Psicoanalisi e Ricerca
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"LA
CREAZIONE DEL SIGNIFICATO E L'ESPANSIONE DIADICA DEL MODELLO DELLA
COSCIENZA"
di Ed Tronick |
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L'autore
è "Distinguished Professor" all'Università del
Massachusetts (Boston), Direttore del "Child Development Unit"
al "Children's Hospital" alla "Harvard Medical School",
nonché membro della "Boston Psychoanalytic Society and
Institute". Si
ringrazia l'autore per aver concesso l'autorizzazione alla
pubblicazione su Frenis Zero di questo articolo che è stato
originariamente presentato in data 8 marzo 2008 al "Boston
Psychoanalytic Institute" in occasione di un "Festschrift"
in onore di Arnold Modell. La traduzione in italiano è
di Giuseppe Leo.
Nella
foto: Ed Tronick
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“La vitalità
del sé privato dipende dalla capacità di generare
significato;
l’incapacità di generare significato è una
catastrofe psichica.
Propongo che si possa pensare l’inconscio come un
processo neurofisiologico
che ha
il potenziale di generare significato”
A. Modell, “The Private Self”, p.144
|
Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853
Edizioni
"Frenis Zero"
A.S.S.E.Psi.
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Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M.
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La
psicoterapia sta quasi cambiando i significati che le persone creano
per se stesse nel mondo. Il significato – il significato
privato – è davvero un concetto centrale in approcci tanto
vari quanto in
competizione tra di loro come le terapie psicoanalitiche,
psicodinamiche, cognitivo-comportamentali (CBT), le terapie
cognitive dialettiche, le terapie diadiche, le terapie basate
sull’attaccamento, quelle relazionali, e persino le
psicoterapie corporee ‘alternative’ (Harrison, 2007). Nondimeno,
da una parte credo che noi abbiamo male interpretato la natura del
significato ed i processi di creazione di significato in modi
profondi che limitano la nostra comprensione di come funzionino gli
esseri umani, di cosa ‘sia’ il significato e di
come gli individui creino e cambino i loro significati.
Essenzialmente, abbiamo badato a limitare ed a categorizzare il
significato nel campo dell’esplicito, per lo più nei campi del
linguaggio, dei simboli e
delle rappresentazioni.
Operiamo questa limitazione in parte a causa del fatto che i nostri processi cognitivi tendono a spezzettare la realtà in
categorie ed è difficile per noi esseri umani farlo in altri modi.
Lo facciamo anche perché il nostro pensiero è colonizzato dal
linguaggio che a sua volta manda feedback e quindi reifica le
categorizzazioni. Anche la cultura
della scienza, e la sua richiesta di (attenersi all’)
esplicito, gioca un ruolo. In quanto tale, questo pensiero sul
significato in termini di esplicito possiede molta verità, ma non
tutta la verità.
Dall’altra
parte, un’alternativa è di pensare la creazione di significato come un processo
biopsicologico in cui differenti sistemi che operano a
diversi livelli dell’individuo, dagli organi a quello fisiologico,
al corpo fino alla coscienza, creano forme polimorfiche di
significato. Cosa che Freeman (Freeman, 1994, 2000) poteva riferire
ad attualizzazioni di processi di creazione di significato. Queste
forme qualitativamente differenti di significato nel migliore dei
casi solo confusamente vanno bene insieme. Inoltre,
secondo me, il significato non è
una cosa – un esplicito significato fisso. Piuttosto il
significato è un flusso nel tempo di differenti significati che
emergono da multipli livelli di processi che creano significato; è
una stratificazione come di tante lamine di significati in cui
ognuna si riavvolge su se stessa. Inoltre, questo flusso di
significati, che si riavvolge, è contestualizzato dalla
“Gestalt” dei significati già creati. Questo avviene in modo
non dissimile dalla narrazione avvolgente del racconto di De Lillo
“The Underworld”, in cui ciò che si svolge cambia tutto quello
che è avvenuto prima. Eppure, nonostante queste complessità,
questo flusso contestualizzato di significati viene assemblato dagli
individui in un senso più o meno coerente di se stessi nel mondo
– in ciò che io chiamo uno stato di coscienza – su una base di
continuità momento per momento (Tronick, 2001; Tronick et al.,
1998). E questo stato di coscienza, nonostante la sua confusione,
porta con sé una certezza sulla propria relazione col mondo e con
se stesso. Non è un compito semplice questa creazione di
significato.
