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L'INCONTRO E I RAPPORTI CON CAPONNETTO

 

Quando rientrai all'Ufficio Istruzione il dottore Graziano, mi accompagnò dal successore di Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto.

Fisicamente era completamente diverso dal Consigliere Chinnici, ebbi la sensazione di avere di fronte un "parrino" (prete), sì, ebbi proprio questa sensazione, gentilissimo nei modi, voce molto pacata e uno sguardo che ti infondeva una sicurezza tale che gli avresti affidato anche la tua vita.

Ma quella figura nascondeva determinazione, tenacia, forza, sicurezza, un trascinatore, doti che risultarono vincenti per dirigere un Ufficio in un periodo molto difficile.

Erano i tempi in cui i morti ammazzati per mafia erano all'ordine del giorno, erano i tempi delle polemiche, e c'erano anche i corvi.

Non l'ho mai visto "incazzato", anche quando ne avrebbe avuto tutte le ragioni.

Mi ricordo che si alzò dalla sedia e mi venne incontro per salutarmi, mi diede il benvenuto abbracciandomi, come se mi conoscesse da un'eternità.

Mi disse anche che se avessi avuto bisogno di qualsiasi cosa potevo contare su di lui e nel tempo mi dimostrò veramente che la sua disponibilità era sincera.

Si indignò non poco quando seppe della mia retrocessione, infatti in data 26 marzo 1985 scrisse una missiva al Ministro Martinazzoli invocandolo ad interessarsi per una migliore e più equa soluzione della vicenda.

E' inutile dire che la missiva non ebbe nessun seguito.

I nostri rapporti si intensificarono quando cominciai ad occuparmi dell'informatizzazione dei Maxi processi.

Viveva in una stanzetta messagli a disposizione dalla Guardia di Finanza, viveva lontano dalla sua famiglia... quasi da eremita.

Questo suo modo di vivere mi sconvolse, per cui decisi che non l'avrei lasciato un attimo solo, infatti mi misi d'accordo con il suo autista, Michele Piazza, che in tutti i suoi spostamenti ci sarei andato anch'io. Alla fine della giornata lo accompagnavo fin dentro la sua stanza della caserma, mi accertavo se avesse il pranzo o la cena, che il più delle volte si trattava semplicemente di un frutto.

Lo accompagnavo anche fin sotto l'aereo quando partiva per Firenze e poi lo andavo a riprendere.

Purtroppo questa abitudine, pian piano, e riconosco di avere sbagliato, ho dovuto "abbandonarla" poiché le malelingue avevano messo in giro che facevo lo spione. Questi vigliacchi non sapevano che lo facevo soltanto perché volevo essergli riconoscente per quello che stava facendo per noi palermitani, ed era un modo come un altro per farlo sentire meno solo.

In macchina non si parlava mai di lavoro e/o di quello che succedeva all'interno degli uffici giudiziari: si parlava delle famiglie, del tempo e di altro ancora.

Partecipò con Falcone, Borsellino, De Francisci, al mio matrimonio.

Ed a proposito di ciò mi ricordo che mi evitò di fare una bruttissima figura nei confronti del dr. Falcone.

Prima di andare in congedo salutai il Consigliere Caponnetto; in quella occasione, ovviamente, lo invitai. Caponnetto mi disse: "Ma a Giovanni lo hai detto?". Io. emozionato, quasi balbettando, risposi: ''Consigliere vorrei dirglielo ma ho paura che mi dica di no''. Caponnetto mi fece coraggio e aggiunse: ''Vacci, diglielo, invitalo...''. Andai da Falcone, entrai nella sua stanza e con voce tremante: ''Dottò Falcone ho il piacere di invitarla al mio matrimonio''. La sua risposta mi riempì di gioia.   Sorrise e mi prese in giro con una battuta che non dimenticherò mai: ''Perchè, si sposa?''.  Premetto che il giudice Falcone aveva partecipato al dono di nozze che mi fecero tutti i componenti dell'Ufficio. Vuol dire che sapeva benissimo che stavo sposandomi.

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Le note dolenti nei rapporti col consigliere erano le virgole. Nel periodo in cui si dovevano redigere le Ordinanze - Sentenze dei Maxi processi, i magistrati mi passavano le bozze che digitavo col PC, bozze che il più delle volte erano senza punteggiatura, per cui mentre digitavo il testo mettevo le virgole laddove, secondo me, andavano messe. Ma  all'80% sbagliavo sempre,  e il Consigliere che correggeva le stampe mi rimproverava con delle battute che annotava a margine delle pagine corrette..

Riusciva a correggere migliaia di pagine al giorno e li collazionava completamente da solo, aveva la scrivania piena di appunti vari, fascicoli, eccetera.

La grafia più bella e la più leggibile era di Falcone, la più difficile era quella del giudice Guarnotta.

La grafia che più mi ha fatto disperare era quella della signora Francesca Morvillo (correggeva gli scritti di Falcone quando questi doveva partecipare ad alcuni convegni), mi faceva disperare anche perché scriveva con la matita e per giunta con la mano molto leggera. La pregai più volte di usare la penna rossa, ma puntualmente se lo scordava.

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Tornando al consigliere Caponnetto, l'ho visto per l'ultima volta davanti la bara di Borsellino, proprio quando disse che "era finito tutto", già! Era proprio finito tutto (a tal proposito vedasi l'articolo di Repubblica del 21 luglio 1992).

Le sue parole erano come un atto di arresa, giorni dopo si corresse, ma secondo me, si corresse per non scoraggiare ancora di più l'opinione pubblica, e ancora oggi sono più convinto di quello che dico.

Dopo settimane, preso dallo sconforto, gli mandai delle foto accompagnate da una lettera, che poi pubblicò nel suo libro: "I miei giorni a Palermo".

Dopodiché ho scelto di non sentirlo più, perché ogniqualvolta riascoltavo la sua voce mi faceva molto soffrire.

 

 

 

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