Seconda
guerra mondiale
Guerra
iniziata nel 1939 con l'invasione della Polonia da parte della Germania
nazista. In risposta all'aggressione Francia e Gran Bretagna dichiararono
guerra ai tedeschi e il conflitto si estese presto fino a interessare
molti paesi e aree geografiche del pianeta. Più che in qualsiasi altra
guerra precedente, il coinvolgimento delle nazioni partecipanti fu totale
e l'evento bellico interessò in modo drammaticamenta massiccio anche le
popolazioni civili. La sua conclusione nel 1945 segnò l'avvento di un
nuovo ordine mondiale incentrato sulle due superpotenze vincitrici, gli
Stati Uniti d'America (USA) e l'Unione delle Repubbliche Socialiste
Sovietiche (URSS).
Origini
della seconda guerra mondiale
L'esito
della prima guerra mondiale aveva scontentato, per motivi diversi,
tre grandi potenze: la Germania, principale nazione sconfitta, per le
perdite territoriali e le altre pesanti condizioni imposte dal trattato di
Versailles, l'Italia e il Giappone, che ritenevano insufficiente quanto
ottenuto a seguito della vittoria conseguita.
Francia,
Gran Bretagna e Stati Uniti avevano raggiunto i loro principali obiettivi:
Washington la riduzione del potere militare della Germania; Parigi e
Londra un ordine mondiale funzionale ai loro interessi coloniali. Ma
proprio il mantenimento del nuovo quadro risultò subito problematico,
dopo che gli Stati Uniti, per volere del presidente Wilson, avevano
rifiutato di entrare nella Società delle Nazioni per ritirarsi in un
nuovo isolazionismo.
Nel
corso degli anni Venti si fecero alcuni tentativi per giungere a una pace
stabile: nella conferenza di Washington (1921-22) le principali potenze
navali concordarono di porre dei limiti ai potenziali delle rispettive
marine militari; gli accordi di Locarno (1925) stabilirono una serie di
impegni a garanzia della frontiera franco-tedesca; infine, sottoscrivendo
a Parigi nel 1928 il patto Briand-Kellogg, 63 nazioni (con l'eccezione,
tra le grandi potenze, dell'Unione Sovietica) rinunciarono alla guerra
come strumento di soluzione delle controversie internazionali.
Tuttavia,
se uno degli scopi dichiarati dai vincitori era stato di "assicurare
al mondo la democrazia", l'inadeguatezza dei risultati ottenuti
emerse chiaramente dal fatto che negli anni Venti si assistette
all'avvento e al progressivo affermarsi di forme di totalitarismo
nazionalista-militaristico, giudicate più efficaci della democrazia
nell'operare il contenimento del comunismo, da più parti visto come
l'obiettivo politico prioritario.
Il
primo regime fascista fu creato da Benito Mussolini in Italia, già nel
1922. Adolf Hitler, Führer (capo) del Partito nazionalsocialista
tedesco, dieci anni dopo fondò il suo progetto di Grande Reich oltre che
sul richiamo a teorie basate sull'antisemitismo e sul razzismo,
esaltatrici della presunta superiorità della razza ariana, sulla
prospettiva politica di abolire l'"ordine di Versailles" e
assicurare lo spazio vitale (vedi Lebensraum) al regime
totalitario che avrebbe dovuto raccogliere tutti i tedeschi. La Grande
Depressione, inoltre, affliggeva in maniera particolarmente grave la
Germania, quando Hitler, dopo aver vinto le elezioni ed essere stato
nominato Cancelliere, in breve assunse pieni poteri.
Quanto
al Giappone, pur non esistendovi formalmente un regime fascista, il ruolo
svolto dalle forze armate nel governo civile del paese era preponderante e
si ispirava alla volontà di rimettere in discussione gli equilibri
internazionali sin lì definiti.
Nel
marzo del 1936, dopo aver annunciato il riarmo nazionale in violazione del
trattato di pace di Versailles, Hitler occupò militarmente la Renania (il
cui status di zona smilitarizzata era stato definito sia a Versailles sia
dagli accordi di Locarno), ricevendone solo una flebile protesta da parte
di Londra e Parigi. Seguì un altro passaggio preparatorio
all'applicazione del programma espansionistico, segnato dall'intervento
nella guerra civile spagnola (1936-1939) al fianco dei ribelli franchisti
e in collaborazione col futuro alleato Mussolini, fondatore in quegli anni
dell'impero coloniale italiano in Etiopia (vedi guerra d'Etiopia).
Tra il 1936 e il 1937, una serie di accordi tra Germania, Italia e
Giappone formalizzò lo stabilirsi di un Asse Roma-Berlino-Tokyo che univa
in alleanza i tre regimi "forti" della scena internazionale (vedi
Potenze dell'Asse).
L'espansionismo
nazista in Europa
L'annessione
dell'Austria nella primavera del 1938 (vedi Anschluss) fu il
primo passo verso la realizzazione del progetto hitleriano di
ricostituzione della Grande Germania. Mussolini appoggiò l'alleato,
mentre britannici e francesi ancora una volta mancarono di intervenire con
decisione, liquidando la vicenda come una questione interna tedesca.
Nel
settembre successivo fu la volta delle rivendicazioni naziste sulla
regione dei Sudeti, al confine occidentale della Cecoslovacchia, abitata
da una popolazione a maggioranza tedesca. Il primo ministro inglese
Neville Chamberlain, sostenuto anche dal governo francese, nel corso della
conferenza di Monaco convinse le autorità ceche a cedere, in cambio
dell'impegno da parte di Hitler a non avanzare ulteriori rivendicazioni
territoriali (politica di appeasement). In realtà nel marzo 1939
Hitler occupò tutta la Cecoslovacchia, spingendo Londra a siglare un
accordo di garanzia con la Polonia, successivo obiettivo dichiarato
dell'espansionismo nazista.
Uno
sviluppo inatteso si ebbe il 23 agosto 1939 con la firma a Mosca di un
trattato di non aggressione tra Germania e URSS (accordo
Molotov-Ribbentrop), che peraltro in un protocollo segreto concordavano di
spartirsi l'Europa centrorientale, attribuendo all'Unione Sovietica
Finlandia, Estonia, Lettonia, Polonia orientale e Romania.
Il
1° settembre 1939 i tedeschi invasero la Polonia. Due giorni dopo Francia
e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania; trincerati dietro la
linea Maginot, i francesi non erano in realtà nella condizione di
attaccare l'opposta linea Sigfrido tedesca, che pure non era coperta a
sufficienza dalle truppe, impegnate sul fronte polacco.
