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Psicoanalisi applicata alla Medicina, Pedagogia, Sociologia, Letteratura ed Arte

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Frenis Zero  Publisher

     "Spazio Rosenthal. Tra psicoanalisi e femminile". Numero 17, anno IX, 2012. 

 

 "La Trasmissione e il Femminile. Sulle tracce di un rifiuto"

di Anna Zurolo

 

 

 

Questo testo è stato presentato al seminario internazionale "La trasmissione del femminile" (Napoli, 25 marzo 2011). Si ringrazia l'autrice  per l'autorizzazione concessa a Frenis Zero alla pubblicazione.

Anna Zurolo è Psicologa, Dottore di ricerca in Studi di Genere, Assegnista di ricerca presso il Dipartimento TEOMESUS dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, allieva specializzanda dell’Istituto per la Clinica dei Legami Sociali.


 



 


 


  Foto: Mary Cassat (1844-1926) "Mother Rose nursing her child".

 

 

 

            

 

 

  

 

Rivista "Frenis Zero" - ISSN: 2037-1853

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 Nuova pubblicazione/New issue:

"Psicoanalisi e luoghi della negazione" a cura di A. Cusin e G. Leo (Editors)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian,  A. Cusin, N. Janigro, G. Leo, B.E. Litowitz, S. Resnik, A. Sabatini Scalmati, G. Schneider, M.  Šebek, F. Sironi, L. Tarantini.

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-4-2

Anno/Year: 2011

Pages: 400

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"Lebensruckblick"

by Lou Andreas Salomé

(book in German)

Author:Lou Andreas Salomé

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-97479-00-0

Anno/Year: 2011

Pages: 267

Prezzo/Price: € 19,00

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"Psicologia   dell'antisemitismo" di Imre Hermann

Author:Imre Hermann

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero 

ISBN: 978-88-903710-3-5

Anno/Year: 2011

Pages: 158

Prezzo/Price: € 18,00

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"Id-entità mediterranee. Psicoanalisi e luoghi della memoria" a cura di Giuseppe Leo (editor)

Writings by: J. Altounian, S. Amati Sas, M. Avakian, W. Bohleber, M. Breccia, A. Coen, A. Cusin, G. Dana, J. Deutsch, S. Fizzarotti Selvaggi, Y. Gampel, H. Halberstadt-Freud, N. Janigro, R. Kaës, G. Leo, M. Maisetti, F. Mazzei, M. Ritter, C. Trono, S. Varvin e H.-J. Wirth

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-2-8

Anno/Year: 2010

Pages: 520

Prezzo/Price: € 30,00

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"Vite soffiate. I vinti della psicoanalisi" di Giuseppe Leo 

Editore/Publisher: Edizioni Frenis Zero

ISBN: 978-88-903710-0-4

Anno/Year: 2008

Prezzo/Price: € 18,00

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OTHER BOOKS

"La Psicoanalisi e i suoi confini" edited by Giuseppe Leo

Writings by: J. Altounian, P. Fonagy, G.O. Gabbard, J.S. Grotstein, R.D. Hinshelwood, J.P. Jiménez, O.F. Kernberg, S. Resnik

Editore/Publisher: Astrolabio Ubaldini

ISBN: 978-88-340155-7-5

Anno/Year: 2009

Pages: 224

Prezzo/Price: € 20,00

 

"La Psicoanalisi. Intrecci Paesaggi Confini" 

Edited by S. Fizzarotti Selvaggi, G.Leo.

Writings by: Salomon Resnik, Mauro Mancia, Andreas Giannakoulas, Mario Rossi Monti, Santa Fizzarotti Selvaggi, Giuseppe Leo.

