Non si tratta di esegesi
biblica su un Film che rivisita il senso profondo della
Passione di Cristo, bensì di una riflessione, un commento
per quanto possibile a giusta distanza, sulle emozioni
suscitate dalla visione della rappresentazione di un evento
terrifico che, proprio perché tale, racchiude la possibilità
del riscatto.
E’ sufficiente ricordare la
metafora dell’anatra selvatica utilizzata da Marion Milner per
comprendere che per risalire a volte bisogna toccare il fondo.
Gibson rompe gli schemi
dell’ordinario, della crocifissione mediata dalla stessa
rappresentazione figurale e apre nuovi orizzonti che ci
conducono alla radice del dolore. Sono poche le immagini che
ci consentono di respirare, quasi di prender fiato, come se
noi stessi fossimo lì al fianco del Cristo a flagellarlo, a
violarlo, a crocifiggerlo e al medesimo tempo a soffrire
empaticamente con Lui. Dinanzi alla sofferenza
dell’Innocente si pone l’enigma della libertà e delle scelte.
Si tratta dell’ ambivalenza
dell’essere umano.
In ogni caso ci sembra che il
tema dominante dell’intera narrazione Filmica sia la
possibilità di una rigenerazione che attraverso la totale
disponibilità materna di Maria conduce alla Pasqua, ovvero
alla liberazione dalle tenebre che sempre abitano la nostra
mente. E’ la madre, biologica, simbolica o adottiva, che ci
accudisce , ci rasserena, ci rischiara la notte popolata di
angosce, ci accompagna lungo la metaforica strada del
Golgota. Si tratta dell’effettiva capacità di condividere i
problemi dell’Altro attraverso un Amore ( Agape) che non è
un valore astratto poiché si incarna in ciascun individuo
facilitando la capacità di tollerare la sofferenza generata
dalla sua stessa fragile condizione, determinando la
liberazione dalle condizioni di dipendenza e talora
asservimento da quelle dimensioni difficili che imprigionano
il cuore e la mente.
L’incontro con il Cristo è
l’incontro con l’Altro, con il Suo mistero per noi sempre
imperscrutabile. Un Altro senza il quale non è possibile
riconoscersi come uomini.
Un Altro che nel suo
viaggio terreno partecipa pienamente alla realtà umana. E’
proprio la Pasqua, infatti , a rendere pensabile
l’impensabile , vale a dire la Morte, ed è l’ Amore che
ci permette di affrontarla certi di rimanere nella Memoria di
coloro che ci hanno conosciuto e amato. In tal senso è
possibile valicare la porta del Tempo che ci rende, in qualche
modo, all’eternità.
Nel Film The passion,
il volto di Maria è sempre estremamente composto , ma non per
questo privo di espressione, di quella parola silenziosa che
solo una Madre può pronunciare . Il Cristo Gesù, prigioniero
nei sotterranei del Tempio, ode il suo respiro leggero e a sua
volta le fa sentire il proprio suo respiro per rassicurarla .
Il respiro della Madre e il respiro del Figlio sono
all’unisono fin dall’alba dei secoli, sin da quando la vita
germoglia e si sviluppa in utero, nella mente e nel cuore
materno. Ed è quel respiro che ci evoca il primo sguardo
rivolto al mondo, alla realtà esterna che si radica in noi
destando emozioni e sentimenti di meraviglia e di speranza per
ri-creare quell’ Armonia alla quale tendono tutti gli esseri
umani con varie modalità. Un silenzio adorante si distende sul
volto materno e verginale di Maria che, cosciente in attesa
del Golgota, sapeva di esistere con il Figlio all’interno di
una unione intima che solo le madri conoscono.
In questo Film la figura
femminile della Vergine Maria suscita grande rispetto e
fiducia mentre evoca il senso e significato dell’amore. L’
Angelo le disse: “ Non temere, Maria, perché hai trovato
grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio , lo darai alla
luce lo chiamerai Gesù.” ( Luca 1, 30-31)
Il “ Sì” della Vergine Maria,
timoroso ma al tempo stesso trepidante, appare forte e
coraggioso. Ineludibile. Di qui le domande sul ruolo
femminile oggi si fanno davvero pregnanti ed esigono risposte
urgenti.