La
guerra-lampo in Polonia
Il
1° settembre cominciarono i bombardamenti delle reti ferroviarie
polacche. Dopo quattro giorni due gruppi armati, uno proveniente dalla
Prussia orientale e un altro dalla Slesia, attraversarono le frontiere
indirizzandosi verso Varsavia e Brest. La macchina bellica tedesca aveva
realizzato la Blitzkrieg (guerra-lampo) impiegando mezzi corazzati,
aerei e fanteria autotrasportata. Tra l'8 e il 10 settembre i tedeschi
avanzarono verso Varsavia. Il 17 l'Armata Rossa varcò il confine
occupando la Polonia orientale. Il 20 settembre la Polonia tutta era nelle
mani dei tedeschi e dei sovietici.
La drôle
de guerre
Dopo
la conquista della Polonia, su entrambi i fronti si sospesero le
operazioni, tanto che questa fase venne chiamata la drôle de guerre
("strana guerra"). I francesi rimasero attestati dietro la linea
Maginot, mentre nel nord della Francia aveva inizio il trasbordo delle
truppe inglesi sul continente.
La
guerra finnico-sovietica e il fronte norvegese
Il
30 novembre, l'Unione Sovietica dichiarò guerra alla Finlandia. I
finlandesi, guidati dal maresciallo Mannerheim, opposero una strenua
resistenza, che durò sino all'anno seguente. L'aggressione alla Finlandia
fu condannata dall'opinione pubblica mondiale, ma nello stesso tempo
offrì a Francia e Gran Bretagna il pretesto per impossessarsi di una
delle principali fonti di rifornimento di metalli ferrosi della Germania
occupando il porto norvegese di Narvik. L'ammiraglio tedesco Erich Raeder
decise allora di invadere la Norvegia sbarcando simultaneamente in otto
città portuali, da Narvik a Oslo. Le truppe avrebbero dovuto essere
trasportate con navi da guerra. La Danimarca, che non rappresentava un
problema militare, era utile per la vicinanza dei suoi aeroporti alla
Norvegia. Temendo l'intervento di altre potenze al fianco della Finlandia,
Stalin concluse la pace l'8 marzo, assicurando all'URSS concessioni
territoriali; la Finlandia però rimase indipendente. Il 2 aprile Hitler
ordinò di attaccare la Norvegia e la Danimarca. La Danimarca si arrese
immediatamente.
I
norvegesi, aiutati da 12.000 soldati britannici e francesi, resistettero
nella zona tra Oslo e Trondheim fino al 3 maggio. A Narvik
contrattaccarono, sostenuti dalla flotta britannica. Nella prima settimana
di giugno i tedeschi furono obbligati a ritirarsi fino al confine svedese,
ma le sconfitte militari in Francia obbligarono francesi e britannici a
ritirare da Narvik le loro truppe.
I
Paesi Bassi
In
primavera, infatti, Hitler aveva impostato una nuova strategia per la
campagna contro la Francia e i Paesi Bassi: scartato il piano che
prevedeva l'invasione attraverso il Belgio, decise, secondo il piano
ideato dal generale Erich von Manstein, di sferrare l'attacco nelle
Ardenne, cogliendo di sorpresa il comando anglo-francese.
Il
10 maggio forze aeree tedesche atterrarono in Belgio e in Olanda occupando
aeroporti e nodi stradali. L'esercito olandese si arrese il 14 maggio,
poche ore dopo il bombardamento di Rotterdam. Lo stesso giorno, l'esercito
tedesco, comandato dal generale Gerd von Rundsteadt, attraversò le
Ardenne cogliendo alle spalle le armate britanniche e francesi.
La
sconfitta della Francia
Il
26 maggio, inglesi e francesi (un contingente alleato di 338.226 uomini )
furono respinti a Dunkerque e riuscirono a trovare scampo solo grazie a
una gigantesca operazione di evacuazione della regione costiera
ripiegarono drammaticamente per scampare alla cattura. Intanto Leopoldo
III, re del Belgio, firmava la resa due giorni dopo.
La
linea Maginot era intatta, ma la manovra tedesca aveva spiazzato il
comandante francese, generale Maxime Weygand, che non riuscì a difendere
Parigi. Il 10 giugno il governo abbandonò la capitale; lo stesso giorno
anche l'Italia dichiarò guerra alla Francia. Il 17 giugno il maresciallo
francese Henri-Philippe Pétain chiese l'armistizio che, firmato il 22
giugno, assicurava ai tedeschi il controllo del nord della Francia e della
costa atlantica. Pétain stabilì a Vichy, nel sud, un governo
collaborazionista (vedi Governo di Vichy), che rimase fedele
all'Asse sino alla fine della guerra.
La
battaglia d'Inghilterra
La
Gran Bretagna, ora sotto la guida del primo ministro Winston Churchill,
succeduto a Chamberlain, era rimasta sola ad affrontare la Germania.
Nell'estate
1940 l'aviazione tedesca (Luftwaffe) avviò l'offensiva aerea nel
tentativo di annientare la Royal Air Force (RAF), scatenando la battaglia
d'Inghilterra. Nell'agosto 1940 iniziarono i bombardamenti dei porti e
degli aeroporti inglesi e, nel mese di settembre, quelli di Londra.
L'aviazione e la popolazione civile inglesi non cedettero e Hitler dovette
rinunciare all'invasione. Fu la prima sconfitta tedesca.
L'Africa
settentrionale e i Balcani
Nel
settembre 1940 Mussolini ordinò di attaccare l'Egitto, importante base
britannica, ma fu respinto dagli inglesi che occuparono parte della Libia,
colonia italiana. Nell'ottobre anche il piano d'invasione della Grecia
fallì e i greci, sostenuti dagli inglesi, occuparono Creta. Nel mese di
febbraio del 1941 Hitler assegnò al feldmaresciallo Erwin Rommel il
comando delle truppe tedesche (vedi Afrikakorps) nell'Africa
settentrionale, con lo scopo di aiutare gli alleati italiani. Tra i mesi
di marzo e di aprile Rommel riuscì a respingere gli inglesi, varcando il
confine egiziano.
Hitler
preparò quindi l'attacco alla Grecia: sottoscrisse trattati di alleanza
con Romania e Ungheria nel novembre 1940 e con la Bulgaria nel marzo 1941.
La Iugoslavia, che non aveva accettato di allearsi con la Germania, fu
invasa. Le operazioni ebbero inizio il 6 aprile; Belgrado, pesantemente
bombardata, fu occupata il 13 aprile e il giorno dopo l'esercito iugoslavo
si arrese. Subito iniziò la resistenza, a opera dei partigiani cetnici
con a capo Dra"a Mihajloviç e dei partigiani comunisti guidati da
Tito, che continuò per tutta la durata della guerra.