Publisher: Schena Editore

ISBN 88-8229-567-2

Price: € 15,00

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All’esordio del secondo e più disastroso scompenso psicotico, Schreber sogna più volte di essere nuovamente ammalato; si risveglia sollevato dal confronto con una realtà che nulla ha a che vedere con quella onirica, ignaro dell’inesorabile devastazione psichica che di lì a poco sta per sperimentare. Ma al confine tra due realtà, che urge mantenere separate, quella della veglia e quella del sogno, in quella terra di nessuno popolata di rappresentazioni e baluginii di immagini, si affaccia l’idea che “dovesse essere davvero bello essere una donna che soggiace alla copula” (Schreber, 1902, p. 56); una fantasia di desiderio femminile in cui si sostanzia la manovra difensiva del soggetto in rapporto ad impulsi omosessuali. Essa assume carattere fondativo di un sistema delirante che – come Freud  più volte ci indica (1910a) – rappresenta un estremo tentativo di auto-guarigione. La donna che soggiace alla copula, l'alter ego che Schreber designa per adempiere alla sua missione di redentore del mondo, non è che l'ultimo termine di una sequenza che pone al centro il sintagma fondamentale della paranoia – Io (un uomo) amo lui –; in uno scenario dove la castrazione diviene la premessa teorica e soggettiva alla femminilità. Così vale anche per il giovane russo[1] che, nell'osservare il coitus a tergo dei genitori conclude che la “ferita” diviene la “condizione necessaria per avere rapporti col padre” (Freud, 1914, p. 522).

La più cupa delle minacce dinanzi a cui il soggetto di entrambi i sessi arretra, è la chiave di uno dei molteplici enigmi che si addensano intorno al femminile, il rifiuto della femminilità, ciò che Freud, in ultima analisi (1937) indica come l'hic sunt leones dell'avventura analitica.

Conosciamo il valore fondante del mitico tempo dell'Edipo quale punto di arresto, di svolta e ricapitolazione lungo il cammino verso la differenza tra i sessi (Freud, 1924, 1925), e anche quali sono gli scenari che si pongono rispetto al nucleo della castrazione, in quanto presa d'atto di una mancanza fallica nella donna - e nella madre in quanto donna - in un apparato teorico in cui la differenza sessuale si articola sulla dicotomia fallico-castrato. Pensiamo all'Edipo quale asse organizzatore della psicosessualità, vertice dal quale dipartono percorsi psichici peculiari per il maschio e la femmina, nonostante qualche tentativo di disegnarne traiettorie simmetriche (Freud, 1915-1917).

In ogni caso, è la castrazione, in quanto possibilità virtuale o in quanto realtà inscritta sul corpo, a definire posizioni psichiche, in un movimento teorico, che, è il caso di notarlo, ha di mira la questione fallica. Il fallo in quanto significante di un oggetto mobile, allusivo di un possesso incerto, è la questione teorica in gioco: il possesso, la protezione, il diniego della sua assenza, l'invidia, la rinuncia auto-erotica, sono gli ingredienti che compongono lo scenario su cui si articolano differenze psichiche, esiti della cesura che separa “un'evirazione compiuta e un'evirazione puramente minacciata” (Freud, 1924, p. 215).

Ma non sarà forse che all'ombra di una  teoria“androfila” della sessualità (Ferenczi, 1932)[2], si profilano altre e più complesse opposizioni che ci consentano di penetrare parzialmente questa “roccia basilare” e di misurarne la composizione?

È quanto propone Jean Cournut (2001), quando, discutendo il timore universale che accomuna gli esseri umani di entrambi i sessi, sottolinea come tale questione celi la problematica articolazione delle polarità penetrato-penetrante, sadico-masochista, attivo-passivo. Cosa si rifiuta dunque del femminile? Ma soprattutto, seguendo Cournut, perché gran parte della teoria psicoanalitica insiste sulla castrazione piuttosto che, ad esempio, sul portato di angoscia che esso svela? Di quale angoscia parliamo quando parliamo del rifiuto del femminile?

