D'Annunzio,
Gabriele
(Pescara 1863 - Gardone Riviera, Brescia 1938), narratore, poeta e
drammaturgo italiano. Frequentò a Prato il prestigioso Collegio Cicognani;
giovanissimo, esordì con la raccolta di poesie Primo vere (1879),
ben accolta dalla critica: finito il liceo giunse perciò a Roma preceduto
da una certa notorietà negli ambienti culturali.
Grazie
a Edoardo Scarfoglio frequentò il mondo del giornalismo e fece vita di
società, collaborando a varie testate (dal "Fanfulla della
Domenica" alla "Cronaca bizantina", alla
"Tribuna"). Come cronista mondano fu molto apprezzato dal
pubblico, e quando venne pubblicato il secondo libro di poesie (Canto
novo, 1882), la sua popolarità crebbe ulteriormente. Nel frattempo
scrisse anche racconti: la produzione novellistica di questo periodo venne
pubblicata in seguito con il titolo Novelle della Pescara (1902),
un libro in cui il verismo è sapientemente mischiato a una sensibilità
decadente.
Nel
1889 pubblicò il romanzo Il piacere: protagonista ne è Andrea
Sperelli, un giovane aristocratico che ama l'eleganza e l'arte; il suo
estetismo lo porta a trascurare la vita pratica a favore di un'egoistica e
distruttiva idealizzazione dell'amore e della vita sotto il segno del
bello, e così travolge non solo le sue amanti ma anche se stesso.
Come
in tutta la sua opera, D'Annunzio si proiettò nella scrittura e nelle
invenzioni letterarie: sposatosi molto giovane condusse una vita
sentimentalmente travagliata ed ebbe numerose amanti; adorava circondarsi
di opere d'arte raffinate e aveva il culto dell'eleganza. Per questo
motivo la sua vita fu costellata da periodi di forte indebitamento, da
fughe opportunistiche e da momenti di magnificenza. Dal 1891 al 1894 si
trasferì a Napoli per sfuggire ai debiti; si mantenne soprattutto grazie
alla collaborazione con il quotidiano della città, "Il
Mattino".
Con
i due romanzi Giovanni Episcopo (1891) e L'Innocente (1892;
da quest'opera il regista Luchino Visconti trasse un film nel 1976)
D'Annunzio diede prova di saper assorbire e rielaborare con straordinaria
rapidità i più vari modelli espressivi, sia nei suoi testi poetici (nati
sotto il segno di Carducci ma non carducciani) sia in quelli narrativi:
l'influenza di Tolstoj e di Dostoevskij è infatti evidente. In Vergini
delle rocce (1895) il riferimento ideologico è al filosofo Friedrich
Nietzsche, ma in D'Annunzio la figura del superuomo mantenne una forte
componente estetizzante.
La
produzione poetica continuò con il Poema paradisiaco (1893); le
raccolte maggiori sono del 1903: con i primi tre libri (Maia, Elettra,
Alcione) delle Laudi del cielo, del mare, della terra, degli
eroi si sarebbero misurati i poeti italiani delle successive
generazioni.
Dal
1898 D'Annunzio visse a Settignano (Firenze) nella villa La Capponcina,
vicina alla residenza di un'ennesima donna amata, la celebre attrice
Eleonora Duse, con la quale ebbe una intensa relazione rispecchiata senza
troppo pudore nel romanzo Il Fuoco (1900). La vicinanza della Duse
fece sì che D'Annunzio intensificasse l'attività teatrale: durante la
loro relazione scrisse nel 1899 La città morta e La Gioconda,
ma il meglio del suo teatro è costituito dalle tragedie Francesca da
Rimini (1902), La figlia di Jorio (1904) e La fiaccola sotto
il moggio (1905).
I
creditori riuscirono a sequestrargli la villa e gli arredi, e per questo
nel 1910 D'Annunzio emigrò in volontario esilio in Francia, dove
continuò a scrivere. Visse a Parigi quattro anni. Sin dalla fine
dell'Ottocento il "poeta vate" cominciò a registrare appunti e
ricordi, costituendo così la base per le prose raccolte nelle Faville
del maglio (1924-25), la prima delle quali fu stampata sul
"Corriere della Sera" nel 1911. In esse si esprime una vena
memorialistica che culminerà nel Notturno (ultimato nel 1921),
opera di uno scrittore non più "magnifico" ma ripiegato su se
stesso: un altro importante episodio furono le Cento e cento pagine del
libro segreto (1935), tutti testi capitali della sua produzione in
prosa.
Tornato
in Italia nel 1915, dal 1921 alla morte visse sul lago di Garda, a villa
Cargnacco, trasformata progressivamente nel Vittoriale, una sorta di
monumento a se stesso e a futura memoria: il luogo più elevato del parco
ospita infatti il mausoleo che lo scrittore fece edificare per farvi
riporre le proprie spoglie. D'Annunzio fu una celebrità anche all'estero:
in Italia venne realizzata un'imponente edizione nazionale delle sue opere
(42 volumi) e nel 1937 fu nominato presidente dell'Accademia d'Italia.
Nell'opera
di D'Annunzio la vita dell'autore e la letteratura non solo si
rispecchiano, ma l'esistenza privata diventa spettacolo per il pubblico,
attirando sul poeta un interesse mai raggiunto da nessun autore italiano
precedente e contemporaneo. In questo modo si spiega l'apparente paradosso
per cui lo scrittore più popolare del tempo fu un artista aristocratico
ed esclusivista. Un artista "inimitabile", anche grazie a gesta
avventurose come la Beffa di Buccari e l'impresa di Fiume. Del resto, la
modernità della sua sensibilità è provata da altri fatti: non solo
D'Annunzio fu tra i primi a interessarsi di cinema, ma molti si rivolsero
a lui per battezzare prodotti commerciali (la penna Aurora o il liquore
Aurum) o per trovare un efficace pseudonimo a una scrittrice (vedi
Liala), fatti che denotano una precoce sensibilità
"pubblicitaria". |