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Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
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Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collection/Collana: Psicoanalisi e neuroscienze
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 300
ISBN:978-88-97479-06-2
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Vera
Schmidt, "Scritti su psicoanalisi infantile ed
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Edited by/a cura di: Giuseppe Leo Prefaced by/prefazione
di: Alberto Angelini
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Afterword by/post-fazione di: Rita Corsa
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2014
Pagine/Pages: 248
ISBN:978-88-97479-05-5
Prezzo/Price: € 29,00
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Resnik,
S. et al. (a cura di Monica Ferri), "L'ascolto dei
sensi e dei luoghi nella relazione terapeutica"
Writings by:A.
Ambrosini, A. Bimbi, M. Ferri, G.
Gabbriellini, A. Luperini, S. Resnik,
S. Rodighiero, R. Tancredi, A. Taquini Resnik,
G. Trippi
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della Psicoanalisi
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 156
ISBN:978-88-97479-04-8
Prezzo/Price: € 37,00
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Silvio
G. Cusin, "Sessualità e conoscenza"
A cura di/Edited by: A. Cusin & G. Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Biografie dell'Inconscio
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 476
ISBN: 978-88-97479-03-1
Prezzo/Price: €
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della riabilitazione", a cura
di G. Leo e G. Riefolo (Editors)
A cura di/Edited by: G. Leo & G. Riefolo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2013
Pagine/Pages: 426
ISBN: 978-88-903710-9-7
Prezzo/Price: €
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AA.VV.,
"Scrittura e memoria", a cura di R. Bolletti (Editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, A. Arslan, R. Bolletti, P. De
Silvestris, M. Morello, A. Sabatini Scalmati.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Cordoglio e pregiudizio
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 136
ISBN: 978-88-903710-7-3
Prezzo/Price: € 23,00
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AA.VV., "Lo
spazio velato. Femminile e discorso
psicoanalitico"
a cura di G. Leo e L. Montani (Editors)
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Cusin, J. Kristeva, A. Loncan, S. Marino, B.
Massimilla, L. Montani, A. Nunziante Cesaro, S.
Parrello, M. Sommantico, G. Stanziano, L.
Tarantini, A. Zurolo.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana: Confini della psicoanalisi
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 382
ISBN: 978-88-903710-6-6
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AA.VV., Psychoanalysis
and its Borders, a cura di
G. Leo (Editor)
Writings by: J. Altounian, P.
Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P.
Jimenez, O.F. Kernberg, S. Resnik.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Borders of Psychoanalysis
Anno/Year: 2012
Pagine/Pages: 348
ISBN: 978-88-974790-2-4
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AA.VV.,
"Psicoanalisi e luoghi della negazione", a cura di A.
Cusin e G. Leo
Writings by:J.
Altounian, S. Amati Sas, M. e M. Avakian, W. A.
Cusin, N. Janigro, G. Leo, B. E. Litowitz, S. Resnik, A.
Sabatini Scalmati, G. Schneider, M. Šebek,
F. Sironi, L. Tarantini.
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Collana/Collection: Id-entità mediterranee
Anno/Year: 2011
Pagine/Pages: 400
ISBN: 978-88-903710-4-2
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"The Voyage Out" by Virginia
Woolf
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-97479-01-7
Anno/Year: 2011
Pages: 672
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"Psicologia
dell'antisemitismo" di Imre Hermann
Author:Imre Hermann
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
ISBN: 978-88-903710-3-5
Anno/Year: 2011
Pages: 158
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"Id-entità mediterranee.
Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo
(editor)
Writings by: J.
Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A.
Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y.
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Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth
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ISBN: 978-88-903710-2-8
Anno/Year: 2010
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"Vite soffiate. I vinti della
psicoanalisi" di Giuseppe Leo
Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero
Edizione: 2a
ISBN: 978-88-903710-5-9
Anno/Year: 2011
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"La Psicoanalisi e i suoi
confini" edited by Giuseppe Leo
Writings by: J.
Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D.
Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik
Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini
ISBN: 978-88-340155-7-5
Anno/Year: 2009
Pages: 224
Prezzo/Price: € 20,00
"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi
Confini"
Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.
Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas,
Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.
Publisher: Schena Editore
ISBN 88-8229-567-2
Price: € 15,00
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Interrogarsi
sulla società attuale e sui suoi cambiamenti, sulla diversità e
sulla sua complessità, sugli incontri degli esseri e dei modi di
pensare e di fare, ci porta inevitabilmente a porci delle domande che
son quelle che hanno attraversato la società francese in questi
ultimi mesi1, in particolare quella del velo delle ragazze
"mussulmane" a scuola. La riflessione che proponiamo qui
vorrebbe contribuire ad uno sguardo nuovo, quello della clinica,
quello delle ragazze che lo portano temporaneamente, o talora più a
lungo, e che noi incontriamo nella periferia nord di Parigi dove
lavoriamo, per strada o nel nostro servizio di consultazione. Partire
da ciò che mostrano e da ciò che dicono, da una posizione
decisamente "emic" nel senso dell'antropologia
anglo-sassone, a partire dalle stesse persone e non da un osservatore
esterno. Ho molto tardato nel pubblicare questo testo poiché la
mia posizione si è costruita nel corso di tali incontri e devo
confessare che ero riluttante a lasciarmi influenzare da questi
discorsi singolari, rifugiandomi dietro la mia identità di donna
occidentale femminista che nega la soggettività a favore di ciò che
è generale. Inoltre, l'incontro con le prime ragazze col velo, escluse
dalla scuola pubblica sotto la pressione dei media, del sapere e
dunque di tutto il possibile, e la minaccia che pesa sulle altre mi ha resa sensibile alle loro contraddizioni, ai
loro conflitti. La conseguenza diventa più orribile del male. E'
importante allora ascoltarle più attentamente, perché comprendere
come ciò accada in Francia, nel 2004 e non altrove in un contesto
poco o per nulla comparabile all'Algeria o all'Iran ad esempio,
comprendere aiuta ad agire, perfino se necessario a combattere. Infine, la reazione che gli altri
paesi europei hanno avuto rispetto alla posizione francese,
considerata come eccessiva ed ideologica, ha finito per farmi pensare
che bisognasse guardare i fatti per quello che semplicemente
sono.
Queste
ragazze col velo hanno minacciato l'identità francese al punto che il
Governo, e a seguire il legislatore, hanno creduto utile proporre una
legge per proibirlo nella scuola pubblica. Tale legge è stata quindi
votata dai deputati. Prima di portare le argomentazioni del dibattito,
è importante esporre i fatti: nel dipartimento Seine-Saint-Denis, ad
esempio, dipartimento per eccellenza multiculturale della periferia
parigina, c'erano prima del voto della legge meno di dieci situazioni
problematiche di ragazze col velo a scuola2. E tra queste
situazioni la maggior parte di loro lo portava senza il consenso dei
genitori a cui esso era da loro stato imposto. Si tratta di una
situazione lontana da quella di ragazze sottomesse e terrorizzate che
non scelgono nulla e che subiscono la legge della famiglia, del
gruppo o dei fratelli maggiori che fanno la guardia alle porte delle
città. Il vincolo comunitario costituisce un autentico fattore di
rischio, ma esso non può spiegare la maggioranza delle situazioni che
si vedono oggi dato che all'interno della scuola la comunità non può
intervenire direttamente. E ridurre questa posizione ad una
interiorizzazione da parte di queste ragazze della regola comunitaria
non è per nulla sufficiente per una semplice ragione: non è ciò che
dicono, non è ciò che mostrano, anche se ciò ci disturba, invece
bisogna partire da ciò che esse vivono se non altro per modificarlo. D'altronde la stampa aveva evidenziato
l'apparente contraddizione, comunque in rapporto alla lettura che si
faceva di loro come vittime espiatorie, contraddizione nel portare,
per alcune di loro, un velo islamico insieme al tanga. Da parte mia mi
sono rallegrata che non abbiano rinunciato al tanga, quindi che non
abbiano per nulla rinunciato alla sessualità, semmai se ne fosse
dubitato! L'alchimia è quindi più complessa.
