbe fatto intorno al Suo nome. I soldati si divisero  finanche la Sua tunica.

 In Nome del Padre, in Nome del Figlio, in nome di Dio, in nome di Gesù di Nazareth  si sarebbero infatti dichiarate le guerre giustificando  le vendette, l'ingordigia e la menzogna, versato il sangue degli innocenti, violentato le donne, usurpato le terre. In ogni caso si sarebbe trattato di scelte più o meno libere.

In Nome di Dio sono state corrotte le coscienze. Nell’Orto Egli trema perché sa che sarebbe diventato, suo malgrado, uno strumento nelle mani dei mercanti e degli avventurieri, nella mente e nel cuore di coloro che disprezzano la vita, la dignità e il valore della persona umana, di coloro che abbandonano i bambini proprio  sul sagrato delle Chiese, della Sua Chiesa, che abusano dell’infanzia ... Sin dall’eternità Egli sapeva che gli uomini avrebbero costruito  il loro Natale: cioè qualcosa che non gli apparteneva per niente.

Nel Film nel Getsemani egli trema perché gli Apostoli dormono, nonostante egli avesse chiesto loro di vegliare:  gli Apostoli rappresentavano le fondamenta della Chiesa del futuro…E allora in Aramaico, la lingua dei Padri, Egli chiede loro con tono più fermo di vegliare. Ma la seduzione del Potere si aggira intorno a Lui subdolamente impassibile come gli occhi liquidi e magnetici di coloro che non sono consapevoli di essere cinici, indifferenti, violenti. E’ difficile resistere alle tentazioni, al magnetismo delle promesse, ai paradisi artificiali , al godimento che l’efferatezza della violenza determina in noi. Siamo tutti attratti dall’orrore: Thanatos , la disintegrazione,  il Kaos primigenio tendono a trionfare. E’ difficile resistere al consumismo scegliendo liberamente un altro modo di vivere in cui vi sia posto per gli ultimi che sicuramente nella loro dignità non dicono che anch’essi  desiderano. Si tratta di conoscere il senso  della castrazione simbolica che facilita  l’incontro con la realtà e l’accettazione  del limite per una convivenza più o meno civile.

Nel Film, Cristo suda sangue per tutto questo, ben consapevole degli eventi, ma sempre libero di scegliere…Appare perplesso, il dubbio lo assale…fino a quando rivede strisciare ai suoi piedi  il Serpente ( il desiderio di essere al posto del Padre, di onnipotente, di potenza), la cui tentazione fu accolta da Eva, ancora una volta dalla sua libertà di scegliere dando inizio alla storia della nostra umanità, al libero arbitrio e dunque alle scelte consapevoli…

Ed è proprio quando Cristo vede il simbolo del Male, inteso quale disgregazione e annientamento dell’essere Uomo, ancora liberamente sceglie di consegnarsi ai soldati . Non prima di aver riattaccato l’orecchio a Malco tremante. Bellissimo appare lo sguardo di Gesù mentre Questi compie il gesto  terapeutico e salvifico: lo sguardo di Colui che, nonostante tutto, è in grado di comprendere e perdonare. La Pace deriva dalla possibilità di riconciliarsi con gli altri, finanche con  l’Estraneità come tale.

Nella libertà Egli ha sempre voluto testimoniare di essere capace di amare liberamente. Ma che cosa rimane, oggi, dell'amore, dei sentimenti, dell'amicizia, della bontà, della generosità? ... Un'idea, forse? Eppure Gesù   proprio nel momento  più disperato della consapevolezza della sua Passione ha sentito di aiutare Malco, uno dei cosiddetti Nemici colpito dal gesto di Pietro, uno di suo Apostoli . Cristo ripara sempre ciò che a volte la Sua Chiesa compie o ha compiuto. Il Padre perdona sempre…

Il Maestro sapeva quale discepolo l’avrebbe tradito. E ancora Egli dice a Giuda: “Con un Bacio tradisci il tuo Signore…” Ancora una volta gli lascia la libertà di decidere. Ma Giuda non può tornare indietro. Può però  scegliere di morire in preda ai sensi di colpa, spesso terapeutici a loro volta, vicino a cadaveri putrefatti, allegorici della morte di Sé, della dissoluzione del corpo.

Sono le parti distruttive  infantili di Giuda che torturano l’Io, lo assalgono mentre gli suggeriscono l’idea di aver   tradito e  ucciso  il Maestro di cui voleva il posto: l’Oggetto d’amore. Si tratta di una metafora : nessuno può uccidere  il Genitore ( Maestro o altro che sia ) senza esserne distrutto a sua volta.

