La
personalità di Max Weber (1864-1920) non è meno complessa della
sua magistrale opera teorica. Ma, a differenza di quest'ultima,
finora non è mai stata oggetto di una vera e attenta analisi.
Certo abbiamo la corposa biografia della moglie Marianne, una
fonte importante che tuttavia glissa su diversi aspetti della
vita privata e della personalità del marito, edulcorandone altri
a maggiore gloria di entrambi.
A
colmare la lacuna ci pensa ora lo storico tedesco Joachim Radkau,
smaliziato outsider della comunità weberiana eppure autore di un
lavoro tanto imponente quanto godibile: Max Weber. Die
Leidenschaft des Denkes ( La passione del pensare), Carl
Hanser Verlag, Monaco 2005, pagg. 1008, euro 45,00.
Alla base del lavoro di Radkau vi è la convinzione che
l'esperienza famigliare del "grande tedesco", come lo definì
Karl Jaspers, suo fervente ammiratore, si sviluppi come un filo
rosso per tutta la sua vastissima produzione scientifica, a
cominciare dalla tesi di dottorato sulle società in nome
collettivo italiane. Per il giovane Weber il capitalismo si
fonda innanzi tutto sulla capacità di affrontare il rischio. E
ciò è possibile grazie a quell'affidabilità creditizia scaturita
da un solido rapporto di fiducia tra i membri della "comune
economia famigliare". Weber mostra come l'essenziale solidarietà
reciproca tra gli attori economici si rafforzi non solamente
durante il concreto svolgimento degli affari, ma anche nei
momenti di comune svago, quando ad esempio ci si ritrova assieme
per godere dei piaceri della tavola.
Ma
la comunanza tra gli uomini - che sia di parentela o di spirito
- non ricopre solamente un ruolo importante per i suoi studi
teorici. Anzi,è proprio nell'ambito dei rapporti domestici che
il pensoso professore trova il riparo, la quiete e l'ispirazione
necessarie per affrontare il gravoso impegno dell'analisi
sociale:<<solamente in grembo alla famiglia matura l'uomo>>,
dichiara egli convinto. Osservando la zia materna Ida Baumgarten
Weber fa esperienza diretta, rabbrividendo un poco, di quella
rigorosa e implacabile "etica della coscienza" che analizzerà in
futuro affiancandola e contrapponendola alla più concreta "etica
della responsabilità". E' poi sempre all'ambito dei rapporti di
parentela che egli limita il proprio orizzonte erotico: prende
prima una cotta per la cugina Emmy Baumgarten, poi sposa la
nipote di secondo grado Marianne, s'invaghisce più volte di Else
Jaffé, amica intima della moglie nonché amante del fratello
minore Alfred e infine s'infervora per la pianista Mina Tobler,
usa a frequentare casa Weber. Insomma, la tesi freudiana
sull'origine incestuosa della libido sembra scritta apposta per
lui.
Non si pensi tuttavia che la famiglia di Max Weber formi un
idillio quieto e sereno. La mamma Helene, ad esempio, si
intrufola volentieri nelle faccende private del figlio già
grandicello. Max la ripaga anni dopo con parole sprezzanti,
spalleggiato da Marianne, protagonista di primo piano del
movimento femminista tedesco, che accusa la suocera di avergli
inibito sessualmente il marito. Critica peraltro ingenerosa,
poiché Helene Weber, seppur madre dominante e donna a suo modo
profondamente religiosa, all'occorrenza sa anche trasformarsi in
una maliziosa consigliera. Come avvenne nel 1903 quando
suggerisce agli attoniti sposi di cercare sollievo dagli
acciacchi invernali riscaldandosi al sole di Biskra, quello
stesso torbido lembo di terra africana descritto l'anno prima
dallo scandaloso André Gide nel suo L'immoralista.
Al
fratello Alfred Max Weber è legato da un rapporto intenso ma
contrastato, carico di una tensione e rivalità intellettuali
simili al legame tra Heinrich e Thomas Mann. Il loro carteggio
giovanile, fitto di temi religiosi, politici e storici,
rappresenta in nuce ciò di cui Max s'interesserà negli anni a
venire.
Sebbene Max Weber appaia a molti come una personalità severa,
taciturna e sprofondata nei suoi pensieri, egli è ben
consapevole dell'importanza dell'elemento conviviale nella
formazione sociale di un individuo. Forse per questo, al tempo
degli studi universitari e dei primi successi professionali, i
suoi momenti più lieti e divertenti sono quelli trascorsi
insieme ai ruvidi e genuini compagni di bevute. Come testimonia
il nipote Eduard Baumgarten, ricordando quanto lo zio sia <<con
tutta l'anima un compagno: [...] nel bere, nel cantare, nel fare
lo spaccone e raccontare fanfaronate>>.
Ma
Weber è ben lungi dall'essere estraneo all'esperienza del
dolore. Se in tenera età è colpito dalla meningite, da adulto
soffre di seri "problemi di nervi", quali depressione e
nevrastenia. Tanto che nel 1898 proprio a causa dei frequenti
tormenti d'animo egli subisce un vero e proprio tracollo
psicofisico. Da cui si riprenderà con successo solamente
numerosi anni dopo, quando lascerà l'insegnamento universitario
e si interesserà con sempre maggiore passione alla politica,
fino a prestare il proprio significativo contributo alla stesura
della Costituzione della Repubblica di Weimar. Secondo il
biografo causa di tutte le sofferenze di Max Weber, come le
frequenti e tormentose polluzioni notturne, è un irrisolto
rapporto di origine masochista con la sessualità, tale da
impedirgli per anni di appagare la moglie.
Che minuziosamente annota e riferisce alla suocera tutto quanto
(non) accade sotto il tetto coniugale.
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