Francesco Vaccaro

 

' Un giorno sapremo, forse, che non ci fu arte, ma soltanto medicina'

(LE CLEZIO)

C'è ancora chi pratica l'arte per ritrovare se stesso, l'autenticità e le ragioni dell'esistenza. Elaborare la sofferenza e dare fermezza ai dubbi, ricucire gli strappi dell'anima, dare senso ai rifiuti, sporgersi sul baratro senza sprofondare ma reintegrandosi con le proprie ombre. Ritrovarsi, trasformato in se stesso per affrontare con la vita la ricerca continua a cui si sottopongono coloro i quali non la aggirano, mettendosi in gioco come veri bambini. Una ricerca che implica la dimensione mitica dell'esistenza e un pensiero che nasce dalla meraviglia, che scaturisce dalle 'cose più semplici' per progredire verso "problemi sempre maggiori' come afferma Aristotele, espresso in una tensione che costituisce la verità dell'uomo, del suo essere nel mondo.

Per ritrovarsi non c'è necessariamente bisogno di perdersi, basta assumere consapevolmente come parametro della vita interiore quella metafora atavica che è il labirinto, come ha fatto Francesco Vacccaro, luogo accolto e sperimentato in quanto tale nel viaggio dell'esistenza come metamorfosi costante, dove il filo che dà la possibilità di avanzare senza smarrirsi è il simbolo dei linguaggio stesso. L’artista non vi si integra romanticamente, piuttosto conduce il gioco contemporaneamente come attore e giocatore di un videogame, valutando il rischio di navi- gare sulla soglia sottile tra finzione e realtà, simulazione e verità, virtualità e contingenza.

Egli mette a punto con l'esercizio quotidiano un'idea di creatività come necessario processo di crescita ed evoluzione a cui l'oggetto prodotto si conferma fino ad aderirvi completamente come un autoritratto, una rappresentazione a propria immagine e somiglianza, specchio dell'interiorità. Le composizioni di Francesco sono ritratti intimi, radiografie dell'anima, dei suoi grovigli problematici e dei silenzi significanti, spazi dove ricucire i segni della divisione, cauterizzare le ferite ricevute in cui si stampa l’individualità. In assoluta coerenza con la dimensione fluida interiore, al filo viene affidata la segnalazione di una particolare energia che guida il processo come realtà complessa ed emozionata.

Il delicato e forte corpo strutturale dell'opera pertanto si rivela più mediante lapsus e rimozioni, cesure e censure, pause e vuoti luminosi, a fronte di tutto quella singolare elaborazione di un'ansia di riscatto e di un'intensa passione molto spirituale e molto fisica che ne sta alla base. Il rapporto che il suo autore vi stabilisce riporta l'espressione creativa ad essere luogo dell'incontro e dello scambio, perché venga compresa più come un problema dell'esistenza che come prodotto della cultura, oggetto di valutazione.

Per quanto mi riguarda, di fronte al lavoro di Francesco ho cercato di andare oltre l'esercizio dei giudizio e della legittimazione intellettuale che la critica agisce sull'oggetto compiuto nel momento di formazione di un artista, quello straordinario stato di grazia operativo pieno di tensione e illuminazione, lasciandomi andare al bisogno sostanziale di condividere un qualcosa di estremamente vero e necessario. Una richiesta così disarmante che non si può rifiutare.

 

Patrizia Ferri