 

Si racconta nella Bibbia: “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.”      Genesi 1, 1-2

Dio è il Genitore più amato, ma anche il più temuto e invidiato ( Cfr. G. Steiner, Le grammatiche della Creazione).

Coloro che vivono prigionieri delle loro convinzioni, dimenticano la complessità della loro natura; essi, spesso, non avvertono né stupore, né meraviglia. Tale “ cecità “induce l'essere umano a non considerare, nel suo effettivo valore, l'esistenza  dell'Altro, specchio di Sé, fatto della stessa sostanza  dell’intero Universo. Ed è così che nel buio della solitudine emerge l'arroganza per un sapere che non conosce il limite. La punizione è fatale così come ci insegnano anche numerosi Miti di varie civiltà : vale per tutti il mito di Prometeo, facitore di uomini, paradigmatico delle pretese di “immortalità” del nostro tempo. Ma è solo nella dimensione e consapevolezza del limite che può risplendere la luce della conoscenza. Giuda morì per arroganza e  dunque per ignoranza…

Cristo liberamente e consapevolmente si offre agli oltraggi, agli sputi, agli insulti: si lascia trattare da belva feroce catturata, così legata in catene e lacci. Il Suo corpo cambia aspetto: il Male del mondo ( l’incoscienza, la bramosia, il piacere della violenza…)  lo devasta lentamente e inesorabilmente. I conflitti, le parole non dette, l’inespresso, l’odio che non si trasforma in gratitudine e amore conducono il corpo alla malattia più o meno grave…

         Gesù guariva  nell’anima  e  nel corpo.  In Luca 13,12-13 è scritto : “La vide, la chiamò a sé e le disse: “ Donna, sei libera dalla tua infermità “, e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava” . E ancora : “ Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.    (Luca 6 ,19)

Nel Film di Gibson si vede subito che Egli non evita la sofferenza, ovvero la capacità di tollerare qualcosa di molto penoso. Ma mentre qualsiasi altro uomo si sarebbe subito piegato, Cristo si fortifica nella sofferenza poiché sa  che la coscienza è  in parte il frutto del dolore. Non mancano i riferimenti alla Sua infanzia che Gibson ci fa vedere nel chiarore opalescente dei ricordi: Gesù lavorava nella bottega di Suo padre, dimostrando di identificarsi con il genitore e di  onorarlo. Preparava tavoli per  gente ricca mostrandosi stupito delle richieste mentre  sorrideva con Sua madre: Gibson pone in luce la  complicità tra Madre e Figlio. L’infanzia di Gesù non è a noi nota: vi sono  racconti e leggende…Ma certo è che il sostegno di Sua Madre lo accompagnerà sempre finanche durante tutte le interminabili ore della Passione. Sino alla fine. Lungo la via del Golgota, quando Gesù cade , Maria  ricorda che Egli cadeva come qualsiasi altro bambino. E Maria dice ancora a se stessa : “ci sono qua io!”

Rimane con il Figlio lungo la strada della Passione. Una Madre non abbandona mai la sua Creatura…anche se ora avviene con frequenza. Non vi sono molte madri “sufficientemente buone”: sta infatti cambiando la visione  del ruolo della donna e della famiglia.

Cristo ci dice che tra la Vita e la Morte si struttura il discorso senza fine dell'esistenza: ma ci dice anche che la Passione ci attende mentre ognuno di noi porta la propria Croce.

Croci  che non portiamo da soli. Simone di Cirene non vuole portare la Croce: ma deve farlo. Egli crede  di  portare la Croce mentre in realtà è Gesù che lo sostiene guardandolo negli occhi più volte, sfiorandolo con le mani… E il Diavolo- la disgregazione, la divisione tra gli uomini, tra l’Uomo e il Divino, tra il buio dell’ignoranza e la luce dell’intelligere- si aggira tra la folla, desideroso del trionfo: è molto facile lasciarsi tentare non solo dalla negazione della sofferenza , ma anche  dalla piacevolezza subdola della crudeltà  e dell'odio.

I soldati diventano efferati poiché godono nel vedere soffrire…Sono ubriachi,  sanguinari…

Tutto diventa di nuovo indistinto e caotico, confuso e disordinato: la Morte domina sovrana e conduce nei luoghi del Nulla.