RAGAZZE
VELATE INCONTRATE NEL METRO'...
Se
la questione non è quella della minaccia dell'identità francese né
della laicità alla francese, grande battaglia della Repubblica, piuttosto
ci chiediamo perché in Francia nel 2004 delle ragazze, per lo più
figlie di migranti, abbiano scelto tale modalità di reazione, di
affermazione che noi, donne di qua, possiamo legittimamente trovare
come reazionaria? Perché reagiscono andando a cercare un segno che le
loro madri non usavano più e che loro stesse non conoscevano?
Mi
ricordo di quella ragazza nel metrò che per essere alla moda coi
tempi e coi media, nel periodo in cui si votava la legge in
parlamento, si era andata a comprare un velo con una delle sue amiche
che non aveva, nemmeno lei, il velo. Tutte e due, graziose magrebine
dall'accento della 'banlieu' sincopato come in una canzone rap,
chiacchieravano allegramente sul velo appena comprato e subito messo
sulla testa con qualche consiglio dato velocemente dal venditore del 'foulard'
islamico di 'rue Myrrha" a Parigi. Quella che portava il 'foulard'
non si sentiva a proprio agio, si guardava nel vetro dei finestrini
del metrò e chiedeva con voce angosciata alla sua amica: "Trovi
che mi stia bene?". "Ma certo" le rispondeva l'altra,
risistemandole addosso il 'foulard' per rassicurarla e nascondendo un
ciuffo di capelli ribelli con delle 'mèche' che fuoriusciva. Si
vedevano solo i suoi occhi, truccati, molto truccati, forse troppo. Il
'foulard', che faceva risaltare i suoi occhi truccati, metteva
anche in evidenza la sua voglia di piacere, implicitamente o
manifestandola in modo goffo, come fanno gli adolescenti,
dicendo una cosa e insieme il suo contrario.
...
O IN CONSULTAZIONE
Mi
ricordo di un'altra ancora, che ho visto quando le era stato proibito
di andare al liceo a poche settimane dal diploma. Ragazza brillante e
un po' a disagio, in crisi per i suoi desideri e al contempo molto
ambiziosa. Aveva un ideale dell'io molto forte: era "pura e
pulita", diceva, e non voleva subire la sorte di sua madre e di
suo padre, costantemente umiliati e ridotti a "degli
stracci", sporchi, secondo le sue parole adolescenti che non si
imbarazzavano di non usare alcuna sfumatura. Perché me l'avevano
inviata dopo la sua esclusione e non prima, per tentare di comprendere
e di mediare, per permettere delle negoziazioni? Le interviste con me
servivano allora solo a esprimere la sua sofferenza e anche la sua
rabbia contro tale istituzione che, perché lei avesse successo,
l'escludeva: tragica contraddizione. Il preside con il consiglio di
disciplina l'hanno dunque esclusa, ben prima della promulgazione della
legge, appellandosi al pronunciamento circostanziato del Consiglio di
Stato. Lei accettava di toglierlo per fare sport e seguiva con piacere
i suoi corsi di biologia, dato che si proponeva di diventare medico.
Allora, perché era stata esclusa? Per dare l'esempio, certamente, ma
anche per la sua posizione: aveva una forza, una sicurezza in se
stessa che dava a intendere almeno in un primo tempo. Quando il
Consiglio di disciplina le aveva chiesto se cercasse di convertire
altre allieve, lei aveva spiegato che l'Islam era la religione
migliore, non solo per se stessa ma per tutti... La reazione non si
fece attendere, sullo stesso piano e per una questione, come era per
lei, di principio, di forza: quella del non lasciarsi umiliare. Le
reazioni dell'adolescente e della scuola sono simmetriche, come in uno
specchio, reazioni puramente narcisistiche. Ma abbiamo, da una parte,
una ragazza che vorrebbe essere 'mussulmana' a modo suo, con fierezza
e in un modo moderno, e, dall'altra, un'istituzione che si regge su
dei principi e delle regole che non sono minacciati da una 'bravata'
di un'adolescente che è alla ricerca di se stessa. La situazione è
quanto meno asimmetrica.
