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LA VITA DEGLI AUTISTI

 

Tra il 1981 e luglio 1983, a Palermo e provincia, si consumarono, se ho fatto bene i conti, tra scomparse e omicidi,  265 delitti.

Furono trucidati servitori dello Stato, quali: Jevolella (10-09-81), Bosio (06-11-81), La Torre, Di Salvo (30-04-82), strage di Viale Regione Siciliana (16-06-82), Burrafato (29-06-82), Giaccone (11-08-82), Dalla Chiesa, Setti Carraro, Russo (03-09-82), Zucchetto (14-11-82), Ciaccio Montalto (26-01-83), D'Aleo, Bommarito, Morici (13-06-83).

Al culmine della guerra di mafia, furono uccisi capi mafia del calibro di Bontate (23-04-81), Inzerillo (11-05-81).

 

E più aumentava la tensione e il pericolo, più diminuivano i fondi per lo straordinario, per cui oltre a lavorare in condizioni estremamente difficili, a noi autisti, ci veniva negato un nostro sacrosanto diritto. In pratica ci pagavano soltanto 12 ore mensili, mentre per il resto potevi prenderti delle ore compensative, ma ciò era impossibile, perché si erano accumulate tante di quelle ore che ogni autista poteva benissimo starsene a casa per un mese intero.

Cosicché, per senso del dovere ed al fine di garantire la continuità del servizio, io e il collega Paolo S., decidemmo che il servizio con Falcone e Chinnici lo avremmo gestito soltanto noi due con dei turni di 48 ore ciascuno, nel senso che dopo due giorni di lavoro avremmo usufruito di altrettanti giorni di riposo. A volte andava bene, altre meno bene.

Il servizio ebbe vita breve, perché fu formalizzato, con ordine di servizio n. 2566, l'8.07.83, 21 giorni prima della strage.

 

A quei tempi il lavoro degli autisti era pesante, massacrante. Specialmente la sera, a volte, il servizio terminava alle due o alle tre di notte, e siccome le macchine blindate venivano custodite al carcere dell'Ucciardone, l'orario coincideva con il cambio della guardia, per cui prima che ti aprissero il portone dovevi aspettare un bel pò.

Nelle ore di attesa non potevi allontanarti, quindi la cena era sempre costituita da panini o pizze che mangiavamo in compagnia delle scorte, e si mangiava sempre in tensione perché dovevi stare sempre attento a qualcosa o a qualcuno che poteva costituire un pericolo per la persona che in quel momento stava godendo di un meritato momento di relax.

Il luogo che ci metteva più paura era la vecchia abitazione della sig.ra Francesca, a quell'epoca abitava in via Villaermosa, una traversa che collega la Via Cavour alla via Mariano Stabile.

Ci metteva specialmente paura la sera o la notte, perché era una strada buia e proprio di fronte l'abitazione vi era un cancello dove potevano nascondersi dei malintenzionati, infatti ci fermavamo non prima di avere effettuato due o tre giri di perlustrazione.

Comunque non sempre le uscite erano pesanti,  una volta accompagnai il dr. Falcone all'Hotel La Torre di Mondello, lì lo vidi per la prima volta in costume, aveva delle belle spalle possenti, da nuotatore, infatti si tuffò e fece non meno di cinque giri in uno spazio in mare (quasi come una piscina) delimitato da funi e boe. Al largo c'era una motovedetta della Polizia, noi lo seguivamo con lo sguardo dalla terra ferma, ed era veramente piacevole guardarlo, aveva uno stile impeccabile ed era instancabile, mi ricordo che quando lo riportai a casa, in macchina gli feci i miei complimenti e gli dissi che un giorno lo avrei sfidato a chi resisteva di più, sorrise compiaciuto. Era un sorriso libero di un uomo costretto a vivere da non libero.

Per mia fortuna la sfida non c'è mai stata perché l'avrei sicuramente persa.   

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