In
Grecia, Salonicco fu costretta alla resa il 9 aprile; anche le divisioni
greche, che avevano occupato quasi un terzo dell'Albania, si arresero il
22 aprile. Il 27 aprile le truppe tedesche occuparono Atene: il re e il
governo fuggirono a Creta, che tuttavia fu conquistata il mese dopo.
Seconda
fase: estensione della guerra
L'anno
dopo la caduta della Francia, il conflitto dilagò, assumendo dimensioni
mondiali. Hitler, pur conducendo nuove campagne nei Balcani, in Africa
settentrionale e nei cieli dell'Inghilterra, schierava adesso il grosso
dell'esercito a est, contro l'Unione Sovietica.
L'intervento
degli Stati Uniti
Gli
Stati Uniti rinunciarono adesso alla neutralità e si prepararono allo
scontro con il Giappone, in Asia e nell'oceano Pacifico: dal gennaio 1941
strinsero con la Gran Bretagna accordi per determinare le strategie da
seguire nell'eventualità di una loro entrata in guerra.
Nel
marzo 1941 il Congresso americano approvò la legge Affitti e prestiti che
riguardava gli armamenti da concedere a qualsiasi paese designato dal
presidente. Questa legge consentì di aiutare la Gran Bretagna e, dopo
l'invasione tedesca nel giugno del 1941, anche l'Unione Sovietica. Gli
Stati Uniti speravano che l'Asse potesse essere sconfitto senza un loro
coinvolgimento diretto. Alla fine dell'estate del 1941 gli Stati Uniti
erano in una posizione di guerra non dichiarata con la Germania. In luglio
reparti di marines americani furono dislocati in Islanda, occupata
dagli inglesi; nel maggio del 1940 la marina militare americana ebbe
l'incarico di scortare i convogli nelle acque a ovest dell'Islanda. In
settembre il presidente Franklin Delano Roosevelt autorizzò le navi di
scorta ai convogli ad attaccare le navi da guerra dell'Asse.
Nel
frattempo, le relazioni USA con il Giappone si erano ulteriormente
deteriorate. Nel settembre 1940 il Giappone costrinse il governo di Vichy
a cedere la zona nord dell'Indocina. Gli Stati Uniti proibirono
l'esportazione in Giappone di acciaio, ferro e combustibile per
l'aviazione. Nell'aprile 1941 i giapponesi firmarono un accordo di
neutralità con l'Unione Sovietica, per limitare i possibili fronti di
guerra in vista dello scontro con la Gran Bretagna o con gli Stati Uniti.
Quando però la Germania invase l'Unione Sovietica, in giugno, decisero di
rompere l'accordo, pensando a un attacco contro l'Unione Sovietica da est;
in seguito cambiarono idea, e presero la fatale decisione di portare
l'offensiva nel Sud-Est asiatico. Il 23 luglio il Giappone occupò il sud
dell'Indocina. Due giorni dopo Stati Uniti e Gran Bretagna risposero con
l'embargo commerciale. Il 7 dicembre 1941, un'ora prima della
dichiarazione ufficiale di guerra, forze aeree e navali giapponesi
distruggevano la flotta americana a Pearl Harbor. Tre giorni dopo le due
maggiori unità navali britanniche nel Pacifico venivano affondate. La
guerra investiva così anche l'Estremo Oriente.
L'invasione
dell'Unione Sovietica
Lo
scontro più imponente della guerra iniziò la mattina del 22 giugno 1941,
quando più di tre milioni di soldati dell'Asse invasero l'Unione
Sovietica. Nonostante l'attacco fosse stato apertamente preparato da mesi,
i sovietici furono colti di sorpresa. I capi militari sovietici erano
convinti che una guerra-lampo come quella che aveva piegato la Polonia e
la Francia non sarebbe stata possibile contro l'Unione Sovietica.
L'esercito sovietico era numericamente superiore a quello tedesco, aveva
4,5 milioni di soldati schierati sul confine occidentale, il doppio di
carri armati e il triplo di aerei. Molti carri armati e aerei
appartenevano a una generazione tecnologica superata, ma alcuni tipi di
mezzi blindati, soprattutto i famosi T-34, erano superiori a quelli
tedeschi. Il primo giorno molti aerei sovietici furono distrutti; lo
schieramento dei carri armati, dispersi tra la fanteria, era perdente nei
confronti della concentrazione dei mezzi corazzati tedeschi. Gli ordini
dati alla fanteria furono di contrattaccare senza ritirarsi, ma la maggior
parte dei soldati sovietici cadde combattendo o furono catturati.
Prime
vittorie tedesche
Per
l'invasione, l'esercito tedesco era stato organizzato in tre gruppi
armati, Nord, Centro e Sud, che puntarono rispettivamente verso Leningrado
(attuale San Pietroburgo), Mosca e Kiev. Hitler e i suoi generali
concordavano sul fatto che il problema principale era bloccare l'Armata
Rossa e sconfiggerla prima che potesse ripiegare verso l'interno del
paese. Non erano però d'accordo sulla strategia da seguire. I generali
erano convinti che il regime sovietico avrebbe sacrificato qualsiasi cosa
pur di difendere Mosca, la capitale, nodo centrale delle reti stradali e
ferroviarie e principale centro industriale del paese. Per Hitler, invece,
l'Ucraina, con le sue risorse naturali, e il Caucaso, con il suo petrolio,
rappresentavano gli obiettivi più importanti, insieme alla città di
Leningrado. Il compromesso fu trovato nelle tre differenti direttive
d'invasione e il grosso dell'esercito si diresse verso Mosca. I tedeschi
prevedevano di vincere in dieci settimane: era un punto essenziale, in
quanto l'inverno russo avrebbe bloccato le operazioni mentre l'impegno
bellico nei Balcani aveva già causato un ritardo di tre settimane.
Churchill
offrì ai sovietici un'alleanza e Roosevelt gli aiuti consentiti dalla
legge "Affitti e prestiti", benché i rispettivi consiglieri
militari non concedessero più di un mese alle possibilità di resistenza
dell'URSS. Alla fine della prima settimana di luglio, il Gruppo Centro
aveva fatto prigionieri 290.000 soldati sovietici a Bialystok e a Minsk.
Il 5 agosto, attraversato il fiume Dnepr, i tedeschi fecero altri 300.000
prigionieri vicino a Smolensk ed erano ormai prossimi a Mosca.
I
russi avevano sacrificato moltissimi soldati e armamenti per difendere
Mosca. Hitler, comunque, non era soddisfatto e, nonostante le proteste dei
suoi generali, ordinò al Gruppo Centro di spostare il grosso degli
armamenti a nord e a sud per aiutare gli altri due gruppi d'invasione,
fermando in questo modo l'avanzata verso Mosca. L'8 settembre il Gruppo
Nord, insieme a forze finlandesi, diede il via all'assedio di Leningrado.