Si tratta forse di una angoscia che deriva dalla scoperta della donna in quanto mancante, essere terrifico per eccellenza, testa di Medusa che assidera (Freud, 1922; Filloux, 2002) o di un'angoscia che obbliga il soggetto ad arretrare di fronte ad un femminile soverchiante che non manca di rivelare il proprio tratto incestuoso?

Tra inquietudini e terrori, la testa di Medusa è l'oggetto chiamato a sostituire il genitale femminile, un genitale che suscita spavento, che motiva la “fuga del diavolo” , a causa, Freud in questo è lapidario, “della sua evirazione” (Freud, op. cit.). Come concorda anche Filloux:

 

«La figura di Medusa condensa il confronto con un femminile in quanto assenza e le difese possibili rispetto a ciò che c'è di insostenibile in questo confronto, tanto per gli uomini quanto per le donne; la sua vista rende rigidi di terrore, muta lo spettatore in pietra, lo assidera, provoca un annientamento improvviso di tutte le funzioni vitali per lo "choc" traumatico che essa produce.» (Filloux, 2002, p. 107, trad. di chi scrive).

 

Possiamo anche complicare lo scenario delle qualità perturbanti di Medusa se pensiamo ad essa come ad un'icona che allude doppiamente al taglio: la sua testa, decapitata da Perseo, promuove la messa a confronto con quanto vi è di irrappresentabile nella perdita subita per effetto di una brutale cesura.

Ma, aggiungiamo ancora qualche elemento, traendo materiale da quella teoria che assegna all'incontro tra un adulto ed un infans il carattere di situazione originaria, che interessa tutti gli esseri umani. La teoria della seduzione generalizzata, in tutte le formulazioni che Laplanche elabora (1987, 1992a, 1992bm 1993, 2001, 2007), rappresenta la dimensione fondamentale in cui il piccolo umano viene a confronto con il sessuale. Si tratta di una situazione di seduzione in cui vengono veicolati, in un senso che va dall'adulto all'infans, dei messaggi  enigmatici, che tirano il soggetto nell'ordine della sessualità ed istituiscono il primo nucleo della rimozione[3].

L'infante, passivo ricettore di un messaggio opaco, dal senso ignoto persino a colui che lo emette, fa esperienza di un eccitamento che gli si impone ed in rapporto al quale insorge un'esigenza di lavoro, di traduzione. Ma ciò che ci preme sottolineare è la tonalità traumatica di tale incontro-scontro, in quanto messa a confronto con qualcosa che eccede, che anticipa, e che, tuttavia, è necessario. È forse proprio la valenza anticipatoria dell'incontro adulto-infans, unitamente alla dissimmetria che ne caratterizza le posizioni, ad essere al centro di ogni scambio, di ogni trasmissione.

Vi è un obbligo a trasmettere (Granjon, 2005), ma anche un obbligo a ricevere, in una dimensione che oltrepassa il singolo, e al contempo fonda il soggetto nella posizione di ricevente, di latore di un'eredità che gli viene imposta. Ciò che segna l'ingresso dell'individuo al mondo delle relazioni interumane è un'azione attentatoria, seduttiva, traumatica per la condizione di inermità fisica, ma soprattutto psichica, in cui si trova l'infante; un'azione necessariamente precoce e inaspettatamente incestuosa: “Chi mi eccita, per eccitarsi?” (Laplanche, 1984, p.128).

Sono gli aspetti effrattivi, intrusivi della trasmissione a fissare il bambino in una posizione di assoggettamento passivo ad una comunicazione dissimmetrica, una chiave teorica a partire dalla quale André (1995) propone la tesi del rifiuto della femminilità come rifiuto degli scopi passivi della libido, ponendo un’interessante, ma al contempo problematica contiguità tra la posizione femminile e la posizione passiva. Non già dunque la castrazione, come movente per l’uomo di una fuga da una realtà che il tramonto dell’Edipo aveva tentato di scongiurare - preparandone, invece, nella donna l’ingresso -, ma il femminile come allusione perenne ad uno stato di impotenza originaria, di inermità fondamentale, che, tuttavia, si pone a fondamento dello psichismo, della psicosessualità umana. È allora la presenza di punti di apertura, di zone cave, luoghi del corpo, aree di transito di eccitamenti, a sancire il femminile e l'infantile in quanto orifizi passivamente disposti a ricevere.