Per
afferrare ciò che intendo con stato di coscienza, si
consideri la cascata a più livelli di significato, sia dentro che
fuori della consapevolezza – comprese le emozioni ed i pensieri,
le percezioni e le azioni, così come ciò che si sente nelle
proprie braccia, nei piedi, nei visceri e nelle mani – non appena
il bagno di adrenalina fluisce attraverso un individuo, quando sta
viaggiando in aereo e questo viene colpito e scosso da Madre Natura,
la quale punisce la “hybris” umana dato che sappiamo che è
impossibile che qualcosa di così grosso possa volare (Tronick,
2007). Il flusso temporale e la totalità a più strati di questo
stato di coscienza non è e non potrebbe essere nella
consapevolezza. In realtà, molto dell’essere nel mondo è fuori
dalla consapevolezza, compresi la maggior parte dei processi che
producono esperienza. E non ci dobbiamo dimenticare che stati di
coscienza e di consapevolezza, in questo caso, non sono singoli
concetti, ma piuttosto termini ampi che si riferiscono a molte forme
di coscienza e di consapevolezza: vigilanza riflessiva, preconscio,
inconscio, inconscio dinamico, “reverie”, sogni ad occhi aperti,
molteplici stati del sonno, meditazione e “mindfulness”, e
persino gli stati fisiologici, neurologici, endocrini e gli altri
somatici che sono orientati biologicamente. Il conoscere in
uno stato di coscienza. E nessun piccolo osservatore interno è
necessario per afferrarne il significato; ciò è inerente al nostro
stato biopsicologico di coscienza.
Bruner
(1990) ha detto che gli esseri umani sono creatori di significato.
Essi creano significato per ottenere un senso di sé nei confronti
del proprio sé e del mondo delle cose e degli altri. Questi
significati vengono mantenuti all’interno
degli stati di coscienza dell’individuo. Alcuni significati
sono conosciuti, consci e simbolizzabili (ad es., le
interpretazioni), altri sono sconosciuti, fuori dalla
consapevolezza, ma grazie al “lavoro” si possono conoscere (ad
es., il conosciuto non pensato
di Bollas [1987]), ed altri possono essere inconoscibili
anche se influenzano il nostro modo di essere nel mondo (ad es., le
soglie di reattività oppure l’effetto di esplosione del trauma (Porges,
2003). I significati sono sia auto-organizzati, regolati
internamente e privati, sia organizzati in modo diadico, regolati
con gli altri e condivisi. Quando la creazione di significati
auto-organizzati ha successo, si creano nuovi significati e lo stato
di coscienza dell’individuo cambia. Proprio come Freeman (1994) ha
dimostrato nel suo lavoro sull’olfatto
nei conigli, per cui l’aggiunta di nuovi significati
cambia tutti i significati già presenti.
Quando
i significati sono organizzati in modo diadico, uno stato diadico di
coscienza emerge tra gli individui – qualcosa di analogo alla zona
di sviluppo prossimale di Vygotsky (1967) – che contiene nuovi
significati co-creati, che a loro volta possono allora essere
assegnati da ogni individuo nel proprio stato privato
di coscienza (Tronick, 2007). Il successo nella creazione di
nuovi significati porta ad un’espansione della complessità e
della coerenza dello stato di coscienza dell’individuo. Come il
successo nella creazione di stati di coscienza del sé e diadici ha
importanti conseguenze sul piano esperenziale e funzionale,
altrettante ne ha il fallimento della creazione di significati.
