Il
27 ottobre i fascisti italiani, che nel frattempo avevano perfezionato la
loro struttura paramilitare sotto la direzione di un quadrumvirato,
"marciarono" su Roma per assumere il potere. Le truppe fasciste,
giungendo a piedi o utilizzando ogni mezzo di fortuna, dalle biciclette ai
camion, si attestarono a nord di Roma. Il re, dapprima orientato a
proclamare lo stato d'assedio, rifiutò di firmare il decreto esecutivo
del capo del governo Facta che sbarrava l'ingresso alla città ai
fascisti. Anzi preferì convocare Mussolini, il quale era rimasto
prudentemente a Milano, in attesa degli eventi, accettando le sue
condizioni ed affidandogli la formazione del governo (30 ottobre), mentre
le colonne fasciste entravano in Roma senza alcuna opposizione.
Il
nuovo ministero corrispondeva al blocco di forze moderate che si era
formato attorno a Mussolini in funzione anti operaia e antisocialista; ne
fecero parte fascisti, nazionalisti, popolari, liberali ed esponenti delle
forze armate. La decisione di Vittorio Emanuele III, di aprire la via di
Roma ai fascisti e di affidare il governo al loro capo Mussolini, fu un
"colpo di mano" se non addirittura un "colpo di stato"
che ruppe la continuità della tradizione costituzionale-parlamentare e
creò le premesse per un governo dittatoriale che sarebbe durato oltre
ventanni.
|