Scrive, infatti, André:

 

«Il rapporto che proponiamo fra il bambino sedotto e la posizione femminile trova a questo punto il suo ancoraggio più arcaico: il bambino sedotto è un bambino cavità, un bambino orifiziale. L’effrazione della «passione» adulta (intendete, dietro questa parola di Ferenczi: una sessualità diversificata, pienamente costituita, altrettanto più selvaggia per quanto si disconosce; sessualità di cui la barbaria sardanapalesca della scena originaria è la rappresentazione fantasmatica), questa effrazione nel mondo della «tenerezza» del bambino si raddoppia in un’attività, mescolante l’amore/odio e le cure, che transita per quei luoghi di scambio del corpo che sono per eccellenza gli orifizi (orale, anale, urogenitale)» (André, 1995, p. 125).

 

Che ne è a questo punto della lezione freudiana nella quale si pone il problema della coincidenza tra femminile e passivo? Se infatti nello scritto del 1913, "L’interesse per la psicoanalisi", Freud sottolinea la distinzione tra mete attive e mete passive in rapporto alla pulsione, più problematica risulta l’asserzione del 1932, in cui dichiara l'impossibilità di una sovrapposizione tra femminile-passivo ed attivo-maschile.

 

«Persino nel campo della vita sessuale umana vi accorgerete ben presto quanto sia inadeguato far coincidere il comportamento maschile con l’attività e quello femminile con la passività. La madre è attiva in ogni senso nei riguardi del suo bambino; l’atto stesso dell’allattamento si può indifferentemente concepire tanto in modo attivo come allattare quanto in modo passivo come lasciarsi succhiare il latte. Quanto più vi allontanate poi dallo stretto campo sessuale, tanto più chiaro diventa questo “errore di sovrapposizione”. Le donne possono esplicare una grande attività in diverse direzioni, gli uomini non possono convivere con i loro simili se non sviluppano un alto grado di passiva arrendevolezza. Se adesso mi dite che questi fatti contengono precisamente la prova che tanto gli uomini quanto le donne sono bisessuali in senso psicologico, ne deduco che dentro di voi vi siete decisi a far coincidere “attivo” con “maschile” e “passivo” con “femminile”. Ma ve lo sconsiglio. A mio parere questa distinzione è inadeguata e certo non ci insegna niente di nuovo.» (Freud, 1932, p. 222)

 

Passività ed attività, maschile e femminile, si rivelano dunque binomi insufficienti se non si lascia intervenire una ulteriore coppia di opposti, quella tra femminile materno e femminile erotico.

Ritorniamo perciò al Freud commentatore del ricordo di infanzia di Leonardo da Vinci (1910b), che scrive, a proposito della madre di Leonardo:

 

«(…) la povera madre abbandonata effondeva nell’amore materno, il ricordo delle tenerezze perdute e la nostalgia di nuove tenerezze; ed era portata a far ciò non solo per compensare il fatto di non avere un marito, ma anche per compensare il bambino di non avere un padre che lo accarezzasse. Così, come tutte le madri insoddisfatte, collocò il figlioletto al posto del marito e, provocando una troppo precoce maturazione del suo erotismo, lo spogliò in parte della sua virilità.» (Freud, 1910b, p. 257).[4]

 

Freud, non senza esitazione, pone in luce un aspetto fuori legge del femminile che si mobilita nella relazione madre-infante; un rapporto di tenerezza che non manca di rivelare il proprio potenziale erotico, “ tanto più che tale persona – di regola dunque la madre – riserva al bambino sentimenti che derivano dalla vita sessuale di lei, lo accarezza, lo bacia, lo culla: lo prende con evidente chiarezza come sostituto di un oggetto sessuale in piena regola.” (Freud, 1905, p. 528).