A
differenza di molte teorie che parlano di stati intersoggettivi,
queste ipotesi sulla coscienza non sono solo basate sulla
fenomenologia dell’intersoggettività. Piuttosto, credo,
d’accordo con Sander (1983), che possiamo utilizzare la metafora
dei sistemi termodinamici che richiedono energia, nei quali
consideriamo gli individui e le diadi come sistemi, e che il
funzionamento di questi sistemi si può
derivare e far guidare dai principi della teoria dei sistemi
(Stengers & Prigogine, 1997; Stolorow, 1977). Prigogine (Stengers
& Prigogine, 1997) afferma che un primo principio è quello per
cui i sistemi biologici aperti, come gli esseri umani, utilizzano
(incorporano ed integrano) risorse (significato) per
mantenere uno stato dinamico di organizzazione (uno stato di
coscienza) quanto più lontano
possibile dall’entropia – dall’assenza di senso. I
sistemi aperti diventano più coerenti, complessi ed integrati
quando riescono ad acquisire risorse. Questo incremento di coerenza
ulteriormente permette al sistema di distanziarsi dall’entropia.
‘Purtroppo’ un sistema aperto è anche dissipativo. Richiede
risorse per mantenere la distanza dall’entropia
e quando
fallisce nell’acquisirne,
“ricade” verso l’entropia. Perde coerenza. E la perdita
di coerenza è ciò che i sistemi evitano a qualsiasi costo.
Negli
esseri umani,
considerati come sistemi aperti, ci sono due, forse tre processi di
appropriazione e di creazione di significati che dipendono da come
dicotomizziamo le cose. Un processo, o forse si tratta
dei due deputati ad acquisire significati, viene
auto-generato attraverso l’attivo coinvolgimento col mondo delle
cose e col proprio sé. È una forma privata di incremento della
coerenza di significato. Quando parliamo di auto-riflessione o di
mentalizzazione alla Fonagy (Fonagy & Target, 1998) o di
“reverie” alla Ogden (1994) o di
sogni da svegli e di processi alfa secondo Bion (1972) o di
significati senso-motori alla Piaget (1952) o di significati
affettivo-sensoriali alla Stechler (Stechler & Latz, 1966) o di
“affordance” alla Gibson (Gibson, 1972) o ancora di processi
primari e secondari
secondo Freud (1937),
ci stiamo riferendo a
forme auto-organizzate di creazione di significato.
Negli
adulti, ma specialmente nei bambini l’energia per la creazione
auto-organizzata di significato è limitata e, quando si esaurisce,
la coerenza del loro stato di coscienza si dissipa. Per ovviare
a questa limitazione gli esseri umani hanno sviluppato forme
diadiche di creazione di significato. In quanto
facenti parte di
sistemi diadici impegnati
nella creazione di significati, gli individui che usano il
comportamento ed altri segnali
(ad es., gli odori) scambiano con un’altra persona
intenzioni, significativi affettivi, stati della mente, significati
cognitivi e cose analoghe allo scopo di evitare la dissipazione e di
incrementare la loro coerenza. Perciò, questa
modalità diadica di
soddisfare il principio
dei sistemi aperti richiede due
sistemi di creazione di significati – due individui – che
generino reciprocamente, comunichino tra di loro
ed integrino elementi significanti
di coscienza provenienti dall’altro. I significati creati
all’interno della diade vengono incorporati all’interno del
senso privato di sé di ogni individuo (Tronick, 2002).
Ma
un resoconto della psicodinamica umana a partire da una prospettiva
di sistemi aperti può non solo essere qualcosa di freddo, ma anche può essere rifiutato dalla vite vissuta. Ossia, i principi dei sistemi aperti
devono essere rappresentati come fenomeni psichici ed a mio
avviso ciò è possibile. Un aspetto del mio approccio è quello di
utilizzare l’uso di significati e la loro creazione come qualcosa
di analogo all’energia ed all’acquisizione di energia da parte
dei sistemi aperti. Un altro aspetto è quello di riconoscere che
c’è una fenomenologia, una soggettività ed un’intersoggettività
che sono insite nel considerare gli individui come sistemi aperti.
L’espansione della complessità e della coerenza del senso di sé
in relazione al mondo ed a se stessi – espandere il significato
della propria vita vissuta – non si misura semplicemente usando il
metro della statistica o delle equazioni non lineari. Piuttosto,
l’espansione e la dissipazione della complessità hanno
conseguenze esperenziali.