Il 16 settembre il Gruppo Sud accerchiò Kiev da est, facendo 665.000
prigionieri. A questo punto Hitler decise di riprendere l'avanzata verso
Mosca e ordinò ai mezzi corazzati di ricongiungersi al Gruppo Centro.
L'avanzata
verso Mosca
Il
Gruppo Centro riprese le azioni il 2 ottobre, catturando in due settimane
663.000 militari nemici. Le piogge autunnali trasformarono tutto in fango
e bloccarono l'avanzata per quasi un mese. A metà novembre arrivò il
freddo e il terreno gelò. Hitler e il comandante del Gruppo Centro,
feldmaresciallo Fëdor von Bock, decisero, nonostante l'inverno, di
concludere la campagna del 1941 con la conquista di Mosca.
Verso
la seconda metà di novembre Bock mosse verso Mosca, arrivando a 32 km
dalla città. La temperatura era bassissima, la neve copriva le strade,
macchine e uomini non erano preparati per affrontare un freddo così
intenso. Il 5 dicembre i generali tedeschi ammisero il blocco totale
dell'avanzata. Carri armati e camion erano congelati, le truppe
demoralizzate.
La
controffensiva sovietica
Stalin,
in accordo con il maresciallo Georgij wukov, aveva trattenuto a Mosca le
riserve, tra cui molti giovani, ma anche veterani dalla Siberia, dove
l'Armata Rossa, nel 1939, aveva sconfitto i giapponesi sul confine con la
Manciuria. Il 6 dicembre i sovietici contrattaccarono e, dopo pochi
giorni, le avanguardie corazzate tedesche si ritirarono lasciando sul
terreno una quantità di veicoli e armamenti, inutilizzabili per il
freddo.
Su
ordine di Stalin, il contrattacco di Mosca dette il via a una
controffensiva sull'intero fronte. I tedeschi non avevano costruito linee
di difesa sulla retroguardia e Hitler ordinò alle truppe di non
retrocedere. I russi annientarono molte divisioni, ma i tedeschi
resistettero abbastanza per superare l'inverno e mantenere l'assedio di
Leningrado, minacciando Mosca e occupando l'Ucraina.
Per
la prima volta dal 1939 falliva un piano tedesco di annientamento del
nemico. L'obiettivo di assicurarsi grandi quantitativi di viveri e materie
prime dalla Russia sconfitta non si realizzò perché le ferrovie erano
state distrutte dai sovietici in ritirata, e altrettanto era stato fatto
con le colture, il bestiame e ogni altra risorsa. L'aiuto in materie prime
concesse dagli americani, trasportate da convogli britannici che subirono
perdite pesanti nei porti settentrionali della Russia, assicurò ai
sovietici radar, radio e altri equipaggiamenti sofisticati.
Terza
fase: ribaltamento degli equilibri
Alla
fine del mese di dicembre, 1941 Roosevelt, Churchill e i rispettivi
consiglieri si riunirono a Washington. Tutti concordarono sulla necessità
di sconfiggere prima la Germania e, siccome l'Inghilterra aveva i mezzi
necessari per combattere in Europa, dovevano essere i britannici a
condurre le operazioni, mentre la guerra col Giappone avrebbe impegnato
quasi esclusivamente gli americani. Inoltre fu creato il Combined Chiefs
of Staff (CCS), del quale fecero parte i più alti gradi militari
britannici e americani, con sede a Washington, con lo scopo di sviluppare
una strategia comune. Il 1° gennaio 1942 Stati Uniti, Gran Bretagna,
Unione Sovietica e altri 23 paesi firmarono la Dichiarazione delle Nazioni
Unite, impegnandosi a non perseguire paci separate. Nazioni Unite divenne
il nome ufficiale della coalizione anti-Asse, ma il termine più usato per
indicare queste potenze rimase quello utilizzato già nella prima guerra
mondiale: Alleati.
Sviluppo
della strategia alleata
Agli
inizi del 1942, gli Stati Uniti non potevano ancora prendere parte a molte
delle azioni che avevano luogo in Europa. Nell'Africa settentrionale, il
10 dicembre 1941 i britannici avevano liberato Tobruk, prendendo Bengasi,
in Libia, due settimane dopo. Rommel contrattaccò alla fine del gennaio
1942, facendo arretrare il nemico di 300 km, fino ad Al-Ghazalah e Bir
Hacheim: a Tobruk e al confine con l'Egitto si creò una situazione di
stallo.
Europa
A
questo punto il grande interrogativo era se l'Unione Sovietica sarebbe
stata in grado di sopportare una seconda offensiva tedesca; i russi
premevano sugli Stati Uniti e sulla Gran Bretagna affinché si
adoperassero per alleggerire la pressione sul territorio sovietico,
aprendo il cosiddetto "secondo fronte" in Occidente. Il generale
George Marshall, capo di Stato Maggiore dell'esercito americano, era
convinto che il modo migliore per aiutare i russi e finire la guerra
sarebbe stato allestire una concentrazione di forze in Inghilterra, e
sferrare l'attacco attraverso la Manica. Le operazioni avrebbero dovuto
iniziare nella primavera del 1943, o prima ancora, se l'Unione Sovietica
fosse stata sull'orlo del collasso. Gli inglesi però non volevano aprire
altri fronti prima di aver vinto in Africa settentrionale, e non credevano
alla possibilità di raccogliere in Inghilterra un esercito abbastanza
forte per attraversare la Manica entro il 1943.
Fu
Rommel a risolvere questa controversia. Nel mese di giugno entrò a Tobruk,
sfondò in Egitto e raggiunse El-Alamein. A questo punto gli americani
convennero che era necessario rimandare l'attacco attraverso la Manica e
si prepararono per l'invasione dell'Africa Settentrionale Francese.
Il
Pacifico
Nel
frattempo, pur nel quadro della strategia che vedeva la sconfitta della
Germania come primo obiettivo, gli americani si stavano orientando verso
l'azione diretta contro il Giappone. Nel maggio 1942 la battaglia del mar
dei Coralli e la battaglia delle Midway nel giugno 1942 avevano fermato i
giapponesi nel Pacifico centrale, ma l'avanzata nipponica proseguì nel
Pacifico sudoccidentale attraverso le isole Salomone, e via terra verso la
Nuova Guinea. Il 2 luglio 1942 gli americani scatenarono la controffensiva
nel Pacifico sudoccidentale.