Quando il Cristo Gesù
percepisce il respiro materno, si pone in ascolto dell’Umanità
sofferente e con il suo respiro la sostiene.
Il cammino dell’Uomo è
difficile, disseminato di dolore e disillusioni. Il tempo
scorre veloce, quale soffio di vento mentre nel buio a tratti
si accendono delle luci fugaci. Rimane la speranza che ci
concede di intravedere nuovi orizzonti. La speranza è la
password del futuro.
Il corpo di Gesù diventa una
unica piaga: Gibson si è rifatto all’Uomo della Sindone che
appare senza pelle consapevole che “per le Sue piaghe siamo
guariti.” Nel Film i silenzi si alternano alle grida di dolore
che traducono le angosce di tutti noi in un mondo colmo di
contraddizioni, di deliri e povertà.
Le radici dell’amore sono
profonde per cui l’albero della creatività, della vita, darà
nuovi fiori, genererà frutti con semi fecondi rigenerati dalle
lacrime del Cielo, così come ci suggerisce l’interpretazione
di Gibson . Lacrime che significano catarsi e rigenerazione
in seguito alla tragedia consumata sulla scena del Golgota.
Gesù agonizza nel suo stesso
sangue asciugato pietosamente da Maria e dalla Maddalena
accompagnate e “ sostenute” dallo sguardo di Giovanni,
simbolo della continuità.
Nel Film , in realtà, non si
assiste solo alla Passione, che qualche giornalista ha
definito eccessiva, bensì alla visione di quello che è
avvenuto sin dall’annunzio dell’Arcangelo Gabriele.
Ma è stata la scelta libera
di Maria, di una donna, che ha consentito di cambiare l’ottica
con la quale fino ad allora era stata vissuta e interpretata
la storia umana. Il “capro sacrificale” dei cruenti riti
tribali e/o dionisiaci attraverso il sacrificio del Cristo (
l’Agnello) ha potuto trasformarsi in una metafora, in un
simbolo in grado di evitare il passaggio all’atto e di
utilizzare la parola quale unione con l’Altro per potersi
sedere intorno alla mensa del Dialogo : l’ Eucaristia , quale
comunione tra il visibile e l’invisibile, l’umano e il divino
nella convivialità delle differenze.
Il Cristo ha sempre saputo
che non gli aspettava una vita facile e che avrebbe anche
potuto scegliere altrimenti. Ma Egli non ha mai negato la
sofferenza e il dolore cosa che oggi avviene sempre più spesso
in nome della cosiddetta “ qualità della vita”. E’ la
sofferenza dell’esistere in quanto tale che ci fa evolvere,
che apre nuovi spazi alla coscienza. La storia della vita è la
storia della coscienza.
Le Sacre Scritture parlavano
di Lui , sapeva di essere atteso, di essere il Figlio
consustanziale al Padre, ma sapeva che soltanto attraverso la
sofferenza esperita sul suo corpo - la sua umanità- avrebbe
potuto testimoniare la nascita di un Uomo Nuovo.
Non è casuale che nella
scena nell’Orto del Getsemani si notino subito le gocce del
Sangue di Cristo che lentamente cadono sulla Terra mentre la
luce della Luna ( il materno) illumina il paesaggio notturno
( le tenebre della conoscenza). Il Cristo trema non solo per
lo scempio che avrebbero fatto del Suo corpo, della Sua carne,
del Suo sangue, ma dello scempio che si sarebbe fatto intorno
al Suo nome. I soldati si divisero finanche la Sua tunica.
In Nome del Padre, in Nome
del Figlio, in nome di Dio, in nome di Gesù di Nazareth si
sarebbero infatti dichiarate le guerre giustificando le
vendette, l'ingordigia e la menzogna, versato il sangue degli
innocenti, violentato le donne, usurpato le terre. In ogni
caso si sarebbe trattato di scelte più o meno libere.
In Nome di Dio sono state
corrotte le coscienze. Nell’Orto Egli trema perché sa che
sarebbe diventato, suo malgrado, uno strumento nelle mani dei
mercanti e degli avventurieri, nella mente e nel cuore di
coloro che disprezzano la vita, la dignità e il valore della
persona umana, di coloro che abbandonano i bambini proprio
sul sagrato delle Chiese, della Sua Chiesa, che abusano
dell’infanzia ... Sin dall’eternità Egli sapeva che gli uomini
avrebbero costruito il loro Natale: cioè qualcosa che non gli
apparteneva per niente.