Non possiamo non notare la singolarità di tale asserzione formulata in un contesto in cui Freud si impegna a chiarire il cammino della pulsione sessuale infantile e dove il portato seduttivo della relazione adulto-bambino viene frettolosamente liquidato, onde evitare il rischio di una riesumazione della teoria dei neurotica.

A tal proposito, è noto come il passaggio che segna l'abbandono della teoria dei neurotica, sancito in quella che Laplanche suggestivamente definisce  “lettera dell'equinozio”[5] (Laplanche, 1992a), inauguri, per tutti gli studiosi impegnati nella riflessione circa questo importante intreccio teorico, una svolta complessiva nella disciplina, sia da un punto di vista speculativo che clinico; un passaggio (punto di non-ritorno?) da taluni salutato come il momento di fondazione dell'edificio psicoanalitico, d'ora in avanti alle prese con ben altri ordini di realtà.

Su questo punto, Parat (2004) giustamente sottolinea che sebbene il conflitto psichico e la fantasmatica inconscia divengano i nodi da cui avviare la comprensione della patologia, ciò non implica una messa al bando della realtà fattuale da parte del clinico Freud[6].

Ciò detto, forse Freud non ha tutti i torti quando parla, proprio nei Tre saggi, della qualità disturbante del confronto tra il bambino ed il sessuale adulto. Forse, non fa solo riferimento agli effetti di disturbo e danno allo sviluppo psichico di pratiche perverse di un adulto concretamente seduttore; ciò che disturba è, soprattutto in riferimento alla madre, la scoperta di un sessuale che deborda, che eccede e che mette in scacco la rappresentazione dell'innocenza materna.

Sicché, ciò che si pone è una necessaria scissione del femminile, con la conseguente (difensiva?) amplificazione del materno (di cui parlava il preveggente Ferenczi); Giano bifronte, la donna nutrice e la donna amante è l'immagine dalla quale avanza il pericolo di una perenne tentazione incestuosa per entrambi i partner della relazione (Parat, 1999).

Ma è forse proprio questa tentazione ciò in rapporto a cui si articola il rifiuto del femminile: l'incestuale, materno per essenza (Parat, 2004), contrappunto ad una seduzione necessaria, perché garante del legame madre-figlio, si colloca, tuttavia, al di là del registro edipico. L'erotico materno allude ad uno stato di non distinzione, ad un rapporto di furioso corpo a corpo con la madre prima di ogni interdetto paterno; è quanto, a nostro avviso, dà materia ad una strenua opposizione da parte degli esseri umani di entrambi i sessi ad un potere erotico che minaccia e rende indefinitamente arduo il cammino verso la distinzione di sé, come ci dice Parat:

 

«L’incestuale definisce un’atmosfera straniera, in quanto fonte di confusione e d’indeterminazione. Non è tanto l’atto concreto di una madre o un padre, quanto il segno di un’impossibile separazione tra gli individui, un gioco che aliena tutti i suoi partecipanti, che si infiltra nel tessuto familiare, senza che possa mai trovare posto l’altro o il diverso.» (Parat, 2004, p. 113).

 

La relazione primaria, primo ancoraggio del soggetto al mondo delle relazioni interumane, si nutre di sfumature incestuose che garantiscono la tenuta e la messa in opera di un reciproco investimento da parte di entrambi i suoi partner; è tuttavia una dimensione nella quale lentamente vanno introdotte e sostenute istanze di separazione, accenni alle molteplici differenze che il soggetto lungo il cammino sarà impegnato a riconoscere. Ciò che ci sembra in gioco nel rifiuto del femminile, in definitiva, è che esso contiene la possibilità di un ritorno ad un luogo dalle frontiere mobili, dai confini confusi, dove le singolarità si perdono, dove ogni desiderio è annullato nel suo valore di mancanza, in quanto via a cui non è sbarrato l'accesso.