L'offensiva
anglo-americana in Nord Africa
Tra
la primavera e l'estate del 1942 la situazione nell'Africa settentrionale
volgeva a favore dell'Asse. Così, il 31 agosto, Rommel e l'Afrikakorps
sferrarono un attacco lungo il fianco sud del fronte britannico, presso
Alam Halfa, a sud-est di El-Alamein, ma furono respinti il 7 settembre (vedi
Battaglia di El-Alamein). La controffensiva alleata, guidata dal generale
britannico Montgomery, fu lanciata il 23 ottobre; l'8 novembre, dopo
durissimi scontri, Rommel diede l'ordine di ritirata alle truppe. Dopo
alcuni mesi di resistenza, respinte dalle forze inglesi e francesi fino in
Tunisia, le divisioni italo-tedesche si arrendono il 13 maggio.
Il
fronte russo: estate 1942
Alle
vittorie invernali sovietiche era succeduta una serie di sconfitte nella
primavera del 1942, costate all'URSS più di mezzo milione di prigionieri.
Anche i tedeschi avevano commesso un grande errore, fermando la produzione
della maggior parte degli armamenti e delle munizioni destinati
all'esercito per potenziare la produzione industriale per l'aeronautica e
la marina militare, nello sforzo di sconfiggere finalmente la Gran
Bretagna. Hitler aveva comunque sufficienti truppe ed armamenti per
costringere l'Unione Sovietica a sacrificare il grosso delle sue truppe
nel tentativo di difendere i bacini minerari del Donbass e i giacimenti
petroliferi del Caucaso.
La
campagna tedesca verso il Caucaso
Le
offensive cominciarono a est di Kharkiv il 28 giugno e in meno di quattro
settimane i tedeschi furono a est del fiume Don. Le distanze percorse
erano grandissime, ma Stalin e i suoi generali, convinti che i tedeschi
avrebbero puntato per la seconda volta su Mosca, avevano trattenuto le
riserve e ordinato all'esercito del sud di ritirarsi.
Hitler,
incoraggiato dalla facilità dell'avanzata, cambiò i piani. All'inizio si
era prefisso di avanzare verso Stalingrado (Volgograd), fino al fiume
Volga per inviare le truppe verso sud, nel Caucaso, solo in un secondo
momento; il 23 luglio ordinò invece a parte dell'armata di continuare
l'avanzata verso Stalingrado, e ad altri effettivi, un terzo dell'intera
forza, di raggiungere il basso Don e prendere i giacimenti petroliferi di
Majkop, Grozny e Baku.
L'assedio
di Stalingrado
L'Unione
Sovietica toccò il suo momento peggiore alla fine del luglio 1942. Il 28
luglio Stalin pronunciò il suo famoso "Neanche un passo
indietro!" e chiese alle truppe di combattere una guerra
"patriottica" per la Russia. wukov, che aveva organizzato la
controffensiva di Mosca nel dicembre 1941, e il capo del comando supremo,
Aleksandr Vasilyevsky, proposero di indebolire il nemico obbligandolo a un
sanguinoso combattimento in città mentre loro raccoglievano le forze per
sferrare il contrattacco. La battaglia di Stalingrado era cominciata.
Il
19 novembre, in una mattina di nebbia e neve, l'avanguardia corazzata
sovietica entrò in contatto con i rumeni a ovest e a sud di Stalingrado.
Hitler ordinò al comandante della VI Armata, generale Friedrich von
Paulus, di resistere, promettendogli imminente aiuto aereo. Il tentativo
di fornire rifornimenti fallì, e la VI Armata, che, condannata alla
distruzione, voleva tentare di rompere l'accerchiamento, ne fu impedita da
un ordine di Hitler. Von Paulus si arrese il 31 gennaio 1943. La battaglia
di Stalingrado costò 200.000 uomini ai tedeschi, costretti a ritirarsi
dal Caucaso e a retrocedere fino quasi al punto da dove era partita
l'offensiva dell'estate 1942.
Guadalcanal
Nell'estate
del 1942, Stalingrado e il Caucaso erano apparentemente sul punto di
cadere nelle mani di Hitler, e Rommel non era lontano dal canale di Suez.
I giapponesi avevano occupato Guadalcanal, nell'estremo sud delle isole
Salomone, e puntavano su Port Moresby.
Gli
americani sbarcarono a Guadalcanal il 7 agosto 1942. La reazione del
Giappone fu pronta e violenta. Le perdite in navi e aerei furono pesanti
per entrambe le parti, ma i giapponesi ne uscirono sconfitti, dopo più di
quattro mesi di scontri.
La
conferenza di Casablanca
Dal
14 al 24 gennaio 1943 Roosevelt, Churchill e i loro consiglieri
s'incontrarono a Casablanca per preparare la strategia da adottare dopo la
campagna in Nord Africa. Gli americani desideravano procedere con
l'attacco ai tedeschi attraverso la Manica. Gli inglesi sostenevano i
vantaggi di raccogliere, come disse Churchill, i "grandi premi"
che si sarebbero riscossi nel Mediterraneo, in Italia.
Offensive
aeree in Germania
Come
preludio del rinviato attacco attraverso la Manica, gli anglo-americani
decisero di scatenare un'offensiva aerea contro la Germania. I britannici
lanciarono quattro bombardamenti incendiari su Amburgo, alla fine del
luglio 1943. Nell'ottobre 1943, gli americani attaccarono gli stabilimenti
di cuscinetti a sfere di Schweinfurt, perdendo però il 25% degli aerei; i
bombardamenti diurni furono sospesi, in attesa che fossero disponibili i
cacciabombardieri a lungo raggio.
La
battaglia di Kursk
Hitler,
pur sapendo di non essere in grado di affrontare un'altra offensiva, il 5
luglio dette il via alla battaglia di Kursk, attaccando dal nord e dal sud
il fronte, in prossimità di Kursk. Nel più grande scontro tra forze
corazzate della guerra, i sovietici seppero resistere. Hitler sospese le
operazioni, perché gli anglo-americani erano appena sbarcati in Sicilia.
Dopo Kursk, l'iniziativa strategica nell'Europa orientale passò
definitivamente all'armata sovietica.
La
campagna d'Italia
Il
10 luglio 1943, tre divisioni americane, una canadese e tre inglesi
sbarcarono in Sicilia battendo quattro divisioni italiane e due tedesche e
superando, il 17 agosto, l'ultima resistenza dell'Asse. Mussolini era
stato rovesciato il 25 luglio, il nuovo governo italiano, presieduto da
Badoglio, aveva avviato i negoziati firmando il 3 settembre un armistizio
segreto, reso pubblico l'8 settembre. I tedeschi occuparono militarmente
l'Italia centrosettentrionale, mentre il governo italiano fuggiva nel
Meridione, riparando presso gli Alleati e abbandonando a se stesso
l'esercito, privo di ordini chiari. Mussolini fu liberato dai tedeschi e
trasferito al nord, dove nacque la Repubblica di Salò.