Nel Film nel Getsemani egli
trema perché gli Apostoli dormono, nonostante egli avesse
chiesto loro di vegliare: gli Apostoli rappresentavano le
fondamenta della Chiesa del futuro…E allora in Aramaico, la
lingua dei Padri, Egli chiede loro con tono più fermo di
vegliare. Ma la seduzione del Potere si aggira intorno a Lui
subdolamente impassibile come gli occhi liquidi e magnetici di
coloro che non sono consapevoli di essere cinici,
indifferenti, violenti. E’ difficile resistere alle
tentazioni, al magnetismo delle promesse, ai paradisi
artificiali , al godimento che l’efferatezza della violenza
determina in noi. Siamo tutti attratti dall’orrore: Thanatos ,
la disintegrazione, il Kaos primigenio tendono a trionfare.
E’ difficile resistere al consumismo scegliendo liberamente un
altro modo di vivere in cui vi sia posto per gli ultimi che
sicuramente nella loro dignità non dicono che anch’essi
desiderano. Si tratta di conoscere il senso della castrazione
simbolica che facilita l’incontro con la realtà e
l’accettazione del limite per una convivenza più o meno
civile.
Nel Film, Cristo suda sangue
per tutto questo, ben consapevole degli eventi, ma sempre
libero di scegliere…Appare perplesso, il dubbio lo assale…fino
a quando rivede strisciare ai suoi piedi il Serpente ( il
desiderio di essere al posto del Padre, di onnipotente, di
potenza), la cui tentazione fu accolta da Eva, ancora una
volta dalla sua libertà di scegliere dando inizio alla storia
della nostra umanità, al libero arbitrio e dunque alle scelte
consapevoli…
Ed è proprio quando Cristo
vede il simbolo del Male, inteso quale disgregazione e
annientamento dell’essere Uomo, ancora liberamente sceglie di
consegnarsi ai soldati . Non prima di aver riattaccato
l’orecchio a Malco tremante. Bellissimo appare lo sguardo di
Gesù mentre Questi compie il gesto terapeutico e salvifico:
lo sguardo di Colui che, nonostante tutto, è in grado di
comprendere e perdonare. La Pace deriva dalla possibilità di
riconciliarsi con gli altri, finanche con l’Estraneità come
tale.
Nella libertà Egli ha sempre
voluto testimoniare di essere capace di amare liberamente. Ma
che cosa rimane, oggi, dell'amore, dei sentimenti,
dell'amicizia, della bontà, della generosità? ... Un'idea,
forse? Eppure Gesù proprio nel momento più disperato della
consapevolezza della sua Passione ha sentito di aiutare Malco,
uno dei cosiddetti Nemici colpito dal gesto di Pietro, uno di
suo Apostoli . Cristo ripara sempre ciò che a volte la Sua
Chiesa compie o ha compiuto. Il Padre perdona sempre…
Il
Maestro sapeva quale discepolo l’avrebbe tradito. E ancora
Egli dice a Giuda: “Con un Bacio tradisci il tuo Signore…”
Ancora una volta gli lascia la libertà di decidere. Ma Giuda
non può tornare indietro. Può però scegliere di morire in
preda ai sensi di colpa, spesso terapeutici a loro volta,
vicino a cadaveri putrefatti, allegorici della morte di Sé,
della dissoluzione del corpo.
Sono le parti distruttive
infantili di Giuda che torturano l’Io, lo assalgono mentre
gli suggeriscono l’idea di aver tradito e ucciso il
Maestro di cui voleva il posto: l’Oggetto d’amore. Si tratta
di una metafora : nessuno può uccidere il Genitore ( Maestro
o altro che sia ) senza esserne distrutto a sua volta.
Si racconta nella Bibbia: “In principio Dio
creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le
tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava
sulle acque.” Genesi 1, 1-2
Dio è il Genitore più amato, ma anche il più
temuto e invidiato ( Cfr. G. Steiner,
Le grammatiche della Creazione).