Quando
uno stato di coscienza di un individuo guadagna complessità e
coerenza, la creazione da parte del sé dell’individuo o la
co-creazione di nuovi significati porta ad un’esperienza emotiva
di espansione, di interezza e di crescita. È il piacere – il
piacere profondo – che Gilligan (Gilligan, Brown & Rogers,
1990) ascrive a Psiche quando tiene la luce per vedere il viso di
Eros; un piacere di una conoscenza di se stessa in relazione a lui,
che si è espansa persino al prezzo della propria immortalità. È
davvero una delle più critiche conseguenze esperenziali
della co-creazione di uno stato diadico di coscienza con
un’altra persona il sentirsi connessi ad essa; ossia, il sentirsi
in relazione con l’altra persona. In realtà, credo che la creazione di
nuovi significati con un’altra persona sia il processo costitutivo
per formare ed accrescere le relazioni. Gli individui creano
qualcosa di nuovo insieme e di conseguenza si sentono connessi
l’uno con l’altro, e tale connessione è unica, poiché ogni
relazione crea nuovi significati in modi differenti (Tronick,
2004b).
Ci
sono anche conseguenze esperenziali quando la creazione di
significati fallisce nell’incrementare la complessità e la
coerenza o persino nell’impedire la dissipazione. Tali conseguenze
esperenziali del non creare significati all’interno di se stessi o
con gli altri sono dannose. C’è un sentimento di essere
costretti, immobili e statici. Ci può essere persino un sentimento
di paura o di terrore, poiché nuove risorse non sono state
approntate ed il proprio senso di organizzazione – il proprio
senso di sé - è
minacciato. In condizioni estreme, si può sperimentare un sentimento di
annichilimento. È la catastrofe, di cui parla Modell (1993), quando
c’è un fallimento della creazione di significati. Tali sentimenti
portano a processi di creazione di significati di qualsiasi
sorta o genere che manterranno l’attuale livello di complessità e
di coerenza dell’individuo. Ed
i significati creati possono essere pieni di disperazione e
fuori dal contatto con la realtà o con il sé, ma sono tentativi di
evitare l’esperienza terrificante che arriva con la dissipazione.
Certamente,
molti dei modi con cui
gli individui creano significati per evitare la dissipazione –
dissociazione, proiezione, diniego, compulsioni – sono quelli che
vediamo nei pazienti. Vediamo anche le loro disconnessioni e la loro
incapacità di essere in relazione oppure il loro essere in
relazioni che sono fisse, immodificabili ed insoddisfacenti, ed alla
lunga destinate a fallire. In poche parole, per evitare la
dissipazione i sistemi aperti agiscono in quasi ogni modo possibile
per acquisire risorse dall’ambiente.
E ‘ogni modo possibile’ può essere per la malattia a
lungo termine tanto
lungo quanto risulta efficace nell’aumentare la complessità nel
breve termine (Tronick & Weinberg, 1997). Superare il ruolo
determinante della crescita della complessità nel breve termine è uno dei compiti della
terapia ed anche dello sviluppo.
È
ciò che intendo dicendo
che i significati e la creazione di significati sono
polimorfici in senso bio-psicologico
(Tronick, 2004a). I significati includono quelli linguistici, quelli
simbolici, quelli astratti, i quali facilmente pensiamo come forme
di significati, fino a quelli che troviamo più difficili da
concettualizzare come atti o attualizzazioni di significato, come ad
esempio processi corporei, fisiologici, comportamentali ed
emozionali. Comunque, è possibile integrare ‘in modo
soddisfacente’ queste idee sul significato sotto un principio di
singolarità del sistema dinamico. I concetti di mente, corpo
e cervello possono essere concetti utili (oppure no), ma
come tali non
necessariamente riflettono o comprendono interamente il modo in cui
l’individuo – l’intero sistema – operi. L’intero organismo
– la totalità dei processi umani biopsicologici, compresi ma non
limitati a ciò che chiamiamo mente, cervello e comportamento –
opera per acquistare informazione significativa sul mondo allo scopo
di agire nel mondo e sul
mondo in linea con i propositi
dell’individuo, le sue intenzioni, i suoi significati ed il
senso di sé nel mondo.