 


NOTE DELL'AUTRICE:

 

[1]              L'uomo dei lupi, nome d'arte di Sergej Konstantinovic Pankeev, ebbe la sua analisi con Freud dal 1910 al 1914 e in seguito con Ruth Mack Brunswick (1928) per alcuni mesi dal 1926 al 1927, è una delle note cinq psychanalyse freudiane. Il coitus a tergo si riferisce ad un ricordo che l'uomo dei lupi produce rispetto all'aver assistito ad un rapporto sessuale tra i genitori, ricordo situato verso l'anno e mezzo di vita del paziente. Naturalmente, questo lavoro di ricognizione di tracce mnestiche di eventi reali non è esente da problematicità, che per ora tralasciamo.

[2]              Nel frammento del 4 agosto Ferenczi scrive, infatti: “L'autore [Freud] ha forse una ripugnanza personale verso la sessualità spontanea della donna a orientamento femminile: idealizzazione della madre. Indietreggia di fronte all'impegno di avere una madre sessualmente esigente e di doverla soddisfare” (Ferenczi, 1932, p. 287).

[3]              Come abbiamo già avuto occasione di far notare (cfr. Nunziante Cesàro & Zurolo, 2010), sulla scorta delle riflessioni di Scarfone (1997) e Galiani (2007), Laplanche impiega una terna di termini:  “significante enigmatico”, “messaggio enigmatico” e “messaggio compromesso”. Soprattutto negli ultimi scritti, Laplanche preferisce il concetto di “messaggio compromesso” in quanto più utile a significare l’intromissione di elementi sessuali inconsci da parte dell’adulto; si tratta di un'espressione che implica sia il necessario lavoro di traduzione che il messaggio impone, sia il fatto che entrambi i soggetti immersi in questa dimensione sono interessati dalla sua enigmaticità.

[4]              In altri passi Freud parla dell'erotismo materno. Si veda, per una ricognizione complessiva, Nunziante Cesàro & Zurolo (2010).

[5]              È l'ormai nota lettera all'amico Fliess del 21 settembre 1897 (Freud, 1887-1902).

[6]              Su questo punto ci sentiamo di poter dire che realtà psichica e realtà fattuale non costituiscono due opposti inconciliabili; l'analisi tuttavia può indirizzarsi unicamente al lavoro che ciascun soggetto compie da un punto di vista immaginativo, elaborativo, fantasmatico.

                È pur vero che il ricorso alla fattualità della seduzione, così come per altre questioni fondamentali (si pensi, a titolo d'esempio, al problema del recupero di ricordi legati alla scena primaria quando Freud è alle prese con il caso dell'Uomo dei lupi) sarà sempre problematico, delineandosi quasi come una tentazione teorica rispetto agli enigmi che si pongono in analisi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

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Freud S. (1887-1902). Le origini della psicoanalisi. Lettere a Wilhelm Fliess, abbozzi e appunti, 1887-1902. Torino: Boringhieri, 1961 [II ediz.: 1968].

Freud S. (1905). Tre saggi sulla teoria sessuale. OSF IV. Torino: Boringhieri.

Freud S. (1910a). Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (dementia paranoides) descritto autobiograficamente (Caso clinico del presidente Schreber). OSF VI. Torino: Boringhieri.

Freud (1910b). Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci. OSF VI. Torino: Boringhieri.

Freud S. (1913). L’interesse per la psicoanalisi. OSF VII. Torino: Boringhieri.

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Galiani R. (2007). Ricercando nuovi passaggi. Una nota su Dominique Scarfone. In: Scarfone D. (1997). Jean Laplanche. Paris: PUF (trad. it.: Jean Laplanche. Un’introduzione. Milano: FrancoAngeli, 2007) 1997, pp. 95-105.

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