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L'INCONTRO CON CHINNICI

 

Per colpa dell'emozione del primo turno pomeridiano che svolsi col Consigliere mi ricordo soltanto pochi episodi, non mi ricordo nemmeno chi c'era di scorta. Andai a prelevarlo in via Pipitone,  e chi era seduto accanto a me mi indicava la strada da fare, ed anziché recarci in ufficio andammo in una scuola, nei pressi di via Malaspina. Lì per lì mi chiesi: ma che ci viene a fare qui? Incuriosito entrai e vidi il Consigliere che parlava agli studenti, si rivolgeva loro come se erano tutti figli suoi. Aveva intuito che bisognava pure coinvolgere i ragazzi nella lotta contro la mafia, parlava loro anche di droga, spiegava come facevano soldi i mafiosi.

Rammento che fu un pomeriggio stressante, perché dovetti condurre per la prima volta la macchina blindata con la sirena inserita e districarmi in mezzo al traffico mi creò non poche difficoltà, la macchina era pesantissima per colpa della blindatura, senza servosterzo, vetri spessi e con paraschegge che distorcevano le immagini non indifferentemente, e io non avevo seguito nessuna preparazione specifica, infatti il concorso lo svolsi con una Fiat 124 sgangherata e per giunta con la frizione bruciata.

 

La seconda volta che accompagnai Chinnici da casa in ufficio, presi l'iniziativa di cambiare itinerario e dallo specchietto retrovisore mi accorsi che si era preoccupato. Effettivamente mi chiese che cosa stavo combinando e perché avevo cambiato percorso. Ricordo ancora la mia risposta: "Secondo me - gli dissi - è meglio non fare sempre la stessa strada". Il Consigliere sorrise e mi disse ''bravo!'', sottolineando che nessuno dei miei colleghi aveva mai fatto una cosa del genere. Forse fu quell'episodio uno dei motivi per cui Chinnici tentò più volte di farmi rimanere nell'Ufficio da lui diretto. Non mi nascondeva nemmeno che apprezzava moltissimo la mia puntualità, la mia serietà, il mio modo di vestire.

 

Il servizio non prevedeva nemmeno che girassi armato. Tuttavia, dati i rischi cui ero esposto sarebbe stato imprudentemente non esserlo. Così, privatamente e quindi a mie spese, presi il porto d'armi e acquistai una "Beretta 51". Mi armai, perché pensavo che in caso di bisogno avrei potuto dare una mano ai ragazzi.

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