E nel tempo questi stessi processi ritornano in modo ricorsivo a
creare nuovi propositi ed
intenzioni ed un nuovo senso di sé nel mondo.
Mi
si conceda di fare alcuni esempi di creazione di significato in un
organismo che non possiede un linguaggio esplicito – il bambino
piccolo. In uno dei
primi studi (Ball & Tronick, 1971)
che ho condotto
ho osservato le reazioni dei
bambini ad un’imminente collisione con un oggetto virtuale sulla
base della teoria di Gibson (1972) dell’”affordance”. Lo
stimolo era un dispositivo ottico che produceva
del buio sempre
più esteso – un’ombra che incombeva. La reazione del bambino
era quella di mettere le mani davanti alla faccia e di girare la
testa in un’altra direzione – una postura difensiva. Come
indicano tali azioni, l’ombra
era qualcosa che questi bambini avevano sperimentato come
minaccioso e che essi evitavano. Sebbene avesse anche potuto essere
qualcosa di nuovo o di
interessante (anziché termini non significativi), l’ombra
incombente era stata significativa circa la relazione dei bambini
con l’evento – esso era
stato da loro percepito
come minaccioso.
In
un altro esempio, proveniente
dal nostro laboratorio (si veda la Fig. 1), abbiamo visto un bambino
piccolo reagire ad un’espressione facciale arrabbiata della madre
dopo che lei ha tentato di far in modo che lui molli i capelli della
madre. L’espressione
facciale arrabbiata della madre
e la vocalizzazione durano meno di un mezzo secondo, ma il
bambino crea un significato di ciò ed immediatamente porta le sue
manine davanti alla sua
faccia, si gira parzialmente
dall’altra parte sulla sedia
e guarda la
madre da sotto le sue braccia alzate. La sua faccia arrabbiata, che
lui forse ha visto per la prima volta, non è affatto qualcosa di
interessante o di nuovo. Egli
ne ha un’appercezione come una minaccia;
qualcosa di
pericoloso sta per accadere ed egli organizza una reazione difensiva per
proteggersi da ciò che
sembra stia per accadere. E anche la madre
quasi immediatamente se ne rende conto. Lei modifica ciò che
sta facendo e, usando azioni in cui coccola il bambino, cerca di
ovviare alla rottura e di cambiare l’esperienza del bambino.
All’inizio, egli resta dietro le sue mani, ma nel giro dei
successivi 30-40 secondi comincia a sorridere e poi sorride e guarda
la madre. Il significato cambia nel tempo, ma l’esperienza di
minaccia e la sua riparazione è ora parte del loro senso
dell’altro e dei loro sé.
Comunque,
come per i significati senso-motori di Piaget (1952), dobbiamo
essere cauti nel
parlare di ciò che pensiamo
che il bambino conosca.
In questo caso, non penso che
il bambino conosca cosa sia il pericolo, come sarebbe il caso di un
altro bambino più grande, ma la
faccia arrabbiata lo fa sentire
minacciato. Egli sperimenta la minaccia, ma non sappiamo cosa
egli potrebbe conoscere, se sappia
cosa sia e dove si trovi la minaccia. Forse l’esperienza del
bambino piccolo è analoga al senso di rovina incombente
dell’esperienza del paziente quando
nessun destino è scontato; è proprio così. E quando la
madre sorride, lui sorride sapendo
che il suo mondo è di nuovo sicuro, ma
non sa cosa contribuisca a questo sentimento. E, si noti, il
bambino reagisce come un sistema
intero. Le braccia, la postura, l’espressione facciale, lo
sguardo e, laddove la misurassimo,
la sua
fisiologia cambierebbe in reazione alla minaccia e continuerebbe a
cambiare non appena la rottura venga riparata e il fattore
minaccioso si tramuti in qualcosa che dà sicurezza
e piacere. Le
reazioni non solo sono reazioni
della mente, del corpo e del cervello, ma di molti dei processi ai
molteplici livelli di creazione di significato del bambino piccolo.
