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IL GIORNO DELLA STRAGE

Venerdì - 29 luglio 1983

 

Nel giorno dell'appuntamento con la morte mi sono alzato alle 7, mi rasai e subito dopo mi affacciai per "assaggiare" la temperatura e di conseguenza decidere come vestirmi.

Il cielo era bellissimo e la temperatura era già quasi calda, quindi preferii non indossare la giacca, né tanto meno portarmi la pistola.

Non feci colazione perché preferivo farla assieme alla scorta.

Prelevai la blindata e giunsi sotto casa del Consigliere tra le 7,55 e le 8.

Arrivato sul posto la prima cosa che notai fu lo spazio libero che c'era proprio a ridosso dell'abitazione del consigliere, infatti esclamai: "minchia che culo!", quindi posteggiai proprio lì, non sapendo che quello spazio era stato creato apposta dai sicari per potere effettuare al meglio l'attentato

Lo spazio era delimitato da una 500 e dalla 126 imbottita di tritolo.

Sul posto trovai Bartolotta, Trapassi, Amato e altri che non ricordo. Bartolotta era davanti la 126, Trapassi parlava con Li Sacchi, il portiere dello stabile, Amato era nei pressi dell'Alfasud.

Scesi dalla blindata e salutai tutti quanti, entrai in portineria e subito dopo diedi una sfogliata al giornale proprio davanti alla 126.

Ebbi il tempo di sbirciare soltanto la prima pagina, perché Bartolotta mi pregò di andare a prendere la ricetrasmittente che aveva dimenticato nella macchina di scorta e di piazzarla nella blindata, non sapeva che la sua dimenticanza da lì a poco mi avrebbe salvato la vita.

Così feci. Presi l'apparecchiatura e la piazzai sull'Alfetta, ma con la coda dell'occhio guardavo sempre lo specchietto retrovisore per non trovarmi impreparato qualora scendesse il Consigliere, infatti subito dopo notai che Trapassi fece il consueto gesto di avvertimento che il dr. Chinnici era per le scale, per cui non scesi più dalla blindata e spalancai le portiere da dove dovevano salire Bartolotta ed il Consigliere e la mia portiera la chiusi anche con la sicura.

Ebbi solo il tempo di girare la chiave dell'avviamento, almeno credo di averlo fatto, non ho visto nemmeno il Consigliere, forse ho intravisto la sagoma o la borsa, non posso essere più preciso.

Sapevo che era rischioso il mio lavoro di autista giudiziario ma non potevo immaginare di finire in quella maniera. Sono stati barbari, caini. Avevo "finalmente" capito come "ragiona" la mafia.

 

 

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