Coloro che vivono prigionieri
delle loro convinzioni, dimenticano la complessità della loro
natura; essi, spesso, non avvertono né stupore, né meraviglia.
Tale “ cecità “induce l'essere umano a non considerare, nel
suo effettivo valore, l'esistenza dell'Altro, specchio di Sé,
fatto della stessa sostanza dell’intero Universo. Ed è così
che nel buio della solitudine emerge l'arroganza per un sapere
che non conosce il limite. La punizione è fatale così come ci
insegnano anche numerosi Miti di varie civiltà : vale per
tutti il mito di Prometeo, facitore di uomini, paradigmatico
delle pretese di “immortalità” del nostro tempo. Ma è solo
nella dimensione e consapevolezza del limite che può
risplendere la luce della conoscenza. Giuda morì per arroganza
e dunque per ignoranza…
Cristo liberamente e
consapevolmente si offre agli oltraggi, agli sputi, agli
insulti: si lascia trattare da belva feroce catturata, così
legata in catene e lacci. Il Suo corpo cambia aspetto: il Male
del mondo ( l’incoscienza, la bramosia, il piacere della
violenza…) lo devasta lentamente e inesorabilmente. I
conflitti, le parole non dette, l’inespresso, l’odio che non
si trasforma in gratitudine e amore conducono il corpo alla
malattia più o meno grave…
Gesù guariva
nell’anima e nel corpo. In Luca 13,12-13 è scritto : “La
vide, la chiamò a sé e le disse: “ Donna, sei libera dalla tua
infermità “, e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e
glorificava” . E ancora : “ Tutta la folla cercava di
toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.
(Luca 6 ,19)
Nel Film di Gibson si vede
subito che Egli non evita la sofferenza, ovvero la capacità di
tollerare qualcosa di molto penoso. Ma mentre qualsiasi altro
uomo si sarebbe subito piegato, Cristo si fortifica nella
sofferenza poiché sa che la coscienza è in parte il frutto
del dolore. Non mancano i riferimenti alla Sua infanzia che
Gibson ci fa vedere nel chiarore opalescente dei ricordi: Gesù
lavorava nella bottega di Suo padre, dimostrando di
identificarsi con il genitore e di onorarlo. Preparava tavoli
per gente ricca mostrandosi stupito delle richieste mentre
sorrideva con Sua madre: Gibson pone in luce la complicità
tra Madre e Figlio. L’infanzia di Gesù non è a noi nota: vi
sono racconti e leggende…Ma certo è che il sostegno di Sua
Madre lo accompagnerà sempre finanche durante tutte le
interminabili ore della Passione. Sino alla fine. Lungo la via
del Golgota, quando Gesù cade , Maria ricorda che Egli cadeva
come qualsiasi altro bambino. E Maria dice ancora a se stessa
: “ci sono qua io!”
Rimane con il Figlio lungo
la strada della Passione. Una Madre non abbandona mai la sua
Creatura…anche se ora avviene con frequenza. Non vi sono molte
madri “sufficientemente buone”: sta infatti cambiando la
visione del ruolo della donna e della famiglia.
Cristo ci dice che tra la
Vita e la Morte si struttura il discorso senza fine
dell'esistenza: ma ci dice anche che la Passione ci attende
mentre ognuno di noi porta la propria Croce.
Croci che non portiamo da
soli. Simone di Cirene non vuole portare la Croce: ma deve
farlo. Egli crede di portare la Croce mentre in realtà è
Gesù che lo sostiene guardandolo negli occhi più volte,
sfiorandolo con le mani… E il Diavolo- la disgregazione, la
divisione tra gli uomini, tra l’Uomo e il Divino, tra il buio
dell’ignoranza e la luce dell’intelligere- si aggira tra la
folla, desideroso del trionfo: è molto facile lasciarsi
tentare non solo dalla negazione della sofferenza , ma anche
dalla piacevolezza subdola della crudeltà e dell'odio.
I soldati diventano efferati
poiché godono nel vedere soffrire…Sono ubriachi, sanguinari…
Tutto diventa di nuovo
indistinto e caotico, confuso e disordinato: la Morte domina
sovrana e conduce nei luoghi del Nulla.