Il
3 settembre, truppe dell'VIII Armata guidate da Montgomery attraversavano
lo stretto di Messina. Il 9 settembre la V Armata americana, al comando
del generale Clark, sbarcava nei pressi di Salerno; il 12 ottobre gli
anglo-americani avevano già stabilito una solida linea attraverso la
penisola dal fiume Volturno, a nord di Napoli, fino a Termoli, sulla costa
adriatica. Per la fine dell'anno la resistenza tedesca aveva fermato gli
Alleati a circa 100 km a sud di Roma. Lo sbarco ad Anzio, il 22 gennaio
del 1944, non riuscì a fare progredire l'esercito alleato perché i
tedeschi si erano attestati lungo il fiume Liri e a Cassino.
Strategia
alleata contro il Giappone e progressi nel Pacifico
La
strategia della guerra contro il Giappone fu sviluppata per stadi nel
corso del 1943. All'inizio, l'obiettivo era di stabilire basi sulla costa
cinese (da dove il Giappone avrebbe potuto essere bombardato e
successivamente invaso), con azioni inglesi e cinesi dalla Birmania e
dalla Cina orientale, e incursioni americane sulle isole del Pacifico
centrale e sudoccidentale, fino a Formosa (oggi Taiwan) e alla Cina. A
metà anno fu chiaro che né gli obiettivi britannici né quelli cinesi
sarebbero stati raggiunti, e quindi ci si concentrò sugli obiettivi
americani.
Le
principali operazioni ebbero come teatro il Pacifico sudoccidentale, dove
le truppe americane e quelle dell'Anzac, al comando dell'ammiraglio
William Halsey, avanzarono lungo le isole Salomone. Gli australiani e gli
americani, al comando di MacArthur, costrinsero i giapponesi a ritirarsi
lungo la costa orientale della Nuova Guinea. L'obiettivo di MacArthur e
Halsey, fissato nel 1942, era la conquista di Rabaul. Gli sbarchi al Capo
Gloucester e in Nuova Britannia a dicembre 1943, nelle isole
dell'Ammiragliato a febbraio del 1944, e nell'isola Emira a marzo dello
stesso anno chiusero in una morsa Rabaul. La guarnigione giapponese di
100.000 uomini non poteva più essere evacuata.
Il
primo sbarco nel Pacifico centrale avvenne nelle isole Gilbert, a Makin e
Tarawa, nel novembre 1943.
Quarta
fase: la vittoria alleata
Nella
prima settimana dell'agosto 1943, le linee tedesche a nord e a ovest di
Kharkiv furono investite dalla controffensiva sovietica. Il 15 settembre
Hitler permise al Gruppo Sud di ritirarsi verso il Dnepr per evitare la
sconfitta. Le armate sovietiche, al comando di wukov e Vasilyevsky,
allargarono le teste di ponte, isolando l'armata tedesca in Crimea nel
mese di ottobre, conquistando Kiev il 6 novembre e rimanendo all'offensiva
per tutto l'inverno.
La
conferenza di Teheran
Alla
fine di novembre si incontrarono per la prima volta Roosevelt, Churchill e
Stalin. Il presidente americano e il primo ministro inglese avevano già
approvato il piano d'attacco attraverso la Manica, chiamato in codice
Overlord, e Roosevelt era del parere che si dovesse partire col piano
appena le condizioni meteorologiche fossero state favorevoli, nel 1944.
Nella conferenza di Teheran, al contrario, Churchill si disse favorevole a
dare la precedenza allo sviluppo delle offensive in Italia, nei Balcani e
nel sud della Francia. Stalin si dichiarò d'accordo con Roosevelt e
quindi Overlord fu programmato per il maggio 1944. Dopo l'incontro,
Eisenhower fu richiamato dal Mediterraneo ed ebbe il comando supremo delle
forze alleate, con il compito di organizzare e guidare Overlord.
La
conferenza di Teheran segnò il punto culminante dell'alleanza
interalleata. Contemporaneamente, però, si sviluppavano tensioni nella
compagine alleata, via via che le armate sovietiche cominciavano ad
avvicinarsi ai confini dei piccoli stati dell'Europa orientale. Stalin
aveva troncato ogni relazione col governo polacco in esilio a Londra, e a
Teheran sostenne fermamente che la frontiera sovietico-polacca del
dopoguerra doveva essere quella stabilita dopo la sconfitta polacca del
1939. Inoltre reagì con malcelata ostilità alla proposta di Churchill di
un attacco anglo-americano nei Balcani.
I
preparativi tedeschi per Overlord e lo sbarco in Normandia
Hitler
aspettava l'invasione dell'Europa nordoccidentale per la primavera del
1944 ed era convinto che se fosse riuscito a respingere americani e
britannici, avrebbe avuto in pugno le sorti della guerra. Successivamente
avrebbe inviato tutte le sue truppe a combattere i sovietici. Pertanto
destinò rinforzi al solo fronte occidentale.
Nel
gennaio 1944, un'offensiva sovietica tolse l'assedio a Leningrado e fece
retrocedere il Gruppo Nord fino alla linea tra il fiume Narva e il lago
Peipus. Nuove offensive del marzo e dell'aprile ricacciarono i tedeschi
nell'ampia distesa tra le paludi del Pripjat e il mar Nero, cioè fuori
dal territorio sovietico.
Il
6 giugno 1944, D-Day, giorno dell'invasione secondo il piano Overlord, la
prima armata statunitense al comando del generale Omar Bradley e la
seconda armata britannica al comando del generale Miles Dempsey riuscirono
a stabilire teste di ponte in Normandia. Cominciò così lo sbarco in
Normandia.
La
riconquista sovietica della Bielorussia
Sul
fronte orientale tedesco non vi furono operazioni durante le prime tre
settimane del giugno 1944; Hitler si aspettava un'offensiva sul lato
meridionale del fronte, dove i sovietici, dopo la battaglia di
Stalingrado, avevano concentrato le forze. La Bielorussia era controllata
dal Gruppo Centro, che non si aspettava certo un attacco da quel lato.
Tuttavia, il 22 e il 23 giugno 1944 quattro contingenti sovietici (due
guidati da wukov e due da Vasiljevskij) sferrarono l'attacco al Gruppo
Centro, sconfiggendolo. Minsk, la capitale della Bielorussia, fu presa dai
sovietici il 3 luglio; l'8 luglio, la IV Armata tedesca dovette
abbandonare i combattimenti, consentendo all'Armata Rossa di dirigersi
verso la Prussia orientale e la Polonia.