Al
di là di queste giovani adolescenti ci si può chiedere se il velo,
in Francia, non stia diventando, e a vantaggio di una legge che
rischia di fissare le posizioni, una nuova forma d'essere al mondo di
queste donne mussulmane che non assomigliano in nulla alle loro nonne
confinate nei loro focolari domestici ed il cui velo non minacciava
nessuno, e giustamente, esso era invisibile nello spazio pubblico.
Insomma, secondo il modello di ciò che accade attualmente in Turchia,
"il 'foulard' islamico è testimone di una riappropriazione
attiva e personale da parte delle donne mussulmane che si affrancano
dagli spazi di vita tradizionali e rivendicano l'accesso
all'insegnamento, al lavoro ed alla vita pubblica. Esso rinvia ad una
reinterpretazione critica della religione e ad una ri-adozione di una
modalità di vita islamica piuttosto che alla loro banalizzazione
all'interno delle abitudini tradizionali"(Göle
1991,
p.168)3.
MINACCIA
DELLA TRADIZIONE E DELLA MODERNITA'
Queste
studentesse velate, contrariamente alle loro madri che lo tenevano per
abitudine o talora lo abbandonavano senza rimpianti nel corso della
migrazione, aspirano all'acquisizione di un "capitale
simbolico", nel senso di Bourdieu, emerso da due fonti
differenti, una religiosa e l'altra laica. Una strategia di legame che
comporta dei rischi politici senza alcun dubbio, dato che gli
islamisti vegliano, ma essi stessi potrebbero essere superati da
queste nuove figure che non sono dei ritorni ai testi ma sono delle
nuove interpretazioni legate al contesto. Se la differenza tra i sessi
e tra gli spazi sono al centro di tali movimenti, è chiaro che le
nuove interpretazioni fatte dalle ragazze velate, che prendono la
parola nello spazio pubblico, sfociano "in una critica delle
tradizioni assoggettanti della religione e dei valori assimilatori
della modernità" (Göle,
ibidem, p.169). E spesso, si vede solo una di queste critiche: il
nuovo velo, così come appare o come lo mostrano alcune di loro o come
ne parlano nell'intimità delle mie consultazioni, minaccia sia la
tradizione che la modernità. Ci si trova qui in uno spazio di
elaborazione e di riflessione appassionante ma instabile che suscita
molta emotività.
Personalmente,
provo spesso molta inquietudine davanti ad una giovane mussulmana
velata per strada e talora sono presa dal dubbio: "Si sta forse
creandosi degli ostacoli da sola? Non è per caso presa in un
meccanismo di esclusione e di assoggettamento? Sa cosa questo
significa per lei, e per me? e, senza alcun dubbio, per tutte le
donne, poiché in quel momento lei rappresenta tutte le donne,
lei lo sa?". In più, ogni volta che mi è stata data l'occasione
di parlare con loro, di ascoltarle, per strada, nei giornali, in
ospedale o nella mia stanza di consultazione, finisco per accettare
l'idea che il velo non sia altro che un piccolo elemento che non si
può comprendere se non riposizionandolo nella soggettività del
soggetto e nel contesto in cui appare. Si tratta quindi del
riconoscimento della modernità dei figli dei migranti, del loro posto
nelle nostre società multiculturali e meticciate e del posto della
loro parola nello spazio pubblico.
LA
TENTAZIONE DELLA SINGOLARITA'
Le
ragazze che hanno la tentazione del velo, oltre alla problematica
classica dell'adolescenza ("cosa posso trovare su cui appoggiarmi
nel mio oppormi? Sia sui miei genitori che sulla società francese?),
cercano anche delle modalità moderne di essere differenti senza
sentirsi umiliate, e mantenendo una stima di se stesse. Parlano spesso
di onore, di purezza, di pudore, di etica della libertà come se fosse
un argomento che noi rifiutiamo. Quanto ai ragazzi, che si scoprono
desiderosi di religione dopo essere stati atei o non credenti, dicono
talvolta di non voler più avere vergogna di ciò che sono.