L’uomo oltraggia le creature
più fragili ed indifese, i bambini e le loro madri, la Madre
Terra si colora di sangue lungo le strade della Bosnia, del
Ruanda, della Cecenia, della Somalia, dell’ Irak e delle aree
metropolitane ... Dietro l'angolo delle nostre case dominano
la violenza e la morte, ad un passo dalla nostra ipocrisia,
dal nostro egoismo narcisistico, dal nostro falso moralismo.
Il cuore degli uomini è, oggi, minacciato dal deserto
dall'arroganza e dell'invidia distruttiva, dal delirio di
onnipotenza sostenuto dalla illusione del cosiddetto progresso
tecnologico ….
Il Sangue degli Innocenti
ancora scorre come il sangue di Gesù flagellato e asciugato
con teli di lino dall’ amore di Maria Sua Madre e dalla
Maddalena.
Eppure il Signore Gesù, con
le Sue mani, guariva coloro che soffrivano. Egli sfiorava le
parti malate, toccava piaghe infette, tra le Sue braccia
accoglieva coloro che erano sul punto di separarsi dalla vita
terrena, dagli affetti più cari ... consolava donne e bambini
in lacrime...
Non aveva ribrezzo,
né provava fastidio dinanzi alla lebbra, alle tumefazioni
putride: le Sue mani, cariche di amore, si posavano sui corpi
malati e risanavano le ferite più profonde generate
soprattutto dal dolore. Non evitava la sofferenza né propria e
nemmeno quella altrui: per essere precisi Egli l'attraversava
e la affrontava. Egli era consapevole della sostanza di cui è
fatta l'umanità: il dolore fisico è sempre anche un dolore
psichico e spesso conduce alla disperazione. La persona
malata, piena di piaghe, è simile ad un bambino bisognoso
delle insostituibili cure materne: il suo corpo ha necessità
di essere accarezzato e toccato, per non avvertire l'angoscia
della frantumazione e della morte. Nel Film, Gesù diventa
tutto una piaga. Le ossa slogate, non rotte: i soldati
infieriscono sulle Sue braccia inchiodandole alla Croce .
Il dovere civile di
lottare contro la povertà, la miseria, le malattie e le
ingiustizie è stato confuso sia con le lotte di classe e con
le guerre, che con la ricerca dissennata del divertimento e
del piacere. In tale convulsa frenesia, non c'è posto per
coloro che soffrono. Trionfa la negazione maniacale della
realtà sofferente.
I malati e gli anziani
rischiano di diventare "un numero" oppure di essere emarginati
e ghettizzati negli ospizi o nelle case di riposo, spesso alla
mercè di persone non familiari… In famiglia non c'è più posto
per il genitore malato che ci ha generato. Si tratta ancora
una volta di aver perso la capacità di essere grati e di
amare.
In Marco 12, 29-30 è scritto
che Gesù, interrogato sui comandamenti disse: “ Il Signore Dio
nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con
tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua
forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te
stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”.
Nel Film Gesù dalla Croce
vede il Diavolo aggirarsi fino all’ultimo, ma Egli non cede.
Affida Sua Madre a Giovanni superando in tal modo i legami di
sangue e creando nuove genitorialità.
Così come nell’ultima Cena
utilizza la metafora del sacrificio: “Fate questo in memoria
di Me” . Non passate all’atto, non uccidete: ma gioite nella
convivialità, nel dialogo con l’Altro . L’Incarnazione
rappresenta la trasformazione della storia umana. L’effimero e
l’assoluto, il corpo e la mente, la carne e lo spirito si
ritrovarono in un’altra dimensione della conoscenza, intesa
nel suo antico significato di “ nascere insieme” agli altri ad
esperienze differenti della vita e della morte.
Si tratta di un Film che tenta
di far risentire empaticamente le sofferenze del Cristo.. Non
c’è distanza dal dolore: ci si ritrova immersi nel dolore.
Certo Pilato aveva problemi di
ordine politico e si lava le mani: ma tutto ciò non lo
esclude dall’aver partecipato al sacrificio dell’Agnello. Non
ebbe coraggio, preferì non rischiare e divenne così complice
di coloro che chiesero il Sangue del Giusto.
Ma il Film insegna che il
giorno della Pasqua è un giorno di grande speranza e che il
sangue versato ricade sempre su tutti. Nel sangue del vinto,
infatti, annega il vincitore.
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