Il
complotto contro Hitler
Nel
mese di luglio un gruppo di ufficiali organizzò un attentato per uccidere
Hitler (complotto di luglio): il 20 luglio, l'esplosione di una bomba
piazzata nel quartier generale di Rastenburg, nella Prussia orientale,
uccise alcuni ufficiali ma Hitler ne uscì indenne. Gli ufficiali
sospettati di aver preso parte al complotto furono brutalmente soppressi.
La
liberazione della Francia
Intanto,
le truppe corazzate sbarcate in Normandia, guidate dal generale Patton,
avevano occupato la Bretagna e si erano spinte all'interno della Francia,
conquistando Le Mans, Chartres e Orléans. Il 25 agosto le forze
americane, insieme alle forze della Resistenza francese, guidate dal
generale Charles de Gaulle, liberarono Parigi. Entro settembre quasi tutto
il territorio francese era stato liberato.
Pausa
nell'offensiva occidentale
Sul
fronte occidentale, Bradley e Montgomery guidarono l'offensiva che, a nord
della Senna, si dirigeva verso il Belgio, mentre gli americani avanzarono
in direzione del confine franco-tedesco. Le truppe di Montgomery
conquistarono Anversa il 3 settembre 1944 e l'11 settembre le prime
guarnigioni americane varcarono il confine tedesco. L'offensiva subì a
questo punto una fase d'arresto: Montgomery aveva raggiunto le barriere
fluviali della Mosa e del Basso Reno mentre gli americani erano bloccati
sulla linea Maginot. Il tentativo di sfondamento operato da Montgomery
nella battaglia di Arnhem fu un completo fallimento.
L'insurrezione
di Varsavia
Il
20 luglio avanguardie sovietiche raggiunsero le coste del Baltico, nei
pressi di Riga, tagliando le vie di comunicazione terrestri del Gruppo
Centro con il fronte tedesco. Il 31 luglio, il comandante dell'armata
partigiana polacca, generale Tadeusz Komorowski, detto "generale Bor",
organizzò l'insurrezione di Varsavia. Gli insorti, fedeli al governo
anticomunista in esilio a Londra, crearono per diversi giorni gravi disagi
ai tedeschi.
La
sconfitta delle potenze dell'Asse
Un'offensiva
sovietica effettuata tra i Carpazi e il mar Nero a fine agosto ebbe come
risultato l'armistizio chiesto tre giorni dopo dalla Romania. La Bulgaria,
che non aveva mai dichiarato guerra all'Unione Sovietica, si arrese il 9
settembre. Il 19 e il 20 ottobre le truppe sovietiche presero Belgrado e
vi insediarono un governo comunista sotto la guida di Tito. In Ungheria i
sovietici arrivarono alle porte di Budapest alla fine di novembre.
L'avanzata
degli Alleati in Italia
In
Italia, tra la primavera e l'estate del 1944, le armate di Clark, che
comprendevano truppe americane, britanniche, francesi e polacche, presero
Cassino il 18 maggio. Cinque giorni dopo, la rottura dell'accerchiamento
della testa di sbarco ad Anzio costrinse i tedeschi ad abbandonare la
linea Gustav; gli Alleati entrarono a Roma, dichiarata città aperta dal 4
giugno. L'avanzata continuò verso nord senza problemi, ma rischiò di
perdere impeto perché le divisioni americane e francesi si sarebbero
presto dovute dedicare all'invasione della Francia meridionale. Dopo aver
conquistato Ancona e Firenze, la seconda settimana di agosto, gli Alleati
si arrestarono sulla linea Gotica, che bloccò sino a tutto l'inverno
l'accesso alla valle del Po, mentre nel nord del paese, occupato dai
nazisti, si sviluppava la Resistenza partigiana.
La
battaglia del mar delle Filippine
Le
operazioni contro il Giappone, nel Pacifico, nel 1944 subirono
un'accelerazione: in primavera gli Alleati avevano pianificato un'avanzata
al comando del generale MacArthur attraverso la Nuova Guinea, sino alle
Filippine. Una seconda operazione sarebbe stata guidata dall'ammiraglio
Nimitz attraverso il Pacifico centrale, fino alle isole Marianne e
Caroline.
Il
19 e il 20 giugno la prima flotta mobile dell'ammiraglio Ozawa Jisaburo
incrociò l'Unità operativa statunitense 58 comandata dall'ammiraglio
Mitscher. Nella battaglia, che passò alla storia come "battaglia del
mar delle Filippine", i caccia americani abbatterono gran parte degli
aerei giapponesi mentre i sottomarini americani affondarono tre portaerei.
Ozawa virò verso Okinawa con 35 aerei rimasti su 326. Mitscher perse
soltanto ventisei apparecchi e tre navi riportarono danni non gravi.
Nuova
strategia nel Pacifico
Il
15 giugno le forze americane sbarcarono a Saipan; il 10 agosto avevano
conquistato Guam, obiettivo chiave della strategia ideata per porre fine
al conflitto. L'isola poteva ospitare le basi per i nuovi bombardieri
americani a lungo raggio, i B-29 Superfortress, in grado di raggiungere
Tokyo e le città giapponesi. La superiorità navale americana nel
Pacifico consentiva di pensare all'invasione del Giappone: i bombardamenti
cominciarono nel novembre 1944, mentre proseguivano le operazioni nelle
Caroline e nelle Filippine.
La
battaglia aerea in Europa e l'offensiva delle Ardenne
La
più importante azione aerea contro la Germania ebbe luogo nell'autunno
1944: i bombardamenti inglesi e americani colpirono sia obiettivi militari
sia le città tedesche. Hitler reagì lanciando contro Londra i missili V1
e V2. Ma, nel mese di ottobre, le migliori basi di lancio, situate nel
nord-ovest della Francia e in Belgio, furono conquistate dagli Alleati.
L'accorciamento
dei fronti a est e a ovest e la pausa dei combattimenti di terra avevano
dato a Hitler la possibilità di creare una riserva di circa venticinque
divisioni che decise di utilizzare contro gli anglo-americani, dalle
Ardenne, attraverso il Belgio fino ad Anversa.
Il
16 dicembre aveva inizio la battaglia delle Ardenne. Gli Alleati, colti di
sorpresa, riuscirono tuttavia a mantenere centri strategici come
Saint-Vith e Bastogne fino all'intervento dell'aviazione. L'ultimo
tentativo tedesco di riconquistare Anversa venne respinto solo alla fine
di gennaio. Alla fine di febbraio l'avanzata alleata verso la Germania
riprendeva.