Ecco
un altro esempio di un
insieme polimorfico di sé organizzato e di processi diadici di
creazione di significato. Nella recente ricerca su ciò che Jacob
Ham ed io (2008) chiamiamo creazione di significato relazionale
psicofisiologica, abbiamo esaminato
il gioco interattivo dei processi a più livelli di creazione
di significato. Le espressioni emotive dei bambini, la reattività
cardiaca (la frequenza cardiaca), la reattività parasimpatica (“Respiratory
Sinus Arrhythmia”, RSA) e
quella simpatica (conduttanza
cutanea, “skin conductance”-SC) sono state
valutate nel corso del paradigma “face-to-face still-face”(FFSF).
La frequenza cardiaca e la conduttanza cutanea sono indici
dell’attivazione simpatica, e la RSA è indice
della “down regulation” parasimpatica. Abbiamo trovato
che questi sistemi fisiologici
e comportamentali stavano
creando un senso di ciò che stava accadendo, talora in modi simili
e talora in modi del tutto differenti. Ad esempio,
il comportamento di
protesta del bambino piccolo
durante la
“Still face” era
correlato ad una più alta frequenza cardiaca e conduttanza
cutanea, una
correlazione attesa che attualizza
il significato dell’evento come qualcosa
che sta incrementando l’attivazione (“arousal”) e che si deve evitare.
Dall’altro lato, la conduttanza cutanea (SC) era al massimo
durante l’episodio del gioco di riunione che faceva seguito
alla situazione di “still face”, ma la RSA era tale che i
sistemi simpatici stavano operando per evitare la situazione, mentre
il sistema parasimpatico stava interrompendo questo esitamento.
Forse una sorta di ambivalenza fisiologica.
In
questo studio abbiamo voluto anche valutare le relazioni diadiche e
la coordinazione di questi sistemi tra il bambino piccolo e la
madre, e così abbiamo simultaneamente
codificato le emozioni ed il comportamento materno, e registrato la frequenza cardiaca, la RSA
e la conduttanza cutanea. I risultati sono stati complicati e
troppi per poterli qui riportare nei dettagli. Ma abbiamo trovato
sia coordinazione diadica sia disaccoppiamento diadico tra questi
sistemi. Ad esempio, durante l’episodio di riunione in cui i
bambini piccoli stavano protestando
e la loro attivazione simpatica era alta, lo RSA materno era
alto, come se stesse operando per calmare la protesta del bambino e
l’alto livello di attivazione (“arousal”) misurato dalla
conduttanza cutanea. Una possibile conclusione a partire da questi
dati consiste nel dire che
sistemi con finalità differenti dei bambini e delle madri erano
correlati gli uni con gli altri e si influenzavano vicendevolmente,
ma la coerenza tra i sistemi era imperfetta nel migliore dei casi;
era confusa ed erano necessari parecchi tentativi nel tempo perché
i significati fossero modificati ed influenzati.
In
modo paradossale, sebbene i principi dei sistemi suggeriscano che
gli organismi si sforzino di massimizzare la coerenza del loro senso
di sé nel mondo, questo è in realtà sempre imprevedibile
e confuso, e in
realtà può essere contraddittorio
ed incoerente.
La
confusione è insita
nel processo di
creazione di significato a causa delle limitazioni nella capacità
dei sistemi deputati a ciò, alle loro differenti scale temporali,
al molteplice polimorfismo di significato che deve essere stato
integrato, ed a causa dei
molti tipi di processi di creazione di significato
(compreso i processi di creazione di significati affettivi,
cognitivi, mnesici, linguistici, corporei e psicodinamici, come ad
esempio l’inconscio dinamico, l’identificazione proiettiva ed il
transfert).
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(fine della prima parte - l'articolo nella sua completezza verrà
pubblicato successivamente in un libro delle Edizioni
Frenis Zero) |
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Fig. 1: la
madre mostra una faccia arrabbiata e il bambino che si scherma
improvvisamente dietro le sue mani.
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