Rivendicano una posizione esattamente opposta a quella dei loro
genitori che erano come cancellati, trasparenti; essi cercavano
di non disturbare la loro religione.
Mi
ricordo di quel giovane paziente tossicomane, venuto a consultarmi e a
cui avevamo proposto una terapia sostitutiva per aiutarlo a uscire
dall'inferno della tossicomania. Dopo aver riflettuto, decise di
disassuefarsi in modo 'duro', cioè senza l'aiuto né di farmaci né
di curanti, ma con l'aiuto di un imam che si era scelto contro
il parere della famiglia che, a sua volta, l'aveva portato alla nostra
consultazione. Questo imam gli parlò della religione che suo
padre aveva abbandonato per negligenza, secondo le sue stesse parole.
Ed una volta uscito dalla tossicomania, che lo riduceva ad "un
animale che cercava costantemente la sua preda", come diceva lui
stesso, cambiò il suo aspetto fisico, la sua maniera di vestirsi e di
vivere per essere più adeguato con ciò che non era mai stato, né lo
era stato nessuno della sua famiglia del resto, un uomo mussulmano
pio, che dimostra di esserlo, che lo esprime e lo impone all'altro in
un certo modo. Questa seconda metamorfosi faceva seguito alla prima,
vissuta con l'entrata nella droga. Il passaggio dal mondo
dell'infanzia a quello degli adulti si era potuto realizzare per lui
solo al prezzo di una violenta trasformazione interiore che lo avrebbe
portato a rifiutare quel mondo che gli assomigliava così poco.
DALL'"IO"
AL NOI E VICEVERSA
Altrove
abbiamo dimostrato, per gli adolescenti figli di migranti, ancora di
più che per ogni altro adolescente, anche se tale processo appartiene
a tutti, l'importanza della dialettica tra filiazione ed
affiliazione (Moro, 2002)4: Di chi sono il figlio o la
figlia? Cosa mi è stato trasmesso? E a quale gruppo, al plurale,
appartengo? In che modo comportarmi in quanto essere umano, come
differenziarmi dagli altri restando però legato a loro grazie allo
stesso legame sociale? "Il velo può in effetti rappresentare
l'espressione più reazionaria del comunitarismo, ma parimenti può
essere una delle molteplici espressioni di tale differenziazione
personale che creano la singolarità di ciascuno" (De Singly,
2004, p.46)5.
E
tale questione che si pone per ognuno si pone innanzitutto per chi
deve dare una forma unica alla propria alterità, alla propria storia,
che d'altronde lo preme spesso piena di buchi, di rinunce, di
ambivalenze. Ne deriva la passione per le origini, questo rifiuto
talora incomprensibile e privo di senso per il futuro, questa ricerca
sfrenata della purezza, dell'ideale. "Ne intuisco la
complessità, non ne so nulla o quasi, talvolta non ho nemmeno la
stessa lingua dei miei genitori e di tutti coloro che potrebbero
trasmettermi questa storia in tutta la sua complessità, nelle sue
sfumature, nelle sue ambivalenze e anche grandezze. Allora, tento di
ri-crearla. Come dire che io sono e in quale lingua dirlo perché
tutti coloro che sono importanti per me ne comprendano il significato
e anche gli altri?".
IL
VELO E' IN SE STESSO UN SEGNO, NE' PIU' NE' MENO.
Tutte
le questioni cui abbiamo qui accennato attraverso il pretesto del velo
meritano un approfondimento e un confronto. Coi testi sulla laicità a
scuola6 e in ospedale7, negli ultimi numeri
della rivista L'autre, quello sull'identità francese nel
presente numero8 e questo sul velo nelle adolescenti, nella
nostra rivista viene stimolata ora una riflessione che speriamo
approdi presto ad un prossimo numero della rivista L'autre.
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