La
conferenza di Jalta
Dal
4 all'11 febbraio 1945 ebbe luogo la conferenza di Jalta, in Crimea, tra i
capi di stato di Stati Uniti (Roosevelt), Gran Bretagna (Churchill) e
Unione Sovietica (Stalin). In questa occasione Stalin si impegnò a
entrare in guerra contro il Giappone entro tre mesi dalla capitolazione
tedesca, in cambio di concessioni territoriali nell'Estremo Oriente.
Nel
corso della conferenza si stabilì inoltre la strategia da seguire contro
la Germania e l'organizzazione del paese alla fine del conflitto.
L'avanzata
sul Reno
All'inizio
di marzo le armate alleate raggiunsero il Reno e occuparono teste di ponte
tra Bonn e Coblenza e a sud di Magonza: alla fine di marzo l'intero
schieramento tedesco sul fiume crollò; Einsenhower ordinò alle truppe di
proseguire verso est.
Il
1° aprile gli americani accerchiarono il bacino della Ruhr, facendo
prigionieri 325.000 soldati tedeschi. Il 5 aprile gli inglesi varcarono il
Weser, puntando verso l'Elba. L'11 aprile gli alleati raggiunsero l'Elba
vicino a Magdeburgo, e il giorno dopo si formò una testa di ponte sulla
riva orientale, a 120 km da Berlino.
Mentre
gli inglesi (soprattutto Churchill e Montgomery) e alcuni americani
consideravano Berlino l'obiettivo più importante, per Eisenhower era
essenziale che le truppe anglo-americane potessero congiungersi con quelle
russe più a sud, tra Lipsia e Dresda. L'Armata Rossa, che si era
attestata ai primi di febbraio sull'Oder, all'inizio di aprile cominciò a
concentrarsi su Berlino, che divenne quindi l'obiettivo prioritario.
Le
ultime battaglie in Europa e la resa della Germania
In
Italia, il 14 e il 16 aprile 1945 la V Armata americana e l'VIII Armata
britannica lanciarono l'offensiva verso la pianura padana: le truppe
tedesche si arresero il 2 maggio. Il 16 aprile cominciò l'avanzata
sovietica verso Berlino. Il 20 aprile la VII Armata americana conquistò
Norimberga. Quattro giorni dopo le armate sovietiche circondarono la
città. Il 25 aprile la V Armata sovietica e la I Armata americana
s'incontrarono a Torgau, sull'Elba, a nord-est di Lipsia. L'ultima
settimana di aprile la resistenza contro gli anglo-americani cessò, ma
sul fronte orientale le truppe tedesche continuarono a battersi
disperatamente contro i sovietici.
Hitler
decise di restare a Berlino, mentre la maggior parte dei suoi
collaboratori politici e militari fuggirono. Il 30 aprile, chiuso nel suo
bunker, Hitler si suicidò insieme con Eva Braun e, come ultimo atto
ufficiale, nominò suo successore l'ammiraglio Karl Dönitz, che chiese la
resa. Il suo rappresentante, generale Alfred Jodl, firmò la capitolazione
delle forze armate tedesche nel quartier generale di Eisenhower il 7
maggio a Reims; un secondo documento fu firmato a Berlino, nel quartier
generale sovietico, il giorno seguente.
La
sconfitta del Giappone
All'inizio
del 1945, nel Pacifico, la fine della guerra non sembrava vicina: la
marina nipponica non era in grado di sferrare attacchi massicci ma i
kamikaze effettuarono azioni suicide durante i combattimenti di Luzon,
nelle Filippine, distruggendo 17 navi statunitensi e danneggiandone 50.
Iwo
Jima e Okinawa
Il
19 febbraio si scatenò la battaglia di Iwo Jima che si protrasse sino al
16 marzo: i due aeroporti dell'isola fornirono le basi di lancio per i
B-29 e permisero ai caccia di appoggiare i bombardieri durante le
offensive effettuate sulle città giapponesi. Il 1° aprile la X Armata
americana sbarcò a Okinawa, a 500 km da Kyushu, l'isola più meridionale
del Giappone.
Hiroshima
e Nagasaki
Kyushu
costituiva l'obiettivo principale; l'attacco fu fissato per il novembre
1945, anche se una facile vittoria sembrava improbabile. Lo sbarco a
Kyushu non avvenne mai; il governo americano adottò una nuova strategia
che si basava sull'uso delle armi nucleari. La prima esplosione atomica,
per così dire "di prova", ebbe luogo ad Alamogordo, nel New
Mexico, il 16 luglio 1945.
Altre
due bombe erano state costruite e si decise di usarle per costringere il
Giappone alla resa. Il presidente americano Truman, succeduto a Roosevelt,
ordinò i bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, effettuati il 6 e
il 9 agosto. Intanto, l'8 agosto, l'Unione Sovietica aveva dichiarato
guerra al Giappone; il giorno dopo invase la Manciuria.
La
resa del Giappone
Il
14 agosto l'imperatore Hirohito fece trasmettere via radio un comunicato
che annunciava la resa incondizionata del Giappone. Il 2 settembre, a
bordo della corazzata Missouri, nella baia di Tokyo, i
rappresentanti del governo nipponico firmarono davanti al generale
MacArthur il documento di capitolazione.
Effetti
della guerra
Secondo
le statistiche, la seconda guerra mondiale fu la guerra più devastante in
quanto a perdite umane e distruzione materiale. Il conflitto, che
coinvolse 61 nazioni, provocò la morte di circa 55 milioni di persone,
tra militari e civili: l'Unione Sovietica ebbe circa 20 milioni di morti;
la Cina 13,5 milioni; la Germania 7,3 milioni; la Polonia 5,5 milioni; il
Giappone 2 milioni; la Iugolsavia 1,6 milioni; la Romania 665.000; la
Francia 610.000; l'impero britannico 510.000; l'Italia 410.000; l'Ungheria
400.000; la Cecoslovacchia 340.000; gli Stati Uniti 300.000. Gli sviluppi
tecnologici e scientifici fecero della guerra un conflitto di una ferocia
senza paragoni; la popolazione civile fu coinvolta direttamente nei
combattimenti e nelle rappresaglie e fu colpita soprattutto a causa dei
bombardamenti aerei. L'evento più grave fu tuttavia la deportazione e lo
sterminio di oltre cinque milioni di ebrei nei campi di concentramento
nazisti, la cosiddetta "soluzione finale" del
"problema" ebraico (vedi Olocausto).
Alla
fine della guerra, la situazione mondiale era mutata radicalmente:
l'Europa usciva dal conflitto in posizione di dipendenza rispetto alle due
potenze vincitrici, Stati Uniti e Unione Sovietica, attorno alle quali
nacque un nuovo equilibrio politico mondiale. L'alleanza tra USA e URSS si
trasformò nei decenni seguenti in rivalità tra le due potenze, rivalità
che si manifestò nella cosiddetta Guerra Fredda.
|