L’uomo oltraggia le creature più fragili ed indifese, i bambini e le loro madri, la Madre Terra si colora di sangue lungo le strade della Bosnia, del Ruanda, della Cecenia, della Somalia, dell’ Irak e delle aree metropolitane ... Dietro l'angolo delle nostre case dominano la violenza e la morte, ad un passo dalla nostra ipocrisia, dal nostro egoismo narcisistico, dal nostro falso moralismo. Il cuore degli uomini è, oggi, minacciato dal deserto dall'arroganza e dell'invidia distruttiva, dal delirio di onnipotenza sostenuto dalla illusione del cosiddetto progresso tecnologico ….

Il Sangue degli Innocenti ancora scorre come il sangue di Gesù flagellato e asciugato con teli di lino dall’ amore di Maria Sua Madre e dalla Maddalena.

 Eppure il Signore Gesù, con le Sue mani, guariva coloro che soffrivano. Egli sfiorava le parti malate, toccava piaghe infette,  tra le Sue braccia  accoglieva coloro che erano sul punto di separarsi dalla vita terrena, dagli affetti più cari ... consolava  donne e bambini in lacrime...

         Non aveva ribrezzo, né provava fastidio dinanzi alla lebbra, alle tumefazioni putride: le Sue mani, cariche di amore, si posavano sui corpi malati e risanavano le ferite più profonde generate soprattutto dal dolore. Non evitava la sofferenza né propria e nemmeno quella altrui: per essere precisi Egli l'attraversava e la affrontava.  Egli era consapevole della sostanza di cui è fatta l'umanità: il dolore fisico è sempre anche un dolore psichico e spesso conduce alla disperazione. La persona malata, piena di piaghe, è simile ad un bambino bisognoso delle insostituibili cure materne: il suo corpo ha necessità di essere accarezzato e toccato, per non avvertire l'angoscia della frantumazione e della morte. Nel Film, Gesù diventa tutto una piaga. Le ossa slogate, non rotte:  i soldati infieriscono sulle Sue braccia inchiodandole alla  Croce .

         Il dovere civile di lottare contro la povertà, la miseria, le malattie e le ingiustizie è stato confuso sia con le lotte di classe e con le guerre, che con la ricerca dissennata del divertimento e del piacere. In tale convulsa frenesia, non c'è posto per coloro che soffrono. Trionfa la negazione maniacale della realtà sofferente.

   I malati e gli anziani rischiano di diventare "un numero" oppure di essere emarginati e ghettizzati negli ospizi o nelle case di riposo, spesso alla mercè di persone non familiari… In famiglia non c'è più posto per il genitore malato che ci ha generato. Si tratta ancora una volta di aver perso la capacità di essere grati e di amare.

In Marco 12, 29-30 è scritto che Gesù, interrogato sui comandamenti disse: “ Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”.

Nel Film Gesù dalla Croce vede il Diavolo aggirarsi fino all’ultimo, ma Egli non cede.  Affida Sua Madre a Giovanni superando in tal modo i legami di sangue e creando nuove genitorialità.

Così come nell’ultima Cena utilizza la metafora del sacrificio: “Fate questo in memoria di Me” . Non passate all’atto, non uccidete: ma gioite nella convivialità, nel dialogo con l’Altro . L’Incarnazione rappresenta la trasformazione della storia umana. L’effimero e l’assoluto, il corpo e la mente, la carne e lo spirito si ritrovarono  in un’altra  dimensione della conoscenza, intesa nel suo antico significato di “ nascere insieme” agli altri ad esperienze  differenti della vita e della morte.

 

Si tratta di un Film che  tenta di far risentire empaticamente  le sofferenze del Cristo.. Non c’è distanza dal dolore: ci si ritrova immersi nel dolore.

Certo Pilato aveva problemi di ordine politico e si lava  le mani: ma tutto ciò non lo esclude dall’aver partecipato al sacrificio dell’Agnello. Non ebbe coraggio, preferì  non rischiare e divenne così complice di coloro che chiesero il Sangue del Giusto.

Ma il Film insegna che il giorno della Pasqua è un giorno di grande speranza e che il sangue versato ricade sempre su tutti. Nel sangue del vinto, infatti,  annega il vincitore.

 

 


 

 

 

 

 

    

 

 

 

Recensione pubblicata su "Frenis Zero" nel luglio 2006.
  

 

 

 

 

 

 

 

       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

 

 

 

 

Responsabile Editoriale : Giuseppe Leo

Copyright - Ce.Psi.Di. - Rivista "FRENIS ZERO" All right reserved 2004-2005-2006